Moda sostenibile

Venice Sustainable fashion forum, “Boosting transition”, sogno o realtà?

Otto grandi punti e sfide per una trasformazione economica, industriale e sociale in grado di creare una moda sostenibile attenta al pianeta e alla competitività. Le evidenza del Forum sulla moda sostenibile di Venezia

Pubblicato il 03 Nov 2023

Venice Sustainable Fashion Forum 2023

Una passerella della moda sostenibile, ma nel segno del pragmatismo e di uno sviluppo sostenibile, attento anche al piano economico. L’invito alla concretezza è il messaggio forte del grande evento “Venice Sustainable Fashion Forum”che si è concluso il 27 ottobre 2023 e al quale hanno partecipato oltre 400 imprenditori e aziende in un ampio confronto sul delicato tema della transizione green della moda. Un approccio che, nel capoluogo veneto, si è posto l’obiettivo di analizzare la situazione anche da un punto di vista specificatamente economico e finanziario e che ha sancito come la transizione sostenibile nel mondo della moda non sia solo un tema di creatività, di innovazione e di risposta a nuove esigenze di consumo, ma rappresenti un grande fenomeno di trasformazione sociale e industriale.

Una transizione sostenibile che presenta costi e rischi

In seguito alla seconda edizione di “Just fashion transition 2023”, l’osservatorio della situazione e transizione ecologica delle aziende nel Fashion di The European House of Ambrosetti, è risultato che una rivoluzione totalmente sostenibile del settore della moda ha le sue difficoltà economiche.

Dati alla mano: in media per la produzione di una maglietta in cotone sintetico sono necessari 3,87 dollari. La maglietta in questione viene poi mediamente rivenduta ad un prezzo che corrisponde a circa il doppio della somma necessaria alla sua realizzazione.

Nel caso in cui, invece, la maglietta venisse prodotta con del cotone etico, il prezzo di creazione del capo risulterebbe attorno agli 8,72 dollari, fatto che implicherebbe anche un aumento decisamente significativo del prezzo con cui poi verrà acquistato, che si aggirerà attorno ai 36 dollari.

La vera domanda, a questo punto, è, quanti consumatori sono effettivamente disposti a comprare una maglietta da 36 dollari? Soprattutto oggi in tempi di crisi quando i dati dimostrano che in generale il potere e l’interesse d’acquisto degli acquirenti è diminuito vertiginosamente, anche nel settore fashion.

Fonte: studio Just Fashion Transition 2023. The European House – Ambrosetti
Fonte: studio Just Fashion Transition 2023. The European House – Ambrosetti

I costi dell’energia e della manodopera

Un’altra problematica da considerare sono gli aumenti dei prezzi dell’energia, che coinvolgono tanto le aziende quanto le persone. Le imprese che sarebbero, in questo contesto, davvero nelle condizioni di vivere una transizione sono primariamente quelle di grandi dimensioni, vale a dire quelle realtà che sono nella condizione di produrre su vasta scala e di affrontare quella trasformazione di prodotto e di processo necessaria per produrre capi d’abbigliamento green senza necessariamente venderli a prezzi inaccessibili.

Una situazione questa che rischia di mettere in condizioni di difficoltà non trascurabile le imprese medie e piccole. Il tutto in un contesto che registra naturalmente anche una capacità di reazione delle imprese italiane come si coglie nell’invito del Presidente di Confindustria Veneto Est, Leopoldo Destro a coniugare competitività e sostenibilità per collocare il sistema moda nell’ambito di una transizione giusta. Un tema sul quale si concentrano anche i dati dello studio The European House – Ambrosetti dai quali emerge un miglioramento del presidio ESG delle aziende europee del 17% e di quelle italiane del 16%.

Importanti a questo riguardo sono poi anche le parole del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “l’impegno e la resilienza degli imprenditori di questo settore sono emersi con forza in un periodo complesso, contraddistinto da rincari dei costi energetici e delle materie prime, che hanno generato ripercussioni inflazionistiche e un rallentamento della domanda”.

 

La transizione globale in otto proposte

A Venezia sono state poi formulate otto concrete proposte che hanno lo scopo di dare concretezza alla speranza di una seria realizzazione della “Boosting Transition”.

  1. “Anticipare la transizione del mercato”
  2. “Costituire delle task-force multi-stakeholder guidate dai Governi”
  3. “Catalizzare il cambiamento attraverso alleanze”
  4. “Misurare l’impatto delle politiche attraverso un set minimo di dati per tutti”
  5. “Promuovere un cambiamento culturale positivo”
  6. “Creare un’avanguardia della sostenibilità guidata da catene del valore del lusso Italiane e Francesi”
  7. “Rendere più profittevoli le scelte aziendali di sostenibilità”
  8. “Promuovere un approccio integrato tra riciclo e riuso”

Si tratta di un piano che ambisce ad essere il più comune possibile a tutte le aziende del settore moda italiane, per concretizzare quello che il Presidente di Sistema Moda Italia Sergio Tamborini considera come un processo di cambiamento necessario nel fashion italiano che deve diventare prioritario anche a livello politico. “La consideriamo un processo irreversibile  – afferma – per riscrivere le sorti della produzione italiana e l’intento di SMI è sottolineare l’urgenza che il tema deve rivestire anche nell’agenda politica.”

Venice sustainable fashion 2023

Il sustainable fashion visto dalla prospettiva delle banche

Come già più volte osservato per la realizzazione di un piano così ambizioso in linea con le prospettive Europee del futuro della moda, è necessario un reale sostegno da un punto di vista finanziario. Ecco quanto ha affermato il deputy head of Italy di Unicredit, Remo Taricani: “La regolamentazione ha avuto un ruolo fondamentale nell’innescare processi di transizione verso la sostenibilità. Il nostro ruolo come Banca è di accompagnare gli imprenditori in questa trasformazione che sicuramente comporta investimenti importanti in termini di ridefinizione dei modelli di business, di rendicontazione e di formazione dei professionisti (green skill), ma allo stesso tempo apre nuovi spazi di crescita. Alle nostre imprese, di tutte le dimensioni, offriamo un modello di servizio e specialisti dedicati per supportarle con soluzioni specifiche, grazie anche alle best practice che intercettiamo nei 13 Paesi europei in cui siamo presenti”.

  

La gestione dei rifiuti: da problema a opportunità?

Un aspetto purtroppo sempre troppo poco affrontato nel settore del fashion è lo smaltimento dei rifiuti. Oggi quello della moda si riconferma il settore che esporta il maggior numero di rifiuti in paesi terzi, ovvero paesi non-OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), e tale fenomeno è peggiorato drasticamente tra il 2000 e il 2019, addirittura quintuplicato, raggiungendo il dato sconcertante di 1,7 milioni di tonnellate di scarti. In questo caso c’è bisogno, urgentemente, di una risposta europea la più immediata possibile, considerando le problematiche non solo ambientali ma anche umanitarie che un trattamento dei rifiuti del genere causa.

In questo senso si collocano anche i temi legati allo sviluppo delle opportunità nel campo del riciclo e del riuso. Dalla ricerca presentata a Venezia emerge che più del 60% dei prodotti tessili trattati come rifiuti sono composti da fibre sintetiche. Su 35 capi di abbigliamento scartati da consumatori europei ogni anni solo 3 entrano in un percorso di riciclo e meno di 1 viene riutilizzato. L’industria del riciclo ha peraltro un enorme potenziale che viene stimato in una cifra superiore a 4,6 miliardi di dollari. Il riciclo deve pertanto essere affrontato non solo come una risposta ai temi ambientali ma come una opportunità di sviluppo.

Un approccio analogo dovrebbe essere adottato anche per il tema del riuso. Prima di tutto perché permette di ridurre drasticamente l’impatto ambientale considerando sia la riduzione nel consumo di acqua del 99% e la riduzione fino al 97% delle emissioni di CO2, ma si tratta anche di rispondere, con un nuovo approccio di marketing e di servizi alle esigenze di consumatori che guardano con maggior favore rispetto al passato all’acquisto di beni di seconda mano.

 

Eu Textile strategy: serve più tempo?

L’accelerazione incredibile del successo del fast fashion, soprattutto in periodo di pandemia, da leggere anche in relazione alla costante crescita del settore del lusso, portano ad una divisione del mercato del fashion.

Gli obbiettivi della “Eu Textile strategy” 2022 sembrano non essere concretizzabili nelle modalità e nei tempi sperati e rivelano oggi (se letti anche in controluce con i temi dell’edizione 2022 del Venice Sustainable Fashion Forum) una serie importante di criticità. C’è da domandarsi, non solo per ragioni legate alla sostenibilità, ma per lo sviluppo dell’industria del fashion se in Italia sarà invece possibile che gli 8 punti della Venice Sustainable Fashion 2023 diventino le regole del modus operandi delle aziende del fashion made in Italy?

L’impegno ci sarà, e contro le difficoltà, prettamente economiche, si spera in una costante cooperazione del settore politico, finanziario e appunto delle imprese.

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