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Rischi ESG: nell’Ue migliora la gestione, ma in Italia le imprese finanziarie sono più esposte

Pubblicato il nuovo rapporto Consob su investimenti sostenibili e criptoattività, dal quale emerge un tendenziale aumento della capacità di gestione dei rischi ESG da parte delle imprese dell’area euro: qui, in media, il rischio è maggiore per le utilities e per i produttori di energia rispetto alle società del manifatturiero o dei servizi

Pubblicato il 21 Nov 2023

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Il Sustainalytics ESG Risk Score, l’indice che aiuta gli investitori a identificare i rischi ESG, registra un tendenziale aumento della capacità delle imprese dell’area euro nel gestire i rischi ESG, cioè legati all’ambiente, agli aspetti sociali e a quelli del governo delle imprese. Ma l’esposizione è in media più elevata per le utilities e per i produttori di energia rispetto alle società del manifatturiero o dei servizi.

Ad affermarlo è la nuova edizione del rapporto “Tendenze emergenti negli investimenti sostenibili e mercati dei cripto-asset” (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), pubblicato dalla Consob allo scopo di analizzare le principali dinamiche in atto nell’ambito degli investimenti sostenibili e dei mercati delle criptoattività. L’indagine rivela che, in Italia, gli ESG Risk Scores sono in linea con i valori che si registrano nei Paesi dell’eurozona, anche se l’esposizione delle imprese finanziarie ai rischi ESG è in media più elevata rispetto alle società non finanziarie.

Rating ESG più elevato con maggior liquidità e capitalizzazione

Il Rapporto include un focus sulle società quotate in Italia, finalizzato a verificare se l’ESG risk score e l’ESG Refinitiv rating (una misura della performance ESG delle società) siano correlati con alcune delle principali caratteristiche delle imprese (performance, volatilità, liquidità, leverage finanziario, value at risk, price on earnings, price to book value, capitalizzazione e ROA).

Utilizzando tecniche di cluster analysis, per distinguere le società sulla base dell’ESG rating, si evidenzia come il gruppo di imprese con score di sostenibilità più elevato si differenzia dall’altro gruppo solo per la dimensione e la liquidità. In particolare, il cluster di società con ESG rating più alto è rappresentato dalle imprese con maggiore liquidità e capitalizzazione mentre non si registrano differenze significative tra i due gruppi in termini di performance, volatilità e valutazioni di mercato.

L’analisi delle obbligazioni ESG in Italia

L’analisi delle obbligazioni ESG inclusa nel Rapporto si fonda sull’identificazione dei titoli sulla base degli International Capital Market Association (ICMA) principles e si focalizza sui titoli quotati in Italia. Il 12% circa delle obbligazioni ESG così definite non è incluso nella lista dei “Green e Social bonds” di Borsa Italiana, ponendo in evidenza l’esistenza di alcuni disallineamenti nelle classificazioni del profilo di sostenibilità dei titoli. Le obbligazioni ESG sono prevalentemente green bonds (53%) appartenenti al settore sovranazionale (54%) con un time to maturity compreso fra i 7 e i 10 anni (43%). Inoltre, il 54% dei titoli ESG quotati su Borsa Italiana presenta un lotto minimo minore uguale a 1.000 euro, quindi accessibile agli investitori retail, mentre il 69% è negoziato sul segmento di mercato Mot. Infine, la classificazione dei fondi aperti sostenibili disponibili per la vendita in Italia è stata effettuata adottando i criteri per l’identificazione dei fondi ESG di Morningstar.

La maggiore parte dei fondi presenta un Morningstar sustainability rating superiore alla media (59%), si classifica art. 8 del Regolamento SFDR (74%) e ricade nella categoria fondi azionari (51%); solo l’8% è domiciliato in Italia, mentre per il 60% sono passati meno di 6 anni dalla data di istituzione (inception date). Inoltre, focalizzando l’attenzione esclusivamente sulla componente azionaria del portafoglio, si rileva che in media il 70% del net asset value è investito in large cap prevalentemente di paesi avanzati.

Gli indici azionari ESG globali: allineati, ma non troppo

Gli indici azionari ESG globali (Stoxx Global ESG leaders e MSCI world ESG) presentano un elevato grado di allineamento nella performance. Tale livello di coerenza fra gli indici non è, tuttavia, stabile nel tempo e si riduce se si utilizza come parametro la volatilità invece che il rendimento. Analoga tendenza si riscontra se si misura il grado di coerenza di indici azionari riferiti all’area euro (Euro Stoxx ESG leaders, Ftse 4Good Europe 50, MSCI EMU ESG screened index). Sempre nell’area euro si rileva, inoltre, un elevato grado di sovrapposizione fra la lista di società costituenti gli indici azionari ESG rispetto agli indici convenzionali (52% fra Stoxx Euro ESG Leaders e Euro Stoxx 50, 82% fra Mib ESG e Ftse Mib).

“Greenium”: volatile ma in crescita

Infine, l’andamento dell’indicatore di “greenium”, ossia del premio al rischio connesso con la eco-sostenibilità (cosiddetta greenness) di una impresa e basato sui rendimenti delle società quotate, mostra una significativa volatilità soprattutto in corrispondenza di periodi di stress sui mercati finanziari e un trend crescente a partire da maggio 2020 fino all’ultima rilevazione disponibile.

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