Prospettive

Zootecnia tra PAC e rincari: il futuro delineato da Ismea e Regione Lombardia

Gli allevatori sono alle prese con rincari mai visti di mangimi ed energia, ma i nuovi pagamenti diretti della PAC confermano un importante sostegno alle imprese. Le evidenze emerse nel corso del convegno organizzato da Ismea e Regione Lombardia alla Fiera agricola Zootecnica (FAZI) di Montichiari

Pubblicato il 31 Ott 2022

zootecnia pac

Con i prezzi dei mangimi ai massimi del decennio, e i listini dell’energia schizzati di oltre il 300% in un anno, la zootecnia bovina sta vivendo un’altra stagione molto critica sul fronte delle redditività, nonostante anche il prezzo del latte si posizioni su livelli storicamente molto elevati. Un quadro reso ulteriormente complesso dai timori di una contrazione degli acquisti delle famiglie, zavorrati da un’inflazione che non si vedeva da quasi 40 anni. Di questi temi e delle novità per il settore zootecnico introdotte con il Piano Strategico della PAC 2023-2027 si è parlato durante il Convegno organizzato da Ismea, in collaborazione con Regione Lombardia: “Il futuro delle stalle italiane tra nuova PAC e mercato” nell’ambito della FAZI, Fiera agricola Zootecnica Italiana a Montichiari (BS). 

Zootecnia da latte: cosa cambia con la PAC

La zootecnia da latte è fortemente influenzata dai cambiamenti della PAC, in quanto ha sempre beneficiato di un importante sostegno pubblico, con titoli all’aiuto più elevati della media nazionale. Come ha spiegato il Presidente Ismea, Angelo Frascarelli nel suo intervento, la nuova PAC introduce grandi cambiamenti per le aziende zootecniche da latte. “Fino al 2022 gli allevatori di bovini da latte beneficiavano di tre tipologie di pagamenti diretti: pagamento di base, greening e accoppiato. Dal 1° gennaio 2023, l’allevatore potrà usufruire di quattro tipologie di pagamenti diretti. Se il nuovo pagamento di base porterà a una diminuzione del livello di sostegno e il pagamento greening sarà soppresso, l’allevatore potrà tuttavia beneficiare dell’Ecoschema 1, che orienta l’allevamento verso un minor uso di antibiotici. Inoltre, il sostegno accoppiato conferma lo stesso livello di sostegno in vigore già oggi. I nuovi pagamenti diretti confermano un importante sostegno, che contribuisce alla redditività delle imprese zootecniche da latte, insieme ad un rinnovato orientamento al mercato”.

Lattiero caseario, tra i più esposti all’impennata dei costi dell’agricoltura

Nell’analisi del settore illustrata da Fabio Del Bravo, responsabile della Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale di Ismea, è emerso come il lattiero caseario sia oggi tra i comparti più esposti all’impennata record dei costi di produzione in agricoltura. Negli allevamenti pesano non solo i rincari energetici (+275% l’energia elettrica in Italia, +286% il gas naturale in Europa nei primi nove mesi del 2022), ma soprattutto il capitolo dell’alimentazione del bestiame, che rappresenta oltre la metà dei costi totali di produzione e ha subito forti tensioni al rialzo, esacerbate anche dalla ridotta disponibilità delle materie prime dopo una stagione molto siccitosa.

Secondo le elaborazioni dell’Ismea, il mais nazionale ha raggiunto a settembre i 363 euro a tonnellata, registrando un incremento del 41% su base annua, la farina di soia si è stabilizzata sui 583 euro/t (+29%), e il fieno di erba medica ha toccato sempre a settembre il valore di 361/t (+57%), determinando molto spesso la necessità di rivedere la razione alimentare. L’effetto congiunto tra queste scelte e la perdurante calura estiva è stata una battuta d’arresto della produzione di latte nazionale nei primi sette mesi del 2022, dopo il +3,3% registrato nel 2021 e il +4,5% del 2020, pur con qualche differenza evidente a livello territoriale.

La PAC conferma un importante sostegno alla zootecnia

“L’impatto dei costi sui conti degli allevamenti nazionali e in particolare dei bovini da latte è importante “ha rimarcato Del Bravo. “Complessivamente, secondo l’indice Ismea dei prezzi dei mezzi correnti di produzione, la zootecnia ha avuto un aggravio per l’acquisto degli input del 21% nel periodo gennaio-settembre, che sale al 25% nel caso specifico degli allevamenti di bovini da latte. Per un allevamento medio grande della Lombardia (100 -250 capi) produrre 100 litri di latte costa oggi quasi 51 euro (nel caso di latte non destinato al circuito Dop) e oltre i 53 euro (per la produzione di formaggi Dop). Un anno fa costava rispettivamente 47 euro e 49 euro e andando ancora a ritroso, nel 2020 superava di poco i 47 euro per 100 litri”.

La gestione dei costi correnti ha rappresentato la principale preoccupazione degli allevatori durante l’estate, con un impatto più intenso rispetto al resto dell’agricoltura, secondo quanto emerso poi dall’indagine Ismea sul Clima di Fiducia. Per i prossimi mesi è previsto un ulteriore peggioramento del sentiment degli operatori, nonostante l’aumento della remunerazione del prodotto alla stalla (55 euro/100 litri nel mese di agosto e settembre, +43% rispetto a un anno fa), con la prospettiva di arrivare a dicembre a 60 euro, in base al contratto siglato in Lombardia. La fiducia delle imprese si riaccende solo con riferimento a un orizzonte temporale più lungo, i prossimi due-tre anni, anche se non manca chi prospetta una chiusura dell’attività a causa della bassa redditività, ma anche per raggiunti limiti di età e mancanza di successore.

L’inflazione minaccia la domanda dei consumatori

Un’altra fonte di preoccupazione della filiera è rappresentata dalla domanda finale, in un contesto di forte riduzione del potere di acquisto delle famiglie, alle prese con un’inflazione alle stelle. “Se fino ai primi 8 mesi del 2022, i volumi avevano tenuto – ha spiegato Stefano Galli, Global Clients Director NielsenIQ  – i dati del mese di settembre di NielsenIQ sono un buon punto di partenza per intercettare alcune tendenze della spesa alimentare dei prossimi mesi e misurare l’impatto dell’inflazione sui consumi. Si notano i primi segnali di contrazione dei volumi (-0,8%), più evidenti al Sud (-2,4%), dove si concentra la spesa delle famiglie con minore disponibilità di reddito. Nel caso dei prodotti lattiero caseari, come per altri prodotti di base, pur in presenza di prezzi in crescita a 2 digit si assiste a una buona tenuta dei volumi. Ma non è così per tutti, alcune categorie come ad esempio i formaggi duri e altre referenze, anche appartenenti alle categorie a più bassa elasticità, potrebbero avere forti impatti negativi legati alle scelte dei consumatori e uscire dal carrello della spesa”.

Servono azioni sinergiche tra Regioni, Governo e Ismea

“I numeri sono chiari e certificano una difficoltà oggettiva per le aziende agricole, soprattutto in Lombardia, cuore pulsante della zootecnia italiana ed europea – ha concluso Fabio Rolfi, Assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia – Servirà una interazione forte tra Regioni, Ismea e Governo per mettere in campo azioni concrete di sostegno alle imprese, soprattutto su energia e mangimi. Senza interventi sostanziosi rischiamo nei prossimi mesi una crescita dell’inflazione, un calo dei consumi e la perdita di molte aziende. La chiusura delle stalle comporta danni all’economia, all’ambiente e al patrimonio agroalimentare del Paese. Dobbiamo tutelare la redditività delle imprese”.

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