La visione a 360° dell’agricoltura e del ruolo dell’agricoltura 4.0 oggi: resilienza, redditività e ruolo strategico dell’innovazione digitale sono i punti chiave affrontati da Chiara Corbo, direttrice dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia in occasione dell’Agri Data Green Summit 2025 (a questo proposito leggi anche i servizi Agri Data Green Summit 2025: efficienza, sostenibilità e competitività: la risposta si chiama innovazione e Filiera 4.0 e capitale naturale per la sostenibilità e la resilienza agricola n.d.r.)
Corbo ha descritto il settore agroalimentare come una serie di “pietre in equilibrio” sottoposto a forti pressioni. Le sfide includono il cambiamento climatico, la volatilità dei prezzi, le incertezze macroeconomiche e le nuove regolamentazioni.
Corbo ha sottolineato che la sostenibilità ha superato la dimensione puramente ideologica o filantropica. Oggi si parla, pragmaticamente, di sostenibilità economica e sociale, ribadendo che sono entrambe condizioni necessarie per la costruzione ela difesa di un ambiente sostenibile.
Questa visione è stata recepita anche dalla Commissione Europea: la nuova vision per l’agricoltura enfatizza con forza, accanto alla resilienza e alla sostenibilità ambientale, il tema cruciale della redditività e dell’attrattività del settore. Migliorare questi aspetti è fondamentale per la sopravvivenza stessa dell’agricoltura e per ritornare ad essere un settore di interesse per i giovani.
In questo contesto complesso, l’innovazione digitale rappresenta un alleato fondamentale per garantire competitività, redditività e sostenibilità. Corbo sottolinea come l’Osservatorio Smart Agrifood abbia analizzato oltre 50 casi, riscontrando impatti positivi tangibili, come il risparmio di risorse nella coltivazione di pomodoro e vite o l’implementazione di sistemi di illuminazione intelligente nelle serre. A livello sociale, l’uso del digitale riduce la complessità del lavoro e guida gli agricoltori verso un processo di apprendimento sempre più motivante.
Nonostante i benefici, il contesto macroeconomico non ha stimolato gli investimenti che per la prima volta in Italia, hanno registrato, nel 2023, un declino dell’8%. E solo l’8% delle aziende agricole risulta oggi nella fascia “digitalmente matura”.
Corbo invita però anche a “guardare dentro ai dati” per cogliere alcuni importanti segnali positivi come ad esempio la consapevolezza che grazie alla digitalizzazione è possibile disporre di una visione a 360° dell’azienda agricola. Un altro segnale certamente importante riguarda l’incremento di soluzioni che utilizzano l’Intelligenza Artificiale, l’image processing e la robotica.
Corbo aggiunge inoltre come nelle sfide future del rapporto tra innovazione e agricoltura ci sia un’attenzione più specifica e precisa sui valore della sostenibilità, con una speciale focalizzazione su temi come agricoltura rigenerativa, tutela della biodiversità, salute del suolo.
La crisi di identità della PAC Post-2027
Considerando che l’agroalimentare italiano opera in un quadro economico, commerciale, geopolitico, industriale e bioclimatico estremamente complesso e nonostante sia cresciuta la consapevolezza sull’importanza sociale ed economica dell’agricoltura e dell’agroalimentare le prospettive in termini di politica economica per il settore agricolo da parte dell’Unione Europea hanno sollevato tante critiche e preoccupazioni.
La “doccia fredda” del taglio alle risorse
L’annuncio delle proposte legislative per la PAC Post-2027 è stato definito una “doccia fredda” da Anna Rufolo, Responsabile politiche comunitarie coordinatrice settore economico CIA. Le criticità principali riguardano non solo il taglio delle risorse (circa 80 miliardi di euro a livello europeo, un miliardo di euro all’anno per l’Italia), ma anche l’accorpamento della PAC con altre politiche storiche come la pesca e la coesione. La PAC rischia così di perdere la sua specificità e la sua indipendenza, scendendo sotto il 15% del Quadro finanziario pluriennale. Un calo molto preoccupante innanzitutto se lo si confrtonta al 28,5% del periodo in corso e al 38% del periodo 2014-2020. Secondo Rufolo questa scelta finanziaria e strategica denota una “revisione del ruolo dell’agricoltura” e un aumento delle incertezze relative alla necessità di garantire sicurezza alimentare in un contesto geopolitico di conflitti e crisi.
Vincenzo Lenucci, Direttore delle politiche di sviluppo economico delle filiere agroalimentari di Confagricoltura ha voluto ricordare l’impegno delle organizzazioni agricole contro un’impostazione di riforma che viene meno rispetto ai principi originali della politica agricola comunitaria. L’onere della riduzione è aggravato dai rincari passati: Antonio Boschetti, direttore de L’Informatore Agrario cita a sua volta alcune stime secondo le quali l’inflazione si è “rosicchiata almeno un 15%” delle risorse negli ultimi anni, unito ai tagli precedenti che avevano già ridotto l’aiuto di base ad alcune aziende del 40-50%.
Paolo Baccolo, Consigliere nazionale Conaf ha fornito una stima ancora più incisiva, sommando il taglio del budget (-23%) con il differenziale di inflazione (circa 20%), arrivando a una perdita complessiva di potere d’acquisto per le aziende del 43%.
PAC come Politica Economica, non Assistenzialista
La richiesta unanime è che la politica agricola si focalizzi su competitività, redditività, sostenibilità e digitalizzazione, criteri strettamente connessi. Lenucci ha criticato la visione di una sostenibilità “regolatoria e impositiva” (come l’obbligo di mettere a riposo il 5% delle terre), preferendo invece una svolta verso la sostenibilità tecnologica, orientata al mercato.
L’agricoltura deve trasformare gli obblighi di sostenibilità in incentivi, in modo che la virtuosità ambientale si traduca in un valore commerciale che possa essere apprezzato (e pagato) dal consumatore. Se, al contrario, si impongono semplicemente vincoli che aumentano i costi e limitano la redditività, l’effetto rischia di essere quello di aumentare l’importazione e diminuire la produzione interna. Le politiche pubbliche, secondo Lenucci, dovrebbero servire a introdurre innovazioni, non a mantenere in vita un sistema non abbastanza competitivo. L’incentivo può servire nei primi anni per agevolare il passaggio, ma poi la tecnologia deve riflettersi in un valore che deve essere riconosciuto dal mercato.
Il rischio abbandono e il grande tema della redditività
Anna Rufolo ha poi espresso forte preoccupazione per la tenuta delle aree interne, per territori fragili, sui quali, ad esempio, la proposta di cessare il pagamento di base per i pensionati dopo il 2032 è vista come un elemento che porterebbe all’abbandono delle campagne, indebolendo il bisogno di ricambio generazionale. Per Rufolo, la PAC deve essere più equa, sostenendo il reddito di coloro che vivono di agricoltura e incentivando l’accesso alla terra e al credito per i giovani. L’abbandono del territorio, come ricordato da Boschetti, va contrastato “a qualunque prezzo”.
La minaccia degli accordi commerciali e la mancanza di reciprocità
Oltre alle pressioni interne e normative, l’agroalimentare è purtroppo diventato, come osservato nel dibattito, una sorta di “merce di scambio” nei grandi accordi internazionali. Un tema questo che favorisce un contesto nel quale si riducono le misure di protezione verso il mondo agricolo mentre aumentano le diverse forme di concorrenza.
Boschetti ha ricordato come l’Europa abbia aperto i mercati alle commodity agricole e tra gli accordi più impattanti si citano quelli con il Mercosur, che consente l’ingresso di 500.000 tonnellate di frutta secca a dazio zero.
La “resa” Italiana: concessioni senza garanzie
Anna Rufolo ha portato l’attenzione sull’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea come un punto di debolezza per l’agroalimentare italiano. L’Italia, partner commerciale importante (valore stimato intorno ai 7,8 miliardi), ha subito un calo dell’export di 600 milioni da gennaio ad agosto. Ma la questione più grave è ciò che è stato concesso: vale a dire circa 7,5 miliardi di concessioni il tutto a dazio zero e senza garanzie di reciprocità.
Questa mossa si traduce in una maggiore pressione sui prodotti agricoli trasformati italiani. Ma Rufolo ha voluto anche mettere in guardia sul rischio di futuri modelli di consumo lontano dalla “dieta mediterranea” che possono trovare maggiori consensi sul mercato.
Quaderno di Campagna Digitale dell’Agricoltore (QDCA): burocrazia o driver di competitività?
L’obbligatorietà del Quaderno di Campagna Digitale dell’Agricoltore (QDCA) è un altro cambio di paradigma che ha generato un dibattito acceso in occasione dell’Agri Data Green Summit 2025.
Per Paolo Baccolo l’introduzione del QDCA come adempimento obbligatorio è un tema che solleva qualche preoccupazione. Gli agronomi, che affiancano le aziende, temono che questo genere di obblighi aggiunga un fardello burocratico e normativo. Il rischio è che i professionisti debbano dedicarsi ad aiutare le aziende ad assolvere un onere amministrativo anziché concentrarsi sull’obiettivo primario di incrementare la redditività e ridurre i costi. Baccolo teme che questi costi aggiuntivi, diretti e indiretti, non siano bilanciati da un incremento delle entrate.
Renzo Lolli, dirigente dell’ufficio servizi territoriali Agea ha ribaltato la prospettiva, definendo il QDCA un “miglioramento paretiano”. La digitalizzazione è necessaria perché aiuta a una raccolta più sistematica e strutturata delle informazioni per rispondere alle richieste di Bruxelles e consente all’azienda di disporre di una maggiore conoscenza e consapevolezza sulla propria strategia.
Luca Balato, Dirigente dell’ufficio antifrode e Risk compliance Agea ha focalizzato l’attenzione sulla strategia antifrode, dove il QDCA può rappresentare uno strumento fondamentale. Nello specifico la visione della strategia antifrode di AGEA si fonda su due fattori chiave: prevenzione e repressione. da una parte cerca di “anticipare di prevenire il meccanismo” sfruttando l’Intelligenza Artificiale per modellare gli indicatori di rischio e effettuare analisi sempre più concrete e precise. L’obiettivo finale è giungere a un’analisi sempre più predittiva e orientare efficacemente i controlli sul territorio, assicurando che le risorse vadano a chi ne ha effettivamente diritto. L’uso dell’AI consente di valutare un’enorme mole di dati che altrimenti sarebbe impossibile gestire.
Meccanismi facoltativi con premialità
Per mitigare l’impatto burocratico, AGEA sta introducendo meccanismi di flessibilità. Il sistema prevede un set minimo obbligatorio di informazioni, ma anche meccanismi di esenzione per aziende piccole o già certificate, e soprattutto, sistemi facoltativi con premialità. L’idea è spingere l’agricoltore a fare uno sforzo su parametri aggiuntivi, associando come incentivo la riduzione del carico del controllo. Inoltre, il QDCA digitale snellisce i processi di elaborazione e supporta l’agricoltore nel momento dichiarativo, facilitando l’accelerazione dei pagamenti PAC.
Gli strumenti dell’innovazione per integrare sostenibilità e redditività
Di fronte a un contesto decisamente critico Antonio Boschetti ha voluto sottolineare come la via primaria per lo sviluppo è prima di tutto e soprattutto nella capacità di innovare.
L’agricoltore sapere utilizzare una innovazione a 360 gradi, coinvolgendo tecnologia, processi e prodotti. Boschetti ha anche espresso la sua opinione sulla funzione del QDCA in questa ottica e, pur non essendo adatto a tutte le aziende, è però indispensabile per le imprese che vogliono crescere e che hanno bisogno di certificare la virtuosità dei processi produttivi.
La necessità di aumentare il bagaglio culturale
da queste considerazioni e riflessioni esce anche il profilo dell’agricoltore del futuro che richiede un aumento del proprio bagaglio culturale e di conoscenze. Questa nuova competenza servirà a “mettere insieme gli strumenti tecnologici come una meccanizzazione sempre più fondamentale”. Solo gli imprenditori che avranno la volontà di incrementare le proprie conoscenze saranno in grado di coniugare gli aspetti tecnologici, normativi e le scelte prettamente imprenditoriali per costruire una redditività che deve tenere conto di un numero crescente di variabili.
L’ecosistema digitale e la volatilità normativa
L’adozione della digitalizzazione tra gli associati delle organizzazioni agricole è in crescita, specialmente tra le aziende più grandi e tra le imprese che operano da tempo sulla base di attività connesse. Anna Rufolo ha rilevato una crescita della propensione al digitale, sebbene in maniera non omogenea. L’agricoltura ha “curiosità e voglia di approcciare” l’innovazione, anche se persiste la paura della complessità e dell’incertezza degli investimenti a lungo termine.
Per supportare l’innovazione in questo scenario, AGEA si è evoluta, digitalizzando progressivamente i processi e ottenendo “tempi ridotti, costi ridotti, trasparenza, efficienza”. Tuttavia, Renzo Lolli ha voluto sottolineare due criticità sistemiche che complicano il lavoro: la volatilità normativa e la gestione di sistemi ancora eterogenei.
Nonostante queste difficoltà, Lolli ricorda che l’uso di strumenti avanzati come la Carta Nazionale dell’Uso dei Suoli e il sistema di monitoraggio satellitare consentono di affrontare le sfide in tempi rapidi, come nel caso degli aiuti per l’alluvione in Emilia. L’innovazione tecnologica, dunque, è la risposta strategica e sistemica per far fronte alle complessità geopolitiche e normative e alla necessità di unire sostenibilità e redditività.