L'approfondimento

Che cos’è la Tfcd (Task Force on Climate-related Financial Disclosures)?

Nata nel 2015 per iniziativa del Financial Stability Board, fornisce 11 raccomandazioni suddivise in quattro pilastri per consentire alle organizzazioni di essere trasparenti rispetto ai propri stakeholder sui rischi legati ai cambiamenti climatici

Pubblicato il 26 Set 2022

Che cos'è la Task force on climate-related financial disclosures?

Che i temi dell’ESG e in particolare quelli legati all’emergenza climatica stiano progressivamente assumendo un’importanza sempre più rilevante nel sistema economico globale è dimostrato anche dal fatto che il mondo della finanza abbia ormai acceso i fari su questo comparto, e che si stiano moltiplicando le iniziative internazionali indirizzate verso il contenimento del climate change anche grazie alla consapevolezza e alla sensibilità degli investitori.

In questa direzione va anche la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD). Ma cos’è la TFCD? E’ nata nel 2015 come emanazione del Financial Stability Board (FSB), organismo incaricato di monitorare e promuovere la stabilità del sistema finanziario globale, con il compito di elaborare una serie di raccomandazioni sulla rendicontazione dei rischi legati al cambiamento climatico. A guidare l’organizzazione – composta da 32 esperti del settore finanziario e produttivo – è Michael R. Bloomberg.

Qual è lo scopo della TFCD

L’obiettivo che la task force si è data fin dalla sua nascita è di affrontare e quantificare i rischi generati dal cambiamento climatico sulla stabilità del sistema finanziario mondiale. Dopo un biennio di studi e consultazioni, la TFCD ha pubblicato nel 2017 un final report che comprende un insieme di undici raccomandazioni su quattro aree tematiche, che sono state sottoscritte da oltre 3mila organizzazioni in 92 Paesi, per una capitalizzazione complessiva che supera i 27mila miliardi di dollari.

Quando è stata istituita la TFCD

Per capire cos’è la TFCD, come accennavamo, servirà chiarire che è stata istituita nel 2015 su richiesta dei ministri delle finanze del G20 e dei governatori delle banche centrali, che chiesero al Financial Stability Board di elaborare un modello grazie al quale il mondo finanziario potesse essere messo a conoscenza dei rischi legati ai cambiamenti climatici per la finanza. Così su iniziativa dell’ex presidente e governatore della Banca Centrale britannica Mark Carney nacque la TFCD. Il gruppo iniziale degli aderenti comprendeva i rappresentanti di 29 organizzazioni, comprese grandi banche, società di assicurazione, fondi pensionistici, consulenti e agenzie di rating.

Cos’è la TFCD? I quattro pilastri

Le raccomandazioni della TFCD (qui il link al sito per capire cos’è la Tfcd) sono articolate in quattro aree tematiche: governance, strategia, gestione dei rischi, metriche e target. Le raccomandazioni che riguardano la governance hanno l’obiettivo di aiutare le organizzazioni a rendere pubbliche le loro scelte rispetto ai rischi e alle opportunità legate al clima. Quelle rispetto alle strategie hanno l’obiettivo di illustrare i possibili impatti dei rischi e delle opportunità che le scelte delle organizzazioni sul clima possano avere sul business e sulla pianificazione finanziaria. Le raccomandazioni che riguardano il risk management servono invece e rendere pubbliche le scelte delle aziende su come valutare e gestire i rischi legati ai cambiamenti climatici. E infine, le raccomandazioni su metriche e target servono a rendere pubblici i parametri chiave de prendere in considerazione per affrontare i rischi del climate change.

Cos’è la TFCD? Le 11 raccomandazioni

Un ulteriore tassello per illustrare cos’è la TFCD è chiarire quali sono le undici raccomandazioni che ha pubblicato. Per quanto riguarda la governance, le raccomandazioni sono due, e riguardano la sorveglianza del Consiglio d’amministrazione e il ruolo della direzione.

Rispetto alla strategia, la TFCD stila tre raccomandazioni, e chiedono alle aziende di specificare i rischi e le opportunità legate al clima delle proprie scelte, l’incidenza di questi rischi e opportunità e la resilienza della strategia.

Quanto al risk management, anche in questo caso le raccomandazioni sono tre: l’individuazione e valutazione dei rischi, i processi di gestione e l’integrazione nella gestione complessiva dei rischi.

Infine, su metriche e target, la TFCD chiede alle aziende di rendere pubbliche le metriche utilizzate, le emissioni GHG e gli obiettivi.

Che cos’è l’analisi TCFD?

L’analisi TFCD è il risultato della valutazione dei rischi che le aziende e le organizzazioni conducono mettendo in pratica le undici raccomandazioni della task force, per rendere pubbliche le loro scelte a investitori, utenti e stakeholder, ad esempio attraverso i propri bilanci di sostenibilità.

In quali paesi è obbligatorio il TCFD?

La disclosure sui rischi climatici è obbligatoria dal mese di aprile 2022 nel Regno Unito. Nel G20 che si è svolto a Venezia nel luglio 2021 inoltre i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali hanno espresso la loro volontà di promuovere le raccomandazioni della TFCD per dare vita a un framework globale mettere le basi per criteri univoci su scala internazionale.

Qual è la differenza tra GRI e TFCD?

Nell’ambito dei reporting di sostenibilità delle imprese, il GRI (global reporting initiative) è un ente internazionale senza scopo di lucro nato con il fine di definire gli standard di rendicontazione della performance sostenibile di aziende e organizzazioni di qualunque dimensione, appartenenti a qualsiasi settore e paese del mondo. Fondato ad Amsterdam nel 1997, può essere considerata come un’iniziativa “parallela” alla TFCD, che può a sua volta mettere in pratica nelle proprie attività anche le raccomandazioni della task force. Tanto che nel febbraio 2017 il Chief Executive Officer di GRI, Tim Mohin, inviò una lettera a Michael R. Bloomberg assicurando il proprio contributo all’iniziativa della task force per una collaborazione costruttiva e in grado di rafforzare entrambe le realtà.

Che cosa rappresenta la TFCD nella lotta ai cambiamenti climatici

La rendicontazione in materia di cambiamenti climatici è sempre più richiesta dal mercato e dagli investitori, e include le linee guida che mettono l’azienda nelle condizioni di comprendere l’impatto che il business ha sul clima e viceversa. Seguire le raccomandazioni TFCD permette all’impresa di identificare i rischi legati al clima e trovare nuove opportunità nella transizione, misurare l’adeguatezza della propria strategia climatica e rendicontarla ai propri stakeholder, in particolare gli investitori.

Quali sono i rischi di transizione TFCD

“La transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio e più circolare comporta al tempo stesso rischi e opportunità per tutto il sistema economico e per le istituzioni finanziarie, mentre i danni fisici causati dai cambiamenti climatici e dal degrado ambientale possono avere un impatto significativo sull’economia reale e sul settore finanziario”, spiega la Banca Centrale Europea nel proprio documento “Guida ai rischi climatici e ambientali” del novembre 2020, che si riferisce in particolare al settore finanziario e delle banche.

“I fattori di rischio fisico e di transizione hanno un impatto sulle attività economiche, che a loro volta influiscono sul sistema finanziario – spiega ancora la BCE – Tale impatto può verificarsi direttamente, ad esempio per effetto di una minore redditività delle imprese o della svalutazione delle attività, o indirettamente tramite cambiamenti macro-finanziari”.

“Tali rischi influiscono anche sulla capacità di tenuta del modello imprenditoriale dell’ente nel medio e più lungo periodo, soprattutto per gli enti con un modello imprenditoriale basato su settori e mercati particolarmente vulnerabili ai rischi climatici e ambientali – si legge nel documento – Inoltre, i rischi fisici e di transizione possono causare ulteriori perdite derivanti direttamente o indirettamente da azioni legali (il cosiddetto “rischio di responsabilità legale”) nonché dal danno reputazionale che emerge qualora il pubblico, le controparti dell’ente e/o gli investitori associano l’ente a effetti ambientali avversi (“rischio reputazionale”)”.

“L’entità e la distribuzione dei rischi fisici e di transizione dipendono dalla portata e dai tempi delle misure di attenuazione e dal carattere ordinato o meno della transizione – spiega la BCE – Le perdite potenziali derivanti da questi rischi dipendono specialmente dall’adozione futura di politiche climatiche e ambientali, dagli sviluppi tecnologici nonché dal mutare delle preferenze dei consumatori e della fiducia dei mercati. Ciò nonostante, una qualche combinazione di rischi fisici e di transizione si rifletterà, con ogni probabilità, sui bilanci degli enti dell’area dell’euro e sul valore economico delle loro esposizioni. Le attuali stime degli effetti macroeconomici avversi di lungo periodo derivanti dai cambiamenti climatici indicano perdite di ricchezza significative e durature. Queste potrebbero essere dovute al rallentamento degli investimenti e alla minore produttività dei fattori in molti settori dell’economia, oltre che alla crescita ridotta del Pil potenziale”

Cos’è la TFCD e quali sono le due categorie di rischi legati al clima

Due le macro-categorie di rischio individuate dalla task force: la prima riguarda i rischi fisici, che implicano “costi economici e finanziari per le perdite dovute alla crescente gravità e frequenza di eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico, nonché i cambiamenti progressivi a più lungo termine del clima (ad esempio variazioni delle precipitazioni, estrema variabilità del tempo, l’acidificazione degli oceani, l’innalzamento del livello del mare e della temperatura media)”. La seconda tratta invece dei rischi di transizione, che si riferiscono “al processo di adeguamento verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Le emissioni devono azzerarsi per prevenire ulteriori cambiamenti climatici. Il processo di riduzione delle emissioni avrà probabilmente un impatto significativo su tutti i settori dell’economia che a loro volta avranno un impatto finanziario. Se da un lato è auspicabile un’azione urgente, dall’altro un’improvvisa transizione potrebbe avere un impatto anche sulla stabilità finanziaria e l’economia”.

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