Secondo l’indagine, condotta in collaborazione con Doxa su un campione rappresentativo di oltre 1000 cittadini italiani tra i 18 e i 74 anni, il 92% degli intervistati si dichiara favorevole all’introduzione dell’Intelligenza artificiale nei servizi pubblici urbani. Una preferenza netta, trasversale per fasce demografiche, che evidenzia un’elevata aspettativa rispetto al ruolo dell’intelligenza artificiale nel miglioramento della qualità della vita cittadina.
In particolare, l’AI è vista come leva efficace in ambiti specifici: la sicurezza pubblica e il monitoraggio delle emergenze (entrambi al 46%), così come la gestione intelligente del traffico nei grandi centri urbani (59%) rappresentano gli ambiti di applicazione più auspicati.
AI e Smart city: l’attenzione alla dipendenza tecnologica
Non mancano, tuttavia, le preoccupazioni: il 41% teme un’eccessiva dipendenza tecnologica nel rapporto tra AI e Smart city e il 39% solleva dubbi in termini di esclusione digitale. Inoltre, tra i giovani della Gen Z, la perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione è un ulteriore aspetto di preoccupazione.
Nonostante nelle città si sta progressivamente affermando l’AI come tecnologia chiave per la trasformazione urbana e nonostante l’entusiasmo diffuso riguardo l’adozione dell’AI da parte dei Comuni, l’applicazione resta limitata. Questo è quanto emerge al convegno organizzato dall’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano. Nel suo intervento, Giulio Salvadori, Direttore dell’Osservatorio, ha analizzato il grado di conoscenza, il livello di fiducia e le priorità espresse dai cittadini italiani nei confronti dell’AI applicata ai servizi urbani.
AI e smart city: l’entusiasmo è diffuso ma l’adozione reale nei Comuni resta limitata
La ricerca presenta un certo fermento a livello mondiale, con casi d’uso legati prettamente ad analisi immagini e video, all’elaborazione di dati e al supporto decisionale.
In Italia, ad esempio, l’Acquedotto Pugliese a Bari ha integrato algoritmi predittivi nella Control Room per efficentare la gestione delle risorse idriche così da renderla sostenibile. Il Comune di Messina, invece, ha sperimentato un sistema per ottimizzare lo smistamento dei rifiuti. Un caso altrettanto interessante è quello del Comune di Roma che ha impiegato l’AI generativa per valorizzare contenuti culturali e favorire il dialogo con i cittadini attraverso il chatbot chiamato Julia.
.A fronte di tanto entusiasmo generalizzato, il quadro operativo dipinto dalla ricerca appare però ben più limitato nel nostro Paese. Solo il 4% dei Comuni italiani ha avviato progetti concreti basati sull’intelligenza artificiale, mentre il 35% dichiara di volerlo fare entro i prossimi due anni.
La fotografia evidenzia un contesto frammentato: meno del 20% dei Comuni dispone di un team interno dedicato e solo uno su dieci ha intrapreso iniziative di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza. Le principali barriere rilevate riguardano la tutela dei dati personali, la mancanza di competenze tecniche, i limiti di governance e le ristrettezze di bilancio.
Tra algoritmi e servizi: cosa si aspettano i cittadini dal rapporto tra AI e smart city
La ricerca ha evidenziato una diffusa consapevolezza sul potenziale dell’AI in relazione alle smart city. Tra le applicazioni considerate più rilevanti dai cittadini compaiono semafori intelligenti, capaci di adattarsi in tempo reale al traffico; sistemi di videosorveglianza avanzata, che rilevano situazioni critiche attraverso il riconoscimento automatizzato; e servizi robotici per la raccolta dei rifiuti, già oggetto di sperimentazione in alcune realtà italiane.
Il gradimento dei cittadini nei confronti dell’AI è stato testato anche con una domanda diretta: “Vorresti che l’intelligenza artificiale fosse integrata nei servizi urbani della tua città?”, la risposta è stata affermativa per nove persone su dieci.
Eppure, l’infrastruttura amministrativa non sembra pronta a soddisfare questa richiesta. Mentre all’estero si moltiplicano le esperienze di AI urbana — come il chatbot Julia lanciato da Roma Capitale, o l’uso di algoritmi predittivi da parte dell’Acquedotto Pugliese per ottimizzare la gestione idrica — in Italia l’adozione è ancora episodica e scollegata da una visione sistemica.
Le generazioni digitali e l’uso delle tecnologie smart
Il rapporto dei cittadini con le tecnologie smart varia sensibilmente in base all’età e al contesto urbano. La Generazione Z mostra un uso intensivo di app per i pagamenti e la navigazione, ma anche un divario significativo rispetto ai Boomers quando si tratta di strumenti più avanzati, come le app per il parcheggio o la mobilità condivisa. In questo scenario, l’AI è vista non solo come abilitatore tecnologico, ma come componente integrante dell’esperienza urbana quotidiana.
L’indagine condotta dall’Osservatorio, ha identificato tre profili distintivi tra i cittadini: Marco, giovane eco-visionario residente in un piccolo borgo, che punta sulla guida autonoma e lamenta carenze nei trasporti pubblici; Elisa, professionista di mezza età in una grande città, interessata alla mobilità elettrica e alle tecnologie immersive; e Walter, cittadino over 60 più attento alla sicurezza e alle soluzioni legate alla resilienza energetica.
Una visione condivisa da trasformare in realtà le potenzialità dell’AI per le smart city
Il convegno ha offerto anche uno spunto di riflessione sul divario tra innovazione percepita e innovazione reale. Mentre l’AI è già oggi considerata dal pubblico come una risorsa strategica per le città del futuro, resta la necessità di consolidarne l’implementazione all’interno delle amministrazioni pubbliche, superando ostacoli strutturali e culturali.
Giulio Salvadori sostiene che non sia sufficiente introdurre progetti tecnologici: è indispensabile comunicarne i benefici e coinvolgere i cittadini in modo attivo e trasparente. “Una Smart City”, spiega l’esperto, “sicuramente si deve poggiare su una serie di progetti che i Comuni stanno portando avanti, sui finanziamenti attivi, sul ruolo dell’innovazione tecnologica, sugli impatti legati alla sostenibilità ambientale, ma non perdere di vista il cittadino, non solo dal punto di vista dei benefici che il progetto può portare loro, ma anche dal punto di vista della comunicazione”.
L’intelligenza artificiale può essere lo strumento chiave per costruire smart city realmente sostenibili, capaci di mettere la persona al centro attraverso servizi predittivi, efficienti, inclusivi.
L’intelligenza artificiale al centro delle città intelligenti
La ricerca dell’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano restituisce un messaggio chiaro: i cittadini sono pronti ad accogliere l’intelligenza artificiale come leva strategica per migliorare la vivibilità urbana, ma il passo delle amministrazioni è ancora lento e disomogeneo. L’elevato grado di consapevolezza e apertura nei confronti dell’innovazione rappresenta una risorsa preziosa, da tradurre in politiche pubbliche più coraggiose, inclusive e sistemiche. Affinché l’AI possa davvero trasformare le città in ecosistemi intelligenti e sostenibili, è necessario superare le barriere organizzative, investire in competenze e soprattutto promuovere una governance dell’innovazione che metta al centro il cittadino. Solo così le smart city potranno diventare spazi dove la tecnologia non solo semplifica, ma migliora concretamente la qualità della vita.
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