Esaminando l’andamento delle aziende negli ultimi due anni, emerge come il contesto macroeconomico di instabilità abbia decisamente influenzato le performance del settore agricolo e parallelamente anche di quello alimentare. Le aziende operanti nel settore alimentare mostrano, infatti, un significativo incremento del tasso di default, che a fine 2022 si attesta attorno al 4%. Il comparto agricolo sembra reggere meglio, sebbene con tassi superiori al 2%. Oltre al significativo incremento della rischiosità, il 95% delle aziende nell’agroalimentare ha registrato punteggi ESG negativi o pessimi.
Questo è il quadro tracciato dallo studio realizzato da CRIF Ratings, agenzia di rating del credito del gruppo CRIF, condotto su un campione di circa 11.000 aziende italiane, selezionate sulla base dei Codici Ateco 2007 rientranti nel settore dell’Agricoltura e di cui sono stati analizzati i bilanci 2021 disponibili.
Agroalimentare tra incremento della rischiosità e forti lacune sui principi ESG
Se da un lato nell’agroalimentare è stato registrato un deciso aumento dei fatturati, con una crescita generale del valore generato, dall’altro si è verificato un significativo incremento della rischiosità, con i default che a livello nazionale sono aumentati di almeno 1 punto percentuale. Nel complesso, allargando lo sguardo ad altri settori, entrambi i comparti agricolo e alimentare si collocano all’interno del corridoio rappresentato dal “Leisure” (che comprende ristorazione, viaggi e turismo, lotterie, attività ricreative, sportive e di intrattenimento), che segna i risultati più critici in assoluto, e dal comparto farmaceutico che mostra invece i risultati migliori. In ogni caso, l’agroalimentare è comunque sopra la media italiana.
Molta strada c’è da fare invece sulla digitalizzazione dei processi, sulla tracciabilità delle filiere, nonché sull’ottimizzazione delle risorse idriche ed energetiche, così come su tutti quei fattori che vanno a comporre gli indici ESG (Environmental, Social, Governance).
Infatti, le aziende agricole, oltre ad essere le più esposte ai rischi fisici e di transizione, sono anche caratterizzate da ampi margini di miglioramento sulle tematiche sociali (“S”: Social), con riferimento al forte precariato, stagionalità degli impieghi e, talvolta, dalla limitata attenzione a welfare/diritti umani. Sul piano della gestione di impresa invece (“G”: Governance), emerge come la maggior parte sono aziende per lo più a conduzione familiare, destrutturate, con poca trasparenza ed equità interna.
È un settore che può presentare esempi molto virtuosi, come le aziende che applicano circular economy e progetti di rigenerazione della biodiversità, sebbene questi aspetti difficilmente riescano ad emergere perché si tratta ancora di una casistica limitata. Sul piano dell’impatto ambientale (“E”:Environmental), le filiere agroalimentari nel loro complesso sono responsabili di una quantità molto consistente di emissioni di CO2. Proprio una delle sfide chiave è quella della protezione delle risorse naturali con la conservazione dell’ambiente, evitare il deterioramento dei terreni, limitare il contenimento dell’inquinamento delle fonti idriche, e contrastare la distruzione di ecosistemi.
Indebitamento delle imprese: settore agricolo in difficoltà e rischi elevati per tutti i comparti
Analizzando l’indebitamento delle imprese, emerge una situazione preoccupante con un comparto che si trova ad affrontare rischi superiori alla media nazionale. Il settore agricolo risulta essere il più in difficoltà con un debito finanziario lordo pari a quasi 7 volte il margine operativo lordo, un rapporto che scende a 4 nell’alimentare, ma che resta comunque sopra la media nazionale. La pandemia ha spinto le aziende ad accumulare debiti in modo massiccio, portando ad un forte sbilanciamento tra debito e margine operativo lordo. Il riassesto viene rallentato da un contesto macroeconomico ancora instabile.
Inoltre, l’autofinanziamento delle imprese attraverso la gestione operativa risulta essere molto più basso rispetto alla media italiana, mettendo a rischio la sostenibilità economica degli impegni contratti. Il settore alimentare presenta un margine operativo lordo che è circa 10 volte gli oneri finanziari, mentre l’agricoltura si attesta intorno ad 8 volte, entrambi ben al di sotto della media nazionale di 15 volte. La politica monetaria espansiva non aiuta e il previsto rialzo dei tassi di interesse potrebbe mettere ancora più sotto pressione le imprese più fragili.
Invece, per quanto riguarda il rapporto tra cassa e debito finanziario, la liquidità aveva mostrato un miglioramento favorito dagli interventi governativi, ma l’avvio dei rimborsi delle quote capitale rischia di intaccare i livelli di liquidità delle imprese, soprattutto in caso di sovra-indebitamento. Per l’alimentare, infatti, l’80% circa del debito finanziario a breve è coperto dalla cassa, un dato che scende al 60% nell’agricoltura, mentre la media nazionale è del 140%.
Fatturati in crescita per l’effetto dell’inflazione, ma rischio di pressione sui margini operativi
L’andamento economico atteso, per quanto riguarda i settori Manifattura, Trasporti, Agroalimentare e Costruzioni, segna un pieno recupero del fatturato post pandemia. Nell’attuale contesto, il fatturato continuerà a crescere per l’effetto dell’inflazione ma, allo stesso tempo, i margini operativi resteranno sotto pressione a causa degli elevati costi energetici e le oscillazioni del prezzo delle materie prime. L’effetto sul settore delle Utilities si diversificherà in base al posizionamento nella filiera dell’energia, con forte effetto inflattivo generato sui ricavi, ma potrebbe provocare degli impatti negativi in termini di redditività, specie per attività di vendita e re-selling. Il settore Terziario è invece previsto in forte recupero rispetto al 2019, anche perché meno esposto al tema dei costi fissi e materie prime.
“Questo peggioramento così marcato del food & beverage è il riflesso della forte esposizione del comparto all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, mentre risultano più in linea con le evidenze nazionali i tassi di default. La crescita record dei fatturati è riconducibile prevalentemente alla spinta dell’inflazione, che ha portato le imprese dell’agroalimentare a rialzare i prezzi dei propri prodotti a listino. Nel 2023, crediamo che i fatturati continueranno a progredire per effetto dell’inflazione, ma allo stesso tempo i margini operativi resteranno sotto pressione”, spiega Luca D’Amico, Amministratore Delegato di CRIF Ratings.
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