Sustainability Management

Gasparri, Unieuro: la centralità del piano di sostenibilità e dell’analisi di materialità

Da creazione di valore per gli azionisti a creazione di valore per gli stakeholder: il Piano di sostenibilità dell’azienda nella spiegazione e nella visione di Pietro Gasparri, Sustainability and M&A Director

Pubblicato il 25 Mag 2022

Pietro Gasparri, Sustainability and M&A Director di Unieuro

Da analista finanziario, con una passione speciale per i temi della sostenibilità al sustainability management: il percorso di Pietro Gasparri, Sustainability and M&A Director di Unieuro è particolarmente significativo per una serie di ragioni che rappresentano anche il carattere distintivo del sustainability management ovvero per l’intreccio e per la sintesi tra una dimensione personale e la missione aziendale. Gasparri vanta un background da analista finanziario, con attività di ricerca per oltre 20 anni nel settore dell’equity research, rafforzato da un confronto costante con altri analisti a livello continentale che lo ha portato, nel corso del tempo, a guardare con grande attenzione alle modalità di integrazione dei parametri ESG nell’analisi fondamentale, dando quindi una lettura “finanziaria” ai principi della sostenibilità e ad approfondire la conoscenza dei principali documenti di reportistica non finanziaria ed in particolare del bilancio integrato.

Per Gasparri quella che stiamo vivendo è una fase di passaggio storica e lo sottolinea richiamando un episodio che rappresenta simbolicamente questa trasformazione. Il manager racconta di aver avuto occasione di visionare il bilancio del 1399 di un’azienda commerciale toscana. Un bilancio, osserva, che nella rendicontazione di profitti, perdite e stato patrimoniale, avrebbe potuto, con qualche piccolo accorgimento, essere adattato anche a un’azienda dei giorni nostri. In altre parole, se in termini di struttura di bilancio economico tutti questi secoli non hanno portato grandi cambiamenti adesso, nel nuovo contesto di Stakeholder capitalism il corporate reporting basato unicamente su informazioni finanziarie risulta non più adeguato. Anche la reportistica è quindi chiamata ad evolvere per rispondere alle attese di un maggior numero di portatori di interessi aziendali; deve quindi essere in grado di rappresentare e rendicontare non solo il valore prodotto per gli azionisti, ma anche la puntuale generazione di valore per tutti gli altri stakeholder.

Iniziamo proprio dalla visione del ruolo della sostenibilità per le imprese?

Nella mia visione parto dalla convinzione che ci debba essere sempre un legame forte tra la strategia aziendale e la strategia sulla sostenibilità. Non ci sono obiettivi raggiungibili se non si crea una integrazione reale tra piani strategici e piani di sostenibilità. In secondo luogo, la sostenibilità va poi “sostenuta” e incentivata, non arriva da sola, è una trasformazione che implica impegno ed energie e ci deve essere un supporto adeguato da parte dei vertici aziendali.

“Entriamo” in Unieuro: quali sono gli impegni strategici verso la sostenibilità?

Il nostro primo compito è stato quello di predisporre un piano di sostenibilità. Questo tema assumeva un ruolo importante e l’obiettivo che ci volevamo porre era appunto quello di rendere organico l’approccio strategico alla sostenibilità. Il nostro Piano è un grande contenitore che permette di lavorare in modo coordinato su più livelli grazie alla definizione di 31 azioni. Non solo, va doverosamente aggiunto che si tratta di un piano dinamico, di durata quadriennale che viene rivisto ogni anno con una duplice modalità: quella del monitoraggio dello stato di avanzamento e quello della individuazione di eventuali altre iniziative che possono essere messe in pratica.

Su quali ambiti state focalizzando l’attenzione?

Lo sforzo adesso è soprattutto culturale: è necessario che le tematiche della sostenibilità entrino in modo pervasivo nell’organizzazione con azioni formative presso manager e personale. Vogliamo fare formazione a tutti i dipendenti, stiamo creando un percorso triennale con tre moduli per ricomprendere tutti gli aspetti della sostenibilità. A questo proposito inseriremo anche la sostenibilità fra i corsi dell’academy interna a cui partecipano ad esempio gli store manager del futuro e organizzeremo un progetto specifico di engagement per i dipendenti sempre sulle tematiche di sostenibilità.

Come vi state muovendo a livello organizzativo?

Voglio dire innanzitutto che senza un governo della sostenibilità è difficile mettere in piedi un piano e abbiamo lavorato molto, sul finire del 2020, per definire una organizzazione adeguata, con la istituzione di un comitato endoconsiliare, con la creazione di una direzione dedicata alla sostenibilità e con un comitato interno interfunzionale costituito da alcuni manager a cui è affidato il compito di monitorare i progetti.

Che ruolo svolge l’analisi di materialità?

Fondamentale. L’analisi di materialità è uno strumento determinante. Per anni ho fatto parte della giuria dell’Oscar di Bilancio e sono convinto dell’importanza di adottare un Bilancio integrato, in grado di rappresentare in un unico documento tanto le informazioni finanziarie quanto quelle non finanziarie. E’ in fase di discussione a livello comunitario la modifica della Dichiarazione Non finanziaria e ritengo che i temi della doppia materialità e dell’integrazione contabile siano assolutamente fondamentali. Tornando alla domanda, la matrice di materialità è il cuore della DNF e la matrice di materialità di Unieuro, che era stata costruita nei primi anni riflettendo la vista della direzione aziendale, è stata ripresa e aggiornata con l’ascolto degli stakeholder e con un piano molto ambizioso.

Vediamo nello specifico la struttura del Piano?

Abbiamo previsto un benchmarking molto approfondito con l’analisi di 12 realtà (il doppio di quanto si fa normalmente) fra concorrenti diretti e imprese operanti in settori assimilabili al nostro. Abbiamo poi analizzato le matrici di materialità e le azioni di sostenibilità sviluppate da questi player per poi procedere all’aggiornamento della matrice attraverso un’importante azione di stakeholder engagement che ci ha permesso di raccogliere il punto di vista degli stakeholder attraverso questionari online inviati a campioni di clienti, di fornitori e di dipendenti e una serie di interviste one to one con investitori e azionisti. Ne è uscita una nuova matrice di materialità decisamente più approfondita e, ascoltando gli investitori, molte tematiche sono state confermate anche in termini di tendenze del mercato. In più abbiamo inserito nuove voci, nello specifico: resilienza ed equilibrio economico in relazione alle performance (riflessione che è arrivata in relazione all’impatto del covid per un player con 540 negozi sul territorio) accanto a temi legati alla customer centricity.

In termini di obiettivi come avete impostato il piano?

Abbiamo cercato di essere concreti dando obiettivi realistici e pensando ad azioni che arrivano nel momento in cui abbiamo personale formato, struttura ingaggiata, modello di gestione dei rischi e controllo della catena di fornitura.

Rimaniamo sul tema della catena di fornitura, della due diligence sui fornitori e delle logiche legate a green list: cosa ne pensate?

Il tema della green list è importante certamente in diversi settori industriali, in particolare nel manifatturiero. Il nostro settore è meno impattato, non siamo produttori e molti aspetti sono sfuocati rispetto a una impresa industriale, mentre è certamente determinante il ruolo del procurement e della visione e del controllo rigorosi della catena di fornitura.

Torniamo al vostro Piano: che rapporto avete stabilito con gli SDGs?

Abbiamo fatto un triplice esercizio. Il piano strategico identifica quattro pilastri: Comunità, Cultura, Talenti, Innovazione sostenibile e nel definire le azioni abbiamo collegato i quattro pilastri alla matrice di materialità e abbiamo definito un piano di sostenibilità che mette in relazione il piano industriale con gli SDGs. A mio avviso poi occorre considerare gli SDGs non come un punto di partenza, ma come un punto di arrivo, come una conseguenza del piano. In sostanza, se si pilotano bene le azioni e se si dispone di una matrice di materialità ben fatta il contributo al raggiungimento degli SDGs è una logica conseguenza.

Come misurate le performance relative alla sostenibilità? Quali sono i Kpi e gli standard di riferimento?

Sui KPI abbiamo avuto un approccio molto pragmatico nella costruzione del piano. Tutti parlano di carbon neutrality, noi ci siamo focalizzati su come possiamo misurare scientificamente l’impronta di carbonio. Il nostro approccio parte dalla convinzione che dove possibile occorre arrivare ad una misurazione scientifica. Ogni azione è strutturata con obiettivi ben precisi con dei Kpi e con un owner altrettanto identificato, altrimenti rischiavamo di non avere la responsabilità sul risultato e sull’azione finale. A capo di ogni progetto c’è un responsabile, alcuni KPI sono quantitativi e altri qualitativi.

Qual è la vostra posizione in merito all’ESG?

L’ESG è importantissima e vogliamo dotarci di un rating solicited. Il problema al momento è che ci sono molti provider, con differenti metodologie e standard di rendicontazione non finanziaria. Alcuni hanno una specializzazione ambientale, altri sono più generalisti; entro il 2023 vogliamo realizzare un benchmarking con i provider principali, cercando di capire bene le metodologie sottostanti e la loro specializzazione per poi decidere a chi affidarci.

Quale ruolo svolge il digitale nelle azioni legate al Piano di sostenibilità?

Il ruolo del digitale è importante, ma siamo consci che serve uno strumento di alto livello che sia in grado di integrare informazioni finanziarie con quelle non finanziarie e che permetta di gestire l’azienda già in una prospettiva di bilancio integrato. Se la rendicontazione deve o dovrà essere integrata anche il sistema informatico dovrà essere adeguato per sostenere questa trasformazione e questa rendicontazione.

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