Da Firenze a Glasgow: per chi vede i temi della trasformazione dei sistemi agroalimentari in diretta relazione con i temi della sostenibilità quello tra la città toscana e la città scozzese è un “viaggio” che ha un doppio significato. In particolare, per un paese a fortissima vocazione agroalimentare come l’Italia la prospettiva di mettere in diretta relazione la capacità produttiva con il rispetto delle biodiversità costituisce una strada obbligata per la difesa e la valorizzazione di tantissimi prodotti.
Il rapporto tra sistemi agroalimentari e sostenibilità
Ma perché si deve guardare a queste due città? A Firenze a settembre è stata firmata dai G20 la Carta della Sostenibilità dei sistemi alimentari mentre in occasione della COP26 di Glasgow ad agricoltura e ai food systems è stato più volte chiesto un impegno speciale sia in termini di riduzione dell’impatto ambientale come contributo all’adattamento ai rischi ambientali legati al climate change. Tra le due città c’è un “ponte” rappresentato dalla consapevolezza che gli obiettivi di sostenibilità visti dalla prospettiva del food impongono una trasformazione dei sistemi di produzione in cui la lotta al climate change si salda con la necessità di garantire la sicurezza alimentare, con il contrasto alla malnutrizione e con la necessità di mettere un freno alla perdita di biodiversità.
In questo senso si collocano gli obiettivi del “Manifesto di Roma 2021 per utilizzare l’agrobiodiversità per la trasformazione dei sistemi alimentari” presentato in occasione dell’International Agrobiodiversity Congress per attuare una trasformazione che sia veramente completa, ovvero che superi lo schema del passato in cui si agiva da una parte sulla produzione, sulla lavorazione e sulla distribuzione, cercando di ottimizzare le risorse e dall’altra sul consumo, cercando di ridurre gli sprechi. La trasformazione dei food system implica un salto di qualità in termini di una protezione e valorizzazione della biodiversità che si può raggiungere grazie a un’agricoltura e a un sistema agroalimentare che lavora anche per modificare i comportamenti, per indirizzare i consumatori verso diete sostenibili.
Mettere l’agrobiodiversità al centro di “nuovi” modelli di produzione
Nel contesto dell’International Agrobiodiversity Congress, da ENEA sono arrivate soluzioni per rendere più sostenibili e resilienti i sistemi alimentari in un percorso che assegna alla ricerca un ruolo fondamentale e che come sottolinea una nota dell’ENEA porta l’attenzione anche sullo sviluppo di soluzioni sostenibili in grado di adottare modelli di bioeconomia circolare per rendere effettivamente concrete le prospettive One Health e per creare una sintesi tra la salute delle persone, la salute degli animali e la salute dell’ambiente.
“Utilizzare l’agrobiodiversità per la trasformazione dei sistemi alimentari: il Manifesto di Roma” sottolinea in particolare tre grandi impegni fondamentali per questa trasformazione
- La necessità di indirizzare il consumo verso diete che siano realizzate pensando ai bisogni nutrivi nel rispetto della sostenibilità, della sicurezza e dell’accessibilità
- Lo sviluppo di una capacità produttiva che sappia creare sistemi alimentari diversi ispirati anche ai criteri della resilienza e della sostenibilità specifica di ciascun territorio
- L’orientamento a recuperare e conservare condizioni di agrobiodiversità a vantaggio dell’ambiente, della capacità produttiva e di diete più sane e sostenibili
Un recupero di sistemi di produzione “nature based”
Si tratta di tre obiettivi e di prospettive che vanno nella direzione di sviluppare e diffondere logiche di sviluppo agroalimentare basate sul concetto di “Nature based solutions”, di creare modelli produttivi, di distribuzione (con filiere corte) e di consumo responsabile sia per le scelte alimentari sia per la riduzione di qualsiasi spreco affinché i sistemi di produzione siano integrati e in grado di integrare produzione e consumo ripensando anche gli stili di vita di territori e città. In questo senso trova spazio la relazione diretta tra agrobiodiversità, sistemi produttivi e distributivi e lo sviluppo di consumi e diete sostenibili con i valori della dieta mediterranea.
I temi della sostenibilità che uniscono Firenze a Glasgow COP26 sono a loro volta contrassegnati da una serie di dati che evidenziano il peso che può svolgere l’industria agroalimentare in questa sfida. Le pratiche agricole sono responsabili, ad oggi, di qualcosa come il 70% di consumo di acqua dolce, rappresentano un terzo delle emissioni globali di gas serra di origine antropica e purtroppo sono anche una delle cause della perdita di biodiversità ,quando al contrario dovrebbero rappresentare uno strumento di difesa e valorizzazione. I sistemi alimentari devono pertanto essere in grado di nutrire un pianeta in crescita demografica e ridurre il fenomeno della malnutrizione. Per queste sfide non basta il modello basato sul “consumo di risorse” che mostra tutti i propri limiti; le pratiche e modelli basati sull’agrobiodiversità possono permettere di restituire ai territori modelli alimentari capaci di fare riferimento alla ricchezza di colture, piante, animali e microrganismi specifici di ogni luogo e a sistemi di produzione alimentare e di coltivazione che tengano conto primariamente di queste specificità.
Ma perché questo possa avvenire occorre creare e sostenere una domanda di cibo che indirizzi queste produzioni mettendo in diretta relazione i bisogni nutritivi con la capacità produttiva e le forme di agrobiodiversità che possono favorire produzioni locali nel rispetto del clima, della cultura alimentare e dell’evoluzione dei bisogni in termini di crescita della popolazione e di aumento dei livelli di sicurezza alimentare. Un percorso che impone di ridisegnare le catene del valore agroalimentari in modo garantire questi obiettivi e per sostenere nello stesso tempo le economie locali.
Using Agrobiodiversity to Transform Food Systems: The 2021 Rome Manifesto: per leggere il documento originale vai QUI