Approfondimento

Dichiarazione non finanziaria: cos’è, chi deve realizzarla e perché è importante

La DNF è una rendicontazione che va oltre i dati economici e riporta azioni, strategie e risultati che dimostrano l’impegno messo in campo dall’organizzazione per migliorare la sostenibilità ambientale, l’inclusione e l’equità sociale. Ecco tutto quello che c’è da sapere, dagli obblighi alle modalità di compilazione

Pubblicato il 09 Set 2022

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Esiste un documento che nasce con lo scopo di individuare ed evidenziare le implicazioni di natura etica del business, integrate nella visione strategica aziendale. Quel documento prende il nome di dichiarazione non finanziaria (DNF).

Dal momento che i criteri ESG pesano in modo sempre più rilevante sulla percezione del valore di un’azienda e sui suoi risultati di business, la DNF si inserisce in questo ambito fotografando la strategia messa in campo dall’azienda per gestire in modo efficace, inclusivo e circolare le problematiche di impatto sociale ed etico. Suo scopo ultimo è, infatti, quello di spiegare in modo dettagliato le politiche adottate sulla sicurezza e la salute (pubblica e dei propri collaboratori), l’ambiente, il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione.

Ma entriamo nel dettaglio.

DNF: di cosa si tratta nel concreto?

La DNF è una rendicontazione in cui si riportano aspetti di carattere sociale e ambientale, con focus sulle politiche di sostenibilità aziendale, sulle modalità di gestione del personale e sull’impegno nella lotta alla corruzione e rispetto dei diritti umani.

In  questo senso, il documento è nient’altro che la fotografia della cosiddetta Corporate Social Responsibility (in italiano responsabilità sociale d’impresa), ovvero dell’insieme delle azioni realizzate per affrontare attivamente le problematiche di impatto etico e sociale.

Da dove arriva la Dichiarazione Non Finanziaria DNF

La Dichiarazione Non Finanziaria ha il suo punto di riferimento nel decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016 con il quale è stato introdotto, esattamente all’art. 2, l’obbligo di pubblicare una dichiarazione, che può essere individuale o consolidata, di carattere non finanziario per gli Enti di Interesse Pubblico Rilevanti EIPR, ovvero per le società italiane emittenti valori mobiliari che sono quotate su un un mercato regolamentato in Italia o in UE. Nello specifico questo obbligo riguarda banche, assicurazioni e imprese di riassicurazione con queste caratteristiche: un numero di dipendenti superiore a 500, uno stato patrimoniale superiore a 20.000.000 di euro o un fatturato superiore a 40.000.000 di euro.

DNF obbligatoria o volontaria

Sempre il decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016 ma all’art. 7 prevede, inoltre, che anche altre imprese o organizzazioni con caratteristiche diverse da Enti di Interesse Pubblico Rilevanti EIPR possano pubblicare una Dichiarazione Non Finanziaria DNF su base volontaria. In questo caso qualificando la dichiarazione con la “dicitura di conformità” alla DNF nel caso in cui la Dichiarazione sia prodotta seguendo le disposizioni del decreto.

L’obbligo di rendicontazione non finanziaria riguarda – lo ripetiamo – gli enti di interesse pubblico, come banche o assicurazioni, a prescindere dalla dimensione, e le aziende quotate, con almeno 500 dipendenti e un bilancio consolidato che registri un attivo di stato patrimoniale oppure ricavi netti superiori alle cifre sopra indicate.

DNF e PMI

Per le PMI non quotate e le microimprese la dichiarazione non è invece un obbligo: si può in questo caso optare per il reporting di sostenibilità, anche per migliorare la trasparenza del proprio operato nei confronti di loro soci e clienti. Anche le aziende più piccole, infatti, hanno finalmente compreso quanto sia importante la leva dalla sostenibilità del business e sono sempre più numerose quelle che pubblicano il proprio bilancio di sostenibilità o altri report ESG pur non essendo obbligate per legge a farlo.

Dichiarazione Non Finanziaria: “Non Financial Reporting Directive”: un tassello chiave

La Direttiva UE 95 del 2014, la cosiddetta Non Financial Reporting Directive (NFRD), che ha modificato la 34/2013, ha esteso l’obbligo di reporting sulle tematiche sociali e ambientali. Secondo la norma, la dichiarazione non finanziaria può essere integrata nel bilancio d’esercizio oppure pubblicata separatamente: le imprese che non adottano politiche specifiche in uno o diversi ambiti citati nella Direttiva dovranno indicare le motivazioni della scelta.

Le sanzioni

Che cosa rischia un’azienda che non presenti, pur avendone l’obbligo, la DNF? La mancata stesura del report espone l’azienda a pesanti sanzioni:

  • Omessa stesura della dichiarazione: dai 20mila ai 100mila euro;
  • Omesso deposito della dichiarazione: dai 20mila ai 100mila euro;
  • Mancata conformità della dichiarazione al decreto 254/2016: dai 20mila ai 100mila euro:
  • Falsità nelle comunicazioni: dai 50mila ai 150mila euro.

I 5 pillar della DNF

Sono 5 gli ambiti minimi da trattare per legge nella DNF:

  1. Environment: analisi in termini di utilizzo delle risorse energetiche e idriche, rinnovabili e non, di emissioni di gas serra e inquinanti;
  2. Social: tratta il modus operandi aziendale  in materia di salute e sicurezza, rischio sanitario e altre tipologie di pericoli. Si parla anche di strategie di sviluppo sociale e culturale dei territori in cui opera l’azienda;
  3. Gestione del personale:  in questa parte vengono illustrate le iniziative atte a contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile e del caporalato, a migliorare l’ambiente di lavoro e a garantire inclusione e parità di genere;
  4. Diritti umani: l’azienda espone in questa parte le azioni attuate  contro la violazione dei diritti umani o eventuali discriminazioni;
  5. Anticorruzione: qui vengono segnalati gli strumenti che l’impresa mette in campo per sconfiggere la corruzione attiva e passiva (commessa da e contro l’azienda).

Tutte le informazioni fornite devono essere conformi a standard riconosciuti a livello internazionale, primo fra tutti il GRI (Global Reporting Initiative).

DNF: quali sono i vantaggi per le imprese?

La dichiarazione non finanziaria non è solo un obbligo di legge per molti soggetti, ma anche un strumento di marketing e comunicazione particolarmente efficaceLa DNF dà un contributo essenziale al miglioramento dell’immagine aziendale e della brand reputation. Non solo. Data l’ormai diffusa sensibilità dei consumatori verso queste tematiche, le aziende che rendicontano con chiarezza sui temi ESG sono molto apprezzate dagli utenti finali e dagli investitori. Le dichiarazioni non finanziarie diventano quindi, a fianco delle informazioni di natura più prettamente economica, un indirizzo chiave a guida delle scelte di investimento.

Obblighi e sanzioni legati alla Dichiarazione Non Finanziaria

Il legislatore italiano ha attribuito alla Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) il potere di stabilire sia le modalità di pubblicazione della dichiarazione non finanziaria, sia i termini e le modalità di trasmissione, affidando anche allo stesso organo l’attività di supervisione e controllo. La mancata stesura del report mette l’azienda a rischio di pesanti sanzioni:

  • Omessa stesura della dichiarazione: dai 20mila ai 100mila euro;
  • Omesso deposito della dichiarazione: dai 20mila ai 100mila euro;
  • Mancata conformità della dichiarazione al decreto 254/2016: dai 20mila ai 100mila euro:
  • Falsità nelle comunicazioni: dai 50mila ai 150mila euro.

Dalla Dichiarazione Non Finanziaria alla CSRD: Corporate Sustainability Reporting Directive

A metà dicembre 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale UE la Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD ovvero la Direttiva n. 2022/2464 riguardante la rendicontazione societaria di sostenibilità, modificativa della Direttiva 2013/34/UE, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per imprese di grandi dimensioni. La normativa prevede il seguente calendario

  • dal 1° gennaio 2024 per grandi imprese di interesse pubblico, con più di 500 dipendenti;
  • dal 1° gennaio 2025 per tutte le altre grandi imprese (sono tali quelle che, alla data di chiusura dell’esercizio, superino 2 dei seguenti 3 criteri: € 20 milioni di totale dell’attivo, € 40 milioni di ricavi netti, 250 dipendenti medi annui);
  • dal 1° gennaio 2026 per le PMI quotate (escluse le microimprese);
  • dal 1° gennaio 2028 per le società non UE che realizzano un fatturato annuo superiore a € 150 milioni nella UE e che hanno un’impresa figlia o una succursale nella UE, che si qualifica come grande impresa o PMI quotata e/o presenta un fatturato netto superiore a € 40 milioni nell’esercizio precedente.

Il nuovo modello di rendicontazione di sostenibilità, diventerà parte integrante della relazione sulla gestione e dovrà contenere la descrizione del modello e della strategia aziendale con una serie di elementi come

  • politiche di sostenibilità dell’impresa;
  • piani dell’impresa per garantire la compatibilità del modello e della strategia con la transizione verso un’economia sostenibile;
  • logiche con cui tenere conto degli interessi degli stakeholders;
  • principali impatti negativi, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore;
  • gestione rischi e opportunità legate alla sostenibilità;
  • risk management delle questioni di sostenibilità;
  • procedure di due diligence;
  • modalità di attuazione;
  • descrizione degli obiettivi ESG;
  • ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo in relazione alle questioni ESG;
  • sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità;
  • indicatori e KPI

La CSRD punta sul concetto di “doppia materialità” o per certi aspetti di “doppia rilevanza” che invita le aziende a fornire dati e informazioni sull’impatto delle proprie attività sull’ambiente e sulla dimensione sociale  unitamente anche a come i temi di sostenibilità impattano sul business aziendale.

Un aspetto importante riguarda poi la tipologia di informazioni che devono essere prodotte. La CSRD parla di “informazioni sulla sostenibilità” e punta all’integrazione tra le logiche che riguardano gli aspetti ambientali, sociali e di governance e la gestione economico-finanziaria.

DNF, CSRD: l’importanza della Doppia materialità in chiave Inside-Out e Outside-In

La Corporate Sustainability Reporting Directive invita le imprese a considerare tutte le logiche legate alla materialità, con informazioni che permettano a operatori, mercati e investitori di comprendere in modo chiaro come i fattori di sostenibilità possono impattare sullo sviluppo delle imprese, sulle loro performance, sulle operations e sulle attività commerciali in chiave “Inside-Out“. Nello stesso tempo le imprese devono mettere a disposizione anche informazioni e dati necessari per valutare , nella prospettiva “Outside-In” l’impatto dell’ambiente e della dimensione sociale sulle attività dell’azienda.

Articolo aggiornato il 13 settembre 2023

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