Per anni, la sostenibilità aziendale ha posto l’accento sulla decarbonizzazione. Mentre l’attenzione era concentrata sulle emissioni di CO2, un’altra sfida ambientale di grande rilievo ha raggiunto livelli di rischio più preoccupanti: la perdita di biodiversità. Oggi, questa sfida sta emergendo in tutta la sua rilevanza, diventando un nuovo fronte critico per imprese, governi e investitori.
Biodiversità come rischio sistemico: perché
Secondo il World Economic Forum, oltre il 50% del PIL globale dipende – direttamente o indirettamente – dai servizi offerti dagli ecosistemi naturali. Tuttavia, questi servizi vitali sono messi sempre più a rischio dal rapido declino della biodiversità: il Living Planet Index segnala un crollo del 73% delle popolazioni di vertebrati in meno di cinquant’anni. Anche in Italia, il 68% degli ecosistemi non è in buone condizioni e perdiamo 2,4 m² di suolo al secondo a causa dell’urbanizzazione.
La biodiversità è un sinonimo di business continuity
Secondo un’analisi pubblicata da Etifor – Università di Padova (“Biodiversity and the private sector in Italy 2024”), oggi solo il 25% delle aziende italiane valuta in modo sistematico e qualitativo il proprio impatto sulla natura. Di queste, appena un terzo (il 33%) integra tali valutazioni nei propri report di sostenibilità. Il quadro, però, è destinato a evolversi: il 48% delle imprese prevede di includere la biodiversità nella propria strategia aziendale entro i prossimi cinque anni.
Biodiversità come base delle catene del valore
La biodiversità è alla base delle nostre catene del valore e motore nascosto della produttività industriale: regola l’impollinazione, la fertilità dei suoli, la disponibilità di acqua dolce, la resilienza delle colture e la salute degli animali. Il suo declino mette a rischio la continuità operativa, l’approvvigionamento delle risorse e di conseguenza e la stabilità finanziaria delle nostre imprese. Produzione, utilizzo e fine vita di beni e servizi vanno quindi ripensati in chiave circolare per ridurne l’impatto sulla biodiversità. Un approccio che passa dalla consapevolezza all’azione.
Inoltre, alcuni settori sono più vulnerabili di altri, come per esempio l’agroalimentare e il tessile, che dipendono da ecosistemi in salute, il farmaceutico, che ricava principi attivi da piante e organismi naturali, e l’edilizia, che si confronta sempre più con la necessità di rigenerare contesti già esistenti, anziché consumare nuovo suolo. La perdita di biodiversità può compromettere intere filiere.
Norme più stringenti, ma anche nuove opportunità
L’Europa ha già tracciato la rotta normativa. Con la CSRD e gli standard ESRS (in particolare l’E4), le imprese dovranno rendicontare rischi e impatti sulla natura. La Nature Restoration Law, inoltre, impone il ripristino del 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030 e la EUDR vieta l’importazione di prodotti legati alla deforestazione.
Adeguarsi però non basta: la biodiversità va integrata come leva strategica nella governance e nei piani industriali. Le imprese che sapranno farlo otterranno vantaggi competitivi concreti: miglioramento dei rating ESG, diversificazione e resilienza della supply chain, sviluppo di prodotti e tecnologie a basso impatto, accesso facilitato a capitali e investimenti sostenibili.
Misurare, agire, comunicare: un approccio che genera nuovo valore
Come già avvenuto per la decarbonizzazione, sono necessari strumenti affidabili, metodi scientifici e governance adeguate anche per la biodiversità. Alle aziende è richiesto di dotarsi di un framework operativo robusto, capace di misurare, monitorare e ridurre l’impatto lungo l’intera catena del valore.
In BearingPoint supportiamo le imprese lungo tutto il percorso dalla sensibilizzazione alla rendicontazione avanzata, con un approccio articolato in quattro fasi:
- Assess: analisi qualitativa di dipendenze, impatti, rischi e opportunità (IDROs) legati alla natura;
- Measure: misurazione quantitativa tramite indicatori come il Mean Species Abundance (MSA);
- Reduce: definizione di target di riduzione e roadmap d’intervento, progettate insieme agli stakeholder;
- Disclose: supporto al reporting obbligatorio e volontario, con storytelling ESG integrato.
Il metodo è pensato per accompagnare sia le aziende che si approcciano per la prima volta al tema della biodiversità, sia per quelle più mature che hanno già avviato un percorso di approfondimento. L’obiettivo è comprendere in modo concreto come esse dipendano dai sistemi naturali e in che modo le loro attività generino impatti su di essi, passando da un approccio lineare, incentrato sul consumo e sull’esaurimento delle risorse naturali, a un modello più evoluto e consapevole, che punta a prevenire la degenerazione degli ecosistemi e a promuoverne la loro rigenerazione, tutelandone la funzionalità nel lungo periodo.
La biodiversità non è il “prossimo” grande tema ESG: è già attuale. Ignorarla equivale a sottovalutare una variabile sistemica che impatta sulla produttività e sul valore d’impresa.
In un momento storico in cui i confini planetari sono sempre più fragili, agire per la tutela e la rigenerazione della natura non è solo un atto di responsabilità: è un investimento sul futuro competitivo delle imprese. La finestra per intervenire in modo efficace e strategico non resterà aperta ancora a lungo