Ricerche

Sette anni per autorizzare un impianto da fonti rinnovabili: obiettivi del PNIEC lontani

Secondo una ricerca condotta da Althesys ed Elettricità Futura, a rischio ci sono benefici per il Sistema Italia stimabili in circa 100 miliardi di euro da qui al 2030

Pubblicato il 28 Giu 2021

Energia eolica

Come noto, l’Italia è in ritardo rispetto al target di decarbonizzazione al 2030, tanto che – stanti i ritmi attuali di realizzazione dei nuovi impianti da fonti rinnovabili – gli obiettivi non saranno raggiunti. La conferma arriva dallo studio “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti” presentato da Elettricità Futura, associazione delle imprese elettriche italiane, e realizzato in collaborazione con Althesys. Tra le principali ragioni vi sono le complessità e le durate eccessive dei processi autorizzativi, che hanno frenato, o addirittura bloccato, molti progetti: da questo punto di vista, la ricerca evidenzia che un processo autorizzativo ha una durata media di 7 anni, di oltre 5 anni oltre i limiti di legge. La nuova Direttiva Rinnovabili, da recepire entro giugno 2021, chiede infatti il rispetto del limite di due anni per questi procedimenti. Inoltre, l’indagine evidenzia che il 46% dei progetti presentati non viene realizzato, probabilmente perchè i business plan degli operatori non sono in grado di sopportare ritardi così clamorosi. La paura di perdere tempo e denaro è qualcosa che spiega gli ultimi esiti deludenti delle aste ex D.M. FER 1, che mettevano in palio incentivi che potrebbero sostenere la ripartenza del settore.

Investimenti a rischio

Secondo Althesys ed Elettricità futura, le ragioni di queste tempistiche sono evidenti: la molteplicità delle istituzioni coinvolte e la mancanza di un soggetto competente unico e centralizzato in grado di gestire interamente il procedimento genera un sistema farraginoso, complesso e stratificato, nel quale manca un adeguato coordinamento delle attività e un’unicità di indirizzo. Se questa situazione permanesse nei prossimi anni, si assisterebbe con tutta probabilità al mancato raggiungimento degli obiettivi del Green Deal avrebbe impatti molto negativi sul sistema energetico economico italiano, in termini di competitività delle imprese, qualità della vita, oneri per i consumatori, oltre che sull’ambiente e sulla salute. I benefici a rischio sono stimati dallo studio in un totale di circa 100 miliardi di euro al 2030, dall’insieme di ricadute dirette in Italia degli investimenti, gli effetti netti sul sistema economico e la riduzione delle emissioni.

Le cose da cambiare

Secondo Althesys ed Elettricità futura, dunque,  occorre agire sulle procedure autorizzative, emanando i decreti attuativi del D.L. «Semplificazioni» e del Codice  degli Appalti, attuando la Direttiva Rinnovabili 2018/2001 e rivedendo la normativa VIA. Istituendo, inoltre, una fast track per determinati impianti di pubblica utilità (urgenti e indifferibili), estendendo l’utilizzo della Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) e migliorando le misure e i percorsi specifici per il rinnovamento degli impianti esistenti.
Sul fronte governance e istituzioni, occorre garantire il coordinamento tra procedure ed enti, l’uniformità dei procedimenti
regionali e istituire un organismo centrale per attuare il PNIEC. Un’accelerazione delle procedure deve, poi, venire dalla
digitalizzazione e dalla disponibilità di maggiori competenze e risorse umane.

“Una Pubblica Amministrazione più efficiente permetterà di avviare nuovi investimenti, ridurre le emissioni di CO2, creare posti di lavoro e tutelare il nostro Paese dall’emergenza climatica – dichiara Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura -. Il DL Semplificazioni in fase di conversione in queste settimane, se migliorato, sarà un passo importante per raggiungere gli obiettivi del Green Deal 2030, salvaguardando l’ambiente e il paesaggio”.

“Lo studio – sottolinea l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys – evidenzia che va ripensato l’intero sistema di governance, garantendo il coordinamento tra i diversi enti e l’uniformità dei procedimenti regionali, anche con un organismo centrale per attuare il PNIEC. Serve poi un potenziamento del burden sharing, definendo quali siano le aree non idonee per la costruzione degli impianti. Infine, va aumentato il consenso verso le rinnovabili, coinvolgendo le comunità locali.”

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