Oggi le imprese operano in un contesto segnato da equilibri geopolitici instabili, da un’economia in continua evoluzione e da un quadro normativo sempre più rigoroso sul fronte ambientale e sociale. Le direttive europee di nuova generazione — dal Green Deal al Regolamento contro la deforestazione (EUDR), fino alla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) — non si limitano a indicare delle linee guida, ma introducono obblighi stringenti che impongono una visibilità completa lungo tutta la catena di fornitura, con particolare attenzione alla tutela dei diritti umani e alla sostenibilità ambientale.
Filiere etiche e trasparenti per un’economia sostenibile
Allo stesso tempo, le aspettative di consumatori, investitori e partner commerciali stanno cambiando: non è più sufficiente dichiarare il proprio intento, serve dimostrare con dati concreti il proprio contributo a un’economia sostenibile più giusta e responsabile. La gestione trasparente ed etica delle supply chain non è più un’opzione facoltativa, ma diventa un requisito imprescindibile per restare competitivi sul mercato, accedere a nuove opportunità di business e consolidare la propria reputazione.
Il ruolo delle filiere sostenibili e tracciabili
In quest’ottica, la creazione di filiere sostenibili e tracciabili rappresenta una leva strategica decisiva: consente alle aziende una gestione dei rischi normativi, operativi e reputazionali con maggiore efficacia e, al tempo stesso, di generare valore reale e condiviso per tutti gli attori coinvolti. La trasparenza diventa così un elemento strutturale aziendale capace di rafforzare la resilienza aziendale e di favorire una crescita solida nel lungo periodo.
Come accompagnare le imprese verso una gestione più responsabile delle filiere
Significative le considerazioni di alcuni player di mercato che, all’interno del proprio contesto, si stanno impegnando con strumenti pratici e approcci operativi a guidare e accompagnare le aziende verso una gestione della filiera più responsabile, tracciabile e rispettosa dei criteri ambientali e sociali. Tutti tasselli di un percorso condiviso dove la collaborazione e la sinergia tra le diverse realtà diventano fondamentali per il raggiungimento dell’obiettivo comune di trasformazione dell’intera filiera.
L’importanza di conoscere al meglio la propria catena di fornitura
Per Azzurra Gullotta, Sales Manager di Achilles per Italia e Spagna “Molto prima che la due diligence diventasse un obbligo normativo, in Achilles avevamo già compreso quanto fosse essenziale conoscere a fondo la propria catena di fornitura. Abbiamo iniziato lavorando con le aziende per offrire una visibilità concreta su chi c’è dietro ogni fornitore: rischi, comportamenti e pratiche operative. Oggi, in un contesto normativo sempre più stringente, questi processi si sono trasformati in una necessità: dalla conformità alla CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive) alla raccolta di dati per il reporting CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), che richiedono una raccolta strutturata di dati e un’analisi accurata dei fornitori. Molte organizzazioni, però, si trovano ancora davanti alle stesse domande: dove reperire informazioni affidabili e come integrarle efficacemente nelle scelte strategiche e operative. Il nostro approccio alla due diligence risponde a questi bisogni, aiutando le aziende a costruire processi che non solo mitigano i rischi, ma rafforzano trasparenza, fiducia e resilienza all’interno della supply chain”.
Serve agire per una trasformazione concreta con l’integrazione totale della sostenibilità
Secondo Mauro Lajo, Amministratore Delegato di Forever Bambù “Oggi le aziende sono chiamate a una trasformazione concreta: non basta più compensare simbolicamente, serve portare avanti azioni concrete, misurare i risultati e integrare la sostenibilità nelle strategie aziendali di lungo termine. Forever Bambù affianca le imprese in questo percorso, offrendo competenza e scientificità all’approccio ESG: in primis crediti di carbonio certificati e tracciabili, generati direttamente in Italia dai nostri bambuseti, per garantire trasparenza e serietà; poi software che tracciano in modo preciso l’impatto portato e infine i corsi di formazione, per creare figure professionali nuove e sempre più richieste dal mercato del lavoro, come quella del Carbon Manager. Questo consente alle imprese e ai consulenti (che oggi ancora utilizzano file excel per calcolare le emissioni…) di evitare pratiche a rischio greenwashing, presentandosi a clienti e stakeholder con numeri solidi e verificabili. La transizione ecologica passa da scelte misurabili e locali, non da compensazioni a migliaia di chilometri di distanza. Infine, il nostro progetto manifatturiero si basa sull’utilizzo del bambù per sostituire materiali inquinanti o scarsi, per ridurre davvero l’impronta ambientale”.
Come agire per adottare processi di tracciamento effettivi e continuativi
Daniele Civini, Head of Sales di JAGGAER in Italia sostiene che: “Garantire trasparenza, tracciabilità e governance lungo l’intera supply chain non è più solo una scelta strategica, ma un obbligo morale e normativo. Le imprese sono chiamate a conoscere a fondo ogni anello della propria filiera, non solo per migliorarne l’efficienza, ma per verificarne l’integrità in termini ambientali, sociali ed etici.
Questo significa adottare processi di tracciamento effettivi e continuativi, selezionando fornitori in grado di dimostrare il rispetto di criteri ambientali stringenti, tutele dei diritti umani e condizioni di lavoro dignitose, anche nei segmenti più remoti della catena del valore.
È quello che facciamo in JAGGAER, aiutando le aziende a rispondere a questa sfida complessa, offrendo strumenti tecnologici che consentono di tracciare più agevolmente le informazioni, anche attraverso infoprovider, abilitando scelte consapevoli e verificabili. Non si tratta solo di conformarsi alla normativa: si tratta di costruire relazioni più trasparenti, filiere più eque e modelli di business davvero sostenibili. Un impegno concreto, reso possibile dall’innovazione tecnologica”.
Un impegno costante, per contare su dati precisi sulla provenienza dei materiali, ad esempio, o su come lavorano i fornitori
Ed infine, per Paolo Zaza, Country Manager di CIPS in Italia “Oggi le aziende hanno la responsabilità – ma anche l’opportunità – di conoscere a fondo ogni anello della propria filiera. Significa chiedersi da dove arrivano i materiali, come lavorano i fornitori, se esistono rischi etici o ambientali nascosti. Rendere trasparente la supply chain non è solo un dovere di compliance, ma uno strumento strategico per costruire fiducia, attrarre investimenti e proteggere il valore del brand. CIPS – che ha il suo core nel sostenere i manager del Procurement – le aiuta con formazione, strumenti di due diligence e percorsi di certificazione pensati per trasformare gli acquisti in un fattore di leva di competitività. Perché il Procurement è in una evoluzione costante: e pensare di ragionare ancora con logiche da “ufficio acquisti” oggi è davvero pericoloso e miope”.