Credito e rischio di transizione: per quali ragioni la finanza è una delle leve più efficaci della trasformazione sostenibile?
La costruzione di un’economia sostenibile presenta dei costi che necessitano di una politica del credito più evoluta e per certi aspetti più coraggiosa rispetto al passato. Le sfide che rendono possibile la trasformazione sostenibile impongono una conoscenza, una visione e una gestione dei rischi sempre più precisa affinché il credito possa essere esprimere la propria capacità di orientare i capitali verso attività produttive, innovative e appunto, sostenibili. Sempre più frequentemente il credito non rappresenta più soltanto una questione di merito finanziario: ma è appunto anche una misura della sostenibilità ambientale e della resilienza strategica delle aziende.
Come è cambiato il concetto di rischio?
Con la transizione ecologica e digitale, il concetto di rischio si amplia e include nuove variabili. Tra queste, il rischio di transizione rappresenta la sfida più complessa in particolare nel rapporto tra banche e imprese.
Il rischio di transizione rappresenta il rischio economico e finanziario derivante dai cambiamenti strutturali necessari per trasformare le imprese verso un modello produttivo a basse emissioni di carbonio. Considerando che le politiche climatiche, le nuove tecnologie e l’evoluzione dei mercati possono arrivare a rendere obsolete intere filiere industriali o possono cambiare anche profondamente il valore di asset consolidati appare evidente la necessità di misurare e valutare con sempre maggiore precisione questi rischi.
Perché il rischio di transizione impone di rivedere i modelli di credito?
Dalla prospettiva degli istituti di credito la valutazione del rischio di transizione non può non essere messa in relazione con la necessità di ripensare le logiche stesse del credito. In particolare la regola che sta alla base di qualsiasi nuovo modello e che riguarda la necessità di allargare il raggio d’azione relativo alla raccolta delle informazioni e aumentare la precisione delle informazioni stesse. Concretamente per la valutazione del rischio di credito non basta più analizzare bilanci e flussi di cassa, occorre integrare metriche ESG, scenari climatici e piani di decarbonizzazione aziendale. Le imprese, dal canto loro, devono dimostrare di saper governare questa trasformazione, investendo in innovazione, efficienza energetica e trasparenza dei dati.
Come trasformare il credito e rischio di transizione in uno strumento di competitività?
La finanza sostenibile diventa così un alleato della competitività. Concedere credito responsabile non è solo un atto prudenziale, ma un modo per accompagnare la riconversione industriale, ridurre le esternalità negative e creare valore di lungo periodo. In questo scenario, chi saprà coniugare solidità finanziaria e sostenibilità ambientale non solo avrà più facile accesso ai capitali, ma potrà anche svolgere un ruolo centrale nella nuova economia a basse emissioni.
Credito e rischio di transizione: perché incide in modo diretto sulla competitività?
La transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio pone le piccole e medie imprese italiane davanti a un insieme articolato di rischi e opportunità. Nel quadro degli obiettivi climatici europei, il sistema produttivo nazionale si trova a dover conciliare l’adeguamento alle nuove normative ambientali con la necessità di mantenere competitività e accesso al credito. In questo contesto, banche e istituti finanziari stanno progressivamente integrando criteri legati alle prestazioni ambientali nella valutazione del merito creditizio, influenzando sia le strategie aziendali che gli equilibri settoriali. Il ruolo delle politiche di incentivo, la gestione delle emissioni e le diverse traiettorie di adattamento rappresentano elementi centrali per comprendere come il tessuto imprenditoriale possa affrontare la sfida della sostenibilità senza compromettere crescita e occupazione.
Quali sono i focus dell’ESG Outlook di CRIF?
Partendo dalla considerazione che il percorso delle imprese italiane verso la transizione ecologica, nel confronto con cicli di trasformazione ed evoluzione precedenti, appare decisamente più complesso e ricco di variabili, si può evidenziare la necessità di disporre di un’analisi sempre più precisa dei fattori che influiscono su questa transizione e sui loro effetti.
In questo senso si colloca l’ESG Outlook di CRIF che mette in relazione le performance del sistema produttivo nazionale con gli obiettivi di sostenibilità mostrando, anche con questa edizione, un’analisi puntuale dei progressi e delle criticità che devono affrontare le imprese.
Quali sono i fattori che incidono sulle performance di rischio e credito di transizione?
La prospettiva attraverso la quale si osserva questo fenomeno considera come fattori determinanti per questa dinamica l’analisi dei profili di rischio, della distribuzione del credito e della performance settoriale in termini di emissioni. L’altro profilo dell’analisi riguarda la lettura dell’evoluzione del mercato che attiene agli attori del fenomeno stesso ovvero alle relazioni tra PMI, istituti finanziari e filiere industriali. La lettura dei fattori che definiscono il rapporto tra sostenibilità e competitività tra questi attori deve tenere conto della capacità di adattamento, dei rischi connessi all’evoluzione del business in relazione alla trasformazione delle condizioni di mercato e ai criteri di selezione degli investimenti.
Come cambia lo scenario relativo ai rischi di transizione per le PMI italiane?
Il report segnala un calo tangibile delle PMI classificate nelle fasce di rischio più elevate legate alla transizione ecologica: nel 2024, la quota è scesa di oltre sei punti percentuali, mentre cresce sensibilmente quella delle imprese con esposizione contenuta al rischio.
Quali sono i contenuti del nuovo rapporto tra PMI e rischi di transizione?
Questa evoluzione indica un’accelerazione nell’adozione di strategie e strumenti per ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti normativi, tecnologici e di mercato legati al rapporto tra decarbonizzazione e competitività industriale. In particolare, molte aziende stanno integrando criteri ESG nei processi decisionali, non solo per adeguarsi alle aspettative degli stakeholder ma anche per accedere a nuove opportunità di mercato e migliorare la propria resilienza competitiva. Si tratta di un processo incrementale caratterizzato da una progressione non omogenea, ma con un trend dal quale si può notare che il tessuto delle PMI sta maturando una maggiore consapevolezza circa i rischi – e i potenziali ritorni – della transizione.
Come si stanno muovendo le banche? In che modo stanno prendendo forma gli incentivi alle imprese virtuose?
La ricerca mette in luce come il sistema bancario stia progressivamente orientando il credito verso le imprese più proattive sul fronte della sostenibilità. Nel 2024, la quota di finanziamenti destinata ad aziende con basso rischio di transizione ha raggiunto il 38%, con un incremento significativo rispetto all’anno precedente.

Come sta cambiando la valutazione del rischio creditizio da parte delle banche?
Questo spostamento delle risorse non è soltanto una risposta alle direttive regolamentari europee in materia ESG, ma riflette anche una valutazione pragmatica del rischio creditizio: le banche stanno riconoscendo che le realtà meglio posizionate nella transizione sono meno esposte a shock derivanti da cambiamenti normativi o dall’evoluzione dei mercati energetici. Il credito diventa quindi leva selettiva che contribuisce a rafforzare l’interconnessione tra sostenibilità ambientale e solidità finanziaria.
Cosa dice l’ESG Outlook di CRIF in merito all’andamento settoriale? Quali sono le eccellenze e dove sono le criticità?
L’analisi per settore mostra evoluzioni divergenti sulla traiettoria della decarbonizzazione. Non si può non osservare come i mercati dell’immobiliare, della meccanica strumentale e del tessile stiamo evidenziando dei progressi rilevanti, spesso trainati da investimenti in tecnologie più efficienti e da una maggiore attenzione alle nuove normative europee. Il real estate ha quasi dimezzato i propri livelli di rischio rispetto all’anno precedente, grazie a interventi su efficienza energetica e materiali a basso impatto.
Le criticità strutturali sembrano invece caratterizzare altri settori come trasporti, logistica e marittimo, dove l’intensità emissiva resta elevata e gli investimenti infrastrutturali richiesti per la riconversione sono ancora parzialmente disallineati rispetto agli obiettivi fissati dalle policy climatiche.

Proseguendo nell’analisi la farmaceutica, anche sulla spinta di pressioni regolatorie stringenti, sta affrontando sfide importanti con investimenti che puntano all’adeguamento dei processi produttivi; nel mining e nell’oil & gas si intravedono dei segnali di inversione grazie anche agli effetti che arrivano grazie alle politiche di diversificazione verso le rinnovabili.
Quanto “pesano” le emissioni di gas serra nelle valutazioni relative al rischio di transizione?
L’intensità emissiva – misurata in grammi di CO2 per euro di fatturato – rappresenta uno degli indicatori chiave utilizzati per valutare il rischio di transizione delle imprese. I dati che arrivano dall’ESG Outlook di CRIF mostrano un lieve miglioramento dell’efficienza ambientale media rispetto al 2023, ma nello stesso tempo si devono osservare importanti differenze tra servizi ad alto valore umano e settori industriali ad alta intensità energetica.
Trasporti e agricoltura continuano a evidenziare valori crescenti: nel primo caso pesano emissioni legate soprattutto al traffico pesante e marittimo; nel secondo persistono ostacoli tecnici ed economici all’adozione diffusa di pratiche sostenibili. Parallelamente, utility ed energia stanno beneficiando dell’incremento del mix rinnovabile nella produzione elettrica, mentre l’oil & gas mostra segnali positivi grazie alla graduale riduzione dell’utilizzo diretto dei combustibili fossili.

Quali sono le principali sfide della transizione energetica e quali sono le opportunità per il sistema Paese alla luce dell’ESG Outlook di CRIF?
Lo scenario che esce dall’ESG Outlook mostra a tutti gli effetti un ambiente nel quale convivono traiettorie anche molto eterogenee che guardo all’orizzonte della transizione ecologica. Ci sono settori che stanno cogliendo i benefici dell’innovazione green – anche grazie a una regolamentazione sempre più stringente – ma nello stesso tempo ci sono segmenti che faticano a tenere il passo per motivazioni strutturali o contingenti.
Quali sono i fattori che più possono contribuire a migliorare la situazione?
La possibilità per il mondo isituzionale e finanziario di analizzare e comprendere al meglio questa eterogeneità è determinante anche per poter scegliere gli strumenti più adeguati in funzione dei diversi livelli di maturità settoriale. Ad esempio, la misurazione accurata dei rischi consente non solo una migliore allocazione delle risorse ma permette di progettare e impostare politiche industriali in grado di trasformare la complessità della transizione in un vantaggio competitivo su scala europea. Ovvero, in altre parole, di leggere e stimolare una domanda coerente con la trasformazione aziendale.
I modelli operativi attuali sono adeguati a questa trasformazione?
La velocità con cui imprese e settori si muovono verso la transizione sostenibile è frenata da ostacoli, complessità e dagli stessi effetti delle asimmetrie tra settori e territori. Come emerge dall’ESG Outlook di CRIF per superare queste difficoltà il tessuto produttivo italiano ha la necessità di ripensare gli attuali modelli operativi e di stabilire nuove forme di relazione e di partnership tra attori economici.
Il ruolo delle banche in questo senso diventa sempre più importante proprio per le possibilità che arrivano dalla capacità di orientare il credito secondo criteri ambientali. Parimenti. PMI e grandi imprese, sono chiamate ad agire in modo consapevole su processi e strategie. Ed è proprio in questo scenario, che assume sempre più importanza la capacità di valutare con precisione i rischi – non solo finanziari ma anche legati alle emissioni – esattamente come un elemento distintivo per chi vuole cogliere le opportunità offerte dai nuovi paradigmi industriali.