“Non c’è sostenibilità se non c’è sostenibilità alimentare”: Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, indica subito con chiarezza lo spirito che ha animato la ricerca dell’Osservatorio Food Sustainability. Una sostenibilità che ha certamente bisogno di “passare dalle buone intenzioni alle intenzioni buone, ovvero concrete e misurabili” e che ha appunto urgente necessità di far crescere la propensione a misurare, monitorare e rendicontare affinché le azioni siano a tutti gli effetti buone, vale a dire anche e soprattutto efficaci. Un messaggio di pragmatismo e di attenzione ai numeri quello di questa edizione dell’Osservatorio che è stato enfatizzato nel titolo stesso scelto per il convegno: “Sostenibilità alimentare, dalle parole ai fatti. Chi misura, raccoglie!”
Alessandro Perego sottolinea sin dall’inizio che “parlare di cibo vuol dire primariamente parlare di sostenibilità ambientale e sociale, ma non si deve dimenticare che si tratta anche di un grande tema che attiene a una capacità di governo delle risorse mondiali e alla gestione di filiere complesse“.
Allargando poi lo sguardo al contesto generale Perego nota che la traiettoria che ha caratterizzato lo sviluppo di questi ultimi anni ha segnato importanti progressi nell’uso delle risorse, nell’utilizzo del suolo, nell’attenzione alle materie prime, al miglioramento delle rese solo per fare alcuni esempi, ma nello stesso tempo osserva che ci sono ancora dimensioni sulle quali i progressi sono molto lenti: come nel caso dell’insicurezza alimentare, della sostenibilità sociale nell’agricoltura nelle condizioni di lavoro ancora troppo precarie e non ultimo, nella questione degli stili e dell’educazione alimentare.
Food Sustainability, l’innovazione si deve saldare con una reale intenzione etica
In questo scenario, conclude Perego, un ruolo chiave è svolto dall’innovazione che sta già esprimendo in tanti ambiti le proprie potenzialità. “L’innovazione è certamente già ben presente, ma da sola non basta”: deve entrare in gioco qualcosa di più che è rappresentato dalla componente dell’intenzione etica, di un purpose convinto che deve stare alla base delle strategie e delle azioni. E si tratta di una componente decisiva anche perché permette all’innovazione di esprimere le proprie potenzialità. E una delle dimensioni sulle quali l’innovazione può fare maggiormente la differenza è proprio quella della misurabilità: “Più le aziende misurano, più saranno indotte a valorizzare e a gestire le eccedenze e gli sprechi”.
La misurazione come parte integrante della soluzione alla Food Sustainability
Dall’analisi dell’Osservatorio arrivano una serie di segnali positivi a partire dalla quota delle aziende alimentari che sono già impegnate a riutilizzare e valorizzare gli scarti che arriva all’80%. Ma affinché il lavoro sulla gestione delle eccedenze e degli scarti sia realmente efficace occorre la capacità di misurare in modo sempre più preciso e di disporre di quei dati, di quella conoscenza rispetto a “dove e come agire” quindi, quali strategie adottare e quali strumenti implementare per poter valorizzare tutto quel cibo e quelle risorse che rischiano di finire sprecate.
Nell’ambito della trasformazione alimentare, la quota delle aziende italiane preparata e attrezzata per misurare le eccedenze e per controllare lo spreco alimentare si ferma poco sopra il 40%. E uno dei messaggi chiave dell’Osservatorio è che la misurazione è parte integrante della soluzione al problema.
Un punto di riferimento fondamentale per la Food Sustainability è naturalmente rappresentato dai 17 SDGs, che direttamente o indirettamente riguardano tematiche legate al cibo e come osserva Raffaella Cagliano, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability “L’agroalimentare svolge un ruolo centrale nel percorso per lo sviluppo sostenibile tracciato dall’Agenda 2030 e per raggiungere gli obiettivi prefissati appare sempre più importante il ruolo di una innovazione che sia specificatamente al servizio della sostenibilità alimentare”.
Una innovazione che, come viene sottolineato, deve essere in grado di rispondere a temi che si intrecciano sempre di più e che devono comprendere lo sviluppo di nuove forme di partnership e di collaborazione tra settori diversi, ma anche attività di ricerca e formazione per rafforzare e diffondere green skills, e la capacità di assumere forme di responsabilità sociale più complete in una prospettiva di filiera. Ultimo punto, ma certamente non meno importante, l’impegno per arrivare a una produzione sostenibile di cibo che sia nello stesso tempo di qualità e accessibile a tutti. Una visione dell’innovazione per i sistemi agroalimentari, dunque, che consenta di cambiare processi consolidati che generano sprechi e che consumano risorse.
Startup protagoniste nell’innovazione per la Food Sustainability
Un ruolo speciale nel rapporto tra innovazione e food sustainability, già da tempo, è svolto dalle startup e come osserva Chiara Corbo, Direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability dalle startup arriva un contributo determinante per aiutare la transizione verso filiere agroalimentari più sostenibili. Un primo punto di riferimento in questo senso è svolto dalla tecnologia e la stragrande maggioranza delle startup parte proprio o fa leva sull’innovazione tecnologica, tanto che la “fetta” di realtà che non utilizza innovazioni tecnologiche rappresenta solo il 6%.
Se poi si guarda alle tecnologie utilizzate emerge con evidenza il ruolo del digitale che è al centro del 57% delle soluzioni proposte dalle startup comprendendo in questo insieme le soluzioni espressamente destinate al mondo dell’agricoltura, le piattaforme Blockchain & Distributed Ledger per la tracciabilità e la gestione dei dati di filiera anche per la sostenibilità, a cui si aggiunge tutto il mondo del packaging che abilita comportamenti virtuosi e riduce gli sprechi, per arrivare al ruolo dell’eCommerce che avvicinare produttori e consumatori nell’ambito di filiere più corte.
L’innovazione per la Food sustainability può godere anche dei benefici che arrivano dalle biotecnologie, nello sviluppo di prodotti a minor impatto ambientale, ad esempio, nel campo dei fertilizzanti o degli agrofarmaci o di prodotti che permettono di percorrere nuove strade dal punto di vista della ricerca verso l’innovazione sul cibo stesso, con la creazione di alimenti alternativi ai prodotti di origine animale.
2.270 startup attive sui temi della Food Sustainability
Lo scenario delle startup impegnate su questi temi che emerge dalla ricerca mostra un settore decisamente molto attivo costituito da 2.270 startup attive nel settore agrifood che possono essere considerate significative sui temi della Food sustainability in quanto con le loro attività agiscono su uno o più Obiettivi di Sviluppo Sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Si tratta di realtà giovani nate negli ultimi 4 anni circa, tra il 2019 e il 2023, che di fatto costituiscono il 23% dell’insieme delle realtà attive su tutta la filiera agroalimentare.
Guardando agli ambiti nei quali svolgono la loro opera, si deve osservare che nel 22% dei casi agiscono espressamente per la tutela degli ecosistemi terrestri e d’acqua dolce; in altri casi l’innovazione riguarda il rapporto tra persone e natura come nel caso di forme di turismo sostenibile; in altri ancora, nell’ambito agrifood, si punta sulla promozione di produzioni locali.
Le startup più focalizzate sul mondo agricolo e sui processi di filiera si focalizzato su azioni che permettono di migliorare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e nella prevenzione e riduzione degli sprechi: con soluzioni per l’ottimizzazione degli input produttivi nella fase primaria o per implementare, ad esempio, modelli di agricoltura verticale. Altri ambiti di innovazione importanti sono rappresentati dalla sicurezza alimentare e nutrizionale con azioni che consentono di indirizzare lo sviluppo della produttività in funzione di un miglioramento nella resilienza delle attività produttive al climate change.
Food Sustainability: un focus speciale su monitoraggio e misurabilità
Il focus forse più strategico, anche in relazione alla speciale attenzione che l’Osservatorio ha voluto dedicare ai temi del monitoraggio, è rappresentato dalle soluzioni per la misurazione. Dal report emerge che la stragrande maggioranza (98%) delle soluzioni tecnologiche dedicate alla misurazione delle performance di sostenibilità attualmente presenti sul mercato sono concentrate sui temi della valutazione dei KPI ambientali, nei quali rientrano i valori relativi all’utilizzo delle risorse, alla misurazione delle eccedenze e alla capacità di valutare le diverse forme di spreco, ma si misurano anche aspetti legati all’inquinamento e all’impatto sulla biodiversità. Rispetto a queste dimensioni le emissioni di carbonio e il calcolo della Carbon Footprint, stanno diventando sempre più rilevanti per tutta la filiera agroalimentare anche in ragione della diffusione delle logiche ESG.
E proprio nel rispetto di una tendenza in atto nel mondo ESG, dove si registra un consolidamento nella focalizzazione sulla “E” di Environmental per vedere crescere l’attenzione sulla “S” di Social, si deve registrare che il 60% delle soluzioni misura anche le “performance” legate a KPI che attengono al rispetto delle condizioni di lavoro e alla relazione con la comunità locale.
Paola Garrone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability invita a considerare con attenzione anche i processi strutturati di misurazione dei dati e delle evidenze. È sempre più importante disporre di dati precisi sulle quantità di cibo in eccedenza e sprecato, e sulla base di questa conoscenza le imprese sono nella condizione di definire delle strategie efficaci per prevenire e governare questi problemi. Certamente osserva: “più si misura, più si è indotti a valorizzare eccedenze e sprechi alimentari”.
A sua volta Marco Melacini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability osserva come a livello di pratiche di valorizzazione indirizzate verso tematiche sociali, i programmi di recupero e di ridistribuzione delle eccedenze alimentari portino benefici anche sul piano della sicurezza alimentare e della riduzione degli impatti ambientali del sistema alimentare. Ci sono poi esperienze di innovazione che hanno definito best practices sulle quali si stanno sviluppando anche nuove competenze che rispondono a loro volta anche a obiettivi di inclusione sociale.
Il ruolo delle tecnologie: Big Data, IoT, Intelligenza Artificiale e Blockchain
La lettura più tecnologica dell’innovazione per la Food sustainability vede un ruolo centrale per Data & Big Data Analytics presenti nell’88% delle soluzioni, dell’Intelligenza Artificiale & Machine Learning utilizzate nel 34% dei casi e della Blockchain nel 12% delle soluzioni.
Federico Caniato, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability mette in evidenza come Intelligenza Artificiale & Machine Learning siano utilizzate per applicazioni come Image Recognition per monitorare e valutare gli sprechi anche con forme di identificazione nei rifiuti, o in altri contesti per controllare lo stato di salute degli animali. Il mondo Mobile, l’IoT, Blockchain & DL sono a loro volta alla base di soluzioni per la tracciabilità, la certificazione e per mettere a disposizione informazioni agli attori di filiera e ai consumatori finali.
Misurare aiuta ad agire con maggiore precisione
I temi della misurazione sono indispensabile per agire in modo sempre più preciso e rappresentano uno stimolo ulteriore per sviluppare processi più evoluti. Nell’89% dei casi delle imprese alimentari che hanno adottato soluzioni per misurare le eccedenze, si registra una propensione ad adottare anche pratiche di donazione o riuso. Nello stesso tempo anche nell’ambito della gestione degli scarti la misurazione, attivata nel 49% delle aziende, apre le porte a pratiche di riciclo e recupero.
Tra le pratiche più evolute l’economia circolare trova ampio spazio nel mondo delle aziende alimentari considerando che 8 realtà su 10 sono attive in forme circolari sia per fini sociali sia per attività che valorizzano residui e scarti.
L’Osservatorio mette sotto la lente questa dimensione del fenomeno e mostra come nel 75% dei casi la circolarità si concretizza in forme di riuso e di donazioni per fini sociali, nella capacità di mettere a disposizione questi prodotti su mercati secondari, ma anche nell’utilizzo per l’alimentazione animale o in forme di ulteriore trasformazione.
139mila tonnellate di eccedenze edibili per anno
La capacità di agire sui temi dell’Agenda 2030 impone una strategia ad ampio raggio che sia in grado di considerare i temi della produzione, dei consumi, della individuazione per tempo di scarti o eccedenze e della capacità di trattarli e valorizzarli, considerando sempre che i tempi per garantire la sicurezza e la qualità del cibo sono estremamente ridotti e dunque la flessibilità e la velocità a livello organizzativo sono fattori che determinano direttamente il successo di queste operazioni.
La complessità di queste istanze avvalora ulteriormente i risultati raggiunti dalle imprese della trasformazione che, come risulta dai dati dell’Osservatorio, donano circa 139mila tonnellate di eccedenze edibili per anno e ne riusano in altra forma altre circa 182mila tonnellate.
Si tratta di risultati che meritano una lettura più approfondita, ad esempio in relazione alle dimensioni delle aziende. Una analisi dalla quale emerge che nelle imprese di grandi dimensioni la valorizzazione delle eccedenze è ormai una realtà: il 70% di queste organizzazioni ha in atto forme di valorizzazione delle eccedenze che vanno dalla donazione al riuso. Se però si getta lo sguardo sulle imprese di medie dimensioni il panorama già si restringe in modo significativo al 47% delle realtà per ridursi ulteriormente al 31% nel caso delle imprese di piccole dimensioni.
Packaging: un contenitore più intelligente per la Food Sustainability
L’ultimo punto per comprendere come e dove agire a livello di Food sustainability riguarda il ruolo del packaging. Occorre innanzitutto considerare come in termini di gestione dei rifiuti urbani, gli imballaggi siano letteralmente esplosi sino a rappresentare qualcosa come un terzo dei rifiuti solidi urbani.
I benefici che possono arrivare grazie a soluzioni di packaging sostenibile possono portare enormi benefici, non solo per l’ambiente, ma anche per una gestione più efficiente di tutte le attività legate ai rifiuti.
Nel 2021, sulla base di dati Eurostat, l’Europa ha generato una media superiore ai 188 kg di rifiuti di imballaggio pro-capite. A fronte dello scenario attuale le previsioni indicano una possibile crescita del 19% entro il 2030 nell’utilizzo di queste forme di packaging.
Barbara Del Curto, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food mette in evidenza come nella ricerca di un nuovo modello di packaging sostenibile sia necessario andare oltre la semplice sostituzione dei materiali. Per creare le condizioni per un vero sustainable packaging occorre adottare un approccio integrato in grado di considerare in fase di design l’intero ciclo di vita dell’imballaggio, e dunque tutti i fattori che determinano l’impatto ambientale, sociale ed economico, unitamente alle caratteristiche che rappresentano i prerequisiti di un packaging sostenibile, come la capacità di garantire conservazione ambientale e sicurezza alimentare.
Ecco che la strada verso un nuovo approccio all'”imballaggio” deve partire da strumenti progettuali come l’LCA Life Cycle Assessment e forme di collaborazione evoluta tra tutti gli attori della filiera che sono chiamati a lavorare con e sul packaging.
Del Curto sottolinea inoltre l’importanza dell’azione normativa, in particolare della Proposta di Regolamento sul Packaging e Packaging Waste (PPWR) avanzata dalla CE, che stabilisce obiettivi chiari per il riciclo ed il riuso degli imballaggi. Ancora una volta un ruolo chiave è affidato all’innovazione, sempre più necessaria tanto per l’adeguamento alla normativa quanto per la gestione delle azioni da attuare con tutti gli stakeholder coinvolti a livello di tracciabilità, di logistica inversa e sicurezza alimentare.