Le principali prospettive e aspettative nei confronti dell’idrogeno verde si basano fondamentalmente sulla convinzione (fondata) che questo vettore energetico può rappresentare una componente fondamentale per indirizzare e sostenere una transizione energetica in grado di condurci verso un futuro a basse emissioni di CO2. In particolare, questa premessa nei confronti del green hydrogen, riguarda le possibilità di applicazione in settori “hard-to-abate” come l’industria più energivora, il mondo dell’acciaio, della chimica, il trasporto pesante.
Hydrogen Innovation Report 2024, Energy&Strategy
L’occasione per fare il punto della situazione in merito a queste prospettive arriva dal rapporto Hydrogen Innovation Report 2024 dell’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, una occasione per capire a che punto siamo rispetto a questa trasformazione e come si deve agire perché l’Idrogeno verde possa permetterci di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che sono stati definiti senza rinunciare alla competitività.
Il dato di riferimento del rapporto E&S riguarda la misura del fabbisogno di Idrogeno verde nel nostro paese che viene stimata in 7,5 Milioni di tonnellate. Una stima che corrisponde ai volumi necessari per la trasformazione sostenibile dell’industria e del trasporto pesante. Nello specifico poi i volumi più consistenti verrebbero indirizzati al mondo “hard-to-abate“, vale a dire settori come acciaio e fonderie, ceramica, chimica, produzione di vetro che ne assorbirebbero insieme una quota pari al 77%.
Ecco che un primo importante segnale d’allarme del report segnala che i volumi di energia rinnovabile necessari per produrre queste quantità di idrogeno sostenibile vengono stimati in 250 GW che si devono naturalmente aggiungere a quelli attualmente prodotti e che rappresentano un obiettivo decisamente ambizioso pari a tre volte gli obiettivi di generazione di rinnovabili da fotovoltaico in previsione per il 2030.
Le differenze tra strategia nazionale sull’idrogeno, obiettivi PNIEC e fabbisogno reale di idrogeno verde
La sostanza di questo primo messaggio del report ci dice che è necessario accelerare e che la “rivoluzione” dell’idrogeno verde passa necessariamente da un potentissimo incremento sul lato delle rinnovabili. Un punto questo che non può non essere messo in relazione con il PNIEC Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima come denuncia Vittorio Chiesa, direttore di E&S: “Cè una distanza enorme tra l’attuale strategia nazionale sull’idrogeno e gli obiettivi indicati nel PNIEC e il reale fabbisogno di idrogeno verde. In queste condizioni è troppo incerta la direzione di medio-lungo periodo che il Paese intende percorrere ed è quindi difficile per gli operatori elaborare precise linee di azione e dare il via allo sviluppo di una filiera nazionale, come invece sta già accadendo in Germania, Francia e Spagna”.
Nel merito dei dati del rapporto ai 7,5 Mt di idrogeno sostenibile necessari da utilizzare per la trasformazione energetica dei settori industriali più energivori e per il trasporto pesante si dovrebbero aggiungere altri 7,7 Mt di Idrogeno verde necessari per utilizzare questo vettore energetico anche come soluzione green per il riscaldamento civile e come soluzione in grado di rispondere a una strategia di riconversione di apparati basati su altre fonti come nel caso del metano.
Idrogeno verde come “soluzione” per l’hard-to-abate
Guardando ai dati, la transizione green del mondo industriale richiede qualcosa come 5,4 Mt di idrogeno verde, in larga misura (4,1 Mt) destinati all’hard-to-abate mentre 2,1 Mt risponderebbero alle necessità del trasporto pesante. In termini di risultati sul piano della decarbonizzazione questa prospettiva permetterebbe di ridurre qualcosa come 27,37 Mt di emissioni di CO2 l’anno a fronte dei 287,1 Mt totali previsti dal nostro Paese al 2030. Una prospettiva però che non è alla portata del percorso previsto dal PNIEC nello scenario 2030, un percorso, quello del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima che prevede 0,115 Mt per utilizzi industriali e 0,136 Mt per i trasporti, che corrispondono al 2,1% e al 6,4% del potenziale massimo di adozione.
La chiave di volta per poter considerare uno scenario realmente strategico per l’idrogeno verde è determinata dal possibile ruolo delle energie rinnovabili indispensabili per attuare una produzione di 7,5 Mt di idrogeno all’anno. Secondo le stime del report E&S sono necessari 250 GW aggiuntivi di rinnovabili entro il 2030 e si dovrebbe arrivare a 500 GW se si includono gli impegni per la trasformazione del settore civile.
L’Idrogeno verde in Europa
Un’attenzione speciale dovrebbe essere rivolta all’Europa che sull’idrogeno verde si muove con un altro passo. Alcuni paesi come la Germania hanno scelto di rivedere al rialzo gli obiettivi di consumo di idrogeno nel 2023, la Francia, si muove per produrre a livello locale una quota superiore all’80% del proprio fabbisogno entro il 2030 sfruttando in questo senso le proprie risorse energetiche basate sul nucleare. La Spagna a sua volta si sta muovendo per assumere un ruolo di esportatore idrogeno sostenibile con un percorso che dovrebbe portarla a disporre di una capacità di elettrolisi pari a 11 GW entro il 2030 mettendo a valore in questo senso le potenzialità legate a eolico e fotovoltaico.
Uno scenario quello europeo che si sta facendo più favorevole all’idrogeno verde ma che pur in presenza di molti segnali positivi per la filiera dell’idrogeno non mostra ancora le condizioni per una produzione di idrogeno rinnovabile in grado di insidiare lo zoccolo duro rappresentato dalle fonti fossili che mantengono – purtroppo – una condizione di “vantaggio”. Questo tema è emerso dall’analisi dello schema incentivante della European Hydrogen Bank, che attraverso cui la Commissione europea supporta finanziariamente i progetti di produzione da elettrolisi più competitivi con una assegnazione di 720 milioni di euro, e che nella prima asta pilota ha rilevato come il vantaggio per le soluzioni fossili sia ancora molto basso.
L’Europa si avvicina al target di 10Mt
In Europa poi stanno per entrare in esercizio diversi importanti progetti che dovrebbero portare la capacità produttiva di idrogeno a livello continentale a circa 8,9 Mt entro il 2030, vale a dire poco distante dal target UE di 10Mt.
Al netto delle possibili difficoltà che ancora devono essere superate affinché effettivamente questa capacità possa essere raggiunta, come ad esempio i temi legati alla capacità di adeguare la rete delle infrastrutture, il report sottolinea come uno dei punti chiave sia rappresentato in modo particolare dagli sviluppi sulla tecnologia elettrolitica, che secondo le previsioni dovrebbe essere in grado di produrre un volume pari al triplo delle tecnologie come CCS, Carbon Capture and Storage entro il al 2029-30. In termini di settori il maggior numero di progetti dovrebbe rivolgersi agli ambiti della mobilità sostenibile, della raffinazione e della produzione di ammoniaca.
Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile del Rapporto ha tenuto a sua volta a sottolineare come “L’idrogeno sostenibile rappresenti una componente cruciale nella transizione energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio proprio perché può essere prodotto da fonti rinnovabili“. Perché possa svilupparsi come sarebbe necessario “servono ulteriori sviluppi tecnologici in grado di rendere l’idrogeno ‘verde’ più competitivo anche dal punto di vista economico”.
Le prospettive del Bio-Idrogeno e dell’Idrogeno naturale
Il report Hydrogen Innovation Report 2024 non si ferma all’analisi delle prospettive e delle criticità legate all’idrogeno verde, ma guarda anche agli altri orizzonti del “mondo idrogeno” e in questo senso si collocano i temi legati al Bio-Hydrogen e all’idrogeno naturale.
Nel caso del bio-idrogeno si tratta di una soluzione caratterizzata da un’impronta carbonica potenzialmente negativa, ottenibile grazie all’uso delle biomasse come origine e all’applicazione di tecnologie CCS. I vantaggi di questa soluzione si declinano in costi di produzione che potrebbero rivelarsi più accessibili rispetto a quelli dell’idrogeno verde, ma che rimangono ancora superiori a quelli dell’idrogeno grigio. I limiti ad oggi sono rappresentati dalla difficoltà di creare le condizioni per una diffusione su larga scala a causa della scarsa maturità delle tecnologie e dalla competizione con la produzione di biometano.
Per quanto attiene alle prospettive legate all’idrogeno naturale, che si può estrarre dal sottosuolo e che è caratterizzato da una capacità di rigenerazione con un ciclo di circa 10 anni è una risorsa che può essere assimilabile alle fonti rinnovabili. In questo caso, alle incertezze legate alla effettiva disponibilità di giacimenti e alle normative, si contrappongono le prospettive di costi molto accessibili ed importanti.
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