Risk management

Detriti spaziali e gestione del rischio, quali iniziative

Gli oggetti abbandonati in orbita terrestre sono 128 milioni e rischiano di creare problemi anche gravi ai vari satelliti e sonde spaziali. Occorre pertanto anche in questo caso adottare principi di risk e business continuity management

Pubblicato il 18 Giu 2021

Federica Maria Rita Livelli

Business Continuity & Risk Management Consultant

detriti spaziali

I detriti spaziali possono essere presenti nella cosiddetta “orbita bassa” (i.e. vicini alla Terra e, quindi, suscettibili di entrare nel breve tempo nell’atmosfera terrestre) e nelle orbite lontane (i.e. destinati a rimanere in orbita per moltissimo tempo e difficilmente destinati a rientrare sulla Terra). Poiché possono costituire un rischio, anche il settore spaziale necessita quindi di una corretta implementazione dei principi di risk management e business continuity management.

Quando parliamo di detriti spaziali (i.e. space junk/debris) ci riferiamo a qualsiasi pezzo di macchinario o altra scoria rilasciati nello spazio, sia che si tratti di oggetti di grandi dimensioni (i.e. satelliti abbandonati che hanno fallito o sono stati lasciati in orbita al termine della loro missione, sonde, pannelli solari, razzi) sia di avanzi, frammenti, parti di navicelle o utensili persi durante le missioni.

Il censimento dell’ESA dei detriti spaziali

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ESA (European Space Agency) i detriti spaziali ammontano a 128 milioni pari a un peso di 9.300 tonnellate e, a fronte di 11.370 i satelliti portati in orbita terrestre nel corso degli anni, ne risultano ancora 6.900 nello spazio, di cui 4mila sono funzionanti. Queste “mine vaganti” si trovano in orbita incontrollata intorno alla Terra e migliaia di esse possono, in qualsiasi momento, come detto, trasformarsi in proiettili dagli effetti imprevedibili per i vari satelliti e sonde.

Il problema dei detriti spaziali deve essere gestito quanto prima. L’ESA ha avviato diversi programmi mirati al contenimento del fenomeno.

In base alle stime di ESA, ad oggi, più di 560 gli incidenti causati dai detriti spaziali hanno provocato danni strutturali alle strumentazioni in orbita, esplosioni e collisioni e, altresì, prodotto ulteriori detriti. Si calcola che in orbita vi siano circa 34mila i detriti di 10 cm di cui 28.000 quelli monitorati costantemente perché particolarmente pericolosi per le attività umane e per i satelliti attualmente in orbita.

È doveroso ricordare che il monitoraggio dei detriti in orbita, unitamente alle politiche di gestione delle collisioni, comporta un costo in termini di attività spaziali. Basti pensare che la gestione del problema dei detriti, per ogni satellite in orbita geostazionaria, è pari al 5-10% del costo dell’intera mission e i costi sono addirittura superiori in caso di satelliti in bassa orbita.

detriti spaziali

La gestione dei detriti spaziali

Già a metà degli anni ’90, la NASA ha emesso le prime linee guida per mitigare il crescente pericolo di detriti orbitali. Successivamente nel 2002, l’Inter-Agency Space Debris Committee (IADC) – composto da dieci Paesi membri – ha adottato un insieme di Linee Guida per il coordinamento delle attività relative alle questioni dei detriti artificiali e naturali nello spazio. Si ritiene che, se le linee guida venissero seguite da tutti gli attori del settore, sarebbe possibile avere un ambiente spaziale più pulito e regolamentato. Recentemente, inoltre, alcune agenzie internazionali spaziali hanno sviluppato una serie di Linee Guida per la produzione di razzi e satelliti in modo tale da costruire tali dispositivi con materiali che facilitino la loro distruzione nell’atmosfera o, semplicemente, siano in grado di spostarsi in bassa orbita al termine della loro “dismissione”.

Purtroppo, secondo quanto si evince dallo “Space Debris Environment Report” di ESA, meno del 60% dei satelliti lanciati in bassa orbita aderiscono alle Linee Guida.

Lo scenario descritto fa presagire che, in un prossimo futuro, il problema dei detriti, se non affrontato con decisione, potrebbe diventare drammatico, dato che l’attività spaziale in “orbita bassa” sta crescendo in maniera esponenziale e il lancio di costellazioni di migliaia di satelliti, come Starlink di SpaceX, sta causando un “sovraffollamento” dello spazio più vicino alla Terra rendendo il problema della gestione delle collisioni ancora più complesso.

Ne consegue che, da quest’anno, la tematica dei detriti spaziali entra per la prima volta nel programma spaziale dell’Unione Europea. L’Italia – rappresentata dall’Agenzia Spaziale Italiana – risulta essere fra i primi cinque Paesi europei che hanno iniziato le attività di monitoraggio degli oggetti spaziali, satelliti o detriti.

La sostenibilità ecologica delle missioni spaziali

Ogni volta che si studia una missione spaziale è necessario anche comprenderne la sostenibilità ecologica, ovvero l’impatto sull’ambiente spaziale e la comunità scientifica italiana si è fatta promotrice dello sviluppo degli indici di sostenibilità dello spazio.

A livello europeo ESA ha avviato un programma che utilizza l’intelligenza artificiale per l’individuazione automatica di potenziali collisioni tra oggetti nello spazio. Per ora, gli algoritmi di intelligenza artificiale sono di supporto ai team a terra nella valutazione e monitoraggio degli avvisi di rotte di collisione con un altro corpo in orbita, lasciando la decisione – se condurre o meno una manovra di evitamento – ad un operatore umano.

In futuro, i satelliti dovranno essere progettati in modo tale da dotarli di maggiori capacità di volo autonome e di nuovi sistemi per la riparazione e la manutenzione in orbita oltre a prevedere la possibilità di allungarne la vita operativa in un’ottica di riduzione di nuovi lanci.

Il rischio rappresentato dagli oggetti di dimensioni comprese tra 1 e 10 cm ha indotto ESA e di altri enti spaziali a utilizzare modelli e software probabilistici avanzati che si basano su dati, quali: la superficie della sezione trasversale del veicolo spaziale, la relativa quota orbitale, la traiettoria di volo e ad altri fattori.

In particolare, ESA presso il proprio centro ESOC (European Space Organization Center), con sede in Germania, ha messo a punto il software DRAMA (Debris Risk Assessment and Mitigation Analysis) – a disposizione della comunità spaziale in modo gratuito – per valutare il rischio di un impatto distruttivo per una specifica missione.

I dati orbitali raccolti dall’agenzia tramite il database DISCOS (Database and Information System Characterizing Objects in Space) vengono utilizzati dal software DRAMA per valutare la minaccia per i satelliti dell’agenzia in modo tale che, quando il rischio di una collisione raggiunge una soglia predefinita, viene emesso un allarme e i controllori di missione possono gestire il veicolo spaziale coinvolto intraprendendo le azioni necessarie per evitare le collisioni.

Inoltre, sempre attraverso il software DRAMA, è possibile capire in quale percentuale il veicolo spaziale potrebbe sopravvivere al rientro sulla Terra e se possa rappresentare un rischio per le persone. Il software utilizza, altresì, i dati di distribuzione della popolazione globale a seconda della latitudine e della longitudine in modo da capire quale area terrestre potrebbe essere colpita dal pezzo di satellite, stimando il “rischio totale” in termini di impatti sia nello spazio sia sulla Terra.

Gestione del rischio e garanzia di operatività dei satelliti

Anche il settore spaziale necessita, come abbiamo già detto, di una corretta implementazione dei principi di risk e business continuity management in termini di detriti spaziali. Ne consegue che è quanto mai urgente salvaguardare lo spazio attraverso azioni atte a:

  • sviluppare e implementare rilevatori di impatto
  • sviluppare e collaudare schermi di protezione
  • supportare le attività di verifica delle diverse tipologie di schermi
  • analizzare l’impatto sullo hardware recuperato
  • valutare i danni da collisione
  • garantire l’operatività dei satelliti e altre attrezzature spaziali attraverso la progettazione di software di monitoraggio e attrezzature di raccolta rifiuti

Sempre in un’ottica di gestione e mitigazione dei rischi scaturiti dai detriti spaziali, il Dipartimento di Meccanica e Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Kyushu, in Giappone, sta lavorando alla realizzazione di un modello teorico della distribuzione dei detriti e allo sviluppo di sensori ottici capaci di eseguire la scansione dei pannelli solari dei satelliti per rilevare segni di impatto.

In Italia il Laboratorio di Dinamica dei Voli Spaziali presso l’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione – che fa parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) – sta studiando l’ambiente di detriti orbitali unitamente all’evoluzione del campo di detriti a breve e lungo termine in modo tale da avere una visione della propagazione di nuvole di detriti, effettuare la valutazione del rischio di veicoli spaziali e l’efficacia delle misure di mitigazione individuate.

Due nuovi progetti europei di “pulizia” dello Spazio

Interessanti i due progetti messi a punto da ESA nel tentativo di “ripulire” lo spazio. Si tratta di progetti che consistono, rispettivamente:

  • nell’utilizzo di un robot e di un satellite che, simulando la rotazione del detrito da recuperare, sono in grado di agganciare – tramite due braccia meccaniche – il detrito e riportarlo sulla Terra. Tale progetto risulta particolarmente efficace ed utile per detriti spaziali di grandi dimensioni.
  • in un sistema in grado di recuperare grandi detriti spaziali tramite una rete che viene lanciata verso il pezzo da intercettare, avvolgendolo con l’aiuto del movimento del detrito stesso.

Queste iniziative mirano a ovviare quanto prima alle esplosioni accidentali di satelliti ormai inerti e di parti di razzi rimasti in orbita, dato che, nel giro di 200 anni, si prospetta un incremento del 110% del totale della massa dei detriti attorno al nostro pianeta.

Conclusioni

È fondamentale la cooperazione internazionale nel campo dei detriti spaziali: lo spazio circumterrestre è una risorsa strategica e tutti gli sforzi ragionevoli e praticabili devono essere intrapresi per preservarlo per le generazioni future.

Si tratta di evitare la cosiddetta “Sindrome di Kessler” (dal nome dello scienziato della NASA Donald J. Kessler), ovvero, uno scenario in cui il volume dei detriti spaziali nella bassa orbita terrestre potrebbe essere così considerevole che il rischio di ulteriori collisioni aumenterebbe al punto tale rendere difficili, se non addirittura impossibili, le attività spaziali e l’uso di satelliti in specifiche livelli orbitali.

La gestione dei rischi correlati ai detriti spaziali e la relativa rimozione sono quanto mai urgenti e strategici dato che siamo all’alba dell’era delle megacostellazioni, costituite da centinaia o addirittura migliaia di satelliti in orbite basse, atte a garantire i servizi di telecomunicazioni a bassa latenza e la copertura globale di osservazione del nostro pianeta.

Una regolamentazione dello spazio è nell’interesse di tutte le nazioni ed è sempre più evidente la necessità di aggiornare continuamente le direttive esistenti in materia e, altresì, stabilire degli standard condivisi che possano essere adottati a livello internazionale.

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