Cosa significa oggi transizione tecnologica nell’agroalimentare?
La transizione tecnologica nell’agroalimentare rappresenta uno dei processi più rilevanti per il futuro di un settore strategico per l’economia del nostro paese. Non si tratta soltanto di adottare nuovi strumenti digitali o di automazione, ma di un cambiamento strutturale che coinvolge l’intera filiera: dalla produzione primaria fino alla distribuzione e al consumo finale.
Al centro vi è l’introduzione di tecnologie in grado di rendere l’agricoltura e l’industria alimentare più efficienti, sostenibili e resilienti. La digitalizzazione dei processi consente, ad esempio, di ottimizzare l’uso delle risorse idriche, monitorare in tempo reale la qualità dei terreni e delle coltivazioni, ridurre sprechi energetici e materie prime.
Nella transizione tecnologica dell’agroalimentare quale ruolo svolge l’agricoltura di precisione?
Tra le innovazioni chiave cresce il ruolo dell’agricoltura di precisione, che grazie a sensori e droni consente interventi mirati e riduce l’impatto ambientale; l’intelligenza artificiale, che analizza grandi quantità di dati per prevedere rese e migliorare la pianificazione; la robotica, utile nella raccolta e nella trasformazione; la blockchain, che garantisce tracciabilità e trasparenza lungo tutta la filiera.
Perché non si può parlare di transizione tecnologica dell’agroalimentare senza competenze adeguate?
La transizione tecnologica è però anche una sfida culturale e organizzativa. Le imprese agroalimentari, in gran parte PMI, devono essere accompagnate con formazione, incentivi e strumenti finanziari per superare barriere economiche e competenze limitate. ad esempio a livello di green skill. È qui che entrano in gioco le associazioni di categoria, le istituzioni e i centri di ricerca, capaci di creare ecosistemi di innovazione condivisa.
Che benefici può dare l’innovazione tecnologica dell’agroalimentare al Made in Italy?
Per il Made in Italy alimentare, la tecnologia non è soltanto un mezzo per competere a livello internazionale, ma anche un’opportunità per rafforzare valori distintivi come qualità, sicurezza e sostenibilità. La transizione tecnologica diventa così la leva che consente di coniugare tradizione e innovazione, preservando l’identità dei prodotti e al tempo stesso aprendo nuove strade verso mercati globali e consumatori più consapevoli.
Quali sono le opportunità della transizione tecnologica dell’agroalimentare per la filiera aggregata?
Il settore agroalimentare italiano si trova di fronte a una fase cruciale di trasformazione guidata dall’innovazione tecnologica, considerata indispensabile per mantenere la posizione di leadership globale del Made in Italy. Secondo il Rapporto Federalimentare-Censis, la filiera aggregata – che include agricoltura, industria, distribuzione, ristorazione e servizi B2B correlati – genera oltre 600 miliardi di euro di fatturato, contribuendo per circa il 32% al PIL nazionale. Il comparto conta 1,3 milioni di imprese e più di 3,6 milioni di occupati; tutti i principali indicatori sono cresciuti anche nel 2023 (+7,1% il fatturato, +6,6% l’export).
Quali sono i componenti della catena del valore dell’agroalimentare italiano?
La catena del valore dell’agroalimentare italiano è sostenuta non solo dall’eccellenza dei prodotti certificati (Doc, Igp, Docg), ma anche dal primato manifatturiero negli impianti di trasformazione e packaging, nella logistica e nello sviluppo di brevetti e innovazioni esportate globalmente.
Tuttavia, la filiera globale del cibo produce circa il 32% delle emissioni totali di gas serra (fonte FAO 2024), rendendo la sua transizione verso modelli produttivi più sostenibili una priorità internazionale. Il recente “G7 – Agricoltura e Pesca” ha ribadito la necessità di investire responsabilmente nell’agricoltura sostenibile e nei sistemi alimentari resilienti. Nel documento finale del vertice si sottolinea il ruolo chiave della scienza e dell’innovazione tecnologica per mitigare il cambiamento climatico e garantire cibo sicuro su scala globale.
A che punto è l’ecosistema Agrifoodtech dell’innovazione in Italia?
Nonostante le potenzialità, l’ecosistema Agrifoodtech italiano resta ancora poco sviluppato rispetto ai benchmark europei. Nel 2023 gli investimenti complessivi in startup innovative del settore si sono fermati a circa 250 milioni di euro (fonte AGfunder), una cifra nettamente inferiore sia rispetto ai principali paesi europei che agli Stati Uniti. L’analisi condotta da Forward Fooding posiziona l’Italia al quarto posto in Europa per numero di startup Agrifoodtech ma solo al decimo per capitali raccolti.
Cosa serve per rafforzare l’ecosistema Agrifoodtech e per accelerare la transizione tecnologica dell’agroalimentare?
La risposta alle criticità dell’ecosistema passa attraverso una maggiore integrazione tra imprese consolidate, startup innovative e centri di ricerca, con l’obiettivo di accelerare l’adozione delle nuove tecnologie nella filiera agroalimentare. In questa direzione va la partnership tra Federalimentare, il fondo Linfa gestito da Riello Investimenti Sgr e il Centro di Ricerca Luiss X.ITE: nasce così un “Osservatorio sulla Transizione Tecnologica dell’Agroalimentare Made in Italy” con il compito di monitorare le dinamiche dell’innovazione tecnologica nel settore e favorire la crescita dell’imprenditorialità high-tech.
Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare, ha sottolineato che “la strada per continuare a essere competitivi sui mercati globali non possa prescindere dall’innovazione tecnologica” e ha richiamato anche le raccomandazioni del “Rapporto Draghi” sulla necessità per l’Europa di colmare il divario d’innovazione con Stati Uniti e Cina attraverso sforzi collettivi tra imprese, università, centri ricerca e politiche pubbliche mirate. In questo quadro si inserisce anche la collaborazione con il Fondo Linfa – specializzato sull’Agrifoodtech a impatto ambientale – che vede tra gli investitori il Fondo Europeo degli Investimenti come anchor investor.
Per Nicola Riello (Riello Investimenti Sgr), “il settore agroalimentare ricopre un ruolo centrale nell’economia italiana ed è trasversale a tutte le asset class gestite”. La creazione del fondo Linfa risponde all’esigenza di sostenere realtà giovani ad alto potenziale innovativo: il focus su tecnologie digitali – dall’agricoltura di precisione all’uso dei big data, fino all’intelligenza artificiale e blockchain – mira a migliorare efficienza produttiva, ridurre lo spreco alimentare e garantire tracciabilità completa dei prodotti lungo la filiera.
Perché è sempre più necessario diffondere un approccio collaborativo?
L’approccio collaborativo tra pubblico e privato è ritenuto determinante anche da altri stakeholder istituzionali. Alessandro Morelli (Presidenza del Consiglio) ha richiamato le immense potenzialità offerte dalle tecnologie digitali per un’agricoltura più efficiente e sostenibile ma evidenzia la necessità di politiche formative adeguate per estendere queste soluzioni anche alle aziende agricole più tradizionali. Gian Marco Centinaio (Senato) ha sottolineato invece come le sinergie tra imprese, finanza, ricerca e istituzioni siano essenziali per difendere il ruolo del Made in Italy sui mercati internazionali.
Infine Michele Costabile (Luiss X.ITE) ha rimarcato che l’Osservatorio adotterà modelli metodologici rigorosi per produrre dati utili sia alla business community sia agli innovatori e investitori Agrifoodtech: “rafforzando connessioni periodiche fra questi attori potremo far crescere l’Agrifoodtech made in Italy come ecosistema riconosciuto a livello globale”.
Per la transizione tecnologica dell’agroalimentare servono nuove risorse
Resta centrale la questione delle risorse: se da un lato non mancano competenze accademiche, imprenditorialità diffusa e know-how industriale, dall’altro è indispensabile colmare il gap sugli investimenti rispetto ai principali player internazionali. L’Italia può certamente contare su un tessuto produttivo forte ma occorre scalare velocemente in termini di innovazione finanziata se si vuole che la filiera agroalimentare resti competitiva nel nuovo scenario tech-driven.