Avvale Point of View

Processi aziendali, innovazione e sostenibilità: creare nuovo valore grazie al digitale

La visione e la strategia di Avvale per abilitare le imprese a una trasformazione sostenibile basata sui dati e sulla conoscenza. La testimonianza di Roberto Candido, AD di Avvale Italia

Pubblicato il 20 Feb 2024

Roberto Candido, AD di Avvale Italia

Fare leva sull’innovazione tecnologica per creare modelli di business sostenibili, competitivi e profittevoli. Unire la capacità di innovazione dell’IT con la conoscenza dei processi aziendali per integrare la trasformazione digitale con la trasformazione ESG. Si potrebbero sintetizzare in queste due espressioni le motivazioni che hanno portato un’azienda di quasi vent’anni di vita a cambiare il proprio brand per assumere una denominazione senza dubbio evocativa come Avvale. Una scelta nella quale si legge la volontà di rappresentare in modo sempre più chiaro ed esplicito la vocazione nell’accompagnare le imprese verso la costruzione di una forma di valore più ampia e completa.

Ed è proprio sul significato strategico del rapporto tra digitale e sostenibilità e sull’importanza di queste trasformazioni per le imprese che intendono raggiungere nuove forme di competitività e di sviluppo che abbiamo voluto raccogliere il contributo di Roberto Candido, AD di Avvale Italia.

Si parla molto di sostenibilità, di sviluppo sostenibile e del ruolo dell’IT. Avvale si propone come una società orientata alla trasformazione verso un’economia circolare. Come interpretate questo ruolo?

Quelli della circolarità e della sostenibilità rappresentano temi fondamentali per la creazione di nuovo valore. In Avvale siamo convinti che la strada che consente di raggiungere in modo strutturale gli obiettivi di sostenibilità rappresenti il futuro della nostra economia, e che la si possa percorrere e accelerare solo grazie all’innovazione tecnologica e digitale. Ne siamo così convinti che la nostra stessa organizzazione è stata trasformata anche nel nome. Con Avvale vogliamo trasferire un concetto di valore e di competitività che è espressione di una visione integrata tra trasformazione digitale e sviluppo sostenibile.

La tutela dell’ambiente e l’attenzione al sociale sono stati spesso considerati in antitesi con il concetto di business. Qual è la vostra visione in merito?

Anche questo è un aspetto culturale in evoluzione. La nostra storia è legata alla volontà di conciliare la trasformazione sostenibile con la capacità di generare profitto, nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità. Per questo lavoriamo per abilitare una trasformazione che aiuti le aziende a cambiare il modo di produrre, di commercializzare, di manutenere i propri prodotti, che si attui attraverso azioni in grado di coinvolgere tutta la filiera che afferisce a questa produzione e a questi servizi.

Si tratta di un cambiamento che è anche culturale e che sta diventando indispensabile per far fronte a un’evoluzione della domanda verso prodotti etici e sostenibili, per la quale è indispensabile rispondere a esigenze di tracciabilità, di certificazione estesa alle filiere e di misurabilità per tutti quei parametri che qualificano un prodotto o un servizio come sostenibile.

Siamo a tutti gli effetti davanti a un cambiamento di paradigma dove il consumatore finale, nella fase dell’acquisto di un prodotto, si interroga in modo sempre più importante su come venga realizzato, sulla gestione delle risorse coinvolte, sulla loro provenienza e su come venga gestito. La “vecchia” brand loyalty basata sul trasporto emotivo, che legava consumatori e imprese, è sostituita da un rapporto di fiducia basato su informazioni e dati affidabili.

Cosa serve in sintesi per attuare questa trasformazione?

C’è bisogno di agire su due grandi dimensioni: la comprensione di tutti i processi core e la capacità di indirizzare le imprese verso piattaforme digitali abilitanti.

Aggiungo, però, anche un aspetto che riguarda la nostra evoluzione come azienda e che attiene al cambiamento che abbiamo davanti. Non solo siamo fermamente convinti del ruolo strategico del digitale, ma siamo anche convinti che sia necessario contare su nuove idee e soluzioni che si possono ottenere solo se si creano occasioni per giovani talenti e se si valorizza la diversità. Due fattori questi che sono al centro della nostra strategia.

Soffermiamoci sui temi dell’innovazione: quali sono le principali tecnologie abilitanti?

Le tecnologie alla base di questa trasformazione sono diverse ma i punti di riferimento strategici sono tre: il cloud; l’IoT, nell’accezione di prodotti e sistemi connessi e l’AI, in termini di modalità di utilizzo degli algoritmi.

Vediamoli in dettaglio.

Il Cloud ha cambiato il modo di interpretare l’IT nelle imprese permettendo di ripensare i criteri della scalabilità. Grazie al Cloud è arrivata una “libertà di azione” prima impraticabile, che ha permesso di rispondere a esigenze in costante evoluzione, appoggiandosi su infrastrutture che possono scalare in modalità on-demand.

Il secondo punto è rappresentato dai prodotti connessi. Per certi aspetti sono uno dei fattori abilitanti che consentono oggi di attuare i principi della cosiddetta “economia dell’affitto” di cui parlava Jeremy Rifkin nel suo “The Zero Marginal Cost Society”. Ciò che quel libro prefigurava nel 2014 era un sistema economico che si basava sull’intersezione tra IoT, gestione dei dati e una conoscenza sempre più precisa dei consumi e dei bisogni e che segnava il passaggio da una interpretazione dei mercati basata sulla proprietà a una fondata sull’accesso, sull’affitto e sulla condivisione. Grazie alla connettività e a prodotti nativamente connessi e intelligenti, si sono aperte prospettive che consentono oggi di unire in modo nuovo lo sviluppo economico e la sostenibilità. Un esempio in questo senso è rappresentato dal fenomeno della servitization, che costituisce una eccellente risposta per garantire una gestione oculata delle risorse e per motivare le imprese ad allungare il ciclo di vita dei prodotti, uscendo dalle logiche dell’obsolescenza programmata.

Il terzo fattore infine è costituito dalle modalità innovative di utilizzo, anche dal punto di vista etico, degli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale. Una prospettiva questa che permette di allargare il raggio d’azione della trasformazione alle supply chain e, nello stesso tempo, consente di attuare nuove forme di valore. Anche qui, solo per fare un esempio, in presenza di prodotti connessi e di una intelligenza allargata, è possibile “spostare” il marketing sul prodotto stesso, raccogliendo insight preziosi su come è utilizzato e sul contesto nel quale opera e, mettendo a disposizione per il tramite del prodotto stesso, informazioni e stimoli per migliorare il valore d’uso e minimizzare il suo impatto.

Come aiutate a misurare e rendicontare i processi di trasformazione industriale basati sull’economia circolare?

In Avvale riteniamo che sia necessario mettere a disposizione delle aziende uno strumento in grado di semplificare il processo di rendicontazione della sostenibilità in termini di data collection, di validazione dei dati non finanziari e di automatizzazione dei calcoli dei KPI e dei report o dei bilanci di sostenibilità. Una convinzione questa che ci ha spinti a investire e a realizzare la piattaforma ESGeo, che, anche per rispondere alle necessità in termini di scalabilità, abbiamo ritenuto fosse fondamentale mettere a disposizione in modalità SaaS.

L’altro ambito del nostro impegno è rappresentato dalla collaborazione con la piattaforma aperta per lo sviluppo sostenibile Open ES, un’iniziativa che va nella direzione di diffondere l’adozione di criteri ESG nelle catene di fornitura, con un approccio da community e per la quale uno dei temi chiave è rappresentato proprio dalla implementazione e diffusione di soluzioni digitali.

L’arrivo della Corporate Sustainability Reporting Directive rappresenta un elemento che impone a molte aziende di accelerare il loro processo di rendicontazione di sostenibilità. Come lo giudicate?

Tutte le aziende stanno sentendo la pressione della CSRD che appare come un grande acceleratore. Personalmente, mi piacerebbe pensare che non siano solo le norme a motivare le imprese, ma è indiscutibile che le realtà che si muovono troppo lentamente rischiano di subire un impatto diretto sul business.

Aspetti normativi a parte, siamo convinti che i fattori che determinano una trasformazione sostenibile e che sono in grado di generare nuovo valore sono fondamentalmente rappresentati dalla capacità di unire la trasformazione digitale a una profonda e attenta conoscenza dei processi di business.

Come valutate le potenzialità legate alla valorizzazione ESG dei progetti circolari e come supportate le imprese nel raggiungere questi obiettivi?

Le potenzialità dell’ESG sono molto importanti. Ma voglio aggiungere che in ambito B2B i grandi cambiamenti richiedono anche interventi molto concreti; noi abbiamo scelto, strategicamente, di inserire in tutte le nostre offerte progettuali una voce legata specificatamente all’impatto ESG del progetto che andiamo a implementare. In questo modo, offriamo ai nostri clienti la possibilità di disporre di una visione del valore dell’ESG in merito a quello specifico investimento e diamo la possibilità di osservarlo con una chiave di lettura che unisce il ruolo dell’IT con quello del business.

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Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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