Digital for ESG

Digitale e sostenibilità, una innovazione più responsabile come fattore di competitività



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L’innovazione digitale si sta muovendo verso forme più evolute di integrazione con gli obiettivi di sostenibilità, ma la differenza sarà sempre più legata ai comportamenti, a una attenzione veramente responsabile alle risorse e alla riduzione di ogni forma di spreco. La visione di Stefano Belletti, senior advisor ed autore del libro “Verde e Digitale”

Pubblicato il 5 giu 2024

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it e Agrifood.Tech



STEFANO BELLETTI 2024
Stefano Belletti, senior advisor ed autore del libro “Verde e Digitale”

In un periodo in cui il rapporto tra Intelligenza Artificiale e sostenibilità sono al centro dell’attenzione appare quanto mai importante identificare i principali punti di riferimento sui quali si sta saldando la relazione tra le tante declinazioni dell’innovazione digitale e i temi dell’ESG. Una relazione questa che conta in modo particolare su una ricchezza di prospettive e su una complessità che sono in larga misura ancora da scoprire.

Il punto di partenza, per Stefano Belletti, nella sua veste di indipendent director di Accompany (società dedicata all’adozione del digitale e della sostenibilità appartenente al Gruppo Digital360, editore di questa testata n.d.r.) è nel rapporto diretto e bi-univoco tra digitale e sostenibilità.

“Dobbiamo partire sempre dagli strumenti digitali – osserva -, che si tratti di device, programmi, servizi, data center, comunque sia devono essere prima di tutto sostenibili. Si deve parlare di architetture Green, di green data center, di sustainable coding: l’IT, come qualsiasi funzione aziendale, deve essere a sua volta sostenibile, sia a livello ambientale, sia sul piano sociale”.

Peraltro questa è una parte importante che non esaurisce il ruolo del digitale, ma rappresenta anzi il presupposto per “dare vita al vero valore che il digitale può mettere a disposizione della sostenibilità ed è quello di accelerare e abilitare l’innovazione sostenibile per il raggiungimento degli SDGs dell’Agenda 2030”.

La spinta verso il green IT a livello di istituzioni

Un valore questo che vede la tecnologia in grande evoluzione anche sulla spinta di un’azione istituzionale e politica che si può rintracciare ad esempio nella relazione della Commissione Europea al Parlamento Europeo Relazione di previsione strategica 2022 – Abbinamento tra transizione verde e transizione digitale nel nuovo contesto geopolitico” (QUI per consultarla n.d.r.) dove si parla esplicitamente di integrazione e di accoppiamento tra transizione green e digitale o come l’impegno che viene evidenziato nel “SDG Digital Acceleration Agenda” (documento pubblicato a Settembre 2023 dall’ United Nations Development Programme – UNDP QUI per approfondire n.d.r.) che istituzionalizza in modo chiaro il ruolo del digitale come abilitatore al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Due tappe e due esempi di un percorso in cui i temi del sustainable IT si vanno a integrare con quelli del digitale come abilitatore”.

Lo scenario è dunque caratterizzato da una industria digitale che accanto a una sua specifica responsabilità nell’integrazione dei temi della sostenibilità, ha anche il ruolo di spingere le industrie e i consumatori che utilizzano l’innovazione verso un uso più sostenibile e responsabile di qualsiasi risorsa.

Verso un utilizzo responsabile del digitale

“Diciamo – interviene Belletti – che siamo in un paradigma di innovazione che alza il livello di aspettative e di obiettivi: accanto alla “performance computazionale” c’è una prestazione che tiene conto delle logiche di impatto a cui si aggiunge una terza dimensione che è quella dell’utilizzatore finale, chiunque esso sia. Una sfida che porta questa industria al rispetto di modelli circolari in cui conta l’idea, la progettazione, lo sviluppo, il delivery, ma conta sempre di più riuscire a gestire e controllare come viene utilizzata questa innovazione”.

Questo significa che gli utenti devono usare responsabilmente il digitale in tutte le sue dimensioni in una sfida sulla quale insiste in modo fondamentale la stessa industria. Un esempio può essere rappresentato dallo studio appropriato di come certe scelte (ad es. il colore, del tempo di visualizzazione di determinate immagini, la gestione di specifici suggerimenti) impattano su consumi e sull’ambiente affinché si possa attuare un vero design sostenibile in grado di considerare e di indirizzare i comportamenti. E quando si parla di uso sostenibile e responsabile, occorre sempre ricordare che si intende sia l’aspetto ambientale sia quello sociale.

Al lavoro per intervenire sui comportamenti

Il lavoro sui comportamenti è dunque una delle grandi sfide del digitale in relazione alla sostenibilità e “perché si possa concretizzare – puntualizza – è necessario correggere un atteggiamento del passato che privilegiava in modo particolare i White collar, mentre i Blue collar, ovvero tutte le persone più impegnate sulla parte di produzione, venivano raramente coinvolte. Un controsenso perché sono in realtà i soggetti che più sono esposti”.

“Sul tema dell’educazione – prosegue – come Accompany abbiamo scelto di lavorare su progetti che uniscono i temi dell’educazione, della consapevolezza e della responsabilizzazione, con un approccio che punta a creare condizioni per modificare ed orientare positivamente le premesse decisionali”.

Belletti porta l’attenzione su questo punto chiave per comprendere la strategia che ha come obiettivo la trasformazione dei comportamenti: “Quando si deve convincere una persona è necessario incidere sulle sue convinzioni e sui suoi valori. Se si lavora su questo livello di convinzione e si cambiano i fattori decisionali di scelta, poi non c’è più bisogno di intervenire, ma si applicano naturalmente le nuove regole di comportamento. Questo approccio – prosegue Belletti – è molto coerente con l’approccio che portiamo avanti come Accompany anche a livello di strategia ESG, dove puntiamo a integrare i temi della sostenibilità nella strategia di business. E più precisamente cerchiamo di mettere in relazione il processo decisionale con la Sostenibilità grazie al pensiero integrato che lega capitali materiali ed immateriali – tra i quali il digitale.”

Tre aree di intervento per i manager del digitale

In questo senso sorgono nuove sfide e nuove responsabilità anche per i chief digital officer, i chief innovation officer, i chief technology officer che devono primariamente comprendere le funzionalità abilitanti del digitale per la sostenibilità. E per farlo Belletti suggerisce di prestare attenzione a tre grandi aree di intervento: “Occorre prima di tutto conoscere e comprendere il legame con la sostenibilità – osserva -, grazie alla disponibilità di dati granulari e in Real Time, grazie all’abbinamento tra strumenti di Internet of Things, di Advice Analytics e di Intelligenza Artificiale che abilitano una vera capacità di analisi e di valutazione dei fenomeni. Ma anche per capire come si può arrivare alla creazione di nuovi modelli di produzione e consumo, all’impatto di qualsiasi scelta in termini di gestione delle risorse, alla sperimentazione e pianificazione di nuovi modelli di business”

Il secondo fattore chiave rientra “nella capacità di supportare nuove forme di incontro tra domanda ed offerta grazie a marketplace digitali che hanno facilitato la vendita di prodotti di seconda mano, lo sviluppo di forme di attenzione verso prodotti certificati, la rivalutazione di logiche di riciclo, la creazione e il sostegno di comunità di consumatori green, educati e sostenuti nelle loro decisioni. In questo fattore rientra anche la possibilità di gestire filiere complesse di interazione con la Blockchain abilitando ed innescando nuove opportunità quali ad esempio il tracciamento di catene produttive-logistiche sostenibili, il bilanciamento della rete elettrica per i rinnovabili ed il percorso certificato di riciclo della plastica.

Il terzo fattore chiave è per certi aspetti quello metodologicamente più consolidato e attiene alla connessione e alla condivisione abilitata da web, alla dematerializzazione e ai social media. “In questo ambito – sottolinea – si collocano trasformazioni come lo smart working e la delocalizzazione attivando modelli organizzativi e di nuove professioni”.

Si tratta di fenomeni che come sottolinea Belletti “sono caratterizzati da quello che è l’elemento distintivo della trasformazione digitale per la sostenibilità (ma non solo), ovvero dalla convergenza di più tecnologie che determinano potenti accelerazioni – combinando IoT, Analytics, Blockchain e Intelligenza Artificiale”.

La centralità strategica del Reporting

Il rapporto tra innovazione digitale e sostenibilità è nel solco di questi tre fattori e ha una serie di denominatori comuni, il più importante oggi è rappresentato dal tema del reporting, ovvero dalla capacità di rendicontare in modo chiaro, efficace e per certi aspetti sostenibile, i valori della sostenibilità e la capacità della sostenibilità di generare valore.

“Dobbiamo considerare oggi più che nel passato – conclude Belletti – come sta cambiando la catena del valore del reporting per la sostenibilità. L’evoluzione nella gestione del dato abilitata dalle tecnologie digitali (dalla data collection al data management, dalla data quality alla data analysis) consente di far diventare il reporting non tanto la rappresentazione statica delle prestazioni ESG dell’aziende, ma uno strumento dinamico basato su molteplici indicatori che tracciano le attività aziendali in modo coerente alle nuove normative europee e impostano i dati verso forme superiori di controllo in cui integrare gli indicatori strategici dell’azienda con quelli del contesto ESG in scorecard e/o dashboard direzionali. Una sorta di “cabina di regia” per un business integrato e sostenibile”

Il ruolo del digitale è dunque assolutamente determinante per la raccolta e l’analisi dati e la grande differenza rispetto al passato è data dalla disponibilità, ancora una volta, di dati granulari e in real time. Grazie all’Intelligenza Artificiale entrano poi in gioco anche altre fonti e si può disporre di una capacità di rappresentazione della sostenibilità che non è più assimilabile a una “semplice” rendicontazione, ma che può rappresentare compiutamente e strategicamente la capacità di un’azienda di creare nuovo valore.

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