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Tutela della biodiversità: cosa significa e come metterla in atto anche con l’AI



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La tutela della biodiversità è essenziale per preservare l’equilibrio naturale e il benessere umano. Intelligenza Artificiale, IoT e bioinformatica sono strumenti chiave per monitorare, preservare e prevenire i rischi ambientali. Il progetto NBFC Upskilling, promosso da NBFC, Deloitte, Luiss Business School e CNR, forma giovani talenti e startup con un percorso innovativo

Pubblicato il 2 lug 2025



tutela della biodiversità

Foreste che scompaiono, oceani che si spopolano, specie che si estinguono. È un silenzio profondo e inquietante quello che accompagna la crisi della biodiversità, una delle emergenze più gravi del nostro tempo. Eppure, è proprio in questo scenario critico che nascono risposte, anche nuove per certi versi.

Difendere la vita sulla Terra in tutte le sue forme non è più solo compito di scienziati o attivisti: oggi è una sfida condivisa, che coinvolge giovani talenti, innovatori e tecnologie all’avanguardia. Con progetti come NBFC Upskilling, la biodiversità diventa un motore di cambiamento, un terreno fertile dove formazione, impresa e digitale si fondono per dare vita a soluzioni concrete. Perché oggi proteggere il pianeta è anche un atto d’innovazione.

Cos’è la tutela della biodiversità

Definizione di biodiversità

La biodiversità rappresenta la totalità delle forme di vita presenti sulla Terra e si articola su tre livelli fondamentali:

  1. Diversità genetica: indica la variabilità del patrimonio genetico all’interno di una singola specie. Questa variabilità consente agli organismi di adattarsi alle condizioni ambientali mutevoli, aumentando la resilienza delle popolazioni e la loro capacità evolutiva.
  2. Diversità di specie: riguarda il numero totale di specie esistenti (ricchezza specifica) e la loro distribuzione numerica all’interno degli ecosistemi (abbondanza relativa). È il parametro più comunemente utilizzato per valutare la biodiversità.
  3. Diversità ecosistemica: comprende la varietà degli ecosistemi naturali e seminaturali, ossia i diversi contesti ecologici (come foreste tropicali, zone umide, praterie, ambienti marini, ecc.) e le interazioni dinamiche tra le componenti biotiche (organismi viventi) e abiotiche (suolo, clima, idrologia).

Questa complessa rete di diversità costituisce la base funzionale dei servizi ecosistemici da cui dipende la sopravvivenza umana, inclusi la produzione di ossigeno, l’impollinazione, la purificazione dell’acqua e del suolo, la regolazione climatica e la sicurezza alimentare. La perdita di biodiversità compromette gravemente la stabilità degli ecosistemi e la loro capacità di rispondere agli impatti antropici e ai cambiamenti globali. Tutelare la biodiversità, quindi, non è solo un dovere morale verso le generazioni future, ma anche una necessità per la sopravvivenza stessa dell’umanità.

Il significato di tutela della biodiversità

La tutela della biodiversità è l’insieme delle azioni volte a:

  • Preservare la ricchezza biologica esistente (specie, habitat, ecosistemi)
  • Prevenire l’estinzione di specie animali e vegetali
  • Ripristinare ambienti degradati o alterati dall’impatto umano
  • Promuovere uno sviluppo sostenibile che rispetti gli equilibri naturali

Si tratta di una sfida globale e multidimensionale, che richiede il coinvolgimento di molteplici attori:

  • Istituzioni internazionali (ONU, UE, IUCN) che definiscono linee guida e obiettivi di conservazione
  • Governi e amministrazioni locali, che implementano politiche ambientali sul territorio
  • Ricercatori e scienziati, che forniscono dati, analisi e soluzioni tecnologiche
  • Imprese, chiamate ad adottare modelli di produzione sostenibile
  • Cittadini, attraverso comportamenti quotidiani consapevoli (come ridurre il consumo di plastica, sostenere l’agricoltura biologica, proteggere la fauna selvatica)

La tutela della biodiversità non riguarda solo le foreste tropicali o gli oceani lontani: anche i piccoli gesti locali fanno la differenza, dalla creazione di giardini urbani alla difesa degli impollinatori come le api.

In un contesto segnato da fenomeni di crisi climatica, urbanizzazione crescente e sfruttamento intensivo delle risorse naturali, proteggere la biodiversità è oggi più urgente che mai. Farlo significa costruire un futuro più equo, sano e stabile per tutti gli esseri viventi.

Come si attua concretamente la tutela della biodiversità

Strategie di conservazione in situ e ex situ

La tutela della biodiversità si realizza principalmente attraverso due approcci complementari: la conservazione in situ e la conservazione ex situ.

Conservazione in situ

La conservazione in situ avviene direttamente nei luoghi naturali dove le specie vivono e gli ecosistemi si sviluppano spontaneamente. Questo metodo punta a preservare gli habitat nel loro stato naturale e a mantenere le interazioni ecologiche che sono alla base della biodiversità.

Gli strumenti principali della conservazione in situ includono:

  • Aree protette: parchi nazionali, riserve naturali, siti UNESCO, zone di conservazione della natura, che garantiscono un habitat sicuro e protetto per flora e fauna.
  • Gestione sostenibile del territorio: progetti volti a ridurre l’impatto umano attraverso pratiche quali agricoltura rigenerativa, agricoltura sostenibile, pesca sostenibile e uso responsabile delle risorse forestali.
  • Ripristino ecologico: interventi mirati al recupero di ecosistemi degradati, quali il rimboschimento, la rinaturalizzazione di corsi d’acqua e il controllo delle specie invasive, per favorire il ritorno a condizioni ambientali equilibrate.

La conservazione in situ è spesso preferita perché mantiene intatti i processi evolutivi e le dinamiche naturali, ma può essere complessa da gestire a causa delle pressioni antropiche e dei cambiamenti climatici.

Esempio di conservazione in situ: Parco Nazionale del Gran Paradiso (Italia)
Il Gran Paradiso è una delle prime aree protette italiane, istituita nel 1922, che protegge una vasta area montuosa con specie emblematiche come lo stambecco alpino e l’aquila reale. Attraverso il monitoraggio continuo e la gestione sostenibile delle attività turistiche e agricole, il parco ha contribuito al recupero di popolazioni di fauna selvatica a rischio, mantenendo un equilibrio tra conservazione e sviluppo locale.

Conservazione ex situ

La conservazione ex situ si riferisce a tutte quelle azioni di tutela che avvengono al di fuori dell’habitat naturale delle specie. Questa modalità è fondamentale soprattutto per specie a rischio estinzione o habitat ormai compromessi.

Gli strumenti più comuni includono:

  • Banche genetiche: conservazione di semi, tessuti, DNA in strutture specializzate, per salvaguardare il patrimonio genetico e facilitarne il recupero futuro.
  • Orti botanici e giardini zoologici: luoghi dove piante e animali vengono allevati e studiati per scopi di conservazione, educazione e ricerca.
  • Programmi di ripopolamento: rilascio in natura di esemplari allevati in cattività per rinforzare o reintrodurre popolazioni minacciate.
  • Collezioni scientifiche e biobanche: conservazione di specie microbiche, funghi o altre forme di vita difficili da proteggere in natura.

La conservazione ex situ è strategica per mantenere in vita specie critiche e per supportare interventi di ripristino, ma non può sostituire la conservazione in situ.

Case study di conservazione ex situ: Banca dei semi di Svalbard (Norvegia)
Chiamata anche “l’Arca di Noè del pianeta”, questa banca conserva milioni di semi provenienti da tutto il mondo in un ambiente controllato sotto il permafrost. L’obiettivo è preservare il patrimonio genetico delle piante coltivate in caso di disastri naturali o crisi agricole, permettendo un futuro recupero della biodiversità agricola.


Educazione ambientale e coinvolgimento delle comunità

La tutela della biodiversità non può prescindere da un forte coinvolgimento sociale e culturale. Per essere davvero efficace, deve passare attraverso la consapevolezza, la formazione e la partecipazione attiva dei cittadini. Ecco come:

L’educazione ambientale genera consapevolezza e crea una cultura della responsabilità collettiva, indispensabile per risultati a lungo termine.

Esempio di coinvolgimento comunitario: Progetto “Mangrove Action” in Mozambico
Questo progetto coinvolge le comunità locali nella protezione delle mangrovie, ecosistemi cruciali per la biodiversità marina e la protezione costiera. Attraverso laboratori, formazione e attività pratiche, le popolazioni imparano a gestire in modo sostenibile le risorse naturali, migliorando allo stesso tempo la qualità della vita locale e riducendo la povertà.

Case study di educazione ambientale: “Eco-Schools” in Europa
Eco-Schools” è un programma internazionale che coinvolge milioni di studenti in oltre 60 paesi. Attraverso attività didattiche e progetti concreti, come orti scolastici e campagne di riciclaggio, gli studenti sviluppano una coscienza ambientale e diventano promotori di comportamenti sostenibili nelle loro famiglie e comunità.


Politiche pubbliche e normative

La tutela della biodiversità richiede un quadro normativo solido, che orienti, coordini e sostenga le azioni di conservazione su scala locale, nazionale e globale.

Tra i principali strumenti normativi si annoverano:

  • Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030: un piano ambizioso che punta a proteggere almeno il 30% delle aree terrestri e marine, ridurre l’uso di pesticidi e ripristinare gli ecosistemi degradati.
  • Convenzione sulla diversità biologica (CBD): trattato internazionale sottoscritto da quasi tutti i paesi del mondo, che stabilisce obiettivi globali per la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità.
  • Legislazioni nazionali: leggi e regolamenti per la creazione e gestione di aree protette, tutela delle specie a rischio, limitazioni alle attività dannose e incentivi per pratiche sostenibili.
  • Finanziamenti pubblici e fondi europei: risorse economiche dedicate a progetti di ricerca, conservazione, sviluppo di tecnologie verdi (Green Tech) e supporto alle comunità locali.

Queste politiche creano un contesto favorevole per la tutela della biodiversità, stimolano la collaborazione internazionale e mobilitano risorse strategiche.

Nature Restoration Law: la svolta UE per la rigenerazione degli ecosistemi entro il 2050

Nel mese di giugno 2024, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato in via definitiva la Nature Restoration Law, la prima legge europea dedicata al ripristino della natura. Si tratta di un passo storico all’interno della Strategia UE per la biodiversità 2030, parte integrante del Green Deal europeo, che introduce obiettivi vincolanti per il ripristino ambientale. Il principale traguardo fissato è il recupero di almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Unione entro il 2030, con l’ambizione di estendere l’azione a tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.

La legge definisce interventi su larga scala per la rigenerazione di habitat agricoli, forestali, urbani, marini e d’acqua dolce, con step di avanzamento obbligatori: almeno il 30% degli habitat in cattivo stato dovrà essere ripristinato entro il 2030, il 60% entro il 2040, e il 90% entro il 2050. Include anche misure specifiche per la tutela degli impollinatori, oggi in forte declino, e indicatori tecnici come l’aumento della biodiversità nei paesaggi agricoli e la conservazione del carbonio nei suoli.

Gli Stati membri saranno tenuti a monitorare i progressi con report periodici, in linea con gli indicatori comuni dell’UE sulla biodiversità. La regolamentazione, una volta pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, sarà direttamente applicabile in ogni Paese.

Con questa norma, l’Unione Europea si impegna a invertire il deterioramento di oltre l’80% degli habitat europei, contribuendo anche al raggiungimento degli obiettivi internazionali del Global Biodiversity Framework di Kunming-Montréal.

Biodiversità ed ESG: una nuova frontiera della sostenibilità aziendale

La protezione della biodiversità sta assumendo un ruolo centrale nelle strategie ESG (Environmental, Social, Governance) delle imprese, tanto che si traduce in una leva strategica per la creazione di valore e la gestione del rischio.

Le aziende sono infatti chiamate non solo a ridurre le proprie emissioni o a gestire in modo etico la supply chain, ma anche a misurare e rendicontare in modo trasparente il proprio impatto su natura, ecosistemi e biodiversità.

L’integrazione della biodiversità nelle strategie aziendali non è più una scelta, ma una necessità dettata da nuovi obblighi normativi e dalla crescente attenzione di stakeholder e investitori e richiede di adottare modelli di governance sostenibili e investire in tecnologie, processi e iniziative che preservino il valore degli ecosistemi.

La pressione normativa: CSRD e TNFD

Con l’introduzione di normative come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), le aziende europee devono rendicontare il proprio impatto ambientale in modo più dettagliato e standardizzato, includendo aspetti legati alla natura e alla biodiversità.

Parallelamente, framework internazionali come quello proposto dalla TNFD (Taskforce on Nature-related Financial Disclosures) forniscono un modello per identificare, valutare e gestire i rischi e le opportunità connessi alla perdita di ecosistemi naturali.

Queste iniziative promuovono un cambiamento strutturale nel modo in cui le imprese valutano il proprio operato, imponendo una gestione consapevole delle dipendenze e degli impatti sugli ecosistemi naturali.

Dal rischio alla strategia: biodiversità come asset aziendale

Incorporare la biodiversità nella governance ESG significa andare oltre la conformità normativa. Significa riconoscere il capitale naturale come una risorsa essenziale per la continuità e la resilienza del business. Le imprese che mappano e riducono i propri impatti sugli ecosistemi, investendo in soluzioni basate sulla natura, agricoltura rigenerativa o filiere circolari, rafforzano la propria posizione sul mercato e migliorano la relazione con investitori, clienti e comunità.

Innovazione e misurabilità: strumenti per la transizione

Per rispondere a queste nuove sfide, è essenziale dotarsi di strumenti tecnologici e metodologie affidabili per il monitoraggio della biodiversità. Tecnologie come l’IoT, l’intelligenza artificiale e il remote sensing permettono di raccogliere dati ambientali in tempo reale, essenziali per valutare l’efficacia delle strategie di mitigazione e miglioramento.

In questo contesto, la rendicontazione ESG non è più un mero esercizio di trasparenza, ma un’opportunità per guidare l’innovazione, attrarre capitali sostenibili e generare impatto positivo su scala ambientale, economica e sociale.

Il progetto NBFC Upskilling forma i professionisti della biodiversità

Una iniziativa nel segno della sostenibilità e dell’innovazione

In un contesto come quello attuale che vede nella tutela della biodiversità una priorità globale imprescindibile, nasce un progetto ambizioso e innovativo che si rivolge principalmente a giovani talenti e manager dell’innovazione: si chiama NBFC Upskilling e consiste in un percorso formativo che si propone di creare una nuova generazione di innovatori capaci di affrontare le sfide ambientali, a cui viene data l’opportunità concreta di pensare, creare e strutturare nuove imprese a tutela della biodiversità.

L’iniziativa è promossa dal National Biodiversity Future Center (NBFC), un polo nazionale dedicato all’innovazione nella sostenibilità e alla ricerca avanzata, in stretta collaborazione con partner d’eccellenza come Deloitte, la prestigiosa Luiss Business School e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Più di 100 partecipanti tramite i loro progetti contribuiranno a rispondere alle principali sfide legate alla biodiversità e riceveranno tutti gli strumenti necessari per trasformare queste idee in programmi concreti e innovativi. L’obiettivo finale del programma è favorire la nascita di startup innovative con particolare attenzione alle applicazioni specifiche nell’ambito della biodiversità e della sostenibilità, avvalendosi anche di nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale, l’IoT e la bioinformatica.

Sei percorsi formativi per la tutela della biodiversità

Uno degli aspetti più distintivi del programma è la sua struttura modulare, pensata per coprire le diverse aree di intervento strategiche nella tutela della biodiversità. Dopo un’intensa fase di selezione durante il Bootcamp, 60 dei 100 partecipanti iniziali potranno accedere a sei percorsi formativi specialistici, ciascuno progettato per rispondere a bisogni concreti e sfide emergenti.

I sei percorsi formativi sono i seguenti:

  • Ripristino della biodiversità: affronta le tecniche e le strategie per il recupero e la rigenerazione degli ecosistemi degradati, considerando approcci scientifici e pratiche innovative.
  • Valorizzazione dei dati NBFC: si focalizza sull’uso avanzato di big data, bioinformatica e tecnologie digitali per analizzare e interpretare informazioni cruciali sulla biodiversità.
  • Biodiversità e benessere psicofisico: esplora le connessioni tra ecosistemi sani e la salute umana, valorizzando l’importanza del contatto con la natura per il benessere complessivo.
  • Pesca sostenibile: affronta i principi e le pratiche per un’industria ittica che rispetti gli equilibri marini, garantendo la conservazione delle specie e degli habitat.
  • Comunicazione della biodiversità: mira a sviluppare competenze comunicative per sensibilizzare il pubblico e influenzare politiche e comportamenti a favore dell’ambiente.
  • Monitoraggio ambientale: si concentra su tecniche di sorveglianza degli ecosistemi e delle specie, tramite strumenti innovativi come sensori IoT, droni e intelligenza artificiale.

Questi percorsi non sono solo teorici ma comprendono attività pratiche e visite guidate presso centri di ricerca nazionali e internazionali, offrendo l’opportunità di conoscere da vicino realtà all’avanguardia nel settore.

Ogni partecipante riceverà un contributo finanziario di 30.000 euro per sostenere lo sviluppo delle proprie competenze e dei progetti. Al termine dei percorsi, durante la giornata di Demoday, i partecipanti presenteranno le proprie idee a una giuria di esperti e le migliori proposte riceveranno un premio aggiuntivo di 30.000 euro ciascuna, a supporto della crescita e diffusione sul mercato.

Una rete di eccellenze per progetti concreti

NBFC Upskilling rappresenta molto più di un semplice percorso formativo: è una vera e propria rete che integra ricerca scientifica, nuove tecnologie, imprenditorialità e gestione dell’innovazione per generare soluzioni reali ed efficaci nella tutela della biodiversità. Il coinvolgimento di partner come Deloitte, con le sue competenze in innovazione, sostenibilità e sviluppo organizzativo, la Luiss Business School, che ha come mission formare leader capaci di governare le profonde trasformazioni che caratterizzano il mondo contemporaneo, coniugando sostenibilità, innovazione e visione imprenditoriale, e il CNR, punto di riferimento per la ricerca scientifica avanzata, crea un ecosistema fertile per la crescita di idee innovative, capaci di generare valore per l’ambiente, l’economia e la società.

L’obiettivo ultimo è favorire la nascita di startup e imprese innovative che possano non solo rispondere alle principali sfide ambientali ma anche generare valore economico e sociale. Questa combinazione di ricerca, formazione e finanziamento è fondamentale per trasformare la passione e la preparazione dei partecipanti in azioni concrete che abbiano un impatto misurabile su ecosistemi, comunità e mercato.

Il ruolo del digitale e dell’Intelligenza Artificiale nella tutela della biodiversità

Monitoraggio avanzato e analisi predittiva

Negli ultimi anni, il progresso delle tecnologie digitali, in particolare dell’Intelligenza Artificiale (AI), ha rivoluzionato il modo in cui si affronta la tutela della biodiversità. Tradizionalmente, il monitoraggio degli ecosistemi e delle specie richiedeva risorse ingenti, tempi lunghi e interventi manuali spesso limitati da difficoltà logistiche. Oggi, grazie agli algoritmi di apprendimento automatico e ai sistemi avanzati di Data Analysis, è possibile processare enormi quantità di informazioni provenienti da fonti diverse in tempi brevi, permettendo una visione in tempo reale e altamente dettagliata.

L’AI consente, ad esempio, di monitorare specie animali e vegetali attraverso immagini, suoni o dati ambientali raccolti sul campo, identificando presenze, spostamenti e comportamenti senza interferire direttamente con l’habitat naturale. Questi dati possono essere incrociati con modelli climatici avanzati per prevedere gli effetti futuri dei cambiamenti climatici sulle specie, anticipando quindi le situazioni di rischio e guidando interventi di tutela mirati (puoi approfondire il ruolo dei sistemi di allerta precoce o Early Warning Systems, EWS e le prospettive aperte dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella lotta al climate change).

Inoltre, grazie all’analisi predittiva, è possibile identificare con precisione le aree più vulnerabili alla perdita di habitat o all’invasione di specie aliene, consentendo di attuare politiche preventive e strategie di conservazione efficaci prima che il danno diventi irreversibile.


IoT e sensori per la salvaguardia degli ecosistemi

L’Internet of Things (IoT) gioca un ruolo cruciale nella salvaguardia degli ecosistemi grazie alla sua capacità di raccogliere dati ambientali in modo continuo e preciso. Attraverso una rete di sensori posizionati in punti strategici — come foreste pluviali, barriere coralline e aree marine protette — è possibile monitorare costantemente parametri vitali quali temperatura, umidità, qualità dell’aria, livelli di inquinamento e presenza di sostanze chimiche pericolose.

Inoltre, i droni equipaggiati di telecamere ad alta risoluzione e sensori multispettrali sorvolano regolarmente territori spesso difficili da raggiungere, rilevando fenomeni come la deforestazione, gli incendi boschivi e attività illecite quali bracconaggio o pesca illegale. Questi dati vengono trasmessi in tempo reale a centri di controllo dove sistemi di intelligenza artificiale li analizzano rapidamente, permettendo di inviare allarmi tempestivi alle autorità per un intervento immediato.

Anche i satelliti, integrati con sistemi di intelligenza artificiale, forniscono immagini ad alta definizione, utili a monitorare la salute degli ecosistemi su scala globale, consentendo di osservare l’evoluzione degli habitat naturali e intervenire in modo mirato e sostenibile.


Bioinformatica e gestione dei dati genetici

Un altro ambito in cui il digitale ha avuto un impatto significativo è quello della bioinformatica, ovvero l’uso di tecnologie informatiche per analizzare e interpretare dati biologici, in particolare quelli genetici. La conservazione della biodiversità passa anche dalla protezione del patrimonio genetico delle specie, elemento fondamentale per la loro capacità di adattamento e sopravvivenza.

Attraverso sofisticati database genetici e modelli computazionali, gli scienziati possono identificare la diversità genetica all’interno di popolazioni animali e vegetali, monitorare la presenza di mutazioni dannose e progettare interventi di ripopolamento più efficaci, evitando il rischio di inbreeding e perdita di vitalità genetica.

Le banche genetiche digitali, integrate con sistemi di intelligenza artificiale, permettono inoltre di conservare virtualmente e fisicamente campioni di DNA, semi e tessuti, facilitando lo scambio di informazioni tra centri di ricerca di tutto il mondo e accelerando lo sviluppo di strategie di conservazione personalizzate per specie in via d’estinzione.


Esempi concreti di tecnologie digitali a tutela della biodiversità

1. Wildlife Insights – monitoraggio intelligente delle specie selvatiche

Wildlife Insights è una piattaforma sviluppata in collaborazione con Google e varie organizzazioni ambientali che utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare milioni di foto scattate da fototrappole installate in parchi e riserve naturali. Gli algoritmi riconoscono automaticamente specie animali, aiutando i ricercatori a monitorare popolazioni, movimenti e comportamenti in tempo reale, riducendo drasticamente i tempi e i costi di analisi manuale.


2. Rainforest Connection – IoT contro la deforestazione illegale

Rainforest Connection utilizza vecchi smartphone dotati di sensori acustici e microfoni, alimentati a energia solare, installati nelle foreste tropicali. Questi dispositivi ascoltano in modo continuo i suoni dell’ambiente, e grazie all’AI rilevano rumori sospetti di motoseghe o attività di bracconaggio, inviando immediatamente alert alle autorità locali per prevenire la deforestazione illegale e proteggere gli habitat.


3. Conservify – raccolta dati partecipativa con tecnologia open source

Conservify sviluppa strumenti tecnologici open source per il monitoraggio della biodiversità, come fototrappole intelligenti e app per smartphone. Questi strumenti sono utilizzati da comunità locali e scienziati per raccogliere dati sulla fauna selvatica, contribuendo a creare database collaborativi che alimentano modelli predittivi e supportano decisioni di conservazione.


4. Zebra Medical Vision per la bioinformatica

Sebbene nativa nel settore medico, Zebra Medical Vision ha ispirato soluzioni di intelligenza artificiale per l’analisi di dati biologici complessi, inclusi quelli genetici, aprendo la strada all’applicazione della bioinformatica in campo ambientale. Start-up simili utilizzano algoritmi avanzati per analizzare il DNA di specie a rischio e progettare strategie di ripopolamento con dati genetici accurati e personalizzati.


5. Global Fishing Watch – trasparenza e sostenibilità nella pesca

Global Fishing Watch sfrutta dati satellitari e di tracciamento AIS per monitorare in tempo reale l’attività delle flotte pescherecchie in tutto il mondo. L’intelligenza artificiale analizza questi dati per identificare pratiche illegali, monitorare aree di pesca sostenibile e supportare politiche volte alla conservazione degli ecosistemi marini.


Questi esempi dimostrano come l’integrazione tra tecnologia e tutela ambientale non sia più un futuro distante, ma una realtà concreta che sta già contribuendo a proteggere il nostro pianeta. La diffusione di questi strumenti digitali, insieme a programmi come NBFC Upskilling, forma una nuova generazione di professionisti pronti a innovare e a garantire un futuro più sostenibile per la biodiversità globale.

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IL WHITE PAPER
Innovazione e coesione: la trasformazione digitale della Campania con il PO FESR
BANDA ULTRALARGA
Piano Italia 5G, i fondi coesione driver di innovazione
IL PROGETTO
5GMed, ecco i quattro casi d’uso per la mobilità europea
L'APPELLO
Banda 6GHz chiave di volta del 6G: le telco europee in pressing su Bruxelles
EU COMPASS
Tlc, l’Europa adotta la linea Draghi: ecco la “bussola” della nuova competitività
ECONOMIE
EU Stories, il podcast | Politica industriale in Puglia: attrazione di talenti creativi e investimenti esteri grazie ai fondi di coesione
L'APPROFONDIMENTO
La coesione è ricerca e innovazione. Long form sugli impatti del FESR 2014-2020 nel quadro della Strategia di Specializzazione Intelligente a favore della ricerca e dell’innovazione
L'APPROFONDIMENTO
Pnrr e banda ultralarga: ecco tutti i fondi allocati e i target
L'ANNUARIO
Coesione e capacità dei territori
INNOVAZIONE
EU Stories | Dalla produzione industriale a fucina di innovazione: come il Polo universitario della Federico II a San Giovanni a Teduccio ha acceso il futuro
L'INIZIATIVA
DNSH e Climate proofing: da adempimento ad opportunità. Spunti e proposte dal FORUM PA CAMP Campania
INNOVAZIONE
EU Stories, il podcast | Laboratori Aperti: riqualificazione e innovazione in 10 città dell’Emilia-Romagna
Da OpenCoesione 3.0 a Cap4City: ecco i progetti finanziati dal CapCoe.  Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Capacità amministrativa e coesione: il binomio vincente per lo sviluppo dei territori
FORUM PA PLAY: come unire sostenibilità e investimenti pubblici. Speciale FORUM PA CAMP Campania
Scenari
Il quadro economico del Sud: tra segnali di crescita e nuove sfide
Sostenibilità
Lioni Borgo 4.0: un passo verso la città del futuro tra innovazione e sostenibilità
Podcast
Centro Servizi Territoriali: uno strumento per accompagnare gli enti nell’attuazione della politica di coesione. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Podcast
EU Stories, il podcast | Politiche di coesione e comunicazione: una sinergia per il futuro
Opinioni
La comunicazione dei fondi europei da obbligo ad opportunità
eBook
L'analisi della S3 in Italia
Norme UE
European Accessibility Act: passi avanti verso un’Europa inclusiva
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

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