IL PROGETTO

AI ed ecoacustica: Huawei e WWF insieme per la biodiversità



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La seconda edizione del progetto “Guardiani della Natura”. Monitorando le emissioni sonore degli uccelli in 8 siti è stato possibile verificare che in quelli coltivati secondo il metodo biologico ci sono più specie e più attive. Fabio Romano: “Grazie alla tecnologia diamo ai ricercatori la possibilità di contare su un grande set di dati”

Pubblicato il 22 nov 2023



wwf-Iemma-Scozzafava

L’alleanza tra difesa dell’ambiente e tecnologia, anche nel contesto del mondo dell’agricoltura, può essere una delle carte vincenti per mettere l’Italia nelle condizioni di riuscire nella transizione ecologica. A dimostrarlo ci sono i risultati della seconda edizione del progetto “Guardiani della natura”, nato dalla collaborazione tra Huawei e WWF Italia con il supporto del partner tecnico Rainforest Connection.

Dopo un monitoraggio durato un anno il progetto ha dimostrato che nelle aree coltivate utilizzando il metodo dell’agricoltura biologica la presenza di una serie di uccelli è il 10% più alta rispetto alle aree in agricoltura convenzionale.

Le tecnologie utilizzate

A spiegare da quali esigenze è nata l’iniziativa è Aaron Iemma, analista Gis e database  per WWF Italia: “Ci siamo posti il problema di come riuscire a monitorare in maniera efficiente la biodiversità all’interno e all’esterno delle nostre oasi, per cercare di capire se all’interno delle aziende agricole gestite in biologico e in convenzionale ci fosse una differenza nella composizione delle specie. Per riuscirci abbiamo utilizzato due tipi di tecnologie: la prima è di registrazione, con 48 microfoni che abbiamo piazzato in 8 oasi WWF, sei ciascuna, tre in campi in biologico e tre in campi in convenzionale, per ascoltare i suoni della natura”.

Una volta realizzate le registrazioni, però, si è dovuto risolvere il problema di come analizzarle: “Immagina di trovarti nel momento di dover classificare i risultati, di riconoscere le specie che compongono queste registrazioni – spiega Iemma – sarebbe un compito improbo per una sola persona, perché in tre mesi con 48 dispositivi abbiamo raccolto qualcosa come 347 giorni di registrazioni in continuo: sarebbe impossibile classificarli uno a uno”.

“Così ci siamo così rivolti a un’intelligenza artificiale – aggiunge – una piattaforma del nostro partner tecnico Rainforest connection, che ha sviluppato questa tecnologia in ambiente tropicale, per aiutarci a riconoscere automaticamente i suoni delle specie all’interno di questo vastissimo archivio di registrazioni. Dopo aver allenato l’intelligenza artificiale a riconoscere le specie siamo finalmente arrivati ai risultati che sostanzialmente confermano quello che ci aspettavamo: i campi in biologico sono effettivamente più attrattivi per un maggior numero di specie”.

La tecnologia al fianco dell’uomo

Che tipo di problemi risolve un monitoraggio “automatizzato” come quello condotto nell’occasione? “Uno dei più importanti – sottolinea Iemma – è quello della cronica mancanza di personale per effettuare i monitoraggi. Ci troviamo a gestire una quantità molto elevata di aree protette, all’interno delle quali facciamo conservazione attiva della biodiversità. Ma ovviamente abbiamo bisogno di dimostrare che le nostre azioni hanno un effetto e soprattutto di tutti i dati per indirizzare al meglio le nostre attività in base alla risposta che l’ambiente ci dà. Se a occuparsene direttamente dovessero essere le persone sarebbe completamente impossibile, quindi la nostra idea è cercare di integrare l’esperienza di chi gestisce l’oasi con le tecnologie che ci consentono di effettuare le rilevazioni per una quantità molto più ampia di tempo e per molti più siti di campionamento”.

Infine, un passaggio sul rapporto uomo-tecnologia: “Una delle caratteristiche principali di questo progetto è il fatto che utilizzi tecnologie effettivamente all’avanguardia: questo ci pone di fronte alla necessità di rivolgerci a partner tecnici che possano almeno in parte semplificare il processo. Il compito di un’associazione come WWF è utilizzare in maniera saggia gli strumenti che la tecnologia mette già oggi a nostra disposizione”.

La vision di Huawei

A spiegare ad Agrifood.tech la vision di Huawei e lo spirito con cui si è impegnata in questo progetto è Fabio Romano, Head of Industry Ecosystem Development di Huawei Italia: “Quello della sostenibilità – afferma – è un ambito che non può mancare e che non è mai mancato nelle ottiche dell’azienda. Quando si parla di sostenibilità viene in mente la responsabilità sociale, ma realmente l’azienda non ha mai fatto una distinzione tra questo aspetto e il business: nell’ottica di un vendor di queste dimensioni c’è sempre stato l’obiettivo di produrre apparati al servizio dei clienti che riducessero l’impatto sulla natura, i costi di gestione e i consumi energetici”.

“Siamo reduci da Huawei Connect di Parigi dove abbiamo presentato un ventaglio enorme di proposte tutte orientate alla sostenibilità, e dove è stata data grande visibilità con uno stand anche a Tech4All – aggiunge – il vero e proprio cardine di un programma corporate che mette al centro dell’attenzione il supporto all’inclusione digitale ma anche il ruolo della tecnologia al servizio della conservazione della natura e per il monitoraggio delle specie animali”.

L’evoluzione del progetto

Romano spiega anche il senso dell’evoluzione di “Guardiani della natura” rispetto alla prima edizione: “Lo scorso anno l’attenzione era concentrata sull’aiutare i gestori dei parchi a controllare gli illeciti ambientali tramite un “orecchio bionico” in grado di catturare dati sonori all’interno delle oasi. Con la nuova edizione ci spostiamo in un ambiente particolarissimo, per mettere la tecnologia al lavoro sul confronto tra la biodiversità nei terreni coltivati con metodi tradizionali, e quindi con l’utilizzo di pesticidi e sostanze chimiche, e quelli dove invece le coltivazioni sono di tipo biologico. Che ci fosse una differenza era già noto – sottolinea – ma finora non esistevano indici precisi. Abbiamo voluto dimostrare che la tecnologia può mettere a disposizione della ricerca una quantità enorme di dati per consentire ai ricercatori di dare un valore misurabile a questa differenza”.

Il programma Tech4All di Huawei

Il bilancio della collaborazione con il WWF è per Huawei estremamente positivo, come spiega ancora Romano: “Il valore aggiunto di questa esperienza per Huawei è di lavorare ai massimi livelli con i maggiori esperti in Italia e nel mondo sulla conservazione della natura. In WWF abbiamo trovato un partner, un alleato, qualcuno che è stato in grado di trasferire a noi l’importanza del loro impegno e della loro apertura alla tecnologia”.

“Ovviamente anche WWF vive in un ambito di risorse molto limitate, e la tecnologia può essere utile per compensare quanto l’uomo da solo non riuscirebbe a fare – continua Romano – Non si tratta di sostituire l’uomo con la macchina, ma di creare presidi costanti che permettono agli scienziati e agli esperti di avere un volume di dati che fino a oggi era inimmaginabile. Tutto questo ci ha permesso di toccare con mano uno dei concetti chiave che ha portato alla nascita e allo sviluppo del programma Tech4All: la tecnologia è buona quando viene resa disponibile a tutti”.

Le prospettive per il futuro

“Non era scontato riuscire a evidenziare con soltanto un anno di raccolta dati una differenza significativa tra i siti in biologico e quelli in convenzionale – spiega Silvia Scozzafava, Food & Agriculture senior Advisor di WWF Italia – Devo dire che i risultati ci hanno sorpreso positivamente, perché hanno evidenziato una maggiore presenza di biodiversità, che si è concretizzato nelle aziende biologiche in un numero di specie maggiore, un numero di individui e di attività canora maggiore e una maggiore rapidità di arrivo sul luogo”.

“La cosa interessante – prosegue – è aver potuto monitorare con continuità il fenomeno rispetto ai sopralluoghi che riusciremmo a fare con il nostro personale sul campo. E siamo soltanto all’inizio, perché un set di dati così grande può essere sottoposto ad analisi statistiche più avanzate e raffinate che porteremo avanti nei prossimi mesi per estrarre ancora maggiori informazioni. Questo grazie al fatto che rispetto ai monitoraggi che si fanno con ornitologi esperti sul campo abbiamo la possibilità di monitorare a scala molto più fine il territorio”.

Per capire quali maggiori opportunità abiliti un monitoraggio come quello realizzato dal WWF insieme a Huawei si deve considerare il fatto che “i monitoraggi standard sono estremamente validi per dare una panoramica a livello nazionale o regionale dell’andamento delle specie, e sappiamo già che questa dinamica è preoccupante, perché abbiamo molte specie in declino, ma non consentono di essere più precisi e andare a monitorare situazioni magari azienda per azienda – spiega ancora Scozzafava – Con i dispositivi e le tecnologie che abbiamo utilizzato in ‘Guardiani della Natura’ invece è possibile essere più puntuali e precisi, e grazie a questo potremmo pensare, in prospettiva, a proporre un sistema che orienti i pagamenti agroambientali della politica agricola comunitaria a situazioni di effettivo risultato sulla biodiversità”.

Dagli anfibi ai rapaci

Un’altra possibile espansione di questo tipo di approccio – prosegue Scozzafava – è di riuscire a monitorare specie che finora non vengono mai monitorate in maniera sistematica. Ci sono anche altre specie, oltre agli uccelli, che hanno emissioni sonore: grilli, ortotteri, cicale, anfibi: tutti hanno necessità di un ambiente sano. Un’altra applicazione interessante potrebbe dare una soluzione alla difficoltà di monitorare i rapaci notturni, o di andare ad ascoltare le emissioni sonore dei pulcini e identificare i siti di nidificazione. Il tipo di informazioni che si riescono a estrarre da un monitoraggio così capillare è enorme, e man mano che l’intelligenza artificiale riuscirà a raffinare la capacità di riconoscere i suoni le possibilità di applicazioni saranno sempre più grandi”.

Una nuova rivoluzione per le scienze naturali

La portata innovativa dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’ecoacustica per la conservazione della natura lascia pensare a un punto di svolta: “Sta succedendo di nuovo quello che successe nel mondo delle scienze naturali con la tecnologia Gis per acquisire i dati – conclude Scozzafava – qui stiamo assistendo all’arrivo di una ecologia che utilizza al meglio l’ecoacustica, un’ecologia che studia le interazioni fra le specie attraverso l’analisi del paesaggio sonoro”.

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