Leading sustainability

CEO e sostenibilità: Murphy, la trasformazione sostenibile è una questione di leadership

L’autore di “Sustainable Leadership” indaga il rapporto tra CEO e sustainability e porta l’attenzione sulla necessità di portare la sostenibilità nel core business delle imprese, di rispettare gli standard, di misurare, controllare e rendicontare i risultati in tutte le loro declinazioni

Pubblicato il 21 Set 2022

Clarke Murphy, former CEO of Russell Reynolds Associates e autore di "Sustainable Leadership"

Guidare una azienda vuol dire oggi più che mai guidare la propria organizzazione al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. La sostenibilità e l’ESG non possono più essere vissuti come un adempimento, al contrario sono sempre di più fattori che incidono sul risultato economico delle aziende, che qualificano il loro impatto e che esprimono valore nel momento in cui diventano parte integrante del core business. Il rapporto tra sustainability e CEO non è più solo un tema di deleghe, ma è una questione strategica che investe direttamente la leadership dell’azienda. Ne abbiamo parlato con l’autore di “Sustainable Leadership”: Clarke Murphy, former CEO of Russell Reynolds Associates. (QUI per maggiori informazioni sul libro e sull’autore)

Murphy è un esperto di leadership convinto che i dirigenti aziendali abbiano il potere di cambiare il nostro mondo in meglio. Nel suo lavoro alla Russell Reynolds Associates, ha focalizzato il proprio impegno nella definizione di strategie di leadership con particolare attenzione alle modalità attraverso le quali i CEO aziendali stanno affrontando l’agenda della sostenibilità. La passione di Murphy per la sostenibilità arriva anche a causa di un incidente avvenuto durante una traversata atlantica quando ha dovuto affrontare una situazione drammatica che lo ha indotto a spingere il proprio impegno in favore di azioni e progetti che permettano di ridurre l’impatto delle attività dell’uomo sul pianeta.  

Partiamo dal rapporto tra CEO e sostenibilità: a che punto siamo oggi in particolare per quanto attiene la sensibilità e l’attenzione verso la misurazione delle performance?

Va detto subito che la sostenibilità è molto difficile da “deliverare”, è una sfida tosta. Ai CEO che guidano oggi le imprese non è stato insegnato come misurare e come rendicontare i risultati che qualificano la sostenibilità di un’azienda. Non hanno avuto lo stesso background che hanno invece ricevuto per quanto attiene alla dimensione finanziaria dei risultati aziendali, che sono ovviamente al centro dei percorsi di studio di tutte le business school. Il fatto di allontanarsi da una “comfort zone” può rappresentare un limite e un ostacolo per alcuni CEO.

C’è dunque un tema di formazione alla sostenibilità, che però in molti hanno già superato?

Ci sono figure che possiamo ben definire sustainable leaders, che hanno fissato obiettivi molto chiari sia nel breve che nel medio e lungo termine. Si tratta di leader che hanno avuto il coraggio di indirizzare tutta la loro workforce al raggiungimento di questi obiettivi e hanno plasmato la loro organizzazione in questo senso. In queste realtà, ci sono stati interventi a livello di management, di revisione dell’organizzazione, di compensi, di bonus legati al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Per questi CEO la sostenibilità è diventata il lavoro di ogni giorno per tutti.

La prima regola dunque è fare della sostenibilità una sfida di tutta l’azienda?

Certamente, i CEO devono fissare grandi aspettative e devono creare un clima di mobilitazione e motivazione generale, dai lavoratori nelle operations quotidiane ai capi dipartimento sino ai dirigenti della C-suite, tutti ,senza nessuna eccezione, devono contribuire a realizzare la visione di sostenibilità dell’azienda.

In “Sustainable Leadership” Clarke Murphy analizza le esperienze e le strategie di oltre 35 CEO di aziende internazionali tra cui Adidas, Heineken, Maersk, Mahindra Steel per dimostrare come l’azione per la sostenibilità sia una componente assolutamente strategica nella guida di ogni azienda.

Come giudica il livello di conoscenza e di attenzione dei CEO rispetto ai tools e alle piattaforme per misurare la sostenibilità?

Dobbiamo partire da una considerazione fondamentale e ben nota: ciò che viene misurato può essere gestito. Le metriche di business aziendali sono pertanto fondamentali per verificare, mostrare, raccontare, e rendicontare i progressi nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. Il problema oggi è che non ci sono ancora metriche standardizzate per valutare le prestazioni di sostenibilità che siano valide per le aziende di tutti i settori. Questa è una sfida determinante che deve stare sul “tavolo dei CEO”. Non solo, il problema è che oggi aziende dello stesso settore con modelli di business e condizioni di mercato simili stanno facendo fatica a trovare un accordo su queste metriche. C’è tanto lavoro da fare e i CEO devono porre la massima attenzione a questo tema.

Perché le metriche sono così importanti?

Perché nulla può mettere in discussione i più grandi sforzi nel raggiungimento di obiettivi di sostenibilità quanto i rischi di mancanza di credibilità tra stakeholder, investitori e mercati. Dati incompleti o non affidabili, la mancanza di accordo sulle metodologie e sui criteri di misurazione e di valutazione rischiano di portare, come è successo, ad accuse di greenwashing o di mislabeling o ancora di miss-selling.

Che scenario abbiamo davanti?

Va detto, ed è un messaggio incoraggiante, che sta prendendo forma un framework di standard di misurazione. Ad esempio durante il Summit sull’impatto dello sviluppo sostenibile del World Economic Forum nel 2021, una coalizione di oltre 50 multinazionali ha annunciato la co-creazione di un sistema di metriche complete che è stato anche definito come stakeholder capitalism metrics (QUI per maggiori informazioni n.d.r.) con una serie di dataset e di riferimenti che permettono di effettuare comparazioni tra aziende di diversi settori attive in aree diverse del pianeta.

Che messaggio manda ai CEO e alle imprese?

Un messaggio molto semplice e molto concreto: più velocemente effettuiamo progressi nell’ambito della misurazione della sostenibilità più velocemente i CEO potranno adottare questi strumenti per prendere decisioni più consapevoli e più velocemente la comunità economica e imprenditoriale potrà svolgere un ruolo attivo e incisivo.

Misurare è un fattore abilitante, ma non si può stare ad aspettare…?

Assolutamente. I CEO devono prestare la massima attenzione all’evoluzione dei sistemi di misurazione in relazione alle industrie in cui operano, ma nello stesso tempo devono procedere con le riflessioni e le decisioni legate alle azioni da intraprendere per raggiungere obiettivi di sostenibilità. Ciò che conta oggi, accanto al lavoro sulle metriche e sugli standard, è proprio nella capacità di azione su specifici sustainability targets che devono rientrare nella visione dell’intera azienda. Ed è poi importante condividere, pubblicare, comunicare i risultati di questi progetti.

Che ruolo svolge oggi l’ESG nel processo decisionale dei CEO?

Non ci può essere una sustainability action senza sustainability leader, questo significa che c’è la necessità di CEO e C-Level che uniscano visione, coraggio e grinta per ripensare completamente il business dell’azienda in tutte le sue dimensioni: nella strategia, nelle operations, nella cultura. L’ESG aiuta ad andare in questa direzione. Non è più il tempo di “parlare di sostenibilità” adesso occorre agire, occorre saper integrare la sostenibilità nelle strategie e nelle operations e farla diventare una componente determinante del purpose aziendale. La sostenibilità deve essere una “cosa viva” che si respira, si vede, si ascolta e si percepisce in ogni funzione e in ogni attività.

E questo sta accadendo?

Non ancora, ma siamo sulla strada giusta. In una nostra ricerca abbiamo intervistato oltre 900 C-level in 11 mercati diversi e abbiamo constatato che solo il 51% considera il proprio CEO veramente committato sulla sostenibilità con risultati concreti. (QUI per consultare la ricerca e scaricare il report n.d.r.).  Quando poi abbiamo chiesto loro quali sono le driving force della loro azienda che spingono verso la sostenibilità abbiamo scoperto che nel 45% dei casi i C-level sono motivati da tematiche reputazionali. Abbiamo cioè rilevato che c’è il desiderio di arrivare ad essere percepiti come socialmente responsabili e come imprese attive per differenziarsi dalla concorrenza sui temi della sostenibilità. Purtroppo, solo il 21% parla di creazione di valore sostenibile. Questo significa che la strada per portare la sostenibilità al centro del core business è ancora lunga, e si raggiunge solo se obiettivo è accompagnato da un decision making veramente sostenibile.

Guardiamo anche alla situazione geopolitica attuale, la crisi energetica e le grandi tensioni in internazionali stanno riducendo il commitment dei CEO sui temi della sostenibilità?

Il mondo gira più veloce che mai e per i CEO le sfide si sommano e si sovrappongono. È indubbio che ci sia il rischio di veder la sostenibilità scendere nell’agenda delle priorità aziendali, tuttavia sappiamo anche che è esattamente questo il tempo per agire con più determinazione.

Per quali ragioni?

Anche per pragmatismo. Per tanto tempo abbiamo sentito ripetere che la sostenibilità è in contrasto con la profittabilità, che erano due obiettivi che “non potevano stare assieme”. Ma oggi sappiamo bene che non è così, ci sono tantissimi esempi di imprese che stanno ottenendo eccellenti risultati di business grazie alla sostenibilità. Quando fa parte delle strategie aziendali, la sostenibilità spinge le performance di business e non a caso, gli investitori guardano con sempre maggior favore a modelli di business sostenibili. Non possiamo poi non aggiungere che i migliori talenti tendenzialmente preferiscono lavorare per sustainable businesses e un crescente numero di consumatori indirizza le proprie scelte verso aziende focalizzate su questi obiettivi. In concreto possiamo ben dire che la sostenibilità apre nuovi mercati.

C’è anche il rapporto tra sostenibilità e risk management?

Certo, un altro aspetto oggi più che mai importante riguarda la resilienza delle imprese più sostenibili. Nel momento in cui la global economy si rivela sempre più volatile, le aziende che hanno scelto di dare priorità ai valori della sostenibilità si rivelano come più resilienti, più attrezzate ad affrontare i nuovi rischi. In una delle nostre ricerche, che in questo caso ha coinvolto più di 1500 business leaders su 46 mercati, abbiamo constatato che i C-level di imprese con un piano di sostenibilità in corso hanno il 19% di probabilità in più di presentarsi preparate davanti alle incertezze dei mercati. Nello stesso tempo abbiamo constatato che le imprese che hanno scelto di focalizzarsi sulla sostenibilità da qualche anno stanno vedendo i risultati di questa scelta in termini di fatturato e di profitti. (QUI per approfondire l’analisi della ricerca n.d.r.).

Come sta cambiando in questo scenario il concetto di valore?

La sostenibilità è una delle più importanti leve di generazione di valore degli ultimi dieci anni. Questo ha un impatto determinante anche sulla leadership delle imprese, sul ruolo del CEO. Non si possono portare solo risultati finanziari, qualsiasi CEO in qualsiasi settore deve portare a tutti gli stakeholder, agli investitori naturalmente, ma anche ai dipendenti, ai clienti, alle comunità in cui opera, una visione concreta dell’impatto della propria organizzazione.

C’è un rischio all’orizzonte di un sustainability divide?

C’è questo rischio e per i CEO c’è il rischio di trovarsi dalla parte sbagliata di questo divide.

Approfondisci con la lettura delle strategie e delle esperienze di sustainability manager  di importanti aziende e organizzazioni.

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Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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