Con il cambiamento climatico la sostenibilità ambientale è un tema di Risk Management

In occasione del Convegno ANRA 2019 con “Nessuna impresa è un’isola: come affrontare i cambiamenti climatici” si è analizzato come costruire un’efficace resilienza e una strategia di Risk Management di fronte a manifestazioni climatiche imprevedibili

Pubblicato il 12 Ott 2019

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Le imprese devono fare i conti con i cambiamenti climatici, in qualsiasi parte del mondo si trovino e a qualunque settore di business appartengano. Il 2018 è stato l’anno più caldo in assoluto in Italia, il quarto a livello globale. Il riscaldamento globale o global warming, con cui si intente l’aumento della temperatura media globale di 1 grado correlato allo scatenarsi di fenomeni atmosferici estremi, è avvenuto con una velocità inaudita nel corso degli ultimi decenni tanto che nella classifica dei dieci anni più caldi ci sono solo quelli dopo il 2000 a parte il 1998.

L’innalzamento del livello del mare, l’incremento delle ondate di calore, dei periodi di intensa siccità e delle alluvioni, l’aumento per numero e intensità delle tempeste e degli uragani. Fenomeni catastrofici che hanno e avranno un impatto su milioni di persone, con effetti ancora maggiori su chi vive nelle zone più vulnerabili e povere del mondo, danneggiando la produzione alimentare e minacciando specie di importanza vitale, gli habitat e gli ecosistemi.
La comunità scientifica attribuisce in larga misura tale mutamento alle emissioni nell’atmosfera terrestre di crescenti quantità di gas serra (con conseguente incremento dell’effetto serra) e ad altri fattori imputabili all’attività umana. La causa è quindi antropica e non naturale.

Eppure, le emissioni di gas serra stanno aumentando più rapidamente del previsto con effetti che si stanno palesando prima di quanto si potesse supporre. Negli ultimi 400 mila anni non si è mai avuta una concentrazione simile a quella di ora, bisogna tornare indietro di 3 milioni di anni. Lo scorso maggio si è raggiunto il valore record di 415 parti per milione e facendo il conto di tutte le emissioni del mondo, paese per paese, ogni anno immettiamo in atmosfera circa 53 mila miliardi di kg di CO2, peso pari a più di 5 milioni di Torri Eiffel oppure di 350 mila navi da crociera. Ed è ormai evidente che il climate change ha un impatto diretto sui temi della sostenibilità ambientale.

Cambiamento climatico e cambiamento dell’ambiente

“Il cambiamento climatico è emergente e deve rientrare immediatamente nelle valutazioni di business, di governi e aziende. Tutti dobbiamo ragionare sull’impatto ambientale di ciò che stiamo andando a fare ragionando sui dati meteo-climatici e gli scenari che la scienza ci dipinge e bisogna farlo subito. In caso contrario, nel prossimo futuro il problema non sarà ridurre le emissioni di CO2, bensì quello di trovarsi a gestire i disastrosi impatti ambientali e la frequenza repentina di fenomeni meteo-estremi” ha dichiarato Serena Giacomin, Centro Epson Meteo Meteorologist and President Italian Climate Network in occasione della ventesima edizione del Convegno ANRA “Sulle Ali del Risk Management” tenutosi a Milano il 3 ottobre.

Durante la Tavola rotonda “Nessun impresa è un’isola: come affrontare i cambiamenti climatici” Giorgio Buzzi, Vice President Gruppo Lucefin e Fabrizio Tucci, Chief Risk Officer Gruppo Iren hanno delineato gli effetti dei cambiamenti climatici nel settore dell’industria siderurgica e delle multiutility sottolineando nel primo caso l’impatto economico dei disastri naturali e nel secondo caso il ruolo del Risk Manager nel ridefinire business model e piani industriali in ottica di adattamento sostenibile.

L’impatto socio-economico del cambiamento climatico

L’aumento dei costi dovuti al cambiamento climatico è evidente. Negli ultimi vent’anni le perdite economiche sono aumentate del 151%, il 91% dei disastri naturali è legato a eventi meteo estremi, l’impatto economico dei disastri naturali nel 2017 ammontava a 306 miliardi di dollari. Se non sottoposta ad un rigido controllo, è probabile che l’emergenza climatica continui ad avere sempre più ricadute a livello economico, politico e sociale, con implicazioni per la sicurezza alimentare e idrica, la salute, la migrazione e i conflitti, ma anche cambiamenti culturali e comportamentali (ad esempio, l’improvviso spostamento dell’opinione dei consumatori sulla plastica o le opinioni degli investitori sui combustibili fossili). I cambiamenti climatici avranno anche importanti conseguenze per la regolamentazione e la responsabilità. I regolamenti e gli obiettivi in materia di emissioni stanno già plasmando settori come quello dell’aviazione e del trasporto marittimo, mentre i crescenti requisiti in materia di comunicazione e divulgazione dei cambiamenti climatici aumenteranno le esposizioni per direttori e funzionari.

Giorgio Buzzi, Vice President Gruppo Lucefin

Giorgio Buzzi, Vice President Gruppo Lucefin spiega come la società specializzata nel settore siderurgico nella produzione e distribuzione di barre in acciaio finite a freddo, laminate e forgiate si avvalga di tecnologie e modelli matematici per riuscire a prevedere le variazioni nei prossimi anni e i consumi nell’azienda. “Certo è che l’aspetto di sviluppo industriale del mondo va tenuto in considerazione. Viviamo in un ambiente che non riusciamo a gestire attualmente, Italia e Europa stanno analizzando i rischi e cercando di emettere meno C02 nonostante i vincoli restrittivi imposti dalla Commissione Europea in materia risultano inadeguati rispetto al processo tecnologico che non riesce evidentemente a stare al passo, gli altri paesi lo fanno limitatamente e non hanno questi parametri. Il rischio più grosso è quello che resteremo fuori dal mercato, con un crollo economico non indifferente. Abbiamo il rischio che scoppi un’altra crisi socio-economica” ha affermato.

Il caso delle Multiutility di fronte all’emergenza dei cambiamenti climatici

Fabrizio Tucci, Chief Risk Officer Gruppo Iren

Che il cambiamento climatico rappresenti un rischio emergente, lo sostiene anche Fabrizio Tucci, Chief Risk Officer Gruppo Iren, che afferma come guardando al ranking dei Top Risk a livello nazionale e internazionale, molti di questi siano associabili al tema dei cambiamenti climatici.

Nello specifico delle multiutility, subiscono forti impatti dai cambiamenti climatici considerando la natura degli stakeholder (ambiente, istituzioni, comunità e territorio, azionisti e finanziatori, fornitori, clienti, personale, generazioni future) e il fatto che elementi come energia e acqua costituiscono fattori produttivi trattati e trasformati per erogare i servizi essenziali ai cittadini e fattori produttivi per i processi dei clienti business. Oltre agli asset e ai processi, il settore risente in particolar modo dell’effetto dei target di riduzione degli impatti ambientali. Per quanto concerne il settore Energy, c’è una forte aspettativa e molti sono gli obiettivi sfidanti in termini di efficienza energetica, emissioni e energie rinnovabili che giungono sia dalle normative nazionali che internazionali per far fronte all’emergenza climatica.

L’entità dei rischi correlati ai cambiamenti climatici: fisici e da transizione

In generale come le altre industry, le utility e in particolare multiutility devono fronteggiare incremento dei costi operativi, asset impairment, write offs e riduzione della domanda di beni e servizi. Trattandosi di multiutility e quindi avendo a che fare con una moltitudine di attività che riguardano produzione di energia elettrica e calore, distribuzione e vendita di energia elettrica, gas e calore (teleriscaldamento), ciclo idrico integrato, raccolta-recupero-trattamento e smaltimento di rifiuti, la difficoltà consiste soprattutto nella numerosità di questi compiti e nel mixed-business di categorie che solo apparentemente sono simili. Nel valutare i rischi, è necessario lavorare molto nel dettaglio considerando le diverse categorie di impianti, il risk assessment non si può replicare e sicuramente serve un lavoro di strutturazione organico.

Secondo le “European Commission’s new guidelines on reporting climate change related information”, pubblicate a giugno 2019, i rischi da cambiamenti climatici sono classificabili in:

  1. Rischi fisici derivanti da effetti fisici del cambiamento delle condizioni climatiche, distinti in:- Rischi fisici acuti: da eventi naturali catastrofici specifici (ad es. alluvioni, incendi, frane ecc.)
    – Rischi fisici cronici: da cambiamenti climatici a lungo termine (ad es. innalzamento medio delle temperature, innalzamento del livello del mare, scarsità d’acqua ecc.)
  2. Rischi da transizione a un’economia sostenibile e low-carbon come:
    • Rischi di Compliance, Regulation, Policy e Legali, reputazionali
    – Direttiva 2010/31/EU (target performance energetiche nell’edilizia)
    – Direttiva 2009/125/EC (specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia: “eco-design”)
    – Direttiva 2012/27/EU (efficienza energetica)
    – Possibili sanzioni e danno reputazionale
    • Rischi Tecnologici:
    – Maggiore competizione per tecnologie che riducono le emissioni secondo limiti imposti
    – Maggiori costi R&D e investimenti
    • Rischi di Mercato:
    – Domanda che si sposta da prodotti non sostenibili e prodotti eco-friendly
    – Maggior volatilità dei ricavi dovuta a cambiamento della domanda
    – Necessità di adeguare il business model

Le aziende davanti al cambiamento climatico: come integrare il rischio nelle strategie aziendali

Fra le strategie messe in atto dalle aziende si riconoscono sostanzialmente: misure di protezione degli asset dagli impatti dei cambiamenti climatici e azioni destinate alla riduzione dei propri impatti ambientali. I cambiamenti climatici costituiscono un rischio di natura strategica. Di conseguenza, la capacità di risposta ai cambiamenti climatici adeguando il modello di business è diventata un fattore competitivo, specie per le utility. La capacità di risposta deve partire dall’elaborazione delle strategie aziendali, dunque dal business plan.

Le grandi sfide del settore richiedono un forte impegno collettivo e uno sforzo congiunto che coinvolge tutte le aree aziendali nel comprendere e valutare in un’ottica prospettica gli impatti dei cambiamenti climatici. Per poter gestire il rischio, è possibile fare uso della strumentazione classica in termini di metodi della pratica quotidiana come progettare risk maps, disegnare policy interne per individuare i ruoli in azienda, quali sono i driver da misurare, le modalità di funzionamento interno all’azienda, ma anche trovare alleati, corporate social responsability, finance, investor relation, aree tecniche, operation.

“È necessario che il cambiamento climatico venga incluso nelle strategie aziendali: è un po’ questo il compito del risk manager e il salto di qualità consiste nel far capire ai decision taker che è un rischio di natura strategica, rispetto al quale le aziende devono acquisire consapevolezza,anche perché se non si cambia il business model si faticherà a restare sul mercato. E noi l’abbiamo fatto con i piani strategici: la presa di coscienza passa attraverso una serie di impegni precisi in termini di impatti e obiettivi che si aggiungono a quelli tradizionali” ha concluso Tucci.

Cosa può fare la scienza per prevenire e ridurre le emergenze climatiche

Tante sono le opere di mitigazione e adattamento da mettere in atto e che devono necessariamente rientrare nell’agenda delle forze politiche in campo in maniera trasversale. Gli impegni attualmente presi dai paesi evidentemente non sono sufficienti. Per tutelare il nostro ambiente, bisogna affrontare il problema e comprenderlo.

Serena Giacomin, Centro Epson Meteo Meteorologist and President Italian Climate Network

“E in questo senso, corre in aiuto la scienza con le evoluzioni fatte negli ultimi anni. Si dispone infatti di modelli di previsione metereologica a breve termine con indice di affidabilità superiore rispetto a quello di 10 anni fa, sicuramente utili a prevenire qualche danno anche se non a fermarlo. E poi occorre calcolare gli scenari in termini di risorse che l’industria stessa utilizza e quindi redigere piani di sostenibilità che includano i dati meteo-climatici e che prevedano come impostare la propria strategia di business rispetto alla stima delle risorse idriche che non esauriranno. Bisogna aggiornarsi perché la scienza e i dati meteo-climatici possono essere uno strumento molto potente” ha dichiarato Serena Giacomin.

Immagine fornita da Shutterstock

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