Si parte dalla pasta, anche perché è uno dei simboli più apprezzati e conosciuti del Made in Italy e della dieta mediterranea, ma il metodo, la strategia e la missione di Eataly alla Radice sono pensati e progettati per portare i valori della tracciabilità, della trasparenza e della sostenibilità anche ad altra filiere di prodotti food di eccellenza. Va poi precisato che Eataly alla Radice è un progetto di filiera con cui si intende proteggere e valorizzare la qualità dei prodotti e dei processi attraverso lo strumento straordinario della conoscenza e della condivisione. Il prosupporto sta nella convinzione che nel momento in cui ci apprestiamo ad acquistare in un punto vendita o a gustare in un ristorante un piatto di pasta la nostra attenzione non è più solo legata alla qualità intrinseca del prodotto, che resta indubbiamente centrale, ma si estende alla qualità del lavoro, dell’attenzione e dell’impegno di tutti gli attori che hanno contribuito a mettere quella pasta a nostra disposizione.
Unire qualità e sostenibilità, in che modo Eataly alla Radice intende dar vita a un percorso di miglioramento continuo?
Quell’impegno e quell’attenzione alle risorse, all’ambiente, ai territori e alle persone sono uno straordinario valore aggiunto che contribuisce in modo sempre più rilevante alla qualità complessiva del prodotto. Nello stesso tempo, la rappresentazione della responsabilità di un produttore di grano verso l’ambiente, il suolo, l’acqua e le altre risorse ambientali e produttive piuttosto che l’impegno di una azienda di trasformazione nel gestire processi di produzione che garantiscano la migliore qualità e il minor impatto ambientale sono, solo per fare solo due esempi, valori difficili da rappresentare in modo chiaro, accessibile, trasparente, misurabile e dunque oggettivo.
Dimostrare in modo tracciabile e trasparente tutte le forme di impegno e attenzione che concorrono a costruire un prodotto di qualità
Ed è proprio questa la missione che si è data Eataly alla Radice, progetto di filiera dedicato alla pasta Eataly di semola di grano duro, che intende dimostrare e raccontare in modo chiaro e tracciabile il rispetto dei criteri di sostenibilità, i principi di agroecologia e le logiche di miglioramento continuo che insieme abbracciano l’attenzione per l’ambiente, la responsabilità verso la dimensione sociale e verso il risultato economico delle imprese.
Un miglioramento continuo che si pone anche l’obiettivo di integrare i criteri di sostenibilità in tutti i processi produttivi. E per ottenere questo risultato Eataly ha voluto dar vita a un metodo realizzato con la collaborazione di un team che vede il coordinamento scientifico dell’Università degli Studi di Palermo, la collaborazione di Slow Food Italia e il coinvolgimento di una realtà internazionale specializzata in certificazioni indipendenti come RINA.
Con questo spirito e da queste collaborazioni arriva Eataly alla Radice che si concretizza appunto in una selezione di formati di pasta di semola di grano duro a marchio Eataly.

Eataly alla Radice: cosa significa fare innovazione di filiera nel segno della trasparenza e dell’agroecologia?
Chiara Murano, head of sustainability di Eataly spiega che Eataly alla Radice si configura come una sorta di patto di collaborazione e di condivisione tra le imprese agricole impegnate nella coltivazione del grano duro, le imprese di trasformazione e produzione e la volontà di esplorare mezzi e soluzioni in grado di conquistare il coinvolgimento – assolutamente sempre più fondamentale – dei consumatori finali.
Il ruolo fondamentale del disciplinare tecnico di filiera
Il progetto è la dimostrazione che la sostenibilità è nello stesso tempo un grande “gioco di squadra” e un processo di miglioramento continuo. E perché questi due valori possano effettivamente concretizzarsi Murano invita a portare l’attenzione sul ruolo del disciplinare tecnico di filiera in qualità di strumento che stabilisce le “regole del gioco” adottando e promuovendo un approccio incrementale ed evolutivo.
“L’Obiettivo – spiega Murano – è quello di guidare e sostenere le aziende in un percorso progressivo e misurabile di miglioramento continuo. partendo dal presupposto che su tanti valori e in tante situazioni le aziende coinvolte rappresentano da tempo delle vere e proprie eccellenze e, proprio grazie a questo metodo, possono essere meglio correttamente conosciute e apprezzate”.
E il tema della valorizzazione è strettamente legato anche alla convinzione che il percorso di sostenibilità del mondo agroalimentare deve fare riferimento ai principi dell’agroecologia, ovvero a quell’insieme di pratiche, di politiche e di sistemi di produzione che hanno lo scopo di ridurre l’impatto ambientale e di contribuire al raggiungimento di obiettivi legati alla tutela della biodiversità, alla salute del suolo, alla rigenerazione, alla gestione dell’acqua, ai servizi ecosistemici e in definitiva al miglioramento complessivo della resilienza climatica.
La pasta, simbolo del Made in Italy, tra i primi prodotti di Eataly alla Radice
Guardando ai prodotti la prima tappa del percorso Eataly alla Radice è appunto affidato alla pasta di semola di grano duro e in particolare a quattro formati: spaghetti, linguine, paccheri e rigatoni.
In termini di sviluppo commerciale il progetto “Eataly alla Radice” ha visto l’arrivo della pasta sugli scaffali di Eataly nella giornata del 15 ottobre 2025 in occasione del lancio ufficiale, mentre la Giornata Mondiale della Pasta del 25 ottobre segna l’ingresso nel menù dei ristoranti del brand.
Un prodotto che parla: da gustare e da conoscere
Eataly alla Radice nasce anche per garantire ai consumatori la massima trasparenza con un approccio che punta sull’accessibilità alle informazioni relative a tutti i passaggi. Per questo ogni confezione di pasta conta su un QR Code dal quale si accede a una pagina web con la narrazione dettagliata, realizzata da Slow Food Italia, di come sono stati rispettati gli impegni fissati nel disciplinare tecnico e dunque su come si ottiene qualità e sostenibilità insieme. Nello specifico i consumatori possono approfondire le pratiche agronomiche adottate, l’identità culturale del prodotto e i percorsi di miglioramento continuo delle aziende coinvolte.
Le aziende coinvolte: gli attori di Eataly alla Radice
Come sottolineato Eataly alla Radice è un progetto di filiera basato sul coinvolgimento di attori che sono chiamati a far propri i principi del disciplinare tecnico e a sviluppare forme di collaborazione ispirate alle logiche ESG. Le imprese che insieme costituiscono questo primo team di Eataly alla Radice sono la Fondazione Siniscalco Ceci Emmaus e ATS Agri, aziende agricole attive nel territorio foggiano con la produzione primaria di grano duro. Oltre alla focalizzazione sulla qualità del prodotto queste due aziende hanno scelto di impegnarsi nella riduzione dei consumi energetici, in progetti sociali e nella valorizzazione delle filiere locali.
Nella prima fase della trasformazione opera una realtà come il Molino De Vita, azienda iscritta al Registro delle Eccellenze italiane e con una grande e profonda esperienza in processi produttivi che uniscono il rispetto della tradizione con l’introduzione di forme di innovazione nella produzione di semole.
Infine, nella seconda parte della trasformazione, ovvero nella produzione di pasta Eataly alla Radice conta sulla collaborazione con il Premiato Pastificio Afeltra. Si tratta in questo caso di una realtà attiva dal 1848 che ha fatto la storia del territorio di Gragnano e della vocazione territoriale per la pasta. Un pastificio questo che sfrutta il microclima della Valle dei Mulini, la qualità speciale dell’acqua a cui ha saputo aggiungere un processo di lavorazione basato sulla trafilatura al bronzo e sulla lenta essiccazione a bassa temperatura.

Eataly alla Radice: le quattro aree di impatto fondamentali
I temi della responsabilità verso l’ambiente ecologico e sociale sono stati impostati da Eataly alla Radice in una visione basata su quattro aree d’impatto fondamentali: terra, clima, acqua, identità. “Si tratta di temi che sono fortemente intrecciati – spiega Murano -. Su ciascuno di questi il progetto ha scelto di concentrare la propria attenzione definendo delle linee guida molto chiare e precise, degli impegni e delle metodiche che concorrono tutte assieme a garantire la migliore qualità possibile con il maggiore impegno possibile nella gestione delle risorse e dell’impatto ambientale e sociale. Tutti temi che sono stati definiti, organizzati e pianificati nel disciplinare tecnico di filiera e nelle attività volte a verificare la loro corretta adozione da parte di ciascun attore della filiera”.
Ciascuna delle quattro macro-aree di impatto è caratterizzata da obiettivi, principi generali e requisiti di base che sono espliciti, chiari e accessibili. Tutti i principi in particolare sono finalizzati espressamente allo sviluppo di pratiche a cui viene chiesto di garantire un adeguato livello di produttività senza compromettere le risorse naturali. Si tratta, in altre parole, di principi con i quali costruire un’agricoltura sostenibile capace di contribuire in modo diretto alla protezione e alla diffusione di un ambiente sostenibile.
Ciascuna macro area di impatto è poi affrontata con un approccio olistico che trova, come detto, un ampio riscontro proprio nel disciplinare tecnico e che si può sintetizzare in alcuni punti di primaria attenzione.
Terra: coltivare secondo i principi dell’agroecologia
Il progetto Eataly alla Radice punta a trattare il suolo come un organismo vivo che necessita di protezione e cura per mantenerne la fertilità, la biodiversità e la stabilità ecologica. Tra i punti qualificanti di questa componente troviamo le pratiche di rotazione colturale con l’obbligo per le aziende di inserire almeno una specie miglioratrice (come ad esempio le leguminose da sovescio o da granella) nel piano pluriennale, alternando grano duro, favino e girasole in un ciclo triennale). Ci sono poi le pratiche agroecologiche che hanno lo scopo di proteggere e rigenerare il suolo, e per le quali si richiede l’adozione di tecniche come la semina di cover crops per mantenere la copertura vegetale, come la riduzione delle lavorazioni meccaniche profonde che alterano l’equilibrio della flora microbica e come l’utilizzo di prodotti naturali per migliorare la qualità del suolo.
A tutto questo si deve aggiungere anche l’inerbimento dei bordi dei campi per favorire la riproduzione degli insetti utili. Un altro aspetto importante è rappresentato dalle pratiche di sovescio con leguminose (fava, favino, cece, pisello) che deve essere effettuato almeno una volta ogni tre anni per aumentare naturalmente l’azoto e la sostanza organica e dalla concimazione che deve essere mirata e basata su analisi chimiche del suolo, con un limite massimo rigoroso di 140 kg di azoto per ettaro all’anno.
Un altro punto riguarda la biodiversità per la quale si richiede che almeno il 4% della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) sia destinato a fasce ecologiche e colture mellifere (come facelia, senape e lavanda) allo scopo di garantire la riproduzione degli insetti impollinatori e la resilienza dell’ecosistema.
Clima: misurare e ridurre consumi energetici ed emissioni
Relativamente al delicatissimo tema del clima il progetto avviato da Eataly punta in generale a ridurre l’impatto ambientale in generale grazie all’adozione di criteri rigorosi di misurabilità e mettendo nello stesso tempo in pratica forme di ottimizzazione dei processi. Tra i vari punti di questa macro area il monitoraggio e la pianificazione rappresentano uno dei fattori più rilevanti e per questo si chiede alle aziende agricole e alle imprese di trasformazione di misurare e registrare annualmente i consumi energetici rapportandoli alla superficie coltivata (nella forma di kWh/ettaro) o alla produzione ottenuta (nella forma di kWh/kg di prodotto finito). Grazie a questi dati, è poi possibile elaborare un piano energetico strutturato, che preveda obiettivi quantitativi di riduzione di almeno il 5% rispetto all’anno precedente. Un processo e un obiettivo che Eataly sottopone a verifica e validazione da parte di un ente terzo.
Un altro aspetto rilevante sul tema clima riguarda la gestione del suolo e del carbonio e al duplice scopo di preservare la sostanza organica e ridurre l’impatto il disciplinare vieta la lavorazione profonda del suolo: nello specifico l’aratura è consentita solo entro i 35 centimetri di profondità.
Con un richiamo all’economia circolare il progetto guarda poi alla valorizzazione degli scarti con pratiche che prevedono l’interramento dei residui agricoli come stoppie o potature, anche nel caso in cui la normativa regionale consentirebbe la combustione.
Per la parte più legata alla trasformazione e dunque a realtà come mulini e pastifici il disciplinare richiede che vengano attivati sistemi per il recupero e il riutilizzo degli scarti di lavorazione, ad esempio destinando la crusca all’alimentazione animale o reinserendo lo spezzato nei cicli produttivi, riducendo gli sprechi.
Acqua: misurare e ridurre i consumi idrici
Con il macrotema legato all’acqua si uniscono più fattori e più soluzioni partendo dall’obiettivo primario di favorire il risparmio idrico avendo la massima attenzione a migliorare la qualità del suolo e l’efficienza dei processi industriali.
In questo contesto viene richiesta una speciale attenzione alla pianificazione agronomica, in modo da sfruttare al meglio le piogge stagionali e ridurre la necessità di irrigazione. Il disciplinare indica come la semina debba essere gestitat esclusivamente nei mesi autunnali e invernali, da ottobre a febbraio escludendo semine tardive.
A livello di tecniche agronomiche si richiede di favorire le pratiche che permettono di migliorare la ritenzione idrica, come la copertura vegetale permanente, la pacciamatura e il sovescio. Per limitare lo stress idrico è consentita l’irrigazione del grano duro ma solo in casi di stretta necessità che devono essere documentati da dati metereologici oggettivi e dalla rilevazione tramite sensoristica territoriale. Nello stesso tempo, anche nel rispetto dei criteri di misurabilità, ogni intervento deve essere documentato e tracciato nei registri aziendali.
A livello di imprese di trasformazione si deve entrare nelle logiche del water management vale a dire dell’adozione di sistemi strutturati di monitoraggio dei consumi idrici e per questo si invita a prediligere quelle tecnologie che minimizzano l’uso d’acqua, come ad esempio la pulizia a secco nei mulini tramite aspiratori o spazzole. Nel caso dei processi più industriali legati espressamente alla produzione, come possono essere l’impasto o la fase del raffreddamento, viene richiesta l’adozione di impianti dotati di sensori che permettano di dosare l’utilizzo di acqua nel modo più preciso possibile, per evitare qualsiasi forma di spreco.
Identità: valorizzare il rapporto con il territorio e le comunità
Con la macroarea dedicata all’identità il progetto guarda a un’altra dimensione ancora e porta l’attenzione sul riconoscimento che il valore di ciascun prodotto è anche il frutto del legame con il territorio e delle relazioni con la comunità circostante. In questo senso il disciplinare incoraggia le imprese a organizzare o partecipare ad almeno un progetto territoriale che preveda la promozione dell’inclusione, della tutela ambientale, dell’agricoltura sociale o dello sviluppo rurale. In questo perimetro rientrano anche le eventuali iniziative educative e di sensibilizzazione rivolte a scuole e cittadini.
C’è poi un impegno a livello di attenzione all’economia locale e di filiere eque con politiche di approvvigionamento che prestino una speciale attenzione ai fornitori locali per le materie prime, per i materiali di confezionamento e per i servizi di supporto.
Un altro aspetto riguarda la gestione dei rapporti tra tutti gli attori della filiera, nella fattispecie tra agricoltori, molini e pastifici: a tutti si chiede di adottare comportamenti e logiche ispirate all’equità e alla trasparenza. In questo senso si parla di accordi stabili di filiera e, ad esempio, di un prezzo minimo equo stabilito in base ai costi reali di produzione.

Eataly alla Radice: il ruolo speciale della misurabilità
Nel caso di progetti che, come questo, puntano a raccontare e mettere in evidenza valori che attengono ai temi della sostenibilità e della qualità, è particolarmente importante focalizzare l’attenzione sulla misurabilità dei risultati e, naturalmente, sulla loro attendibilità e affidabilità. Per questo, come è già stato sottolineato, accanto al coordinamento scientifico dell’Università degli Studi di Palermo e alla collaborazione con Slow Food Italia è stato chiesto a RINA di gestire le procedure di verifica di tutte le componenti del disciplinare da parte degli attori della filiera per arrivare alla validazione e certificazione finale.
“Con RINA – conclude Murano – si è voluto mettere a disposizione del mercato il valore di un attore terzo e indipendente. A questa realtà attiva nella gestione di certificazioni indipendenti a livello internazionale è stato affidato il compito fondamentale di garantire che ciascun pillar tecnico e ciascun passaggio del progetto fosse supportato da requisiti oggettivi e misurabili. RINA ha anche condotto gli audit in campo, per verificare il rispetto dei requisiti in tutte le fasi della filiera e grazie a tutte queste verifiche e ai criteri di misurabilità che sono stati adottati è stato possibile garantire coerenza, tracciabilità e trasparenza a tutto il flusso di informazioni e di dati di Eataly alla Radice“.