Il mercato elettrico italiano si prepara a vivere una nuova fase, più rinnovabile, partecipata e flessibile. È questa la fotografia scattata dall’Electricity Market Report 2025 redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, presentato oggi alla presenza di numerose aziende e stakeholder del settore.
La quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, pur in crescita costante – dal 35% del 2015 al 49% del 2024 – resta ancora lontana dal target del 63% fissato dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) per il 2030. Ma la spinta verso la transizione energetica sta assumendo connotati sempre più precisi: protagoniste sono le comunità energetiche rinnovabili (CER) e, più in generale, le configurazioni di autoconsumo diffuso, che incarnano un modello energetico più democratico, territoriale e condiviso.
Il “seme” delle comunità energetiche in Italia: verso un mercato elettrico partecipato da 2,7 GW

“Le quantità in gioco, in termini di utenti e potenza da rinnovabili installata, sono ancora poche – ammette Davide Chiaroni, vicedirettore di E&S e responsabile dello studio – ma nello scenario più ambizioso che abbiamo ipotizzato, in cui lo stato attuale è una sorta di ‘seme’ gettato in un’area con grande potenziale di crescita, si potrebbero raggiungere i 2,7 GW di potenza installata al 2028, oltre la metà dei 5 GW incentivabili. Questo contribuirebbe per 2,8 TWh alla produzione da fotovoltaico nazionale, circa l’8% di quanto prodotto nel 2024. Rimuovere alcune delle barriere e delle difficoltà oggi presenti, come la scarsa compatibilità tra i tempi lunghi necessari per costituire una CER e la scadenza di fine 2027 per richiedere la tariffa premio incentivante, potrebbe ulteriormente dare slancio a questo modello partecipato del mercato”.
Oltre metà della capacità elettrica è già verde, ma il traguardo 2030 è ancora lontano
A fine giugno 2025, la capacità installata da fonti energetiche rinnovabili (FER) ha raggiunto gli 80 GW, pari a circa il 56% della potenza complessiva di generazione elettrica nazionale. Un traguardo che consolida il ruolo delle rinnovabili come pilastro dell’evoluzione del sistema elettrico italiano.
Nel 2024, la produzione di energia “verde” ha toccato quota 130 TWh, coprendo il 49% della domanda elettrica del Paese. Un salto considerevole rispetto al 35% del 2015, ma ancora lontano dall’obiettivo fissato dal PNIEC, che per il 2030 punta a 131 GW di capacità installata e a un incremento del 75% della produzione rispetto ai livelli del 2024. In altre parole, serviranno oltre 50 GW aggiuntivi nei prossimi cinque anni per centrare il target europeo di decarbonizzazione.
Energia pulita in crescita, ma la transizione resta a metà: il mercato elettrico cerca equilibrio
Nonostante la spinta delle FER, il prezzo dell’elettricità continua a risentire del peso della generazione termoelettrica a gas, che resta determinante nella formazione dei costi di mercato. Nel 2024, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) si è attestato a 109 €/MWh, in calo del 14% rispetto al 2023, ma nella prima metà del 2025 è tornato a crescere fino a 120 €/MWh. Si tratta di valori ancora superiori al periodo pre-pandemico, accompagnati da una volatilità più marcata dovuta all’alternanza tra picchi di domanda e variabilità della produzione rinnovabile.
Proprio per gestire meglio questa dinamicità, dal 1° ottobre 2025 è entrata in vigore la nuova Market Time Unit (MTU) da 15 minuti (in precedenza un’ora): un adeguamento tecnico che consentirà di allineare più efficacemente domanda e offerta, migliorando l’integrazione delle fonti non programmabili nel mercato elettrico.
Un altro indicatore di cambiamento arriva dal Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD), dove nel 2024 si sono scambiati circa 12 TWh, in linea con i volumi del 2023 ma nettamente inferiori ai 40 TWh del 2020. La riduzione è frutto di una maggiore efficienza del dispacciamento da parte del TSO e di previsioni sempre più accurate sui consumi e sulla generazione, che hanno reso il sistema più stabile e meno dipendente dalle regolazioni correttive.
Crescita esponenziale delle comunità energetiche in Italia: in un anno moltiplicate di 19 volte
Il dato più sorprendente del Rapporto 2025 è la crescita del fenomeno delle configurazioni che vedono uno scambio virtuoso di energia fra produttori e consumatori: quelle attive in Italia sono passate da 46 nel 2024 a 876 nel 2025, una crescita di 19 volte in dodici mesi. Spesso tali configurazioni hanno dimensioni limitate (in base ai valori mediani, ognuna impiega 19 kW di potenza e coinvolge 4 utenze) e ciò è riconducibile alla limitata consapevolezza sul funzionamento delle configurazioni, alla difficoltà nell’aggregare soggetti diversi e alla natura fortemente territoriale delle iniziative. All’interno si contano 421 configurazioni di CER attive, anch’esse generalmente di piccola dimensione, circa 17 kW di potenza ciascuna.
La mappa delle comunità energetiche in Italia mostra una distribuzione sul territorio nazionale sempre più equilibrata rispetto al 2024, quando circa il 43% delle configurazioni attive era concentrato tra Lombardia e Piemonte. A maggio 2025 invece queste due regioni, che comunque contano rispettivamente 141 e 114 unità, rappresentano “solo” il 29% del totale. Seguono Sicilia (104), Veneto (87), Trentino-Alto Adige (59), Emilia-Romagna (55), Puglia e Campania (37), Toscana (35). Il fenomeno CER non è più confinato al Nord, ma si sta radicando anche nel Mezzogiorno, dove la disponibilità di risorse solari e di superfici utili potrebbe accelerare ulteriormente la crescita.
Si registra una media di circa 15 configurazioni di autoconsumo diffuso attive per milione di abitanti, con valori particolarmente elevati nelle regioni meno popolate, come Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, mentre tra le più popolose si distinguono Piemonte e Sicilia.
Le sfide ancora aperte: tempi, incentivi e consapevolezza
Nonostante l’exploit, il potenziale di questi modelli resta ampiamente inespresso. La potenza complessiva coperta da configurazioni incentivabili con la tariffa premio sull’energia condivisa è di appena 83 MW, a fronte del contingente di 5 GW previsto dal decreto CACER.
“Una proroga della scadenza del 31 dicembre 2027 per l’accesso alla tariffa incentivante consentirebbe tempi più lunghi per costituire delle CACER – spiega Chiaroni – e la semplificazione dei procedimenti autorizzativi per gli impianti FER, nonché il potenziamento degli strumenti informativi per spiegarne il funzionamento a cittadini, PMI e PA, ridurrebbe le tempistiche”.
Ad esempio, l’intero iter di costituzione di una CER ex-novo dura mediamente dai 12 ai 27 mesi, ma in caso di potenziamento di una CER già esistente con nuovi impianti FER il tempo si riduce a circa 1 anno. Infine, anche la revisione delle soglie per l’accesso agli incentivi da parte delle imprese potrebbe contribuire ad accelerare lo sviluppo delle CACER, consentendo di liberare risorse economiche e capacità di investimento. Se i tempi di configurazione fossero più rapidi e si aumentasse la potenza media, quindi nello scenario più ambizioso disegnato nel Report, si potrebbero raggiungere i 2,7 GW di potenza installata nel 2028. Con l’andamento attuale, invece, non si andrebbe oltre gli 0,5 GW.
Il mercato elettrico, dunque, si sta muovendo nella direzione giusta, ma per rendere le comunità energetiche in Italia un pilastro della transizione, serviranno strumenti normativi più flessibili e un impegno strutturato di informazione e accompagnamento.
Flessibilità e storage: i nuovi pilastri del mercato elettrico in Italia
Oltre al boom dell’autoconsumo, l’Electricity Market Report 2025 analizza altri due trend fondamentali per il mercato elettrico italiano: la flessibilità e lo storage.
Dopo la conclusione della fase pilota sulla flessibilità globale (a livello della rete di trasmissione), i risultati appaiono inferiori alle aspettative, con una partecipazione in calo dei Balancing Service Providers (BSP) e un ruolo ancora marginale delle risorse distribuite nel dispacciamento.
Diverso il quadro della flessibilità locale, (a livello delle reti di distribuzione) che – attraverso progetti come RomeFlex, EDGE e MiNDFlex – mostra una partecipazione crescente e un forte potenziale di sviluppo. Un modello che probabilmente è più coerente con la filosofia delle comunità energetiche e del modello di partecipazione diffusa del mercato.
Nel frattempo, la diffusione dello storage prosegue spedita. A fine 2024 risultano installati oltre 700.000 sistemi di accumulo elettrochimico, per una capacità complessiva di 13 GWh, in aumento dell’85% su base annua.
Il MACSE (Meccanismo di Approvvigionamento Capacità di Sistemi di Storage), la cui prima asta si è chiusa il 30 settembre 2025, ha assegnato 10 GWh di sistemi BESS (Sistemi di accumulo a batteria), saturando il fabbisogno previsto, ma con un’offerta quattro volte superiore alla domanda. Un segnale di forte interesse industriale e finanziario, ma anche di competizione crescente.
Resta comunque un obiettivo ambizioso: raggiungere 58 GWh di capacità di accumulo centralizzata al 2030 richiederà un CAGR del 56%, una sfida imponente ma strategica per la sicurezza energetica nazionale.
Flessibilità del mercato elettrico: tra sperimentazioni, rallentamenti e nuovi modelli di partecipazione
Il percorso verso un mercato elettrico più flessibile, capace di bilanciare in modo dinamico produzione e domanda, procede in Italia tra sperimentazioni e aggiustamenti. Dopo cinque anni di test, il progetto Unità Virtuali Abilitate Miste (UVAM) — uno dei pilastri della flessibilità globale — mostra segnali di rallentamento. La saturazione del contingente disponibile da 1 GW, che nel 2021 aveva raggiunto il 90%, è scesa al 17% nel 2024, mentre il numero di UVAM abilitate si è ridotto a 161, pari a un calo del 41%.
Le cause di questa contrazione sono riconducibili a un duplice fronte: da un lato le nuove regole normative, come l’introduzione dei test di affidabilità, che hanno innalzato le soglie di ingresso; dall’altro le tensioni di mercato legate ai prezzi elevati dell’energia, che hanno ridotto la convenienza per molti operatori.
Nel 2025, con l’avvio del periodo TIDE Transitorio, il pilota UVAM è stato assorbito nel nuovo schema delle Unità Virtuali Abilitate (UVA), segnando l’inizio di una nuova fase di sperimentazione che si concluderà non prima di febbraio 2026. Tra le principali novità figura l’eliminazione della remunerazione fissa per la disponibilità dei Balancing Service Providers (BSP), una misura che ha inciso in modo diretto sulla partecipazione: secondo i dati di Energy & Strategy, circa il 60% dei BSP vincitori delle aste 2024 ha scelto di non proseguire l’attività nel 2025.
Parallelamente, proseguono le esperienze di flessibilità locale, più coerenti con la logica di un mercato energetico diffuso e partecipato. I tre progetti già attivi — RomeFlex, EDGE e MiNDFlex — mostrano segnali incoraggianti, con una partecipazione in aumento rispetto al 2024, ma restano ancora margini di miglioramento in termini di attivazioni e affidabilità operativa.
Queste sperimentazioni, pur nelle difficoltà iniziali, rappresentano un banco di prova essenziale per la costruzione di un sistema elettrico più resiliente, efficiente e integrato, in grado di valorizzare le risorse distribuite e sostenere l’ascesa delle rinnovabili nel mix energetico nazionale.
Stoccaggio energetico, pilastro della transizione: il MACSE apre la nuova fase del mercato elettrico
Il 2024 ha segnato un punto di svolta per l’accumulo energetico in Italia. Alla fine dell’anno risultano installati oltre 700.000 sistemi di stoccaggio elettrochimico, in aumento di 200.000 unità rispetto al 2023, per una capacità complessiva di 13 GWh, pari a un +85% su base annua.
Una crescita straordinaria, trainata in larga parte dagli incentivi del Superbonus, che hanno favorito la diffusione dei sistemi distribuiti — tipicamente abbinati a impianti fotovoltaici residenziali o aziendali.
Ma il dato più interessante è un’inversione di tendenza: nel 2024 i sistemi centralizzati hanno conquistato la scena, diventando prevalenti tra le nuove installazioni e registrando un incremento di quasi sette volte rispetto all’anno precedente. Oggi rappresentano il 58% della capacità aggiuntiva e segnano un passaggio strategico verso una gestione più sistemica dell’energia.
Nonostante il balzo in avanti, il percorso verso gli obiettivi al 2030 resta impegnativo: secondo lo scenario Terna-Snam, serviranno ancora 58 GWh di capacità per raggiungere il target fissato. Per colmare questo divario, sarà necessario un ritmo di crescita sostenuto, con un tasso medio annuo (CAGR) del 56% nel segmento centralizzato da qui a fine decennio.
In questo contesto si inserisce il MACSE (Meccanismo di Asta per Capacità di Stoccaggio Elettrochimico), pensato per accelerare la realizzazione di sistemi di accumulo centralizzati nel Paese. La prima asta, svoltasi il 30 settembre 2025, ha assegnato 10 GWh di BESS (Battery Energy Storage Systems), saturando l’intero fabbisogno previsto, ma partendo da un’offerta quattro volte superiore alla domanda — segnale di un forte interesse industriale e finanziario per il settore.
Le analisi di Energy & Strategy mostrano tuttavia che la redditività degli investimenti MACSE dipende da un equilibrio delicato: la competizione elevata e i premi ridotti rendono cruciale per gli operatori ottimizzare i fattori di costo e prestazione. Trovare questa “ricetta economica sostenibile” sarà decisivo per consolidare il ruolo dello stoccaggio come infrastruttura chiave del mercato elettrico rinnovabile e flessibile che l’Italia sta costruendo.
Verso un mercato elettrico più aperto, digitale e condiviso
“Il mercato elettrico del futuro – sottolinea Vittorio Chiesa, direttore di Energy&Strategy – sarà rinnovabile, partecipato e flessibile. Rinnovabile, perché dovrà garantire una quota preponderante del mix energetico complessivo decarbonizzato; partecipato, perché l’evoluzione dei prosumer e delle aggregazioni energetiche cambierà la struttura stessa della domanda e dell’offerta; flessibile, perché la crescita delle FER richiederà sistemi avanzati di stoccaggio e bilanciamento che compensino la crescente fetta di non programmabilità delle fonti di generazione”.

L’anno della svolta per le comunità energetiche
Il 2025 potrebbe passare alla storia come l’anno della svolta per le comunità energetiche in Italia.
La crescita esponenziale registrata nel mercato elettrico, unita alla spinta verso flessibilità e storage, mostra che il Paese sta iniziando a costruire davvero le basi di un sistema energetico distribuito, resiliente e sostenibile.
Resta ancora molta strada da fare per colmare il gap con gli obiettivi del PNIEC, ma la direzione è tracciata: un mercato elettrico sempre più rinnovabile, integrato e partecipato, dove le comunità energetiche non sono più un esperimento, ma un tassello fondamentale della nuova economia dell’energia italiana.
Un’energia più condivisa, locale e democratica, in linea con i principi ESG e con la crescente consapevolezza di cittadini e imprese rispetto all’impatto ambientale e sociale del consumo energetico.