Green Building

Edilizia green: nuova vita agli scarti della filiera del riso

È il core business della startup Ricehouse che si propone di riutilizzare i prodotti di scarto della filiera risicola che, oltre ad essere difficili da smaltire, contribuiscono all’inquinamento globale, immettendo nell’atmosfera sostanze tossiche e nocive. E così si fa portavoce di una “architettura rigenerativa”, attraverso cui non solo si costruisce senza un impatto ambientale ma si contribuisce alla sua rigenerazione.

Pubblicato il 29 Mar 2022

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Fondata a Biella nel 2016 dall’architetto Tiziana Monterisi, e dal geologo Alessio Colombo, Ricehouse riutilizza i prodotti di scarto della filiera risicola, da cui ricava intonaci, pitture, pannelli isolanti, seguendo l’idea di un’architettura rigenerativa. Una soluzione che sposa la logica dell’economia circolare applicata all’industria delle costruzioni che dovrà puntare sempre di più sull’impiego di materiali sostenibili per ridurre il suo impatto ambientale.

Un progetto che ha già trovato importanti investitori. Infatti, nel 2021, Ricehouse ha chiuso un round di 600 mila euro nel 2021 grazie ai finanziamenti di fondi ad impatto sociale come Boost Heroes ed Impact Hub, aziende come Riso Gallo, business angel come il club di investitori, Angels4Women e Angels4Impact. Altri significativi investimenti sono stati effettuati da JC Decaux Holding e JC Decaux Spa.

L’obiettivo di Ricehouse è promuovere un cambiamento responsabile ed etico del settore edilizio, partendo da un chicco di riso. Presente ovunque, il riso è infatti un prodotto ad alto impatto ambientale: per ogni tonnellata di riso bianco si producono 1,3 tonnellate di paglia, 200 chili di lolla (è il rivestimento che racchiude il chicco) e 70 chili di pula (il residuo della sbiancatura). Prodotti che oltre ad essere difficili da smaltire, contribuiscono all’inquinamento globale, immettendo nell’atmosfera sostanze tossiche e nocive.

L’obiettivo di Ricehouse: costruire case a impatto 0 rigenerando l’ambiente

Il processo, è molto semplice: si chiede al risicoltore tutto quello che non è commestibile e che viene riconvertito, grazie alla ricerca e alla tecnologia, in materiale da utilizzare nelle costruzioni, contribuendo così allo sviluppo del ConTech in Italia (concetto che nasce dalla crasi di due vocaboli inglesi, Construction e Technology, e viene usato per indicare le applicazioni delle tecnologie digitali nell’industria delle costruzioni, dalla fase di progettazione ai materiali utilizzati).

Da qui l’idea di un’architettura rigenerativa, attraverso la quale non solo si costruisce senza avere un impatto ambientale ma si contribuisce alla sua rigenerazione. In sintesi, si eliminano scarti e si valorizzano gli edifici come risorsa ambientale sostenibile. Sono diversi i materiali edili 100% ecologici che Ricehouse ricava dal riso: intonaco che assorbe la Co2, ecopittura ricavata dalla pula di riso, pannelli isolanti a base di lolla di riso.

Ricehouse è inoltre diventata una società benefit, che ha quindi come obiettivo non solo il profitto ma anche la valutazione degli impatti sulla società e la biosfera e si impegna, nel segno della open innovation, a stringere accordi con aziende di diversi settori interessate a realizzare soluzioni innovative mediante la conversione dei loro siti produttivi.

Immagine fornita da Shutterstock

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