Normative

Standard ESRS: dai lavori dell’EFRAG alla Commissione UE, alcuni punti di riferimento

Come si è arrivati all’attuale formulazione degli European Sustainability Reporting Standard e quali sono i punti di riferimento del lavoro avviato dall’European Financial Reporting Advisory Groupe

Pubblicato il 02 Ago 2023

CSRD EFRAG

L’approvazione da parte della Commissione Europa dell'”atto delegato” relativo agli standard ESRS (European Sustainability Reporting Standard) è frutto di un lungo percorso che ha visto il diretto impegno e coinvolgimento dell’EFRAG che, come ESG360, abbiamo esaminato in questo servizio Lo Standard ESRS approvato da EFRAG: quali prospettive e che pone una serie di interrogativi ai quali la Commissione UE ha dedicato ampio spazio nell’ambito di un servizio che potete consultare QUI. Partendo proprio da questo servizio abbiamo voluto identificare alcuni temi particolarmente rilevanti. Non è poi direttamente correlato a questo tema ma non si può non osservare come qualche settimana fa il Parlamento Europeo abbia approvato la Legge sul ripristino della natura, ovvero un altro aspetto, di tutt’altro genere, in merito alla creazione di un contesto che abiliti la trasformazione sostenibile.

Per comprendere la valenza di questo percorso è importante sottolineare la valenza consultiva dell’European Financial Reporting Advisory Groupe: gli gli standard approvati dalla Commissione UE sono infatti il frutto del consiglio tecnico dell’EFRAG che si è concretizzato in un documento di lavoro con la bozza degli standard. Ma prima occorre precisare che l’EFRAG è un organismo consultivo indipendente e multilaterale, originariamente noto come Gruppo Consultivo Europeo per la Rendicontazione Finanziaria. Si tratta in particolare di una realtà supportata e finanziata principalmente dall’Unione Europea, che lavora e che ha elaborato le proposte di standard preliminari con un importante lavoro di coinvolgimento attivo di diversi attori in rappresentanza di tutti gli “stakeholder” che partecipano ai temi della sostenibilità come organismi nazionali di definizione degli standard, investitori, imprese, rappresentanti della società civile, delle istituzioni, del mondo accademico, del mondo sindacale e del lavoro. Il senso del lavoro dell’EFRAG può essere sintetizzato nella necessità di creare e divulgare degli standard in linea con le logiche di rendicontazione in arrivo con la CSRD Corporate Sustainability Reporting Directive.

Novembre 2022: EFRAG presenta gli standard preliminari

La votazione della Commissione UE del 31 luglio è stata preceduta da una consultazione pubblica sui primi standard preliminari presentati dall’EFRAG alla Commissione nel novembre 2022. A questa fase sono seguite modifiche alle bozze iniziali e una consultazione, avviata dalla Commissione, con gli Stati membri sugli standard preliminari proposti dall’EFRAG.

A questa consultazione hanno partecipato anche vari organi dell’UE e hanno portato ad alcune modifiche rispetto alle proposte iniziali. Modifiche che possono essere sintetizzate in tre punti:

  • Una maggiore gradualità nell’introduzione di alcuni requisiti di rendicontazione
  • La possibilità di garantire alle aziende una maggiore flessibilità nella identificazione e nella scelta delle informazioni rilevanti per il loro specifico contesto. Ovvero degli elementi “materiali” sostanziali per le specificità di ogni mercato
  • L’apertura nel trasformare alcuni dei requisiti proposti in requisiti volontari

Nel servizio approntato dalla Commissione si mette in evidenza come le modifiche alle bozze di standard presentate dall’EFRAG siano state motivate dalla volontà di garantire un maggior equilibrio tra la necessità fondamentale di disporre di standard condivisi e la necessità di garantire nello stesso tempo il raggiungimento e il mantenimento degli obiettivi politici ed economici che si configurano in particolare nella strategia del Green Deal.

Alcuni punti rilevanti degli European Sustainability Reporting Standard

Uno dei temi sui quali la Commissione UE ha prestato particolare attenzione riguarda la necessità di garantire un approccio graduale che appare particolarmente importante per le imprese con meno di 750 dipendenti. Si considera che i costi di rendicontazione per queste aziende risultato significativamente più alti rispetto alle aziende di maggiori dimensioni. In più, si tratta di aziende che, con l’eccezione delle imprese che si sono mosse su base volontaria, non sono state precedentemente soggette a requisiti di sostenibilità. La gradualità è intesa come disponibilità di più tempo per prepararsi e di “spalmare” i costi di rendicontazione su un arco di tempo maggiore per renderli più sostenibili, ma anche per ottenere una rendicontazione di maggiore qualità. Nello specifico poi ci sono alcuni temi, come quelli legati alla rendicontazione sulla biodiversità per i quali è richiesto in generale un maggior impegno in termini di assessment, di data collection, di preparazione.

Un altro aspetto riguarda la maggiore flessibilità con cui la Commissione ha voluto permettere alle aziende di decidere le informazioni più rilevanti nelle loro particolari circostanze. Un approccio che ha anche lo scopo di ridurre o eliminare i costi associati alla rendicontazione di informazioni che potrebbero non essere rilevanti e per “avvicinare” i requisiti di rendicontazione ai temi di “materialità” più appropriati piuttosto che imporre temi “obbligatori” ai quali le aziende devono adattarsi.

Relativamente alle PMI quotate, la CSRD prevede un regime di rendicontazione proporzionato. Le PMI quotate non sono tenute a rendicontare informazioni sulla sostenibilità fino all’anno finanziario 2026. Esiste poi la possibilità di estendere questa “esclusione” di altri due anni. Inoltre, la rendicontazione delle PMI quotate viene gestita secondo standard separati e proporzionati più “accessibili” rispetto al framework completo dell’ESRS.

Il ruolo della CSRD e dell’ESRS in merito ai temi delle catene di fornitura e del credit risk

Esiste poi il tema strategico dell’impatto “indiretto” dell’ESRS e della CSRD, vale a dire le PMI non quotate che pur non essendo soggette a nessun vincolo in termini di compliance di rendicontazione di sostenibilità sono nella condizione di rispondere alle richieste di dati, di informazioni, di “report” da parte di aziende che governano catene di fornitura, del mondo bancario, di investitori o di altri attori che necessitano di queste informazioni per il loro processo decisionale. In questo caso entrano in gioco gli standard “volontari” che permettono a queste aziende di rispondere in modo coerente con gli standard di riferimento di questi stakeholder alle richieste di informazioni sulle loro performance di sostenibilità e contribuire dunque in modo “proporzionato” alla trasformazione industriale sostenibile di supply chain complesse.

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