Una sostenibilità che viene da lontano, per certi aspetti si potrebbe dire “in tempi non sospetti”. Ovvero una attenzione ai temi della sustainability che non è influenzata dalla moda, anche se è proprio la “moda” o per meglio dire il fashion il terreno e il mercato nel quale opera Save The Duck.
Silvia Mazzanti, sustainability manager della società spiega la propria esperienza e i propri progetti partendo proprio dalla missione dell’azienda, nata ormai più di dieci anni fa con un messaggio in favore degli animali che è diventato brand: “salviamo l’oca”, indirizzando e proponendo una produzione di capi di abbigliamento che rinunciavano all’utilizzo di qualsiasi materiale di derivazione animale come piume, pellami, pellicce in favore di un materiale originale e caratteristico del brand.
Un obiettivo, dunque che puntava da subito a separare lo sviluppo del mondo della moda dalla necessità di “caricare” il prezzo di questo sviluppo sul mondo degli animali.
Data la specifica missione e la filosofia di Save The Duck quali sono oggi i principali obiettivi direttamente e indirettamente legati alla sostenibilità?
Gli obiettivi che abbiamo sono sempre strettamente legati all’origine del brand. Le tematiche della sostenibilità sono integrati nell’anima di Save The Duck che, partendo dal rispetto degli animali, ha naturalmente scelto e mostrato il massimo rispetto anche in termini di diritti della persona e in generale di diritti umani. Sempre in modo naturale, in considerazione del fatto che umani e animali sono inseriti in un ambiente naturale, ne consegue che occorre prendersene cura. Da qui nasce l’attenzione completa ai parametri ESG.
Possiamo dire che i progetti di oggi sono un ampliamento e un rafforzamento degli obiettivi che hanno segnato la partenza dell’azienda. Come obiettivi abbiamo quello di ridurre sotto ogni punto di vista l’impatto ambientale e per un’azienda che produce abbigliamento è decisamente sfidante e cerchiamo di farlo lavorando soprattutto con la supply chain.
Dall’altro lato ci stiamo muovendo verso altri ambiti di impatto, ad esempio verso la biodiversità, soprattutto con azioni che intendono migliorare la situazione legata agli impatti idrici e a tutto quello che gira intorno alle tematiche fondanti degli LCA di prodotto.
Come avete impostato le vostre azioni?
Il principio di fondo è racchiuso in una parola: misurazione. Tutto quello che generiamo come impatto lo misuriamo e cerchiamo di tenerlo sotto controllo e controllandolo cerchiamo continuamente soluzioni per diminuirlo. Fissiamo target sempre più impegnativi, per esempio sul lato ambientale abbiamo obiettivi approvati da SBTi. Voglio poi sottolineare l’importanza del nostro impegno con la supply chain che nel nostro caso è relativamente “corta”, ha caratteristiche di compattezza ed è composta da attori che lavorano con noi da molti anni. Questo aspetto di reciproca conoscenza e di percorso di sviluppo congiunto rende più facile affrontare determinati temi. Con tante realtà abbiamo avviato progetti di formazione e di condivisione di contenuti e stiamo realizzando progetti che mettiamo in atto di modo che anche loro possano prenderne parte.
Come avete organizzato il “gruppo di lavoro” dedicato ai temi della sostenibilità, con quali passaggi siete arrivati all’attuale organizzazione?
Premetto che il dipartimento sostenibilità è nato con il mio ingresso in azienda. Sono stata assunta come Product Manager e da lì il mio ruolo si è trasformato virando verso i temi della sostenibilità. Il tema di cui sono molto fiera è che siamo riusciti a coinvolgere sempre più le risorse interne e abbiamo realizzato un clima basato su una forte condivisione.
Come dipartimento lavoriamo sulle tematiche ESG con un approccio che prevede la elaborazione e la condivisione con gli altri dipartimenti e tutto questo è stato organizzato attraverso la creazione di un comitato che ci permette di organizzare uno scambio importante con tutti gli altri colleghi. Uno scambio che facilita la realizzazione di progetti. Ogni dipartimento presenta infatti caratteristiche di impatto ed è fondamentale coordinarle e gestire la collaborazione con tutti.
Come state misurando e controllando le performance relative alla sostenibilità?
Abbiamo diversi strumenti che adottiamo a livello di misurazione. Lo strumento principale è rappresentato dal bilancio di sostenibilità che conta su una raccolta dati molto solida, in quanto lavoriamo anche sui dati dei nostri fornitori e rendicontiamo secondo i GRI. Il bilancio è certificato da revisori che controllano la qualità del lavoro e dei dati raccolti. Un collega è specificatamente dedicato alla raccolta dati relativi alla sostenibilità, è in continuo contatto con i fornitori rispetto agli impatti ambientali e sociali.
Altri sistemi di valutazione sono sicuramente quelli relativi a B Corp, per cui affrontiamo la ricertificazione ogni tre anni. Si tratta di uno strumento importante perché controlla a che punto siamo e misura il valore delle azioni messe in campo, ma rappresenta anche una fonte di ispirazione per mettere in atto nuove iniziative. Proseguendo nell’elenco dei nostri strumenti abbiamo anche la rendicontazione con il Global Compact dell’UN.
Veniamo al ruolo dell’ESG, come lo valutate?
Le logiche ESG sono estremamente rilevanti e sono anche la leva differenziante del nostro brand rispetto ad altri. Non ci riteniamo i più bravi, ma ispirati da questi principi. Sono driver molto forti anche nei confronti della selezione dei fornitori di materie prime. C’è già un filtro di ingresso rispetto alle azioni pratiche con cui lavoriamo. Quella dell’ESG rappresenta una discriminante e una determinante di tutta la progettualità che realizziamo, anche nella governance e diventerà sempre più rilevante, anche per la normativa che sta arrivando. Abbiamo sempre cercato di anticipare i tempi per arrivare pronti quando sarà il momento e continuare su quell’onda.
Quali sono le esperienze più significative legate ai temi della sostenibilità e come state vivendo questa dimensione in azienda e verso i clienti?
Ce ne sono tante di diversa natura. Partirei da quelle legate alla creazione di una cultura diffusa verso la sostenibilità. In questo ambito abbiamo creato strumenti di condivisione, con i nostri stakeholder, delle tematiche per noi più significative e dei progetti che sviluppiamo.
Ci sono poi progetti sul campo come quello dedicato ai temi dell’acqua avviato quest’anno a supporto di The Sumba Foundation, una organizzazione che opera su un’isola indonesiana, dove si trovano popolazioni costrette a vivere senza acqua corrente disponibile. Il progetto prevede la costruzione di condutture idrauliche per rendere disponibile l’acqua a vari villaggi dell’isola. Grazie a questa iniziativa è stato possibile rispondere a esigenze di primaria importanza, quali quelle sanitarie e quelle legate alla scolarizzazione.
Queste iniziative fanno parte di un progetto nato qualche anno fa che abbiamo chiamato “Coefficiente 1%”: con cui doniamo ogni anno l’1% del fatturato sia in denaro sia in capi fisici. L’idea che ci anima è quella del moltiplicatore, del coefficiente che moltiplica l’effetto. Noi ambiamo a questo e sempre più spesso coinvolgiamo stakeholder e clienti nelle nostre campagne di raccolta fondi a favore di diversi enti.
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