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Da risk management a sviluppo del business: l’ESG vista dalla prospettiva Investor Relations

Dal confronto con Omar Al Bayaty, Responsabile Investor Relations & ESG di Terna emerge un quadro sempre più strategico per la sostenibilità e per l’ESG: “gli investitori considerano la sustainability non solo come un fattore di riduzione di rischio dell’investimento ma come un elemento di business che permette di creare nuove opportunità di crescita e sviluppo”. Anche per questo aumenta l’attenzione ai temi della misurabilità, al ruolo degli standard e alla centralità della matrice di materialità come strumento fondamentale per guidare la strategia. Gli SDGs come faro e come punto di riferimento per le aziende

Pubblicato il 27 Feb 2022

Omar Al Bayaty, Responsabile Investor Relations & ESG di Terna

Nella definizione, comunicazione e attuazione di una strategia di sostenibilità, all’investor relations è affidato un ruolo sempre più centrale nel rapporto tra azienda e mercati azionari. Il primo pensiero, quando si guarda a questa funzione, va alla lettura finanziaria che accompagna qualsiasi trasformazione aziendale, ma è proprio la capacità di lettura dei valori legati alla sostenibilità e all’ESG a dare a questa funzione un compito speciale in termini di comprensione dei fenomeni e di contributo al disegno strategico delle aziende. Ed è su questo ruolo che è partito il confronto con Omar Al Bayaty, Responsabile Investor Relations & ESG di Terna per approfondire il contributo di questa funzione al percorso di trasformazione industriale, con un’attenzione particolare alla visione e al percorso di una realtà importante per la transizione energetica del nostro Paese come Terna; ne sono prova gli 8,9 miliardi di euro d’investimenti previsti nei prossimi anni e al 95% sostenibili secondo i criteri della tassonomia europea.

Con una carriera nell’ambito dell’Investor Relations di oltre venti anni, Omar Al Bayaty ha iniziato questo percorso professionale in Telecom Italia sino al 2007, quando ha scelto di operare nell’ambito della consulenza con una serie di attività che gli hanno permesso di seguire da vicino operazioni straordinarie e quotazioni. Dal 2010 è in Terna, dove oggi ricopre il ruolo di Responsabile Investor Relations & ESG. Nel rispetto di questo percorso, che unisce l’esperienza aziendale e quella di advisor, iniziamo il nostro confronto dal rapporto tra mercati finanziari e sostenibilità.

Qual è oggi l’attenzione del mercato finanziario nei confronti delle tematiche ESG? 

Il rapporto tra sostenibilità e mercati azionari ha vissuto e vive tuttora una grande evoluzione. Negli ultimi anni abbiamo registrato un crescente interesse verso i temi dell’ESG: la platea degli investitori attenti agli aspetti non finanziari si è decisamente allargata. Se sino a qualche anno fa questa platea poteva essere considerata alla stregua di una nicchia di soggetti specializzati (i cosiddetti SRI-Social Responsible Investors), che prestavano attenzione a tematiche socialmente responsabili e all’impatto ambientale, adesso il numero di coloro che indirizzano la loro attenzione e le loro scelte su questi temi è decisamente aumentato. Con l’incremento sia del numero degli investitori che della massa gestita, è cambiato anche il processo decisionale che porta alle scelte d’investimento: da un approccio di tipo “cherry picking”, con una selezione delle aziende focalizzate su temi molto specifici, si passa a un modello più analitico e strutturato che approfondisce tutti gli aspetti ESG.

Cos’è successo esattamente?

Abbiamo assistito a un crescente interesse da parte degli investitori generalisti, che seguono logiche che possiamo definire più “mainstream”. Ma anche qui dobbiamo identificare due fasi.

La prima è quella in cui abbiamo visto questi investitori apprezzare la capacità di tali investimenti di ridurre il livello di rischio di portafoglio, ovvero di subire in misura minore le nuove sfide, da quelle legate al clima alla perdita di reputazione per comportamenti socialmente sempre più rilevanti, come, ad esempio, il tema del gender gap e dell’inclusion. In questa fase ha pesato senza dubbio la capacità delle imprese più attente ai temi ESG di dimostrare che la loro attenzione ai cambiamenti climatici, alla gestione delle risorse e alle esigenze dei territori nei quali operano, le ha rese più forti e più solide nell’affrontare le minacce che sono sopraggiunte. E hanno saputo resistere e adattarsi meglio.

Nella seconda fase i mercati non si sono limitati a valorizzare la capacità di proteggere i risultati delle aziende dai nuovi rischi, ma guardano a questi fattori come a una nuova opportunità di crescita. Più concretamente, la comunità finanziaria nel suo insieme sta ponendo al centro dell’attenzione temi e valori che prima erano affidati solo a quella specifica categoria del mondo finance che faceva riferimento alla finanza sostenibile.

Una conferma a chi sostiene che le radici dell’ESG vanno cercate nel Risk management?

Sì, certamente sì, questo passaggio conferma che il Risk management è una delle basi da cui parte l’attenzione ai temi ESG, ma è solo il punto di partenza. è ormai evidente che monitorare e gestire i temi ESG consente non solo di mitigare i rischi ad essi correlati, ma anche, e soprattutto, di creare nuove opportunità di crescita.

Guardiamo alle ragioni che stanno alla base di questa prospettiva. Non possiamo non considerare che il punto di partenza per qualsiasi valutazione è nel segno del fattore Rischio-Rendimento. Cosa sta accadendo?

Le principali agenzie di rating esprimono ovviamente valutazioni in ottica di rischio-rendimento finanziario, e inserire in tale logica i criteri ESG implica un cambiamento molto importante in termini di allargamento delle fonti informative di gestione dei dati e, non a caso, abbiamo assistito all’acquisizione di boutique di analisi specializzate in ESG da parte di diverse società di rating. In tanti cercano di presidiare questi temi con conoscenze specifiche per rispondere al fatto che la maggior parte dei clienti esprime un interesse molto forte, che ne orienta sempre più le scelte di investimento.

Questa considerazione ci porta inevitabilmente ad affrontare il tema fondamentale della misurabilità. Come vede questa tematica?

È fondamentale. Prima di tutto occorre avere le idee chiare su cosa è sostenibile e su cosa non lo è e, da questo punto di vista, l’attenzione è giustamente rivolta al mondo delle istituzioni e ad interventi come, ad esempio, quello legato alla tassonomia della sostenibilità.

Il confronto su questi contenuti è inevitabilmente molto complesso, perché nel momento in cui si decidono delle regole ci sono implicazioni dirette che impattano sul modello di business dei soggetti coinvolti.  Da questo punto di vista possiamo dire che l’Europa sta assumendo un ruolo di guida per il mercato con iniziative molto coraggiose.

Torniamo al mercato. Come sta evolvendo l’atteggiamento della comunità finanziaria rispetto alla crescente attenzione degli investitori alle tematiche ESG, anche in relazione all’evoluzione legata ai fattori di rischio e di rendimento dell’investimento?

Il mercato è molto attento e in grande movimento. Ogni investitore opera con la logica del rapporto rischio – rendimento e, come abbiamo detto, anche l’investitore mainstream ha apprezzato che l’ESG riduce i rischi e crea maggiori opportunità di crescita. Con l’aumento della capacità delle aziende sostenibili di rispondere in modo più efficace alle richieste dei mercati, il fattore chiave è rappresentato dai dati e dalla loro interpretazione. Volendo fare un esempio concreto, possiamo dire che tra due società identiche in termini di business e risultati, l’azienda che è più attenta ai temi ESG presenta dei rischi di business inferiori. L’investitore considera subito questo aspetto nelle sue scelte d’investimento. Per valutare e apprezzare queste dimensioni servono KPI appropriati e specifici che si sommano ai più tradizionali indicatori economico-finanziari.

Considerando che la finanza in generale sta diventando sempre più sostenibile, quanto è importante per Terna essere inclusa negli indici ESG?

Molto importante. Si tratta di confrontarsi con nuove unità di misura. Le aziende sono presenti negli indici ESG non perché possiedono una capitalizzazione di mercato alta o fanno parte di un mercato quotato in una particolare Borsa, ma perché esprimono determinate caratteristiche legate ai temi Environmental, Social e Governance.  Gli indici aiutano gli investitori a orientarsi e per l’azienda rappresentano un faro per valutare le proprie performance in relazione al mercato. La presenza in questi indici è anche un fattore di credibilità: tramite tali parametri c’è la possibilità di attrarre non solo i cosiddetti fondi passivi, ma anche gli investitori attivi.

In quali rating e indici ESG siete presenti?

In tutti i principali a livello globale. In termini di rating, contiamo su S&P Global, CDP (ex Carbon Disclosure Project), Sustainalytics, MSCI, Vigeo Eiris, Bloomberg, ISS ESG, FTSE Russell, Standard Ethics, GRESB Infrastructure. E siamo presenti nei seguenti indici: Dow Jones Sustainability Index, FTSE4Good, MSCI, STOXX Global ESG Leaders, Bloomberg Gender Equality Index, Euronext Vigeo Eiris, ECPI, Solactive Europe Corporate Social Responsibility Index, MIB ESG, GLIO/GRESB ESG Index.

Come avete lavorato e come si sta posizionando Terna?

Questa impostazione è frutto di un lavoro di analisi di tutti i rating materiali sui quali riteniamo sia importante esprimere il nostro valore e stiamo registrando performance di eccellenza.  Rientriamo nelle fasce di valutazione più alte dei principali rating, sia per quanto riguarda la “E” di Environmental, sia per la “S” di Social e per la “G” di Governance.

Quanto è importante la matrice di materialità per questo vostro percorso?

È uno strumento cruciale. La matrice di materialità permette di analizzare i valori e il posizionamento sia verso gli stakeholder interni sia verso quelli esterni e può essere considerata come una vera e propria bussola. Grazie a questo strumento è possibile comprendere non solo i temi oggi più importanti e rilevanti, ma individuare anche i cosiddetti top climber, ovvero i temi che stanno crescendo e che potranno influire in futuro sulle strategie di sostenibilità e di business. I nuovi indirizzi metodologici dell’analisi di materialità, sempre più attenti agli impatti sugli stakeholder, consentiranno alle imprese un ulteriore passo in avanti in termini di maggiore focalizzazione della pianificazione strategica.

L’analisi di materialità indirizza poi il reporting in tutte le dimensioni che concorrono alla creazione di valore di un’azienda. Certamente permette di evidenziare l’attenzione sui temi “materiali” per eccellenza, che, ad esempio, nel nostro caso, sono rappresentati dai fattori che incidono sulla resilienza della rete e quelli che abilitano la transizione energetica. È evidente che, in una transizione di questa portata, il gestore della rete elettrica gioca un ruolo di regista e le sue strategie di investimento sono indispensabili per gestire il processo di profonda trasformazione in atto nei consumi e nella produzione di energia.

Tanti indici ESG e diversi rating. Grazie all’esperienza che avete in ambito ESG, c’è un suggerimento che volete dare per armonizzare i rating?

Questo è un altro un tema rilevante e riguarda la metodologia di valutazione che deve essere molto chiara. Le aziende ne devono tenere conto e devono inserirla nei propri sistemi di rendicontazione con applicativi che gestiscono la data collection e la data analysis. È importante avere obiettivi chiari, prima di tutto a livello di tassonomia e poi a livello di standardizzazione dei dati. I principi contabili internazionali dell’ESG oggi ricordano la fase di passaggio dai principi contabili nazionali a quelli internazionali e siamo in un momento in cui è per tutti fondamentale definire delle metriche di comparazione chiare e condivise a livello internazionale. In altri termini, va trovato un punto di equilibrio tra materialità e comparabilità dei dati.

Questo è un passaggio fondamentale perché il next step è poi rappresentato dalla capacità di misurare il capitale relazionale e di effettuare un bilanciamento dei capitali.

Spieghiamo bene questo concetto, magari con un esempio…

Quando facciamo un investimento, ad esempio in una nuova linea elettrica, si mette in campo una serie di azioni. C’è ovviamente un investimento di capitale finanziario, ma c’è anche un capitale reputazionale che attiene alla presenza dell’azienda sul territorio e c’è un investimento in capitale naturale, anche questo sul territorio stesso. Ma non ci fermiamo qui; c’è anche un investimento in capitale umano legato alle persone coinvolte sia nella realizzazione sia nella gestione della linea. L’investimento non è dunque solo in denaro, ma in diverse forme di capitale, che possono e devono essere misurate in modo appropriato. In particolare, il capitale naturale o reputazionale è costituito da investimenti che producono, tipicamente, risultati con tempi diversi da quelli dell’investimento finanziario classico. Occorre, dunque, disporre di strumenti che consentano di realizzare un bilanciamento dei capitali. Quando si riesce a ottenere questo bilanciamento dei capitali, l’ESG entra veramente nella strategia delle aziende.

 

Vediamo dunque come misurate le performance ESG? Quali sono gli standard di riferimento e quali sono gli strumenti che state utilizzando?

Operativamente ci affidiamo agli standard tra cui il GRI, che Terna utilizza nella sua rendicontazione di sostenibilità dal 2006, e poi SASB. Seguiamo le raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) e le raccomandazioni sulle climate actions dell’ISO.

Guardando ai principi che stanno alla base degli obiettivi di sostenibilità, che ruolo svolgono per voi gli SDGs?

Terna è stata tra le prime aziende a porre gli SDGs come un punto di riferimento per il proprio Piano Industriale. Per noi sono un faro che illumina il percorso di sostenibilità in modo molto chiaro. Gli SDGs hanno un grande pregio: permettono di identificare chiaramente gli obiettivi, e sono così costituzionali e alti che esprimono in modo preciso dei valori universali. Se un’azienda non riesce a far entrare gli SDGs nei processi aziendali non può dire di essere veramente attiva in percorsi di sostenibilità. Nello stesso tempo, però, occorre collocare correttamente gli SDGs nella propria strategia avendo ben presenti anche gli strumenti attraverso i quali questi obiettivi possono diventare realtà. In altre parole, penso ai Sustainable Development Goals come a una Costituzione, ovvero come al punto di riferimento per uno Stato e per una comunità. Ma una Costituzione, nella realtà della vita di tutti i giorni, ha la necessità di concretizzarsi in leggi specifiche che tengano conto del contesto, dei bisogni, delle risorse a disposizione e di tutti i fattori con cui ci si deve confrontare quotidianamente. Tutti abbiamo, dunque, bisogno degli SDGs e tutti abbiamo bisogno di calarli nella realtà specifica dei mercati con scelte appropriate.

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Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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