Industria

L’industria italiana del cemento e calcestruzzo avanza sulla sostenibilità ambientale

Secondo Federbeton l’industria italiana ha effettuato investimenti per 140 milioni di euro nel triennio 2018-2020, evitando più di 313.000 tonnellate di emissioni di CO2

Pubblicato il 18 Nov 2021

federbeton

Le industrie italiane del settore cemento e calcestruzzo hanno già fatto importanti passi in avanti dal punto di vista della sostenibilità ambientale: è quanto evidenzia un rapporto elaborato da Assobeton, le associazioni che in Federbeton rappresentano i produttori di cemento, calcestruzzo preconfezionato e manufatti in calcestruzzo, ovvero settori che al momento sono ancora decisamente impattanti dal punto di vista della emissioni di CO2. In particolare, si legge nello studio, le imprese del comparto hanno investito in tecnologie innovative per la sostenibilità per complessivi 140 milioni di euro nel triennio 2018-2020, evitando più di 313.000 tonnellate di emissioni di CO₂.

Da dove arriva il taglio delle emissioni

Numeri meno positivi arrivano dal tasso di sostituzione calorica con combustibili di recupero, che si attesta al 20,9%.  Nonostante un leggero miglioramento (+0,6 punti percentuali rispetto al 2019) l’industria italiana è ancora lontana dalla media europea che si attesta al 50% di sostituzione calorica. Da un punto di vista tecnologico, gli impianti italiani sono già attrezzati per un livello analogo, ma secondo Federbeton persistono ostacoli burocratici e culturali che non permettono di esprimere le reali potenzialità. In leggero miglioramento è il tasso di sostituzione delle materie prime naturali (7%, +0,3 punti percentuali rispetto al 2019), un parametro che evidenzia la capacità del comparto di recuperare come risorse produttive una serie di materiali altrimenti destinati alla discarica. Rifiuti non pericolosi, sottoprodotti ed End of Waste vengono recuperati e utilizzati in sostituzione di calcare e altre materie prime naturali, nel processo produttivo. Per quanto riguarda le emissioni inquinanti,  i miglioramenti delle performance ambientali sono legati all’impiego di biomassa nei combustibili di recupero, nonchè alla riduzione di ossidi di azoto, polveri totali e degli ossidi di zolfo, fra i macro-inquinanti monitorati in continuo negli impianti di produzione del cemento.

«Lungo la strada della carbon neutrality, il settore delle costruzioni si sta già impegnando per migliorare i propri livelli di sostenibilità introducendo cambiamenti anche radicali nei propri processi produttivi e gestionali – ha aggiunto Antonio Buzzi, Vicepresidente di Federbeton –. È il caso, ad esempio, delle tecnologie innovative per la cattura della CO2, strumento chiave per la decarbonizzazione del settore attualmente oggetto di ricerca anche con impianti pilota. Ci sono poi strumenti per cui l’industria è già pronta, come l’utilizzo dei combustibili alternativi, ma che sono ancora frenati da ostacoli burocratici e da alcuni pregiudizi a livello locale. È necessario favorire una cultura del dialogo con le comunità territoriali per procedere insieme verso il traguardo del 2050».

Il rischio di una perdita di competitività

Secondo Federbeton, però,  c’è il rischio di una perdita di competitività rispetto ai Paesi che non condividono gli obiettivi ambientali europei.  Secondo l’associazione è perciò necessaria l’introduzione immediata del meccanismo di adeguamento CBAM (Carbon Border Adjustment) che prevede misure per proteggere la competitività dell’industria nazionale del cemento dalle importazioni da Paesi extra-UE. Inoltre, la richiesta è quella di un supporto alle imprese per lo sviluppo e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia (in merito a stoccaggio di CO2, utilizzo di idrogeno nel processo di produzione di cemento, etc.). Sul fronte energia la richiesta di Federbeton alle istituzioni è di far sì che il settore resti considerato energivoro, così da non perdere le agevolazioni sul costo dell’energia elettrica e sugli oneri indiretti della CO2 inseriti nel costo dell’energia elettrica.

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