Interventi

Carbon offset come traiettoria per la decarbonizzazione

La necessità di una maggiore integrità e trasparenza segna il passaggio verso una nuova fase per il mercato volontario del carbonio. La visione di Carbonsink nelle osservazioni di Elisa Riva, Head of Marketing & Communication della società

Pubblicato il 15 Dic 2023

Elisa Riva, Head of Marketing & Communication Carbonsink

Come sta cambiando il Voluntary Carbon Market (VCM)? Come viene vissuto dalle imprese e che ruolo sta assumendo anche in termini di Commitment Net Zero? E ancora, come si sta rispondendo alla richiesta del mercato di una maggiore trasparenza e di un aumento nella disponibilità di dati e informazioni sul carbon offset? ESG360 ha voluto raccogliere la visione e l’esperienza di Carbonsink, realtà impegnata nella consulenza per lo sviluppo di strategie climatiche net zero, nella gestione dei rischi climatici e di progetti di azione climatica, attraverso Elisa Riva, Head of Marketing & Communication della società.

Come valutate l’attuale situazione legata al mercato carbon offset?

Il mercato volontario del carbonio è in forte evoluzione. Cresce il numero delle aziende consapevoli e attente ad unire azioni di riduzione delle emissioni, con interventi per il clima oltre la filiera, riconoscendo nel Voluntary Carbon Market VCM una delle opzioni più praticabili. Nello specifico, va aggiunto che dopo una crescita importante negli ultimi anni, che ha portato il carbon offset market a raggiungere un volume di circa 2 miliardi di dollari nel 2021, oggi assistiamo ad un rallentamento organico, a cui corrisponde una spinta verso una maggiore integrità e trasparenza, alla richiesta di garanzie affinché ai crediti scambiati sul VCM corrisponda effettivamente un impatto tangibile sul clima. In questo scenario ci attendiamo una crescita nel medio-lungo periodo, anche perché per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo sul clima di Parigi sarà necessario che gli investimenti per il clima aumentino di almeno sette volte entro la fine di questo decennio. La spinta poi arriva anche da iniziative internazionali come Science-Based Target initiative, che riconoscono i crediti di carbonio certificati come strumento chiave per l’azione climatica volontaria oltre la filiera nella transizione verso il net zero.

Come interpretate il ruolo della compensazione per i progetti di carbon neutrality e come lo interpretate per i piani Net Zero?

L’azione più importante che un’azienda può intraprendere per ridurre il proprio impatto e combattere il cambiamento climatico è ridurre la propria carbon footprint all’interno della catena del valore. Intervenire sulle emissioni residue attraverso il finanziamento di progetti climatici (acquistando crediti di carbonio certificati generati da tali progetti) è un’attività che si aggiunge alla riduzione e si inserisce in una strategia climatica strutturata, che integra attività di breve, medio e lungo periodo.

Questa evoluzione ripensa il finanziamento dell’azione climatica aziendale come un’azione virtuosa da accompagnarsi alla decarbonizzazione, in linea con i target climatici di Parigi e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, e non solo come un mezzo per ottenere la carbon neutrality – un concetto che il mercato a nostro avviso sta ormai superando. Come Carbonsink abbiamo sempre sconsigliato la pratica della carbon neutrality intesa come compensazione delle emissioni aziendali senza alcun piano strategico di riduzione.

Per i piani net zero, invece, oltre ad una traiettoria di decarbonizzazione profonda, è necessario investire in carbon offset certificati sostenendo soluzioni di rimozione della CO2, che possono essere naturali o tecnologiche. Il punto di riferimento per l’azione climatica del settore privato verso il net zero è la Science-Based Target initiative, che ha formulato linee guida riconosciute a livello internazionale. L’iniziativa promuove la riduzione delle emissioni e attività di “beyond value chain mitigation” con crediti di carbonio certificati di tipo reduction nel breve-medio termine per passare a removals nel medio-lungo termine.

Come valutate e cosa offrite in termini di strumenti e metodiche per misurare l’efficacia dei progetti di compensazione?

Abbiamo esperienze in Africa, dove dal 2018 abbiamo anche presenza sul territorio con la nostra sede a Maputo in Mozambico. Da gennaio 2022 inoltre siamo parte di South Pole e abbiamo accesso a oltre 850 progetti in tutto il mondo che includono protezione delle foreste, agricoltura rigenerativa, clean cooking, energia rinnovabile, fino ai più innovativi progetti di rimozione del carbonio dall’atmosfera grazie a nuove tecnologie che stiamo contribuendo a sviluppare.

I nostri progetti sono allineati ai requisiti di standard internazionali come Gold Standard e Verra, che certificano la qualità dei crediti di carbonio generati. I nostri esperti monitorano l’applicazione delle metodologie con il supporto di verificatori di parte terza per certificare il progresso sul campo e l’allineamento agli obiettivi progettuali dichiarati. Ad ulteriore garanzia di qualità, l’organizzazione non profit International Carbon Reduction and Offset Alliance (ICROA) ha istituito un Code of Best Practice per le aziende associate. Il Codice impone a tutti membri di vendere solo crediti verificati secondo gli standard riconosciuti. Carbonsink è membro ICROA dal 2015.

Come valutate il ruolo della “S” di Social, ovvero del coinvolgimento dei territori e delle comunità?

La collaborazione con le comunità locali è fondamentale. I progetti di carbob offset che sviluppiamo devono necessariamente essere sviluppati sulla base delle specificità locali del territorio e della comunità che andranno a servire e devono tenere quindi conto di fattori specifici come le tecnologie utilizzate, le abitudini e tradizioni, l’educazione, la geografia del territorio. Ciò è più evidente nei progetti climatici community-based, ossia progettualità che implicano il trasferimento verso le comunità locali di tecnologie climaticamente meno impattanti. Un esempio lampante di ciò è il nostro progetto clean cooking in Mozambico, che sostituisce tradizionali stufe a carbone con stufe efficienti a basso impatto ambientale. Le problematiche connesse ai sistemi di cottura tradizionali sono sia di tipo ambientale – deforestazione e rilascio di elevate quantità di CO2 nell’atmosfera – che sanitario, legati alla costante esposizione al fumo che provoca o aggrava malattie respiratorie, oculari e cutanee delle persone incaricate del loro utilizzo e più vulnerabili come donne, anziani e bambini. Attraverso la stretta collaborazione di Carbonsink e stakeholder locali, il progetto, certificato Gold Standard, porta ad una riduzione annua stimata di 80.000 t/CO2. Grazie alla finanza climatica dei crediti di carbonio, questo progetto ha distribuito oltre 60.000 stufe efficienti ad altrettante famiglie di Maputo.

Come possiamo schematizzare e illustrare il vostro approccio a fronte di una azienda che vuole impegnarsi in progetti di carbon neutrality o in progetti NetZero?

Come società di consulenza specializzata nello sviluppo di strategie climatiche lavoriamo per minimizzare i rischi e cogliere le opportunità di sviluppo legate ai cambiamenti climatici. Pur trattandosi di un percorso personalizzato a seconda del settore e delle specificità di ogni azienda, il climate journey lungo il quale accompagniamo le imprese si compone di cinque passi fondamentali: 1) misurazione delle emissioni di CO2 dirette e indirette, quindi sia emissioni operative che della filiera; 2) definizione di un target di riduzione che sia appropriato, ambizioso e in linea con la scienza del clima; 3) riduzione delle emissioni dirette e indirette attraverso interventi mirati; 4) finanziamento dell’azione climatica attraverso il supporto a progetti di azione climatica, per agire anche oltre la propria filiera; e 5) comunicazione trasparente e accurata del proprio percorso climatico, ormai elemento distintivo per le aziende, che contribuisce a rafforzarne la reputazione.

Che ruolo svolge il digitale nei vostri progetti?

La spinta alla digitalizzazione in ambito progettuale è un grande passo avanti che semplifica i processi e aumenta la trasparenza e la verificabilità degli impatti. La tecnologia svolge infatti un ruolo essenziale nelle diverse fasi dei progetti climatici, dagli studi di fattibilità fino al monitoraggio delle attività e degli impatti. Un esempio classico sono i progetti di conservazione delle foreste. Per valutare le caratteristiche specifiche dell’area di progetto, come ad esempio il tasso di deforestazione e il tipo di biomassa, utilizziamo dati satellitari – successivamente validati sul campo – che ci offrono una sorta di mappa del territorio, essenziale per sviluppare le attività di progetto, che saranno poi specifiche a seconda dell’area coinvolta, e il loro monitoraggio nel tempo. La tecnologia svolge un ruolo fondamentale anche nei progetti community-based dove è fondamentale fornire una serie di dati tracciabili allo standard di certificazione per la validazione degli impatti delle attività.

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