Framework normativo

ESG e normative: EBA indica le guidelines per l’accesso al credito

Nella costruzione del framework normativo i temi della gestione dei crediti assumono una importanza sempre più fondamentale. L’analisi di Sergio Fumagalli, advisor P4I, sulle linee guida dell’European Banking Association

Pubblicato il 05 Feb 2021

Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità

Il 29 maggio di quest’anno la European Banking Association ha pubblicato le linee di sviluppo sulla gestione e sul monitoraggio dei crediti con un intervento che focalizza l’attenzione anche sulle tematiche ESG cioè ambientali sociali e di governance. Le linee guida saranno pienamente in vigore dal 30 giugno 2021, cioè tra pochi mesi.

Lo scopo dell’iniziativa è quello di contrastare l’alta esposizione del sistema creditizio verso crediti non performanti, su espresso invito del Consiglio Europeo contenuto nel suo Action Plan del luglio 2017.

Le linee guida hanno dunque l’obiettivo di migliorare le pratiche delle banche, con tutte le implicazioni in termini di governance, di processi e di meccanismi relativi alla concessione di credito. L’inserimento dei rischi ESG in questa prospettiva costituisce un elemento fortemente innovativo che deve essere evidenziato.

Di questo tema abbiamo parlato con Sergio Fumagalli, advisor P4I.

Da dove nasce questa iniziativa?

Inizio con un macro-esempio. Considerazioni di natura ambientale stanno di fatto trasformando l’intera industria dell’auto, spingendo verso l’obsolescenza tecnologie efficientissime e consolidate come i motori diesel. Tutto in pochi anni. L’impatto sull’intero settore è enorme se si pensa che un’auto elettrica è composta da un numero di componenti inferiore del 25% rispetto a una corrispondente vettura a motore termico. E’ chiaro che oggi sarebbe improvvido, per una banca, concedere prestiti per lo sviluppo del diesel.

Dunque, le linee guida chiedono che i risk connessi al cambiamento climatico e alla transizione ecologica, inclusi quelli derivanti dai cambiamenti di sensibilità e di preferenze dei consumatori, siano adeguatamente considerati nella concessione del credito.

Non solo. Le politiche europee, tra cui il piano Next Generation EU, favoriranno investimenti sostenibili e dunque è necessario che anche il mondo del credito si attrezzi per valutare in modo obiettivo e trasparente le finalità dei crediti concessi ispirati alla sostenibilità.

Quali sono i principali obiettivi?

L’obiettivo primario dell’inserimento dei temi connessi alla sostenibilità in un provvedimento altrimenti dedicato al governo dei processi di concessione del credito, è di assicurare che nella concessione del credito alle imprese micro, piccole medie e grandi, i rischi ESG siano adeguatamente considerati e lo siano in modo trasparente. In particolare, poi, se un istituto prevede speciali linee di credito rivolte a iniziative orientate alla sostenibilità, le linee guida chiedono che siano definiti con precisione i criteri che qualificano in tal senso i progetti da finanziare e gli strumenti di monitoraggio sull’effettivo utilizzo del credito stesso.

Concretamente?

Concretamente, significa che se una PMI chiede un finanziamento a una banca, oltre ai tradizionali criteri di valutazione – che pure sono oggetto delle linee guida – l’Istituto di credito dovrà valutare il progetto per cui il finanziamento è richiesto anche dal punto di vista dei rischi ESG. Le Linee guida recitano infatti: “Gli enti dovrebbero valutare l’esposizione del cliente ai fattori ESG, in particolare ai fattori ambientali e all’impatto sul cambiamento climatico, e l’adeguatezza delle strategie di mitigazione, come specificate dal cliente”

Quali altri fattori emergono come rilevanti da queste linee guida?

L’attenzione a questi temi non limitata alle grandi imprese, ma tocca l’intera gamma dimensionale delle imprese: micro, piccole, medie e grandi. Le grandi imprese hanno più strumenti per far fronte a queste nuove richieste. Per le medie, le piccole e le micro qualche difficoltà in più è prevedibile e forse inevitabile.

Qualche mitigazione di queste difficoltà è stata prevista: in generale le banche potranno definire delle “heat map” per individuare i settori più esposti ai rischi ESG in modo che, in questi casi, l’indagine sia più approfondita.

Poi, anche se l’analisi dovrà comunque essere effettuata per ogni singola richiesta, in relazione alle micro, piccole e medie imprese, potranno essere effettuate valutazioni a livello di portafoglio.

Facciamo un esempio?

Ritorno all’esempio precedente. Un finanziamento ad una impresa che offre servizi di noleggio auto per il rinnovo del parco veicoli potrà essere valutato diversamente se vincolato alla transizione verso veicoli elettrici o a minor impatto ambientale.

Naturalmente non sono solo i fattori ambientali ad essere rilevanti, anche sono quelli più citati, anche la dimensione sociale non deve essere trascurata.

Questo obiettivo dovrà essere documentato, qualificato e quantificato dal richiedente e monitorato dalla banca.

Quali prospettive si aprono grazie a questa iniziativa EU?

Questo intervento insieme ad altri definiscono una strada molto precisa anche alla luce dei progetti della EU e sono complessivamente propedeutici alla creazione dello scenario nel quale prende forma il piano di investimenti EU Green Deal.

Da questo provvedimento, come dal Regolamento EU 2019/2088 che entrerà in vigore alla fine di marzo 2021, le aziende e le organizzazioni possono trarre indicazioni preziose per capire in quale direzione fare evolvere le loro attività. Ancor di più: dal fatto che l’intera gamma dei canali di accesso alle risorse finanziarie, dai fondi di investimento al credito, sarà progressivamente sempre più sensibile ai fattori ESG e le imprese possono trarre uno stimolo aggiuntivo decisivo per far evolvere il loro modello di business in questa direzione.

Non sarà un’evoluzione penalizzante per la struttura produttiva italiana, strutturalmente fatta da imprese più piccole rispetto ai competitor europei?

Quello derivante dalla imponente mole di interventi normativi e regolamentari, di cui le linee guida EBA sono parte significativa, è un messaggio particolarmente forte per le PMI italiane che prima o poi si sconteranno con moduli ESG da compilare quando chiederanno alla loro banca la concessione di linee di credito. Declassare quei moduli a nuove gabelle burocratiche sarà la prima tentazione, ma sarebbe un grave errore. Compilarli bene quei moduli, però, richiederà approfondimenti indubbiamente non banali per una PMI.

D’altra parte, non saranno solo le banche a muoversi in questo senso: chi è all’interno di un ecosistema di fornitura progressivamente troverà nel committente un interlocutore che pretenderà comportamenti in linea con la riduzione dei rischi ESG, sia perché il committente stesso si sarà scontrato con i nuovi requisiti delle banche per la concessione di credito, sia perché i fondi di investimento e gli investitori istituzionali imporranno sempre di più comportamenti consapevoli in ambito ESG alle aziende partecipate, sia, infine, perché la sensibilità dei consumatori e dell’opinione pubblica in generale tenderà a privilegiare comportamenti, prodotti e servizi sostenibili.

L’EU sta rafforzando, anche sui temi ESG, una leadership globale nella regolamentazione delle attività economiche rispetto ai diritti e alle aspettative dei cittadini che ha avuto un momento di svolta con l’entrata in vigore dell’ormai famoso GDPR. Come in quel caso le regole stabilite in ambito UE, non potendo essere ignorate per le dimensioni del mercato europeo, tendono a diventare riferimenti a livello globale.

Per questa ragione affrontare proattivamente i nuovi scenari regolamentari può portare a costruire un vero e proprio vantaggio competitivo di cui le imprese italiane più piccole ma anche più agili, potrebbero avvantaggiarsi.

E non si tratta di una prospettiva di qualche anno ma dei prossimi decenni.

Immagine fornita da Shutterstock.

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