L’adozione di un più alto livello di digitalizzazione nei processi aziendali potrebbe inoltre supportare la verifica delle emissioni di gas serra e la creazione di passaporti digitali dei prodotti, migliorando la tracciabilità di materiali e componenti e abilitando modelli di circular economy, nonché assicurare un monitoraggio adeguato dei parametri di funzionamento dei processi aziendali ed energetici. Questo il cuore del Digitalization&Decarbonization Report 2023, alla sua prima edizione, redatto da Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e divulgato nei giorni scorsi.
Cosa dicono le normative europee
Il punto di partenza sono naturalmente le politiche europee al 2050, che puntano sulla transizione gemella “digitale-decarbonizzazione” tramite lo sviluppo di specifiche strutture di policy e di governance: la digitalizzazione infatti è considerata un elemento cardine per la transizione verde, poiché permette di monitorare e massimizzare le politiche ambientali, ma allo stesso tempo ha un impatto non trascurabile sulle emissioni e richiede piani ad hoc per raggiungere la piena neutralità climatica delle proprie infrastrutture, come data center e reti di telecomunicazione, in particolare promuovendo le fonti rinnovabili per la produzione di energia e incrementando l’efficienza energetica.
In questo ambito, secondo l’Energy & Strategy, l’Italia ha fatto progressi soprattutto in termini di infrastrutture e di trasformazione dei business, superando la media UE in alcuni indicatori chiave tra cui la copertura della rete 5G, la diffusione di un livello base di intensità digitale fra le PMI e lo sviluppo del cloud, ma si posiziona al di sotto della media sulle skill digitali della popolazione e sulla digitalizzazione dei servizi pubblici.
L’analisi dei bilanci di sostenibilità
L’analisi dei bilanci di sostenibilità delle aziende dell’indice MIB ESG effettuata evidenzia la pervasività della leva digitale in tutti i settori considerati e in tutti i processi aziendali, dalle operations fino alla gestione delle risorse umane (dove efficienta sia raccolta e uso delle informazioni che il monitoraggio delle performance). Nel 2022 le aziende con almeno una iniziativa di digitalizzazione riportata nel bilancio di sostenibilità superano il 75% in tutti gli ambiti analizzati tranne la logistica (45%), in particolare nelle risorse umane e nelle operations: nel primo caso, il digitale viene adottato nella formazione del personale (57%), nello smart working e in altri strumenti di lavoro ibrido (14%) e nell’automazione di attività ripetitive (13%); nel secondo, viene visto come una leva competitiva per aumentare l’efficienza, dunque per ottimizzare i processi produttivi (44%) ma anche per intervenire sugli asset aziendali e sulle reti distributive (35%) e per la manutenzione predittiva (7%). Tuttavia, nel 2022 la rendicontazione degli impatti in termini di carbon footprint risulta molto limitata, anche a causa della difficoltà a quantificare adeguatamente i benefici: su un totale di 731 iniziative mappate, infatti, si registra un tasso di quantificazione dei risultati conseguiti pari solo al 4,2%.
Secondo il report nei comparti della produzione di energia, della gestione degli edifici e dei trasporti ci sono grandi margini di miglioramento, sia dal punto di vista normativo che dell’integrazione delle tecnologie digitali nel sistema. Emerge infatti una generale inadeguatezza delle norme attuali, che frena lo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie. Al contrario, pratiche come lo smart working e la dematerializzazione dei documenti possono contribuire concretamente alla riduzione dell’impatto emissivo delle aziende in diversi settori.
La spinta del PNRR
In generale, per raggiungere gli obiettivi legati alla transizione gemella, secondo il Polimi occorre quattro ambiti: approvvigionamento di energia elettrica rinnovabile, decarbonizzazione della generazione di backup, iniziative a supporto della rete e ottimizzazione dei sistemi di cooling. In questo senso una buona spinta dovrebbe arrivare dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Il PNRR è una delle principali leve per finanziare lo sviluppo dell’ambito digitale in differenti settori nevralgici del Paese – commenta Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile dello studio – con stanziamenti complessivi di circa 34 miliardi di euro, già assegnati per oltre il 53%: alcuni esempi di investimento sono la cybersecurity, la migrazione al cloud, il potenziamento della PA e lo sviluppo di reti ultraveloci, mentre nel settore energy, che ha visto assegnati ben 4,5 miliardi di euro su 5, riguardano in particolare lo sviluppo delle smart grid, la realizzazione di sistemi di monitoraggio e la digitalizzazione delle reti di distribuzione dell’acqua, il rafforzamento delle infrastrutture elettriche. Gli investimenti sul digitale, soprattutto nel settore energy, mostrano dei risultati incoraggianti e le assegnazioni dei bandi conclusi o in corso segnalano un notevole fermento e un’opportunità importante per cambiare il volto tecnologico dell’Italia”.