Circular Fashion

Avvicinarsi all’Economia Circolare nell’Industria Tessile: il Caso Punto Art

La trasformazione verso un modello di sviluppo di Economia Circolare di un’azienda tessile, specialmente se PMI, non è cosa semplice. Lo strumento C-READINESS, sviluppato dal laboratorio RISE dell’Università di Brescia, permette di valutare la prontezza di un’organizzazione alla circolarità, determinando punti di forza e aree in cui c’è maggior spazio per agire. Il caso di Punto Art

Pubblicato il 02 Dic 2021

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L’impatto ambientale dell’industria tessile

L’industria tessile gioca un ruolo centrale nell’economia mondiale. Globalmente il suo valore ammonta intorno ad 1,3 miliardi di dollari, e occupa 300 milioni di persone lungo tutta la catena produttiva. Negli ultimi 15 anni, la produzione del mondo tessile è quasi duplicata. Tuttavia, l’attuale sistema di produzione, distribuzione e utilizzo dei prodotti di questa industria è completamente lineare (Figura 1). Questo modello di produzione implica una continua estrazione ed utilizzo di materie prime per la fabbricazione di tessuti e capi di abbigliamento che a fine vita vengono dismessi come rifiuto.

Martina Ioli, Business Analyst P4i

Nel caso dell’industria tessile vengono spesso utilizzate grandi quantità di materie prime non rinnovabili. Si stima infatti l’utilizzo di 98 milioni di tonnellate di petrolio per la produzione di fibre sintetiche (es. poliestere), e per l’utilizzo di coloranti nella colorazione delle stesse. Inoltre, la coltivazione del cotone e la fase di produzione consumano intorno ai 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, contribuendo ai problemi di scarsità idrica. Anche per quanto riguarda il riciclo e riutilizzo di materiali i numeri non sono positivi. In tutto il settore, solo il 13% del materiale a fine vita utile viene in qualche modo riciclato dopo l’uso (Ellen MacArthur Foundation, 2017).

Figura 1: L’impatto della catena produttiva del mondo tessile (Ellen MacArthur Foundation, 2017)

Come mostrato in Figura 2, la produzione mondiale di fibre tessili è destinata ad aumentare in maniera esponenziale, con le fibre artificiali (poliestere in primis) destinate a dominare il mercato ancora per molto. Serve quindi trovare delle alternative per limitare l’impatto ambientale dell’industria tessile.

Figura 2: La produzione mondiale di fibre (Koszweska, 2018)

L’Economia Circolare: una possibile risposta

L’economia lineare, come spiegato precedentemente, è strettamente connessa ad una serie di limiti ambientali ed economici legati allo sfruttamento delle risorse naturali e alla generazione di rifiuti, che ci stanno portando ad una crisi climatica senza precedenti. Come recentemente espresso durante l’ultima conferenza COP (la COP26 di Glasgow), dobbiamo necessariamente azzerare le emissioni globali nette di CO2 entro il 2050, e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C. L’industria tessile, considerato il notevole impatto ambientale, può giocare un ruolo rilevante in questo percorso, ed una valida risposta può essere rappresentata dall’Economia Circolare (Figura 3). In questo nuovo modello di sviluppo sostenibile, la crescita economica è disaccoppiata dal consumo di risorse naturali e dalla generazione di rifiuti, attraverso il potenziamento di diversi ricircoli:

  • Riduzione degli sprechi di risorse materiali ed energetiche ed estensione della vita utile dei prodotti;
  • Riutilizzo dei capi di abbigliamento per evitare la loro dismissione a fine vita;
  • Rigenerazione dei capi di abbigliamento che raggiungono il fine vita, con l’obiettivo di recuperare le fibre e di riutilizzarle per la produzione di nuovi prodotti (materie prime seconde).
Figura 3: L’Economia Circolare per l’industria tessile (Bressanelli et al., 2021)

Ma in che modo le aziende dell’industria tessile possono mettere in pratica l’Economia Circolare? Esistono diverse azioni che possono essere messe in pratica. In primo luogo, è necessario riconcepire il design dei tessuti e dei capi di abbigliamento. Diventa infatti necessario pensare fin dalla fase di progettazione dei prodotti a tutto il ciclo di vita dei filati e dei tessuti, cercando di utilizzare materie prime seconde oppure materiali biodegradabili. Un esempio dell’utilizzo di questa leva è Orange Fiber, azienda che riutilizza gli scarti della produzione di arance (bucce) per produrre tessuti sostenibili, grazie ad una innovativa tecnologia brevettata dall’azienda stessa. In secondo luogo, diventa fondamentale riconvertire i processi produttivi, ovvero rivedere in ottica sostenibile le fasi di produzione recuperando gli sfridi e gli scarti di produzione o investendo in nuove tecnologie. Aquafil, azienda produttrice di filati di nylon, ha riconvertito il proprio processo produttivo investendo in tecnologie di depolimerizzazione del nylon, riuscendo quindi a trasformare prodotti in nylon a fine vita come vecchie reti da pesca in materia prima seconda. Il nylon rigenerato viene quindi utilizzato per produrre Econyl, filato di nylon rigenerato che riduce del 90% le emissioni di CO2 rispetto alla produzione standard di nylon vergine. Econyl viene successivamente utilizzato da diversi brand del mondo fashion per realizzare capi di abbigliamento. In terzo luogo, è necessario ripensare i modelli di business, cercando di spostare il focus dalla vendita del capo di abbigliamento all’offerta complessiva di servizio lungo tutto il ciclo di vita dei tessuti. Mud Jeans, retailer olandese di capi di abbigliamento tessile, ha trasformato il proprio modello di business affittando i jeans ai propri clienti. In questo modo, l’azienda riesce ad allungare la vita utile dei jeans e a diminuire drasticamente la generazione di rifiuti poiché i jeans vengono recuperati da Mud Jeans a fine vita ed avviati a rigenerazione, pronti per essere noleggiati di nuovi alla propria base di clienti. Infine, diventa fondamentale riconfigurare la supply chain per attuare meccanismi di reverse logistics in grado di recuperare i prodotti tessili arrivati a fine vita. H&M, in partnership con I:CO, ha avviato un servizio di recupero dei capi a fine vita per destinarli correttamente a riciclo in cambio di un codice sconto. In particolare, l’iniziativa nel 2019 ha raccolto oltre 29.000 tonnellate di tessuti, equivalenti a circa 145 milioni di T-shirt.

Gianmarco Bressanelli, Post Doc Researcher at RISE Lab, Consultant at IQ Consulting Srl

Grazie alla riprogettazione di prodotti, processi produttivi, modelli di business e supply chain, l’Economia Circolare si candida quindi come una potente risposta agli enormi impatti ambientali dell’industria tessile. Ma l’industria tessile è spesso caratterizzata da filiere globali, altamente frammentate e composte da una miriade di imprese di piccole-medio dimensioni che spesso non dispongono delle risorse necessarie per poter abbracciare con successo tale cambiamento. Di conseguenza, come può una PMI appartenente alla filiera tessile iniziare ad avvicinarsi all’Economia Circolare? Ne parliamo con Paolo Raggini, che si occupa dello sviluppo organizzativo e innovativo di Punto Art srl, piccola-media azienda operante nella filiera tessile.

Il caso Punto Art srl

L’implementazione di un’economia mirata alla circolarità è di per sé un cambiamento non indifferente all’interno di qualsiasi azienda. Per le piccole e medie imprese l’implementazione si complica. Infatti, il numero limitato di risorse a propria disposizione rende la trasformazione circolare un processo complesso e dispendioso.

La valutazione di Circolarità attraverso il C-READINESS del Laboratorio RISE

Punto Art srl è un’azienda che opera nel settore dell’industria tessile, in particolare produce ricami e decorazioni per aziende della moda di lusso. Ha un fatturato di circa 2 milioni di euro e un totale di circa 26 dipendenti. Fin da sempre l’azienda propone e sviluppa propri campionari, effettua ricerca, e propone soluzioni al cliente.

L’azienda reputa l’Economia Circolare un aspetto molto importante, ed è per questo motivo che si è candidata ed è stata selezionata tra le 5 aziende partecipanti al percorso pilota di Economia Circolare e Trasformazione Digitale organizzato dal CISE, Azienda speciale della Camera di Commercio della Romagna Forlì-Cesena e Rimini e realizzato dal Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia.

Durante il percorso l’azienda si è sottoposta allo strumento di valutazione alla prontezza all’Economia Circolare C-READINESS, sviluppato dal laboratorio RISE dell’Università di Brescia, che permette di misurare il livello di circolarità aziendale. Lo strumento C-READINESS è un tool composto da 30 domande divise in 7 aree differenti (vedi Figura 4).

Figura 4: aree del C-READINESS

Le aree rappresentano le principali fasi del ciclo di vita del prodotto, dalla progettazione fino al suo smaltimento. La settima area ha invece l’obiettivo di raccogliere le informazioni sull’impatto ambientale delle suddette aree, al fine di identificare quelle a maggior potenziale.

L’assessment ha fatto emergere una serie di punti di forza di Punto Art nei confronti dell’Economia Circolare, che mettono in luce l’impegno dell’azienda nei confronti dell’ambiente agendo su tutte le leve di Economia Circolare (prodotto, processo, modello di business, supply chain):

Il punto di vista di Paolo Raggini, Amministratore Delegato di Punto Art SrL

L’impegno di Punto Art si riconosce anche nelle parole e nella convinzione di Paolo Raggini, Amministratore Delegato, con cui abbiamo approfondito il percorso di Punto Art nei confronti dell’Economia Circolare.

Paolo, sulla base della tua esperienza, come può muoversi una PMI operante nella filiera tessile in maniera efficace verso l’Economia Circolare?

PR: Non bisogna pensare di poter fare tutto e subito. Un cambiamento, infatti, ha bisogno dei suoi tempi, specialmente se di carattere sistemico come il cambiamento Circolare. Porsi tanti obiettivi da raggiungere contemporaneamente rischia di far perdere il focus e l’attenzione da parte dei diversi attori in gioco. È quindi importante definire un percorso, dividere il cammino in piccoli step sequenziali e cercare di dare contenuto e continuità al processo di trasformazione. Di fondamentale importanza è portare a bordo fin dall’inizio tutti i dipendenti aziendali, attraverso importanti iniziative di comunicazione e sensibilizzazione.

Quali sono state le principali difficoltà affrontate finora?

PR: I punti critici riguardano sempre il coinvolgimento delle persone, in particolare per quanto riguarda i partner aziendali ed i clienti. È necessario stabilire fin da subito e condividere degli obiettivi comuni riguardanti l’aspetto ambientale, non solo quello economico. Il coinvolgimento dei fornitori (ma anche dei clienti!) è essenziale per raggiungere un obiettivo di sostenibilità non solo di Punto Art – che è solo un piccolo tassello dell’intera filiera tessile – ma dell’intero ecosistema.

Paolo, quali sono i prossimi passi?

PR: Lo step successivo per proseguire con il percorso di avvicinamento all’Economia prevede l’allineamento degli obiettivi interni con quelli esterni (cioè, dei nostri fornitori e clienti), così da intraprendere una direzione comune, consapevoli e convinti che andare in questa direzione è ora più mai una necessità.

In Conclusione

Nicola Saccani – Professore Associato, Laboratorio RISE, Università di Brescia

La trasformazione verso un modello di sviluppo di Economia Circolare di un’azienda tessile, specialmente se PMI, non è cosa semplice. Grazie al caso Punto Art sono emersi una serie di punti principali da dover considerare. In primo luogo, è necessario intraprendere il percorso verso la sostenibilità a livello di filiera, coinvolgendo quindi i propri fornitori, ma anche e soprattutto i propri clienti. La sensibilizzazione di questi soggetti diventa quindi un elemento chiave nel processo di transizione. Purtroppo, per le piccole e medie imprese l’impegno è molto più elevato a causa delle risorse limitate e del poco tempo a disposizione, nonché del (limitato) potere nei confronti di attori più grandi (e dominanti) della filiera. Tuttavia, tutte queste difficoltà non hanno fermato aziende come Punto Art che si impegnano costantemente per raggiungere i propri obiettivi di sostenibilità ambientale. Però, non è sempre semplice capire da dove bisogna partire per intraprendere un percorso complesso come quello di Economia Circolare.

Dunque, da dove partire? Il punto di partenza spesso è una valutazione di circolarità a tutto tondo dell’azienda. Lo strumento C-READINESS permette di valutare la prontezza di un’organizzazione all’Economia Circolare, determinando punti di forza e le aree in cui c’è maggior spazio per agire. Nel caso di Punto Art, lo strumento ha messo in luce tutta una serie di punti forza, tra cui l’ottenimento della certificazione GOTS (considerata la più importante certificazione ecosostenibile di prodotti tessili), l’attenzione alla riduzione degli scarti in fase di produzione, la sensibilizzazione dei propri fornitori, clienti ma anche dipendenti attraverso la riduzione negli uffici di plastica monouso e l’utilizzo in tutte le aree dell’azienda della raccolta differenziata.

Sei interessato a misurare il tuo livello di circolarità utilizzando lo strumento C-READINESS? Compila il form disponibile a questo link.

Riferimenti

Ellen MacArthur Foundation (2017) A new textiles economy: Redesigning fashion’s future

Koszweska, M (2018) Circular Economy — Challenges for the Textile and Clothing Industry – Autex Research Journal, 18(4) pp. 337-347

Bressanelli, G., Visintin, F., Saccani, N. (2021) Circular Economy and the evolution of industrial districts: A supply chain perspective 

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