Agrifood innovation

Agricoltura rigenerativa: come rimuovere la CO2 dall’atmosfera

Mantenere e ripristinare i suoli è lo scopo dell’agricoltura rigenerativa e la chiave per raggiungere neutralità climatica, inquinamento zero, approvvigionamento alimentare sostenibile e ambiente resiliente. Con conseguente aumento dei rendimenti, maggiore resilienza agli eventi meteorologici estremi e ai cambiamenti climatici e maggiore salute e vitalità per le comunità rurali

Aggiornato il 02 Gen 2023

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Il suolo ospita oltre il 25% di tutta la biodiversità e fornisce più del 95% di cibo a 8 miliardi di persone. Ma non basta, il suolo rappresenta il più grande serbatoio terrestre di carbonio tanto che l’Unione europea pone il concetto di “suoli sani” al centro del Green Deal europeo per raggiungere la neutralità climatica, l’inquinamento zero, l’approvvigionamento alimentare sostenibile e un ambiente resiliente. Tuttavia, non si può dimenticare che il terreno è anche una risorsa fragile e limitata ed è attualmente a rischio erosione e desertificazione, in Europa e non solo. Ogni anno, le terre coltivate perdono 7,4 milioni di tonnellate di carbonio a causa di una gestione non sostenibile. Senza proteggere e rigenerare il suolo sui nostri 4 miliardi di acri di terreni agricoli coltivati, 8 miliardi di acri di pascoli e 10 miliardi di acri di terreni forestali, sarà impossibile mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi Celsius o arrestare la perdita di biodiversità.

Il rapporto tra agricoltura rigenerativa e sostenibilità ambientale

Di fronte ad un siffatto scenario, a cui si aggiunge l’evidenza che l’agricoltura contribuisce per una percentuale prossima al 20% alla produzione di gas a effetto serra, l’agricoltura rigenerativa rappresenta un’opportunità unica per gli agricoltori di contribuire a invertire i cambiamenti climatici. Il segreto sta proprio nel rapporto con il terreno. A differenza dei terreni impoveriti, il terriccio sano e organico trattiene l’acqua, ricicla i nutrienti e immagazzina carbonio. Ripristinando la fertilità dei terreni, gli agricoltori possono immagazzinare il carbonio nel suolo, anziché rilasciarlo nell’atmosfera e contribuire ad un ecosistema territoriale più sano e ricco di sostanze nutritive, richiedendo al contempo meno fertilizzanti e producendo alimenti più sani e nutrienti. I suoli arricchiti con carbonio dimostrano una migliore resilienza a condizioni meteorologiche estreme, una migliore permeabilità all’acqua aiutando a mantenere la sicurezza idrica, una maggiore diversità microbica, e quindi, rese più elevate, requisiti di input ridotti e raccolti ancora più nutrienti.

Con l’ambizione di diventare il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, la Commissione europea ha adottato una serie di comunicazioni per un’Europa più verde. Sia il pacchetto di misure nell’ambito delle strategie Biodiversity 2030, Farm to Fork e Chemicals, nonché il piano d’azione per l’economia circolare e la legge europea sul clima, includevano azioni per proteggere i suoli. Nel 2021 sono stati seguiti dal pacchetto Fit for 55, dal piano d’azione a inquinamento zero e dalla strategia dell’UE per il suolo per il 2030. Tutte queste politiche includono disposizioni relative ai suoli per raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Green Deal dell’UE. In linea con la missione dell’UE A Soil Deal for Europe la Commissione finanzia la ricerca e l’innovazione al fine di proteggere e ripristinare i suoli in Europa e oltre. Da gennaio sarà possibile presentare proposte per individuare strategie per la decontaminazione e il riutilizzo dei terreni e idee innovative su come attuare pratiche di coltivazione con attenzione al ruolo del carbonio.

Emissioni e degrado del suolo: un mix esplosivo

Il degrado del suolo nell’Unione Europea è un problema crescente che minaccia il nostro benessere, la nostra economia e la nostra prosperità. Come stimano gli scienziati del Centro comune di ricerca della Commissione europea (il Joint Research Centre, JRC) il 13% dei suoli nell’UE soffre di elevati livelli di erosione con costi annuali di 1,25 miliardi di euro a causa della perdita di produttività agricola. E secondo una relazione della Corte dei conti europea, il 25% dei terreni dell’Europa meridionale e orientale è ad alto rischio di desertificazione.

Il problema è ulteriormente aggravato dalla perdita di risorse del suolo dovuta alla copertura del terreno per abitazioni, strade o industrie (“impermeabilizzazione del suolo“) – prevalentemente a scapito dei terreni agricoli -. Il consumo netto annuo di terreno è stato stimato in 440 km²/anno nel periodo 2012-2018. Inoltre, la contaminazione con sostanze nocive danneggia la qualità del suolo. Il CCR ha segnalato circa 2,8 milioni di siti potenzialmente contaminati nell’UE e nei paesi limitrofi.

Coldiretti sottolinea che la sparizione di terra fertile non pesa solo sugli approvvigionamenti alimentari: dal 2012 ad oggi il suolo sepolto sotto asfalto e cemento non ha potuto garantire l’assorbimento di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana che ora scorrono in superficie, aumentando la pericolosità idraulica dei territori con danni e vittime. Una situazione aggravata dai cambiamenti climatici con quasi 6 eventi estremi al giorno nell’ultimo anno tra precipitazioni violente e lunghi periodi di siccità nella Penisola dove oggi il 91,3% dei comuni è a rischio idrogeologico.

Agricoltura rigenerativa per “bloccare” il carbonio nel suolo

Come sostiene David Perry, Presidente e Amministratore Delegato di Indigo Agriculture, in questo articolo del World Economic Forum, è dai 3,6 miliardi di acri di terreni agricoli del mondo che si può ricavare la soluzione più scalabile, immediata e conveniente per contribuire a rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera. I 3,6 miliardi di acri di terreni agricoli in tutto il mondo, prima di essere coltivati, avevano livelli di carbonio nel suolo compresi tra il 3% e il 7%. Oggi sono circa all’1% di carbonio. Se ogni acro di terreno agricolo fosse riportato a un livello di carbonio nel suolo di appena il 3%, un trilione di tonnellate di anidride carbonica verrebbero rimosse dall’atmosfera e immagazzinate nel suolo. Ne consegue che, la dimensione della soluzione potenziale è equivalente alla dimensione del problema.

Il modello di agricoltura intensiva adottata dal dopoguerra in Italia e nel Mondo aveva come obiettivo quello di massimizzare le rese. Senza alcuna preoccupazione circa gli effetti negativi legati ad un eccessivo sfruttamento del suolo. Così, l’impiego di fertilizzanti e pesticidi chimici insieme a forti irrigazioni e un’eccessiva meccanizzazione lo hanno reso quasi sterile, demineralizzandolo e dilavandolo. Per far sì che torni alla sua piena vitalità ed efficienza bisogna agire su minerali, sostanza organica e microbiologia, elementi fondamentali della fertilità del terreno.

Questo si ottiene grazie all’azione combinata di pratiche agricole biologiche per la nutrizione delle piante e la difesa delle colture, sostenute dall’arricchimento biologico e minerale del terreno con preparati naturali specifici. Si tratta di una serie di pratiche che permettono di rigenerare il suolo, arricchendolo. In questo modo, lo rendono di nuovo capace di produrre alimenti sani e di qualità a costi contenuti, ma senza essere sfruttato. Con l’agricoltura rigenerativa si riattivano i cicli naturali, trasformando il suolo in un humus vitale e ricco dal punto di vista minerale e microbiologico. Il fine è quello di renderlo nuovamente idoneo ad ospitare piante sane e resistenti, con frutti di qualità.

Uno strumento per affrontare il climate change

Quando parliamo di agricoltura rigenerativa ci riferiamo ad una serie di tecniche di coltivazione che partono dall’agricoltura sostenibile e che permettono di beneficiare delle proprietà della terra, senza doverla però sfruttare o impoverire. Così l’agricoltura rigenerativa contrasta i cambiamenti climatici e promuove la sicurezza alimentare ripristinando il suolo, la materia organica e la biodiversità, aumentando la capacità di ridurre, ma anche di rimuovere le emissioni di carbonio atmosferico.

È un approccio olistico basato sulla natura in evoluzione che migliora il suolo, la produzione alimentare e i redditi degli agricoltori. I terreni e i diversi ecosistemi, – irrobustiti da queste pratiche -, producono più prodotti di alta qualità e ricchi di nutrienti rispetto all’agricoltura convenzionale, promuovendo fattorie fruttuose, comunità sane ed economie fiorenti.
Diverse strategie rispettose della terra rientrano nel concetto di agricoltura rigenerativa. La lavorazione del terreno con parsimonia riduce al minimo le sue emissioni di carbonio e ne preserva il contenuto organico. L’uso di colture di copertura e la rotazione delle colture consente di tenere sotto controllo l’erosione dei suoli. La decomposizione di materiali organici come gli scarti vegetali attraverso il compostaggio rende i terreni più produttivi.

L’applicazione di biochar – carbone ricavato da rifiuti agricoli o forestali – aggiunge sostanze nutritive e acqua; migliora il sequestro del carbonio a lungo termine e i processi microbici; riduce l’acidità, le emissioni di protossido di azoto, l’uso di fertilizzanti ad alta intensità di gas serra e l’inquinamento delle acque; e può anche sostenere progetti di termovalorizzazione pulita.

Piantare piante perenni, colture che crescono durante tutto l’anno – a differenza della maggior parte dei cereali che consumiamo – riduce anche la dipendenza da fertilizzanti e pesticidi nocivi. L’agroforestazione, che coltiva colture accanto agli alberi per emulare gli ecosistemi naturali, conserva più carbonio nel suolo rispetto ad altre forme di agricoltura e mitiga la deforestazione.

Come funziona l’agricoltura rigenerativa

Dopo l’analisi della situazione di partenza, per stabilire quanto sia inaridito e depauperizzato il suolo, si procede alla sua rigenerazione adottando pratiche agricole tradizionali. Tra queste, vanno ricordate la rotazione e gli avvicendamenti delle colture. Vengono limitati gli interventi di mezzi meccanici e si utilizzano preparati biologici per fertilizzare e nutrire il suolo. Per difendere dai parassiti le piante, si ricorre a preparati e tecniche tipiche della lotta biologica integrata.

In sostanza, l’agricoltura rigenerativa è un insieme di tecniche per ricostruire la vitalità del terreno che si rifà alla permacultura. Combina i saperi tradizionali con le conoscenze scientifiche moderne, imitando i processi naturali, per garantire anche molti altri benefici. Tra questi, il fatto di diminuire l’erosione dei terreni e rimineralizzarli, di garantire la purezza dell’acqua nelle falde acquifere o abbattere l’uso di pesticidi. Al di là delle tecniche, ogni nuovo approccio richiede una nuova mentalità. Una mentalità diversa da quella attuale in cui la natura è concepita come un oggetto inerte al servizio della specie umana.

Una obiezione che può essere mossa verso i metodi agricoli alternativi è che se nella teoria sono interessanti, nella pratica non permettono agli agricoltori di essere competitivi sul mercato. Contrariamente a questa ipotesi, l’attivista Charles Eisenstein dimostra che un’agricoltura consapevole degli equilibri naturali è perfettamente in grado di aumentare le rese quanto di ridurre o abbattere i costi per le sostanze chimiche come i fertilizzanti. Una rivelazione cruciale soprattutto di fronte all’aumento dei costi delle materie prime.

Da non trascurare in alcun modo, la capacità dell’agricoltura rigenerativa di sequestrare quantità molto rilevanti di CO2. Ricerche di varie università americane sostengono che se l’agricoltura rigenerativa fosse applicata ovunque, potrebbe fare fronte al 40% delle emissioni mondiali, senza contare la riforestazione e il passaggio a fonti energetiche alternative. L’ingegneria climatica non è che l’effetto più estremo di questa filosofia che propone l’intervento attivo dell’uomo per controbilanciare gli effetti negativi dell’attività umana stessa sull’ambiente.

Suolo e agricoltura come alleati per un’Europa più verde

Uno sviluppo politico significativo è stata l’adozione del piano d’azione dell’UE “Verso un inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo” in cui si riconosce che l’inquinamento del suolo danneggia la salute umana, del suolo e dell’ambiente, oltre ad essere una delle ragioni principali della perdita di biodiversità e della capacità degli ecosistemi di fornire servizi come il sequestro del carbonio. Il piano d’azione contiene una serie di misure mirate ai suoli, tra cui un quadro per valutare regolarmente lo stato dei suoli dell’UE per quanto riguarda gli inquinanti. Al centro di tale quadro ci sarà lo sviluppo di una lista di controllo prioritaria per i contaminanti del suolo, nonché una guida per l’uso sicuro, sostenibile e circolare dei terreni scavati.

Nel settembre 2021 la Commissione europea ha adottato cinque missioni di ricerca e innovazione per portare soluzioni concrete in risposta alle principali sfide per la società. La missione “Un accordo sul suolo per l’Europa” sosterrà l’ambizione dell’UE di gestire il territorio in modo più sostenibile, rispettando in tal modo gli impegni globali come gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e contribuendo a una serie di obiettivi del Green Deal europeo in materia di agricoltura e silvicoltura sostenibili, resilienza climatica, biodiversità, inquinamento zero e zone rurali resilienti. Oltre a far progredire le nostre conoscenze sui suoli, la Missione istituirà 100 laboratori viventi per co-creare, testare e aprire la strada alle innovazioni per la salute del suolo a livello locale. Inoltre, la Missione sosterrà lo sviluppo di un quadro armonizzato per il monitoraggio del suolo in Europa e sensibilizzerà i cittadini sull’importanza vitale dei suoli. Complessivamente, queste attività sosterranno la transizione verso suoli sani in Europa.

Agricoltura rigenerativa e strategia per la biodiversità

La Commissione europea proporrà una legge sulla salute del suolo nel 2023 che garantirà ai suoli lo stesso livello di protezione dell’acqua e dell’aria e migliorerà radicalmente le loro condizioni e gli ecosistemi da cui dipendiamo. La strategia dell’UE per il suolo per il 2030 contribuisce agli obiettivi del Green Deal dell’UE e fa parte della strategia sulla biodiversità. La visione ambiziosa è quella di avere tutti gli ecosistemi del suolo europeo in buone condizioni entro il 2050 e propone azioni specifiche in relazione alla mitigazione dei cambiamenti climatici, all’economia circolare, alla biodiversità, alla desertificazione, al ripristino del suolo, al monitoraggio del suolo e all’impegno dei cittadini per consentire la transizione verso suoli sani. La strategia prende in considerazione la possibilità di proporre obiettivi giuridicamente vincolanti nel contesto della legge sul ripristino della natura per limitare il drenaggio delle zone umide e ripristinare le torbiere drenate, nonché misure per migliorare la biodiversità nei terreni agricoli che contribuirebbero a conservare e aumentare il carbonio organico del suolo.

Articolo originariamente pubblicato il 02 Gen 2023

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