La quarta giornata della COP30 di Belém conferma un cambio di paradigma nella lotta al climate change: l’adattamento climatico smette di essere una questione puramente tecnica delle negoziazioni internazionali e diventa una priorità umana, etica e sociale. Salute, educazione, giustizia, diritti umani e integrità dell’informazione emergono come pilastri fondamentali per affrontare un mondo già profondamente trasformato dal riscaldamento globale.
La giornata si è conclusa con l’adozione del Belém Health Action Plan (BHAP), nuovi strumenti finanziari per la resilienza, un’attenzione senza precedenti al ruolo della giustizia e passi avanti significativi nell’educazione climatica globale.
Belém Health Action Plan per sistemi sanitari resilienti al clima
La COP30 di Belém ha segnato una svolta storica nel legame tra salute e climate change con l’adozione formale del Belém Health Action Plan (BHAP).
Per la prima volta a livello globale, la comunità internazionale ha definito una strategia concreta per aiutare i Paesi a proteggere le popolazioni dagli impatti sanitari del riscaldamento globale e per integrare la salute come pilastro dell’adattamento climatico.
Una roadmap globale
Il BHAP è un quadro di azione internazionale che guida governi, sistemi sanitari e organismi multilaterali nel rafforzare la resilienza sanitaria di fronte ai rischi legati al clima: ondate di calore, epidemie, insicurezza alimentare, disastri estremi, inquinamento.
Sviluppato sotto la guida del Governo brasiliano in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), stabilisce linee guida operative per:
- rafforzare i sistemi di sorveglianza sanitaria;
- promuovere la formazione e la capacità operativa del personale sanitario;
- incentivare l’innovazione e l’adozione di pratiche basate su evidenze scientifiche;
- stimolare la cooperazione internazionale nella prevenzione e gestione dei rischi climatici per la salute.
Il piano ha già ricevuto 80 endorsement (30 Paesi e 50 partner internazionali) e sarà sostenuto da un primo finanziamento di 300 milioni di dollari offerti dalla Climate and Health Funders Coalition, composta da oltre 35 fondazioni internazionali come Rockefeller Foundation, Wellcome Trust e IKEA Foundation.
Simon Stiell, Executive Secretary UNFCCC, ha ricordato che la protezione della salute richiede “un approccio che coinvolga tutta la società”, mentre il Ministro brasiliano della Salute Alexandre Padilha ha sottolineato che “non c’è alternativa all’adattamento”.
Un modello replicabile
Il BHAP è concepito come un modello globale, replicabile in diversi Paesi e contesti, poiché capace di trasformare l’adattamento dei sistemi sanitari ai cambiamenti climatici da obiettivo astratto a realtà concreta. Con questa iniziativa, la COP30 ribadisce che la salute delle persone è un indicatore chiave della resilienza climatica.
Educazione e clima: verso una generazione capace di guidare la transizione
Le discussioni della giornata sono andate oltre la salute, riconoscendo che l’adattamento è anche un investimento nella conoscenza e l’importanza dell’istruzione come motore dell’azione per il clima. Il Ministerial Meeting on Greening Education, co-organizzato dal Ministero dell’Istruzione del Brasile e dall’UNESCO, ha ribadito un concetto ormai imprescindibile: non può esserci transizione climatica senza una trasformazione profonda dei sistemi educativi.
L’obiettivo condiviso è chiaro: costruire competenze climatiche universali, integrate nei curricula e negli strumenti di valutazione, così da preparare studenti e studentesse a vivere — e guidare — società resilienti.
Il lancio del nuovo quadro PISA per la “climate literacy”
Durante la sessione è stato presentato in anteprima il draft del PISA framework sulla alfabetizzazione climatica, un documento che per la prima volta delinea conoscenze, abilità e atteggiamenti necessari per contribuire agli obiettivi globali sul clima.
Si tratta di un passaggio storico: il tema del clima entra ufficialmente tra gli indicatori con cui verrà valutata la qualità educativa a livello internazionale, trasformando l’educazione ambientale da materia accessoria a competenza strategica.
Dalle classi alle comunità: l’educazione come leva di resilienza
Gli esempi presentati da diversi Paesi dimostrano come la “green education” possa avere un impatto diretto sulla resilienza:
- scuole che integrano la gestione dell’acqua e dell’energia nei programmi di studio;
- progetti che collegano scienza del clima e saperi tradizionali;
- iniziative che trasformano gli studenti in agenti di cambiamento nelle loro comunità.
Questa prospettiva è al centro della Greening Education Partnership, che punta a rendere l’educazione uno dei pilastri strutturali dell’adattamento climatico, al pari della salute o della finanza.
“Educare per cambiare il mondo”
Il Ministro brasiliano dell’Istruzione, Camilo Santana, ha sintetizzato la visione che emerge da Belém:
Dobbiamo preparare gli studenti non solo a capire il mondo, ma a cambiarlo.
Una dichiarazione che riflette la crescente consapevolezza che la crisi climatica è anche una crisi culturale e cognitiva: senza competenze diffuse, senza cittadini informati, senza una nuova etica della responsabilità ambientale, nessuna politica può essere veramente efficace.
Un investimento per il futuro della transizione
Mentre molti Paesi si concentrano su tecnologie, infrastrutture e finanza, la COP30 rilancia un messaggio fondamentale: la transizione ecologica è prima di tutto un progetto educativo. Le scelte che si prendono oggi nelle scuole determineranno la qualità della leadership climatica di domani.
L’educazione, dunque, non è più un capitolo collaterale delle politiche climatiche: è il terreno su cui si gioca la possibilità di costruire una società capace non solo di adattarsi, ma di immaginare un nuovo modello di sviluppo.
FINI: un trilione di dollari per l’adattamento entro il 2028
La finanza per il clima ha costituito un altro pilastro della giornata. Tra gli annunci più attesi della COP30, spicca il lancio di FINI – Finance for Adaptation Investment, una nuova iniziativa multilaterale che punta a mobilitare 1 trilione di dollari entro il 2028 per sostenere l’adattamento climatico su scala globale. Un obiettivo ambizioso che segna un cambio di paradigma: l’adattamento, troppo a lungo finanziato in modo insufficiente, diventa finalmente una priorità strategica.
Una coalizione globale per colmare il gap finanziario
FINI nasce come piattaforma collaborativa che riunisce Paesi, organizzazioni internazionali, fondo multilaterali, investitori privati e fondazioni filantropiche. La sua missione è semplice ma cruciale: trasformare i piani nazionali di adattamento in pipeline di investimento solide, bancabili e misurabili.
Il meccanismo mira a superare il principale ostacolo che i Paesi più vulnerabili denunciano da anni: la difficoltà nel convertire le strategie in progetti concreti in grado di attrarre capitali pubblici e privati.
Come funziona FINI
La nuova iniziativa si basa su tre pilastri operativi:
- Assistenza tecnica e capacity building
Per aiutare i governi a sviluppare piani di adattamento dettagliati, coerenti e finanziabili, con un focus su sanità, acqua, agricoltura, infrastrutture resilienti e sistemi di allerta precoce. - Standardizzazione dei progetti Per ridurre la frammentazione metodologica e facilitare la valutazione del rischio, garantendo che i progetti siano comparabili e attrattivi per gli investitori.
- Mobilitazione di capitali su larga scala FINI agirà come catalizzatore, convogliando risorse da fondi pubblici, istituzioni multilaterali, banche di sviluppo e settore privato, con l’obiettivo di raggiungere la soglia simbolica — e politica — del trilione di dollari.
Perché FINI può fare la differenza
A Belém è emerso un consenso crescente: senza un enorme incremento dei finanziamenti, i Paesi in via di sviluppo rischiano di non essere in grado di affrontare impatti climatici sempre più frequenti e distruttivi. FINI si propone come lo strumento in grado di:
- accelerare la realizzazione di infrastrutture resilienti;
- sostenere sistemi sanitari e idrici già sotto pressione;
- rendere più sicuri sistemi alimentari e catene di approvvigionamento;
- creare nuove opportunità economiche attraverso l’adattamento;
- ridurre drasticamente i costi dei disastri climatici.
Un’iniziativa che cambia le regole del gioco
L’ambizione di FINI non è solo finanziaria: è politica. Mira a ridefinire il rapporto tra Paesi donatori, istituzioni finanziarie e Stati vulnerabili, basandosi su responsabilità condivise e benefici comuni. Entro il 2028, se il target del trilione sarà raggiunto, FINI potrebbe diventare il più grande programma mai realizzato per rafforzare la resilienza climatica globale.
Giustizia climatica: giudici e governi insieme per una transizione equa
La COP30 ha dedicato la quarta giornata anche al tema della giustizia climatica, segnando un’evoluzione significativa nel modo in cui il diritto e le istituzioni giudiziarie entrano nel cuore delle politiche globali sul clima. Per la prima volta, magistrati, ministri e rappresentanti dei sistemi giuridici di numerosi Paesi si sono riuniti per affrontare una domanda essenziale: come garantire che la transizione climatica avvenga in modo equo, rispettando i diritti delle comunità più vulnerabili?
Il ruolo crescente delle corti nella governance climatica
Negli ultimi anni i tribunali sono diventati un attore centrale nell’azione climatica, chiamati a pronunciarsi su responsabilità pubbliche e private, protezione dei territori e tutela delle generazioni future. Alla COP30 questo ruolo è stato riconosciuto apertamente, evidenziando come la giustizia possa diventare un contrappeso essenziale per assicurare il rispetto degli impegni climatici.
Giudici provenienti da diverse giurisdizioni hanno sottolineato la necessità di strumenti condivisi, linee guida aggiornate e formazione specifica su temi quali migrazioni climatiche, diritti ambientali, uso del territorio e accountability delle imprese.
La piattaforma brasiliana sui diritti umani nell’azione climatica
Tra gli annunci di maggiore rilievo, il Brasile ha presentato una nuova piattaforma dedicata alla protezione dei diritti umani nelle politiche climatiche, pensata come spazio di coordinamento tra istituzioni, società civile e comunità indigene. L’obiettivo è fornire orientamento pratico e garantire che i piani di mitigazione e adattamento non generino nuovi squilibri o vulnerabilità.
La piattaforma diventa così un punto di riferimento per la valutazione dell’impatto sociale delle politiche climatiche, soprattutto nei territori amazzonici e nelle aree maggiormente esposte.
Dalla teoria alla pratica: una transizione che non lascia indietro nessuno
L’incontro ha confermato che la giustizia climatica non è più un concetto astratto, ma un principio operativo. Significa:
- proteggere le comunità che sopportano il peso maggiore degli impatti climatici;
- garantire la partecipazione delle popolazioni indigene ai processi decisionali;
- assicurare che le politiche di decarbonizzazione non creino nuove forme di disuguaglianza;
- rafforzare la trasparenza e la responsabilità di governi e imprese.
La presenza congiunta di giudici e governi a Belém ha lanciato un messaggio chiaro: la transizione climatica sarà credibile solo se sarà anche giusta. E il sistema giudiziario è destinato a diventare uno dei pilastri di questa trasformazione.
Finanza innovativa e allerta precoce per la resilienza dei Paesi vulnerabili
La quarta giornata della COP30 ha evidenziato come la resilienza climatica non possa prescindere da due elementi strategici: nuovi strumenti finanziari capaci di liberare risorse per i Paesi più vulnerabili e sistemi di allerta precoce in grado di proteggere vite ed economie prima dell’arrivo di eventi meteo estremi. A Belém, attori multilaterali e governi hanno presentato iniziative progettate per affrontare la crescente pressione che il cambiamento climatico esercita su bilanci statali già fragili e su infrastrutture insufficientemente preparate.
Debt-for-Resilience: una nuova architettura finanziaria per i Paesi indebitati
Con l’annuncio congiunto di IDB, CAF e CDB, nasce un meccanismo multilaterale innovativo, pensato per affrontare una delle principali barriere alla resilienza climatica: l’alto livello di indebitamento pubblico nei Paesi dei Caraibi e dell’America Latina.
Perché è importante
Paesi altamente vulnerabili agli uragani, all’erosione costiera e all’innalzamento del mare destinano quote sempre maggiori del proprio bilancio al servizio del debito, riducendo lo spazio fiscale per infrastrutture resilienti, sistemi sanitari e programmi di adattamento.
Come funziona il nuovo meccanismo
Il Multi-Guarantor Debt-for-Resilience Joint Initiative crea un quadro armonizzato per:
- negoziare scambi debito-per-resilienza con più garanti multilaterali;
- uniformare criteri, condizioni e monitoraggio;
- facilitare la partecipazione del settore privato;
- rendere le operazioni più rapide, prevedibili e scalabili.
L’obiettivo non è solo alleggerire il debito, ma convertire parte delle risorse liberate in investimenti strutturali, come difese costiere, sistemi di allerta e infrastrutture resistenti a cicloni e inondazioni.
Early Warning Systems: verso una copertura globale
Il nuovo rapporto sullo stato dei sistemi di allerta precoce multi-rischio (EWS) indica che oltre il 60% dei Paesi dispone di meccanismi attivi. Nonostante il progresso, vaste aree dell’Africa, dell’America Latina e del Pacifico non hanno ancora accesso a sistemi che potrebbero salvare migliaia di vite e ridurre danni economici fino al 60%.
CREWS Strategy 2030: un piano operativo
La strategia lanciata a Belém da CREWS (Climate Risk and Early Warning Systems) mira a:
- portare la copertura EWS vicino al 100% entro il 2030;
- integrare osservazioni meteorologiche terrestri, satellitari e oceaniche;
- rafforzare i servizi meteorologici nazionali;
- supportare tecnologie a basso costo e reti comunitarie di allerta.
Nuovi finanziamenti annunciati da Lussemburgo, Monaco, Norvegia, Canada, Francia, Regno Unito, Svizzera, Finlandia e Germania consentiranno l’espansione del programma nei Paesi più vulnerabili.
SOFF: modernizzare le osservazioni meteorologiche globali
Alla strategia CREWS si aggiunge un pacchetto di contributi europei per rafforzare il Systematic Observations Financing Facility (SOFF), essenziale per garantire dati meteorologici di qualità, specialmente nei Paesi con reti osservative insufficienti.
I nuovi impegni
- Belgio: 8,3 milioni di euro
- Irlanda: 8 milioni di euro
- Spagna: 5 milioni di euro
Questi fondi sosterranno l’installazione e il mantenimento di sistemi di osservazione al suolo, spesso costosi da gestire ma indispensabili per previsioni accurate, modelli climatici affidabili e per alimentare i sistemi di allerta precoce.
Perché questi strumenti contano
Le iniziative annunciate a Belém evidenziano un cambiamento concettuale: l’adattamento non è più trattato come un costo, ma come un investimento strategico. Dal sollievo del debito ai sistemi di allerta, le nuove misure puntano a:
- prevenire disastri prima che si verifichino;
- proteggere vite umane;
- ridurre le perdite economiche;
- creare condizioni fiscali favorevoli per piani di adattamento di lungo periodo;
- rafforzare la fiducia degli investitori nei Paesi vulnerabili.
Insieme, questi strumenti mostrano un crescente riconoscimento globale: la resilienza si costruisce attraverso tecnologia, dati e finanza innovativa — e inizia ben prima che un’emergenza colpisca.
Verso un linguaggio comune per la contabilità del carbonio
La quarta giornata della COP30 ha anche acceso i riflettori su un tema tecnico, ma decisivo per l’efficacia dell’azione climatica globale: la comparabilità e interoperabilità degli standard di contabilità del carbonio. Senza un linguaggio comune, infatti, risulta impossibile valutare con precisione le emissioni, monitorare i progressi o garantire l’integrità dei mercati del carbonio.
A Belém, ISO e GHG Protocol – i due pilastri mondiali degli standard di rendicontazione climatica – hanno presentato una serie di priorità condivise per accelerare l’allineamento dei sistemi, nell’ambito del Plan to Accelerate Solutions (PAS).
Obiettivi dell’armonizzazione
L’incontro ha messo a fuoco quattro necessità strategiche:
- Creare un linguaggio metodologico comune, in grado di rendere compatibili gli standard utilizzati da governi, aziende e enti di certificazione.
- Facilitare il confronto internazionale tra inventari di emissioni, bilanci di sostenibilità e progetti di compensazione.
- Supportare l’integrità ambientale dei mercati del carbonio, riducendo il rischio di doppio conteggio e greenwashing.
- Promuovere approcci inclusivi e basati sulla scienza, con il coinvolgimento di attori pubblici, privati e organismi normativi.
Secondo quanto emerso nelle discussioni, uno standard armonizzato non solo aumenterà la trasparenza, ma renderà più solide le politiche climatiche nazionali e più affidabili gli investimenti legati alla decarbonizzazione.
La rilevanza strategica
Come ha ricordato Dan Ioschpe, High Level Climate Champion della COP30, “la contabilità del carbonio non è solo un tema tecnico, ma strategico”.
Una misurazione accurata delle emissioni è infatti il punto di partenza per:
- trasformare impegni in politiche;
- valutare il reale impatto di tecnologie e innovazioni;
- sbloccare finanziamenti su larga scala;
- garantire che i progressi dichiarati siano effettivamente verificabili.
Implicazioni per imprese e Paesi
L’armonizzazione promessa da ISO e GHG Protocol rappresenta un passo fondamentale per:
- facilitare la rendicontazione climatica da parte delle imprese;
- rendere comparabili gli inventari nazionali;
- supportare la nascita di mercati del carbonio più robusti e credibili, tema che sarà centrale anche nelle giornate successive della COP30.
In un contesto globale in cui i Paesi stanno definendo i propri contributi aggiornati (NDC) e accelerando la transizione industriale, la chiarezza metodologica diventa un vero fattore competitivo.
Informazione e integrità: il ruolo del Brasile
Alla COP30, il Brasile ha consolidato la sua posizione di leader globale nella promozione dell’informazione affidabile sul clima. Per la prima volta, un Paese ha creato un capitolo nazionale della Global Initiative for Information Integrity on Climate Change, un’iniziativa volta a garantire che governi, cittadini e organizzazioni possano accedere a dati accurati, verificabili e trasparenti sulle politiche climatiche e sulle emissioni.
Sinergia tra governo e società civile
L’iniziativa è stata co-guidata da MMA, MRE e SECOM, con il coinvolgimento della società civile tramite la rete RPIIC. Durante l’incontro sono stati presentati strumenti concreti sviluppati dai sei gruppi tematici di RPIIC, volti a:
- migliorare la qualità e l’accessibilità dei dati climatici;
- monitorare le politiche pubbliche e i progressi verso gli obiettivi di adattamento;
- promuovere un dibattito pubblico basato su informazioni verificate e trasparenti.
Verso un modello replicabile
L’esperienza brasiliana dimostra come la collaborazione tra istituzioni pubbliche e società civile possa diventare un modello internazionale per garantire l’integrità delle informazioni, ridurre la disinformazione e aumentare la fiducia dei cittadini nella transizione climatica.
Nina Santos, Vice Segretaria per le Politiche Digitali di SECOM, ha dichiarato:
Con governi, organizzazioni internazionali, società civile e mondo accademico che lavorano insieme, possiamo garantire l’accesso a informazioni affidabili e di qualità. Questo è il percorso per rafforzare l’integrità informativa come pilastro permanente dell’agenda ambientale globale.
Giovani e salute: Marcele Oliveira dà voce alle comunità vulnerabili
Alla COP30, la voce dei giovani si fa sentire in modo concreto grazie a Marcele Oliveira, Youth Climate Champion della presidenza brasiliana. La sua partecipazione ha sottolineato l’importanza di includere le nuove generazioni nel dibattito sulla resilienza climatica e sulla salute pubblica, con un focus sulle comunità più vulnerabili.
Durante un evento speciale nella Green Zone, Marcele ha camminato tra iniziative sostenibili insieme a Zé Gotinha, simbolo nazionale della vaccinazione, e Curupira, il mascotte ufficiale del COP30 ispirata al guardiano della foresta. Dal palco del Pará Pavilion, ha evidenziato come la protezione sanitaria e l’accesso alle vaccinazioni siano elementi fondamentali per ridurre le disuguaglianze e tutelare le persone più esposte agli effetti del cambiamento climatico.
Marcele Oliveira ha dichiarato:
È un enorme privilegio partecipare al lancio di questo piano che integra la salute in modo completo. Il nostro Sistema Sanitario Unico (SUS) garantisce a tutti, anche ai più giovani e alle comunità periferiche, accesso a cure e vaccinazioni. Questo modello dovrebbe essere replicato in altri Paesi, perché rappresenta la protezione della vita e la riduzione delle disuguaglianze.
Il messaggio è chiaro: coinvolgere i giovani significa dare voce a chi vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici, promuovere l’educazione alla prevenzione e costruire comunità più resilienti, dove la salute diventa un diritto e un investimento per il futuro.
Cosa accadrà nella Giornata 5 della COP30
La quinta giornata sarà dedicata ai grandi settori produttivi e alle soluzioni energetiche:
- Energie pulite e carburanti sostenibili
- Decarbonizzazione industriale
- Trasporti e commercio
- Finanza climatica
- Mercati del carbonio
- Gas non-CO₂
Previsti numerosi incontri ministeriali ad alto livello, incluse discussioni sulla transizione dai combustibili fossili e sull’accelerazione dell’azione su reti e stoccaggio.



































































