Produrre capi d’abbigliamento a partire da oli di scarto: è la sfida che ha affrontato RadiciGroup, realtà bergamasca nota per la produzione di una vasta gamma di intermedi chimici, polimeri, tecnopolimeri ad alte prestazioni e soluzioni tessili avanzate, tramite lo sviluppo del progetto ULISSE. Avviato a marzo 2018, in collaborazione con aziende, centri di ricerca ed Università e sostenuto da un finanziamento di circa 6 milioni di euro, di cui quasi 2 erogati dalla Regione Piemonte nell’ambito del “Bando IR2 Industrializzazione dei risultati della Ricerca”, il progetto rispetta la volontà di RadiciGroup di incrementare la sostenibilità dei suoi prodotti, a parità di qualità e performance rispetto agli standard attuali, soddisfacendo le richieste provenienti dai diversi settori strategici, in linea con i target europei per lo sviluppo di un’attività economica a basse emissioni e di un’economia circolare.
Un aspetto declinato lungo tutte le fasi di sviluppo del progetto: si parte dal recupero di oli di scarto e sottoprodotti dell’industria olearia che diventano materie prime rinnovabili per la produzione di acido adipico bio, che a sua volta costituisce la base per la realizzazione di polimeri di poliammide (nylon), ingredienti fondamentali per produrre manufatti nei settori tessile/moda, automotive, design, elettrico ed elettronico, che possono essere riciclati completamente o parzialmente a fine vita. Grazie ai processi sperimentati all’interno del progetto ULISSE, RadiciGroup si è guadagnata un posto tra i primi gruppi al mondo a proporre una gamma di poliammidi dalle spiccate caratteristiche di sostenibilità e circolarità, con una stima di capacità produttiva della linea di polimerizzazione di circa 4.000 tonnellate all’anno.
Indice degli argomenti
Un progetto che risponde agli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030
“In questo modo – commenta Stefano Alini, CEO di Radici InNova – si realizza un percorso completo di economia circolare, venendo incontro alle richieste sempre più numerose da parte dei clienti, appartenenti soprattutto al mondo della moda e del tessile, molto sensibili all’impatto ambientale dei prodotti e che chiedono lo sviluppo di nuovi materiali, anche per rispondere agli obiettivi di sostenibilità stabiliti a livello governativo ed europeo come l’Agenda 2030 e il Green Deal”.
Inoltre, il progetto ULISSE ha portato ricadute positive dal punto di vista occupazionale: è infatti stato attivato e completato un progetto di Alta formazione e un percorso di apprendistato per l’inserimento di cinque nuove risorse (ricercatori e tecnici), in particolare un ingegnere chimico, un chimico industriale, un biologo e due periti chimici da dedicare alle tematiche oggetto del progetto, con conseguente impatto positivo sull’assetto aziendale e sul territorio. In prospettiva si stima che potranno essere inserite anche altre risorse per la gestione della linea di polimerizzazione.
L’industrializzazione della produzione di poliammidi sostenibili e circolari
Lo sviluppo di nuovi materiali da fonti rinnovabili è una delle vie per promuovere la lotta al cambiamento climatico. Infatti, il carbonio di origine biologica viene incorporato in materiali polimerici, riciclabili all’infinito, sottraendo di fatto CO2 dall’atmosfera e concretizzando un importante obiettivo di transizione ecologica. Il progetto ULISSE si è focalizzato su tre principali filoni di ricerca accomunati dall’orientamento all’industrializzazione dei processi sperimentali realizzati nell’ambito del progetto, dalla forte componente innovativa e dalla volontà di dare concreta applicazione ai principi di sostenibilità e dell’economia circolare.
Il primo filone ha visto la progettazione e la costruzione di una linea di polimerizzazione per l’industrializzazione di una gamma innovativa di poliammidi biobased e ad elevate prestazioni: si è realizzato un sistema produttivo su scala semi-industriale, e quindi versatile, in grado di limitare le quantità di scarto e di rispondere alle esigenze di più settori, tra cui moda, automotive, tessile, contract, industrial, elettrico ed elettronico.
Poi, si è arrivati alla produzione di poliammidi parzialmente o totalmente biobased, cioè ottenute in modo parziale o totale da materie prime rinnovabili, e poliammidi speciali (ad elevate prestazioni). Le prime trovano applicazione nel campo tessile/moda (ad esempio per capi tecnico-sportivi), arredamento, automotive ed elettronica; mentre, tra quelle speciali, si stanno sviluppando dei prodotti in grado di resistere ad alte temperature.
Infine, si è studiata la possibilità di utilizzare biotecnologie per la produzione di acido adipico da fonti rinnovabili (oli di scarto e sottoprodotti dell’industria olearia), un intermedio chimico utilizzato nella produzione di poliammidi oltre che di poliesteri e poliuretani, creando così da zero una tecnologia alternativa a un processo la cui chimica è immutata dagli anni ‘30. Nell’ambito del progetto sono state prodotte alcune tonnellate di acido adipico BIO, e il supporto di Rynetech Bio, azienda americana con esperienza nel campo delle biotecnologie industriali, ha permesso di acquisire e portare al livello regionale piemontese e, in senso più ampio, nazionale, significative competenze, know how e tecnologie nel campo dei processi fermentativi e conoscenze nel campo della biologia molecolare e dell’ingegneria genetica per la sintesi di intermedi chimici da fonti rinnovabili.
La prossima sfida sarà arrivare al processo di industrializzazione vero e proprio, concretizzando così la possibilità di realizzare un capo di moda a partire dall’olio di scarto.
Immagine fornita da Shutterstock
@RIPRODUZIONE RISERVATA