In un’epoca segnata da trasformazioni rapide e costanti, lo skill gap – ossia il divario tra le competenze disponibili e quelle richieste dal mercato del lavoro – rappresenta una delle sfide più urgenti per imprese, istituzioni e lavoratori. A livello globale, milioni di ruoli stanno infatti cambiando sotto la spinta dei processi di digitalizzazione e dei modelli di sostenibilità aziendale. Tuttavia, l’offerta formativa e le politiche occupazionali faticano a tenere il passo.
Secondo recenti analisi, lo skill gap non solo rallenta la crescita economica, ma mina anche la capacità delle organizzazioni di attuare le proprie strategie ESG e di competere in un mercato sempre più orientato alla trasformazione digitale. In Italia, il fenomeno è aggravato da un mismatch cronico tra formazione accademica e mondo del lavoro.
In questo articolo esploreremo che cosa si intende per skill gap, perché è un problema strategico, quali sono i dati più rilevanti nel contesto italiano e come superare questa frattura attraverso tecnologie digitali, reskilling e un approccio sostenibile e inclusivo al capitale umano.
Cos’è lo skill gap e le ragioni del divario
Il mondo del lavoro sta evolvendo a una velocità sempre più sostenuta, mentre molti sistemi educativi faticano a sostenere questi cambiamenti. I giovani che terminano il loro percorso scolastico si trovano a dover affrontare un contesto professionale profondamente trasformato da tecnologie avanzate, automazione e intelligenza artificiale. Tuttavia, molti di loro non possiedono ancora le competenze digitali necessarie non solo per adattarsi a questo nuovo scenario, ma per diventarne veri protagonisti.
La crescente distanza tra le competenze richieste dalle imprese e quelle effettivamente disponibili sta generando effetti critici su produttività, occupazione e innovazione. Comprendere cos’è lo skill gap, quali ne sono le cause e perché rappresenta una minaccia (ma anche un’opportunità) per il futuro del lavoro è il primo passo per affrontarlo in modo strategico. In questa sezione, analizziamo il significato del termine e il suo impatto sul contesto globale.
La definizione di skill gap
Con il termine skill gap si identifica il divario tra le competenze richieste da aziende e organizzazioni e quelle effettivamente possedute da lavoratori, candidati o interi settori professionali. Questo scarto può manifestarsi in due direzioni:
- Hard skill: competenze tecniche e specialistiche, come la programmazione, l’analisi dei dati, l’utilizzo di software specifici, la conoscenza di tecnologie emergenti (come artificial intelligence, blockchain, cybersecurity).
- Soft skill: competenze trasversali e relazionali, come la capacità di comunicare, il pensiero critico, la leadership, l’adattabilità e il problem solving.
Lo skill gap può emergere sia in fase di selezione del personale, che all’interno di organizzazioni in trasformazione, dove i dipendenti non riescono a tenere il passo con le nuove richieste imposte dal mercato o dall’adozione di nuove tecnologie.
Un fenomeno globale in crescita
Lo skill gap è un problema che riguarda tutti i settori e tutti i Paesi, ma assume caratteristiche diverse a seconda del contesto economico, del livello di digitalizzazione e delle politiche pubbliche in materia di istruzione e lavoro.
Le cause principali dell’ampliarsi del divario sono molteplici:
- Digitalizzazione accelerata: l’adozione di tecnologie come intelligenza artificiale, big data, automazione e cloud computing ha trasformato radicalmente le competenze richieste nel mondo del lavoro.
- Transizione ecologica: la spinta verso la sostenibilità ha generato la nascita di nuovi “green job”, spesso senza una forza lavoro adeguatamente formata.
- Invecchiamento della forza lavoro: in Paesi come l’Italia, una parte significativa dei lavoratori non ha accesso a percorsi di aggiornamento professionale continui.
- Ritardo del sistema educativo: scuole e università spesso non riescono a preparare gli studenti con competenze realmente aderenti al mercato del lavoro.
Questo scenario genera un paradosso: milioni di disoccupati, ma anche milioni di posti vacanti per mancanza di candidati con skill adeguate. Secondo il rapporto del McKinsey Global Institute (MGI) intitolato Jobs Lost, Jobs Gained: Workforce Transitions in a Time of Automation, entro il 2030 tra 75 e 375 milioni di lavoratori nel mondo – ovvero fino al 14% della forza lavoro globale – dovranno cambiare categoria professionale o acquisire nuove competenze per rispondere alle esigenze imposte da automazione, intelligenza artificiale e cambiamenti strutturali del mercato del lavoro.
Lo skill gap non è un problema isolato, ma un fenomeno globale, acuito da innovazioni tecnologiche, transizione ecologica e cambiamenti nei modelli organizzativi. L’urgenza della twin transition sta creando nuove esigenze professionali che molti lavoratori non sono ancora in grado di soddisfare.
Perché lo skill gap è un problema strategico per aziende e società
Il divario di competenze non è solo una questione occupazionale: è una minaccia per la crescita, la competitività e la sostenibilità del sistema economico. In un contesto in cui l’innovazione corre più velocemente della capacità di adattamento della forza lavoro, lo skill gap frena lo sviluppo delle imprese e rischia di amplificare le disuguaglianze sociali.
Le aziende non riescono a trovare i profili di cui hanno bisogno, mentre milioni di persone restano escluse dal mercato del lavoro per mancanza di competenze aggiornate. La conseguenza è un doppio fallimento: da un lato rallenta la trasformazione digitale ed ecologica, dall’altro mina la coesione sociale.
Analizziamo ora perché lo skill gap è un problema strutturale e quali sono i suoi impatti economici e sociali più rilevanti.
Impatti economici e produttivi
Il divario di competenze rappresenta oggi un ostacolo concreto alla crescita economica e alla competitività delle imprese. In uno scenario dominato dalla trasformazione digitale, molte aziende dichiarano di non riuscire a trovare candidati con competenze tecniche adeguate per ricoprire ruoli chiave, soprattutto nei settori a più alto tasso di innovazione come:
- STEM (science, technology, engineering, mathematics)
- Information Technology e cybersecurity
- Analisi dei dati e intelligenza artificiale
- Green economy e sostenibilità operativa
Stando al Future of Jobs Report 2025, condotto dal World Economic Forum, il 63% delle aziende intervistate considera lo skill gap la principale barriera alla trasformazione aziendale. Questo divario di competenze non riguarda solo le tecnologie emergenti come l’AI, il big data e la cybersecurity, ma anche le soft skill quali pensiero critico, resilienza e capacità collaborativa.
La carenza di talenti comporta una serie di rallentamenti strategici, tra cui:
- Riduzione della produttività e dei margini operativi
- Ritardi nei processi di innovazione tecnologica
- Difficoltà nell’implementazione di nuove soluzioni digitali
- Maggiori costi di selezione, formazione e retention
E considerando che – come segnalato dal WEF – quasi il 39% delle competenze attuali sarà sostanzialmente ridefinito entro il 2030, le imprese dovrebbero già muoversi adesso e investire in upskilling e reskilling.
Nel lungo periodo, infatti, il mancato adeguamento delle competenze interne può compromettere la resilienza aziendale e limitare la capacità dell’impresa di rispondere a crisi, evoluzioni del mercato o richieste nel panorama ESG.
Implicazioni sociali e occupazionali
Lo skill gap non ha solo ripercussioni economiche, ma rappresenta una questione sociale di rilevanza sistemica. Quando le competenze richieste non coincidono con quelle disponibili, si crea un fenomeno di disoccupazione strutturale: le imprese cercano figure che non esistono (o non esistono in numero sufficiente), mentre milioni di persone restano escluse dal mercato del lavoro.
In particolare, sono penalizzati:
- Giovani che non trovano un primo impiego perché non formati sulle reali esigenze del mercato
- Lavoratori over 50, spesso poco coinvolti nei programmi di aggiornamento professionale
- Donne, ancora sottorappresentate nei settori digitali e STEM
- Residenti in aree periferiche o meno connesse, con scarsa accessibilità a percorsi formativi innovativi
Questo scenario accentua le disuguaglianze sociali ed economiche e ostacola i processi di inclusione, uno dei pilastri fondamentali della “S” di ESG (Environmental, Social, Governance). Inoltre, chi è privo delle skill necessarie rischia di restare escluso anche dai percorsi di transizione verde e digitale, alimentando un circolo vizioso di marginalità.
L’incapacità di gestire in modo strutturale lo skill gap potrebbe trasformarsi in un fallimento sistemico, non solo per le imprese ma per l’intero tessuto economico e sociale. Intervenire oggi, con visione strategica e politiche di formazione mirata, significa costruire le basi per un’economia più resiliente, inclusiva e sostenibile.
Uno skill gap significativo riduce la produttività delle aziende, ostacola l’adozione di nuove tecnologie e rallenta l’innovazione. Inoltre, aumenta la disoccupazione strutturale, limita l’inclusione sociale e accentua le disuguaglianze. I lavoratori più vulnerabili rischiano di essere esclusi dai processi di transizione ecologica e digitale.
I dati sullo skill gap in Italia
Il divario tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle realmente disponibili rappresenta una criticità strutturale per la crescita e la competitività del sistema produttivo italiano. In particolare, il mismatch di competenze digitali continua ad allargarsi, impattando negativamente sulla capacità delle imprese di affrontare le sfide della trasformazione tecnologica e sostenibile.
Competenze digitali: il nodo critico
Secondo il report Competenze Digitali 2024 del Sistema Informativo Excelsior (Unioncamere – ANPAL), ben il 57,5% delle imprese italiane riscontra difficoltà nel reperire profili con adeguate competenze digitali. La percentuale sale al 70% per le imprese di media e grande dimensione. Le figure più difficili da trovare sono esperti di cybersecurity, sviluppatori software, data analyst e tecnici dell’automazione industriale. Queste professioni, fondamentali per la trasformazione digitale, sono anche tra quelle che mostrano i maggiori tassi di crescita della domanda.
L’Osservatorio sulle Competenze Digitali 2024 – condotto dalle principali associazioni ICT italiane (Assintel, Anitec-Assinform, AICA, Assinter Italia) per monitorare il tema delle competenze digitali e del mercato del lavoro ICT – conferma il trend: il 43% delle imprese ICT segnala gravi difficoltà nel trovare personale qualificato, specialmente nei settori informatici, ingegneristici ed energetici. In parallelo, il rapporto OCSE “Skills Outlook” evidenzia come il 42% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni non possieda competenze digitali sufficienti per affrontare un contesto professionale ad alto valore aggiunto, rallentando l’inserimento nelle nuove filiere produttive.
Professioni più richieste e competenze che scarseggiano
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro si manifesta in modo evidente nelle professioni STEM e green. Secondo Unioncamere – ANPAL, tra le figure più richieste ma difficili da reperire ci sono sviluppatori software, ingegneri elettronici e meccanici, tecnici della sostenibilità ambientale, esperti di efficienza energetica e installatori di impianti a fonti rinnovabili.
Anche le competenze trasversali sono carenti: problem solving, pensiero critico, collaborazione e gestione del cambiamento sono considerate fondamentali, ma poco diffuse. La mancanza di queste soft skill ostacola l’adattamento ai nuovi modelli produttivi e frena l’innovazione.
Strategie per colmare lo skill gap
Per superare questo divario servono azioni integrate:
- Formazione continua e reskilling, soprattutto per le fasce adulte e per chi lavora in settori soggetti a transizione.
- Integrazione tra scuola, università e impresa, per rendere l’offerta formativa coerente con le esigenze reali del mercato.
- Potenziamento dell’orientamento STEM, con focus su donne e giovani, per allargare la base di competenze tecnologiche e green.
- Sperimentazione di modelli innovativi di apprendimento (LMS, MOOC, AI tutor) per rendere accessibile la formazione a più livelli.
Solo con un investimento sistemico nella formazione tecnica, digitale e sostenibile, il Paese potrà affrontare con successo le sfide della twin transition e garantire occupabilità, innovazione e competitività.
Superare lo skill gap: strategie e strumenti efficaci
Affrontare lo skill gap non è più un’opzione, ma una necessità strategica per aziende e istituzioni che vogliono restare competitive e sostenibili nel lungo periodo. Per colmare questo divario di competenze è fondamentale un impegno congiunto tra istituzioni, scuole, università e imprese.
Programmi di formazione continua e riqualificazione professionale mirati alle competenze digitali e green sono fondamentali per preparare i lavoratori alle nuove richieste del mercato. Inoltre, la collaborazione tra mondo accademico e settore produttivo può favorire l’allineamento dei percorsi formativi alle esigenze reali delle imprese, sostenendo così la crescita economica e la transizione ecologica.
Solo così sarà possibile sviluppare un capitale umano agile, aggiornato e capace di guidare la trasformazione digitale ed ecologica in atto.
Formazione continua come leva strategica
In un mercato del lavoro dinamico e in rapida evoluzione, la formazione continua rappresenta la principale arma per colmare il divario tra competenze richieste e disponibili. Il reskilling (riqualificazione) e l’upskilling (aggiornamento delle competenze esistenti) sono diventati imperativi strategici per le aziende che vogliono mantenere competitività e agilità.
Le imprese devono progettare e implementare percorsi di formazione strutturati, personalizzati e flessibili, sfruttando le tecnologie digitali. Tra le soluzioni più efficaci troviamo:
- Piattaforme di e-learning: consentono l’accesso a contenuti aggiornati e modulabili, favorendo l’apprendimento on demand.
- Microlearning: brevi moduli formativi mirati, ideali per integrare la formazione nella routine lavorativa senza interrompere la produttività.
- Academy interne: programmi dedicati di sviluppo delle competenze, progettati su misura per le esigenze aziendali e spesso integrati con mentoring e coaching.
La formazione continua non solo aumenta la qualità del capitale umano, ma contribuisce anche a migliorare l’engagement e la retention dei talenti, elementi chiave in un contesto competitivo.
Il ruolo delle partnership pubblico-private
Superare lo skill gap richiede un approccio sistemico che coinvolga non solo le singole aziende ma anche il sistema educativo e le istituzioni pubbliche. Le partnership pubblico-private rappresentano un modello virtuoso per creare un ecosistema di apprendimento e sviluppo delle competenze integrato e inclusivo.
Tra le iniziative più rilevanti vi sono:
- PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento): programmi obbligatori nelle scuole italiane che collegano l’istruzione al mondo del lavoro, permettendo agli studenti di acquisire esperienze pratiche e competenze spendibili.
- Centri di formazione professionale: strutture che offrono corsi tecnici e specialistici, da potenziare con finanziamenti pubblici e collaborazioni con le imprese.
- Progetti congiunti tra università e aziende: che favoriscono la ricerca applicata, l’alternanza studio-lavoro e l’adeguamento dei curricula accademici alle richieste del mercato.
Queste collaborazioni creano un canale diretto tra domanda e offerta di competenze, facilitando la transizione scuola-lavoro e contribuendo a una maggiore inclusività sociale.
Innovazione digitale al servizio del capitale umano
Le nuove tecnologie sono un alleato fondamentale nella sfida dello skill gap. L’uso di intelligenza artificiale e big data permette di:
- Mappare le competenze esistenti e quelle mancanti con precisione, grazie ad analytics avanzati.
- Personalizzare i percorsi formativi, adattandoli al profilo e ai bisogni del singolo lavoratore.
- Prevedere le future esigenze di skill attraverso modelli predittivi basati su trend di mercato e innovazione tecnologica.
Inoltre, la diffusione di strumenti di collaborazione digitale e realtà aumentata/virtuale sta rivoluzionando la formazione, rendendola più immersiva, efficace e accessibile.
Skill gap nel segno dell’ESG: una questione di sostenibilità sociale
L’importanza della “S” di ESG
Nel contesto delle strategie ESG (Environmental, Social, Governance), lo skill gap rappresenta un tema cruciale nella dimensione Social. La carenza di competenze adeguate non è soltanto un problema economico o di efficienza aziendale, ma un vero e proprio nodo di sostenibilità sociale.
Un mercato del lavoro che non riesce a fornire opportunità di formazione e aggiornamento continuo rischia di escludere intere categorie di lavoratori, alimentando disuguaglianze e fratture sociali. La mancanza di equità nell’accesso alle competenze e alle professioni del futuro mina la coesione sociale e compromette la capacità delle comunità di affrontare le sfide del cambiamento climatico e della digitalizzazione.
Il tema della responsabilità nella formazione
Le aziende orientate agli standard ESG devono dunque assumersi la responsabilità non solo di ridurre il proprio impatto ambientale e di garantire una governance trasparente, ma anche di investire nel capitale umano come leva di sviluppo sostenibile.
Ciò implica:
- Promuovere la formazione continua come diritto e opportunità per tutti i dipendenti, indipendentemente dal ruolo o dall’anzianità.
- Favorire la diversità e l’inclusione nei processi di selezione e sviluppo dei talenti, abbattendo le barriere legate a genere, età, provenienza geografica e background culturale.
- Colmare i divari generazionali supportando il passaggio di competenze tra le generazioni più esperte e quelle emergenti.
- Investire nel digital upskilling, per garantire che ogni lavoratore possa partecipare attivamente alla trasformazione digitale, riducendo il rischio di esclusione sociale.
Affrontare il divario di competenze in un’ottica ESG significa costruire un modello di crescita sostenibile che integra valori sociali con performance economiche. Le imprese che sanno gestire questo equilibrio non solo migliorano la propria reputazione e attrattività sul mercato del lavoro, ma contribuiscono concretamente a uno sviluppo inclusivo e durevole.
L’impegno di SAP Italia in ambito CSR per ridurre il divario di competenze
SAP Italia è convinta che il futuro appartenga a quei giovani in grado di combinare competenze tecnologiche con abilità umane essenziali, come creatività, resilienza e capacità di collaborare. Per questo motivo, ogni anno l’azienda si impegna al fianco di importanti organizzazioni no-profit, nazionali e internazionali, per promuovere progetti e iniziative che supportino ragazze e ragazzi nell’acquisizione di competenze tecnologiche, imprenditoriali e trasversali, preparandoli a cogliere le sfide del domani.
Come contrastare la disoccupazione giovanile
Nel 2024 in Italia i NEET – acronimo inglese che sta per “Not in Education, Employment or Training” e in italiano si traduce come “giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione” hanno rappresentato il 15,2% della popolazione giovanile tra i 15 e i 24 anni.
Per supportarne l’inserimento lavorativo, SAP ha deciso di sostenere Credito al Futuro, un programma di formazione e lavoro promosso dalla Fondazione Don Gino Rigoldi. Questa iniziativa mira a offrire opportunità di crescita ai giovani marginalizzati delle periferie di Milano, contribuendo a rimuovere gli ostacoli che ne limitano l’inclusione sociale e l’autonomia.
Tra novembre 2024 e giugno 2025, i dipendenti di SAP Italia hanno animato cinque workshop dedicati all’uso strategico dei social media per la ricerca di lavoro e il miglioramento della brand personality, alla redazione di un CV efficace, alle tecniche di comunicazione e interazione con il pubblico, fino a fornire consigli pratici per affrontare con sicurezza un colloquio di lavoro.
Digitale e sostenibilità nelle scuole
La quarta edizione del progetto Rising Youth, promosso da Fondazione Mondo Digitale ETS in collaborazione con SAP Italia, si è conclusa con un hackathon organizzato nell’ambito della RomeCup 2025. L’iniziativa ha coinvolto 400 studentesse e studenti delle scuole secondarie di secondo grado, che durante l’anno scolastico hanno partecipato a un percorso formativo articolato in cinque incontri.
In queste sessioni, i volontari di SAP Italia hanno approfondito temi come l’intelligenza artificiale applicata ai processi aziendali, la sostenibilità, lo sviluppo di codice e le supply chain resilienti. L’hackathon ha premiato il team Silent Help, composto da ragazzi della 4ª AIT dell’Istituto Tecnico Industriale A. Pacinotti di Fondi (Latina), che ha sviluppato un’app innovativa pensata per offrire supporto tempestivo e discreto alle donne in situazioni di rischio o vittime di violenza di genere. Tra le sue funzionalità più avanzate, l’app integra intelligenza artificiale e geolocalizzazione per garantire la massima sicurezza agli utenti.
Promuovere l’imprenditorialità giovanile
Si è consolidata per il quarto anno consecutivo la collaborazione con Junior Achievement Italia. Nel corso dell’anno scolastico 2024/2025, 28 volontari di SAP Italia hanno supportato, in qualità di Dream Coach, studenti delle scuole secondarie di secondo grado coinvolti nel programma Impresa in Azione. Questo percorso formativo richiede ai partecipanti di creare e gestire mini-imprese, seguendo tutte le fasi, dal concepimento dell’idea fino al lancio sul mercato.
Tra i protagonisti di quest’anno, un gruppo di studenti della classe 4AFM dell’Istituto Via Roma 298 di Guidonia Montecelio (RM), seguito dai volontari SAP, ha raggiunto la finale dei Campionati di Imprenditorialità, disputati a Bergamo il 4 e 5 giugno, grazie al progetto Farm 2 You. Questa iniziativa prevede lo sviluppo di una piattaforma digitale volta a sostenere le piccole e medie imprese italiane nella promozione e vendita dei loro prodotti in modo innovativo, funzionale e sostenibile. Farm 2 You si configura come un intermediario etico, favorendo il contatto diretto tra produttori responsabili e consumatori sempre più attenti alla qualità, all’origine e all’impatto ambientale degli acquisti.
Valorizzare il talento femminile nella tecnologia
Per il sesto anno consecutivo, SAP ha poi rinnovato la collaborazione con Women&Tech® ETS, un’associazione dedicata a valorizzare il talento femminile nei settori della tecnologia, dell’innovazione e della ricerca scientifica. L’organizzazione promuove iniziative volte a contrastare stereotipi e discriminazioni di genere, supportando inoltre l’orientamento dei giovani verso mestieri del futuro e percorsi professionali sostenibili. Nell’ambito di questa partnership, alcuni volontari di SAP hanno partecipato a sessioni di “speed date” come mentor, offrendo supporto personalizzato per aiutare i giovani a scegliere con maggiore consapevolezza il proprio percorso di studi e carriera.
Adriano Ceccherini, Chief Business Officer di SAP Italia, ha dichiarato:
La CSR non può essere una casella da spuntare. Deve trattarsi di un approccio strategico che affronti le sfide sociali e ambientali e crei valore condiviso sia per le imprese che per le comunità. Il nostro scopo in SAP, ovvero aiutare il mondo a funzionare meglio e migliorare la vita delle persone, prende vita ogni giorno sia attraverso le nostre soluzioni che tramite la dedizione delle nostre persone. Vedere giovani pieni di potenziale e desiderosi di fare la differenza ci ricorda costantemente perché il nostro lavoro è importante. Ogni sfida digitale che lanciamo, ogni competenza che insegniamo e ogni voce che amplifichiamo disegna un percorso per questi giovani leader che un giorno prenderanno le redini della creazione di un mondo più sostenibile e giusto.
Colmare lo skill gap passa anche dall’inclusione femminile
L’importanza della parità di genere nella riduzione dello skill gap
La questione dello skill gap non può essere affrontata senza considerare il gender gap. Le donne, spesso svantaggiate nell’accesso a ruoli chiave e formazione tecnologica, rappresentano un bacino di talento ancora parzialmente inesplorato. Favorire la loro inclusione è fondamentale per ampliare e diversificare il capitale umano, elemento cruciale per colmare il divario di competenze.
Il soffitto di cristallo e le sue conseguenze sul capitale umano
Nonostante la maggioranza della forza lavoro sia composta da donne, la loro presenza nei vertici aziendali rimane inferiore al 30%. Questo “soffitto di cristallo” limita le opportunità di crescita professionale e accesso a ruoli decisionali, creando un doppio svantaggio: da un lato, molte donne restano escluse dall’acquisizione di competenze avanzate; dall’altro, le aziende perdono la possibilità di valorizzare un potenziale umano fondamentale per affrontare le sfide tecnologiche e sostenibili.
Il valore economico e sociale della parità di genere nelle imprese
L’analisi di Cerved Rating Agency, agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito di credito di imprese e nella misurazione delle performance ESG, rivela che le aziende con almeno il 20% di donne nei consigli di amministrazione registrano migliori performance economico-finanziarie, con un rischio di default inferiore e margini di profitto più elevati. A questi vantaggi si aggiungono indicatori ESG più favorevoli, come una gestione più attenta alle condizioni di lavoro e una minore precarietà. La diversità di genere, quindi, contribuisce direttamente a colmare non solo il gap di competenze, ma anche a rafforzare la sostenibilità e la competitività aziendale.
La ricerca evidenzia che le aziende con un bilanciamento di genere tra CEO e CdA raggiungono i migliori risultati in termini di stabilità e performance. Sorprendentemente, la combinazione più efficace è quella con un CEO donna affiancata da un consiglio prevalentemente maschile, con un rischio di default sotto il 3%. Questo modello suggerisce che la valorizzazione delle competenze femminili a livelli apicali, integrata con una composizione equilibrata del team dirigenziale, può essere la chiave per superare le sfide legate allo skill gap.
Strategie per superare insieme skill gap e gender gap
Per ridurre il doppio divario, è necessario investire in programmi formativi mirati a favorire l’ingresso delle donne nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e nelle professioni digitali. Questo non solo amplia il bacino di competenze disponibili, ma contribuisce a creare ambienti di lavoro più inclusivi e innovativi.
Le imprese devono adottare politiche di diversity e inclusion che superino stereotipi di genere e facilitino la crescita professionale delle donne. Iniziative come programmi di mentoring, “speed date” con mentor, e l’adozione di criteri trasparenti per la selezione e la promozione, rappresentano strumenti efficaci per ridurre il gender gap e, parallelamente, colmare il skill gap.
Perché skill gap e gender gap sono due facce della stessa medaglia
Affrontare il divario di competenze senza considerare la dimensione di genere significa limitare l’efficacia delle strategie di crescita e innovazione. Il superamento congiunto di skill gap e gender gap non è solo un obiettivo etico, ma una leva strategica per costruire imprese più competitive, resilienti e sostenibili nel lungo termine. Investire nell’inclusione femminile e nella formazione digitale è quindi una priorità imprescindibile per il futuro del lavoro e dell’economia.
Il ruolo del digitale nella riduzione dello skill gap
La trasformazione digitale rappresenta uno strumento cruciale per superare il divario di competenze che oggi rallenta la crescita di molti settori poiché permette di rendere la formazione più accessibile, efficace e proattiva, rispondendo in modo agile alle esigenze in continua evoluzione del mercato del lavoro.
Tecnologie digitali per apprendere ovunque e in modo personalizzato
L’adozione di piattaforme digitali come Learning Management System (LMS), corsi online aperti (MOOC) e tutor basati su intelligenza artificiale ha rivoluzionato il modo in cui le persone apprendono. Questi strumenti offrono esperienze formative flessibili, adattate ai ritmi e alle necessità individuali, eliminando le barriere geografiche e temporali. Inoltre, la realtà virtuale e aumentata abilitano simulazioni immersive, fondamentali per acquisire competenze pratiche in ambienti sicuri e controllati, aumentando l’efficacia dell’apprendimento.
Intelligenza artificiale per mappare e colmare i gap
L’intelligenza artificiale ha un ruolo chiave nell’identificazione precisa delle lacune di competenze sia a livello individuale che organizzativo. Attraverso l’analisi dei dati relativi ai profili professionali e alle performance, le HR possono ricevere suggerimenti mirati su percorsi di formazione personalizzati, ottimizzando tempi e risorse. Inoltre, l’AI integrata con sistemi di big data analytics permette di anticipare i trend occupazionali e le nuove competenze richieste, aiutando aziende e istituzioni a pianificare in modo strategico il capitale umano.
Digitalizzazione come leva per l’inclusione e l’aggiornamento continuo
Le tecnologie digitali favoriscono anche l’inclusione, offrendo opportunità di formazione a categorie svantaggiate o geograficamente distanti dai centri formativi tradizionali. Il digitale sostiene un modello di apprendimento lifelong learning, cruciale per rispondere alla rapidità dei cambiamenti tecnologici e di mercato, mantenendo la forza lavoro sempre aggiornata e competitiva.
Green skill: lo skill gap sfida la transizione sostenibile
Il divario di competenze non riguarda solo le tecnologie digitali, ma si estende in modo crescente alle cosiddette green skill — le competenze legate alla sostenibilità ambientale e alla transizione ecologica. In un mondo sempre più orientato verso pratiche aziendali responsabili e sostenibili, la domanda di professionisti capaci di gestire processi a basso impatto ambientale, energie rinnovabili, economia circolare e green technologies è in costante aumento. Tuttavia, molte imprese faticano a individuare figure con le conoscenze specifiche necessarie a guidare questa trasformazione.
Tale mismatch, sostanzialmente dovuto a un sistema formativo che fatica ad adattarsi rapidamente alle nuove esigenze del mercato e a una scarsa offerta di corsi specializzati, limita la capacità di adottare soluzioni ecologiche efficienti e rallenta il progresso verso gli obiettivi di sostenibilità. Superare lo skill gap nel settore delle green skill è quindi cruciale non solo per la competitività delle aziende, ma anche per garantire un futuro più sostenibile a livello globale.
Integrare le green skill nella formazione e nello sviluppo professionale offre alle aziende l’opportunità di migliorare l’efficienza operativa e di innovare in modo sostenibile. Per i lavoratori, queste competenze aprono porte verso nuovi ruoli e percorsi di carriera allineati con i trend globali di sostenibilità.
La domanda di green skill cresce più dell’offerta
Secondo il Global Green Skills Report 2023 di LinkedIn Economic Graph, il mercato del lavoro vede una domanda di green skill in crescita molto più rapida rispetto all’offerta disponibile. Tra febbraio 2022 e febbraio 2023, le offerte di lavoro che richiedono almeno una competenza verde sono aumentate del 15,2%, mentre solo il 12,3% della forza lavoro possiede tali competenze. Questa disparità rappresenta un vero e proprio skill gap che rischia di rallentare la transizione sostenibile nelle imprese italiane e globali, ostacolando la capacità di innovare e adattarsi alle nuove normative ESG e alle richieste dei consumatori.
C’è poi da considerare che le green skill non sono più appannaggio esclusivo di figure tecniche come energy manager o sustainability manager, ma stanno entrando trasversalmente in molte professioni consolidate. Oltre alla conoscenza tecnica, le competenze richieste includono capacità di negoziazione, project management e strategia di business, elementi fondamentali per integrare la sostenibilità in tutti i processi aziendali. Si tratta di competenze particolarmente richieste nei settori dell’energia, dei trasporti e della finanza, dove la pressione normativa e di mercato spinge le aziende a investire in nuove figure professionali in grado di gestire la complessità della transizione green.
Le implicazioni dello skill gap per la sostenibilità aziendale
L’incapacità di reperire green skill sufficienti può compromettere seriamente l’implementazione delle strategie ESG nelle aziende. Infatti, la mancanza di competenze specifiche riduce la capacità di adottare tecnologie pulite (CleanTech) e di innovare i modelli di produzione e consumo. Rallentamento che può tradursi in minore competitività sul mercato e in difficoltà a rispettare i vincoli normativi sempre più stringenti, con potenziali ripercussioni anche sul piano finanziario.
Al contrario, le imprese che riescono a integrare green skill nel proprio organico registrano tassi di assunzione più elevati (+29% rispetto alla media) e migliorano la propria capacità di trasformazione sostenibile. La combinazione tra innovazione tecnologica e competenze verdi diventa quindi un fattore abilitante cruciale per rispondere efficacemente alle sfide ambientali, sociali ed economiche del presente e del futuro.
Strategie per colmare il green skill gap
Per superare il divario tra domanda e offerta, è necessario potenziare la formazione specifica, sia nel sistema educativo che nelle aziende. Sicuramente occorre integrare green skill nei curricula scolastici e universitari, ma anche sviluppare programmi di formazione continua per la riqualificazione dei lavoratori, così da aggiornare le competenze esistenti e favorire la mobilità professionale verso green jobs.
Le aziende devono diventare protagoniste nella creazione di percorsi formativi interni e collaborare con enti educativi e istituzioni per sviluppare un ecosistema di competenze green coerente con le esigenze del mercato. Parallelamente, le istituzioni pubbliche possono sostenere questo processo con politiche di incentivazione e programmi di supporto, favorendo un’accelerazione della transizione verso un’economia più sostenibile.
Superare il green gap con l’innovazione tecnologica
L’innovazione tecnologica rappresenta una delle chiavi più promettenti anche per colmare il divario tra intenzioni ecologiche e comportamenti reali, noto come green gap. Attraverso lo sviluppo e l’adozione di nuove soluzioni smart, è possibile facilitare la transizione verso stili di vita e modelli di business più sostenibili, rendendo concreti gli impegni ambientali.
Intelligenza artificiale e digitalizzazione per una gestione efficiente delle risorse
L’intelligenza artificiale e le tecnologie digitali giocano un ruolo cruciale nel superamento del green gap, offrendo strumenti avanzati per monitorare e ottimizzare i consumi energetici e ambientali. Sistemi basati su AI possono analizzare dati in tempo reale, fornendo raccomandazioni personalizzate per ridurre sprechi e migliorare l’efficienza, sia in ambito domestico che industriale. Ad esempio, l’AI può suggerire modi per ridurre l’uso di energia elettrica o di acqua, oppure ottimizzare i trasporti e la logistica con minori emissioni di CO2. Inoltre, piattaforme digitali e app intuitive aumentano la consapevolezza individuale, rendendo più trasparente l’impatto delle scelte quotidiane e facilitando l’adozione di comportamenti sostenibili.
Innovazioni infrastrutturali e materiali per abbattere le barriere economiche
Oltre alla digitalizzazione, l’innovazione si manifesta anche in nuovi materiali eco-compatibili e infrastrutture intelligenti che riducono i costi iniziali e migliorano l’accessibilità delle tecnologie verdi. La diffusione di reti elettriche smart, sistemi di accumulo energetico avanzati e infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici rappresentano investimenti strategici per sostenere una mobilità sostenibile e la crescita delle energie rinnovabili. Questi progressi contribuiscono a superare le tradizionali barriere economiche e logistiche, permettendo a un numero maggiore di individui e aziende di adottare soluzioni green. In questo modo, l’innovazione favorisce non solo la sostenibilità ambientale, ma anche una maggiore equità nell’accesso alle tecnologie, riducendo così il green gap a livello sociale.
Conclusioni: affrontare oggi lo skill gap è una priorità
Lo skill gap non è solo un ostacolo alla competitività economica, ma una sfida sociale, culturale e ambientale che impone un cambio di paradigma nelle strategie di sviluppo sia delle imprese sia delle istituzioni pubbliche.
Il divario di competenze contribuisce a perpetuare disuguaglianze e a escludere fasce vulnerabili dalla piena partecipazione al mondo del lavoro e alla società. In un contesto in cui la digitalizzazione e la sostenibilità sono sempre più integrate nella vita quotidiana e nelle attività produttive, è fondamentale garantire a tutti un accesso equo alle competenze richieste. Questo favorisce non solo l’inclusione sociale, ma anche la coesione culturale, contrastando il rischio di marginalizzazione e disaffezione.
Investire nella formazione continua e innovativa significa preparare la forza lavoro a gestire le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, e a sviluppare le cosiddette green skill, necessarie per un’economia più sostenibile. Solo così si può assicurare che la trasformazione digitale e ambientale sia accompagnata da una reale capacità di adattamento e crescita, evitando che il progresso lasci indietro persone e territori.
Per le imprese, colmare lo skill gap è parte integrante di una strategia ESG efficace, che mira a generare valore condiviso, migliorare la produttività e rafforzare la reputazione. Per i governi, è una priorità di policy che deve tradursi in investimenti mirati, collaborazione pubblico-privato e riforme educative capaci di anticipare i bisogni futuri. La sinergia tra settore privato e pubblico diventa quindi imprescindibile per costruire un sistema formativo dinamico e inclusivo, fondamentale per una transizione giusta e duratura.