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Rischio di fornitura: lo stato dell’arte del manifatturiero

Il quarto articolo del ciclo “Rischio d’impresa e rischio di fornitura” procede con l’analisi delle caratteristiche delle figure aziendali che hanno risposto alla survey svolta dal Laboratorio RISE dell’Università di Brescia insieme alla spinoff accademica IQ Consulting al fine di ricostruire lo stato dell’arte sul rischio di fornitura nelle aziende manifatturiere italiane e di quantificare gli impatti che un’interruzione di fornitura può provocare

Pubblicato il 08 Lug 2020

Marco Perona

Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore Scientifico del Laboratorio RISE e Senior Partner di IQ Consulting

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Prosegue il ciclo di analisi, approfondimenti e contributi sul rischio di fornitura. Dopo aver spiegato nei precedenti articoli cosa è il rischio di fornitura  e la metodologia di indagine con cui la ricerca arriva a mapparne lo stato dell’arte nelle aziende manifatturiere italiane  ed avere iniziato ad analizzare il campione di imprese rispondenti, sviluppiamo in questa sede l’analisi delle caratteristiche delle figure aziendali che hanno risposto alla survey.

Abbiamo visto come la stima del rischio di fornitura passi attraverso un accurato calcolo da un lato della probabilità di interruzione della catena di fornitura e dall’altro del costo derivante da tale interruzione. Saper stimare con chiarezza e completezza questo rischio è il fondamento da un lato per essere coscienti delle criticità presenti e dall’altro per poterle affrontare, con interventi volti sia a ridurre la probabilità di accadimento (prevenzione) sia a ridurre la magnitudo del danno provocato (mitigazione).

Ecco perché ci è sembrato interessante sviluppare un’indagine anche relativa al livello di esperienza e competenza su questi temi da parte di chi ha risposto alla nostra survey.

La ricerca, svolta dal Laboratorio RISE dell’Università di Brescia insieme alla spinoff accademica IQ Consulting, e di cui andremo a descrivere i risultati nei prossimi articoli, nasce proprio con i seguenti obiettivi:

a) ricostruire lo stato dell’arte su questo tema nelle aziende manifatturiere italiane

b) quantificare gli impatti che un’interruzione di fornitura può provocare

I rispondenti

Andiamo ora ad illustrare e commentare alcuni risultati empirici relativi alle caratteristiche delle persone che hanno risposto alla survey, quali detentori in azienda del know-how relativo alla gestione dei fornitori ed al rischio di fornitura.

La base di analisi è la medesima prima riportata, quindi tutti i numeri qui di seguito commentati saranno riconducibili ad un totale di 98 persone, una per ciascuna delle imprese censite.

Funzione di appartenenza

La figura 1 presenta la ripartizione del campione dei rispondenti per funzione aziendale di appartenenza. Più di 2/3 dei rispondenti appartiene alla funzione Acquisti che è inevitabilmente l’area che più presidia il know-how relativo ai fornitori e alla loro gestione ed è quindi ovviamente molto presente tra i soggetti rispondenti; è quindi quasi sorprendente che un buon numero di risposte sia stata data da manager non appartenenti a quest’area funzionale, ma: alla Direzione aziendale (13% dei casi), soprattutto per le aziende più piccole e organizzativamente meno strutturate; la Logistica e la Supply Chain (9% dei casi); l’Amministrazione, Finanza e Controllo (6% dei casi) ed infine il Marketing o le Vendite, il Risk Management e la Ricerca & Sviluppo (4% dei casi complessivamente). (fig. 1).

È interessante quindi notare come anche altre funzioni oltre all’Ufficio Acquisti abbiano mostrato di presidiare il tema nelle rispettive aziende: ad esempio, i Supply Chain Manager spesso si occupano di coordinare dal punto di vista complessivo (e quindi anche delle fornitura) i flussi che attraversano le aziende da monte a valle, e talvolte è proprio al Direttore Supply Chain che risponde il direttore acquisti; l’Amministrazione è talvolta interessata al presidio della parte amministrativa del ciclo passivo; i Risk Manager possono avere la responsabilità di monitorare il rischio associato ai fornitori, ed i responsabili R&D possono essere coinvolti nell’analisi e valutazione dei fornitori perché è importante, anche in fase di progettazione di nuovi prodotti, conoscere qual è il livello di stabilità e affidabilità dei fornitori, così da evitare che un componente critico sia approvvigionato da un fornitore non considerato affidabile o solido.

Nonostante questa grande diversificazione, nella prosecuzione dell’articolo abbiamo ritenuto utile suddividere il campione dei rispondenti in due classi: una è quella dei referenti dell’area acquisti ed è quindi abbastanza omogenea; la seconda invece raggruppa i referenti di tutte le altre aree funzionali, ed è quindi una classe fortemente disomogenea.

Esperienza nel ruolo

Se definiamo new entry un manager con meno di 3 anni di esperienza in azienda, senior un professionista presente in azienda da più di 3 e meno di 10 anni e veterano chi ha accumulato più di 10 anni di esperienza nel ruolo, notiamo come più della metà dei rispondenti si collochi proprio in quest’ultima fascia; un altro quarto abbondante dei rispondenti si trova nella posizione intermedia, mentre solo un quinto delle persone interpellate dal sondaggio ha accumulato un’esperienza lavorativa nel ruolo relativamente breve (fig. 2). Visto che l’anzianità media si aggira intorno ai 12 anni, siamo in presenza di rispondenti complessivamente molto esperti e collaudati nel ruolo che ricoprono in azienda, il che costituisce un eccellente viatico per ricevere risposte solide e circostanziate alle difficili domande poste nelle sezioni più di contenuto.

Effettuando un drill-down per settore (fig.3), è possibile estrapolare qualche considerazione sull’anzianità aziendale dei rispondenti per capire quanto e in che comparto rappresenti un vantaggio competitivo avere una persona non solo esperta nel ruolo in termini assoluti ma con forte conoscenza dell’azienda. Nelle etichette viene riportata in modo puntuale l’anzianità media per settore nel ruolo. Due sono le filiere produttive che si staccano dalle altre a questo proposito: il settore che più ha mostrato di apprezzare i manager stabili ed esperti è quello dei beni industriali di consumo, dove presumibilmente la forte competitività e l’elevata specificità settoriale richiede competenze di lunga durata. Più spazio per le nuove leve sembra invece esserci nella filiera dei beni di largo consumo: anche questo è stato un risultato atteso, vista la maggiore rilevanza assegnata in questi settori alla fase della vendita e distribuzione, rispetto a quella dell’acquisto.

Un’altra vista che è interessante mostrare riguarda la correlazione tra l’anzianità in azienda dei rispondenti e la dinamicità della rete di fornitura: come si può vedere dal grafico (fig.4), dove le reti di fornitura sono più volatili è meno rilevante far affidamento su persone radicate in azienda e che hanno maturato una forte esperienza; viceversa, dove le reti di fornitura sono stabili, l’esperienza dei manager fa gioco per costruire e mantenere relazioni strategiche con i propri fornitori. Lo spaccato per dimensione aziendale (fig. 5) ci presenta, invece, una situazione più giovane nelle grandi aziende e molto più esperta, nel ruolo, nelle aziende di dimensioni minori. Nelle etichette viene riportata in modo puntuale l’anzianità media dei rispondenti in azienda.

Infine, altre viste tra cui, l’analisi della morfologia della rete aziendale non fanno emergere particolari peculiarità.

Competenze

Per meglio approfondire le aree di competenza presidiate da ciascun rispondente, è stato chiesto di indicare il livello di conoscenza per ciascuno dei seguenti temi, ritenuti quelli più rilevanti in relazione all’obiettivo generale della survey:

  • la valutazione dei fornitori, quindi come raccogliere, organizzare ed analizzare l’ampio coacervo di indicatori quantitativi e qualitativi, atti a valutare la prestazione complessiva di ciascun fornitore ed a definire quindi le eventuali azioni da realizzare su di esso;
  • la pianificazione degli approvvigionamenti, quale fondamentale fase del processo integrato di pianificazione che presiede alla definizione di quanto di cosa approvvigionare presso chi, in modo sinergico alla pianificazione della produzione, dei materiali, della distribuzione e della domanda commerciale;
  • il Risk Management, ossia la disciplina aziendale che si occupa di definire, modellare e misurare i rischi aziendali, ivi incluso il rischio di fornitura, e di prevedere tutte le azioni atte a mitigare tali rischi riducendone la probabilità di accadimento ovvero la capacità di provocare danni gravi;
  • la Strategia di Sourcing, ovvero l’ampia gamma di scelte che, in modo sinergico alla strategia generale perseguita dall’azienda, devono portare alla definizione di: cosa acquistare e cosa produrre internamente; dove acquistare (ad esempio, in prossimità oppure nei Paesi in via di sviluppo); presso quali fornitori; quanti fornitori mantenere in vita per ogni categoria merceologica ed articolo; quale stile relazionale adottare con ciascun fornitore; etc.
  • il Supply Chain Management, ossia la disciplina gestionale dedicata a coordinare i flussi fisici, informativi e finanziari che intercorrono tra i diversi partner che collaborano all’interno di una medesima catena del valore.

La scala Likert di rilevazione è stata strutturata sui 5 livelli: 0 (competenza nulla); 1 (limitata); 2 (media); 3 (elevata); 4 (approfondita). I risultati dell’analisi sono presentati nella figura 6.

Nella figura 6 le diverse aree di competenza investigate sono disposte da sinistra a destra in ordine decrescente per livello di competenza indicato. Si vede così che complessivamente, a dispetto della lunga esperienza professionale vantata, i diversi esponenti intervistati esprimono un livello di competenza medio sulle materie indicate, mediamente compreso tra 2 e 3. Gli esponenti di altre funzioni denotano tutti i livelli di competenza abbastanza uniformi e compresi tra 2 (medio) e 2,5. Vice-versa, gli esponenti della funzione acquisti in maniera non sorprendente mostrano una competenza elevata (valore 2,9) nella valutazione dei fornitori e nella pianificazione degli approvvigionamenti (valore 2,8), ancora discreta (2,7) per le strategie di sourcing, mentre la loro competenza non è distinguibile da quella degli altri manager intervistati nel supply chain management e nel risk management.

Neppure in questa sezione del questionario si smentiscono dunque le considerazioni espresse in fase introduttiva, ovvero che le aziende non sono effettivamente pronte e ancor meno esperte nell’analisi, gestione e valutazione dei rischi di impresa e di fornitura.

Un ulteriore taglio che è interessante mostrare riguarda la vista delle competenze per settore merceologico (fig. 7): dei quattro settori già discussi nel precedente articolo, quelli legati ai beni di consumo, in particolare beni di largo consumo e industriali di consumo, forse per la maggiore competizione sentita, sembrano essere quelli più presidiati in termini di competenze in ambito di procurement, mentre le filiere dei beni strumentali paiono quelle i cui manager sono meno preparati.

La vista è ottenuta effettuando, per settore, una media delle risposte pesata nella medesima maniera del grafico riportato in figura 5 (Peso 0 attribuito in caso di conoscenza nulla fino a peso 4 laddove il rispondente ritenga approfondito il suo livello di conoscenza di ciascun argomento).

Per entrare più nel merito, abbiamo provato anche a mappare (fig. 8) in maniera relativa quali siano le competenze più forti e quali quelle dove i rispondenti non sentono di presidiare il tema in maniera pervasiva, stratificando tale analisi per macro-settore. In tale figura si è deciso di sintetizzare il valore medio della competenza rilevata attraverso la classica simbologia semaforica: su una scala da 1 a 4, in verde sono rappresentati i valori superiori ai 2/3 (>= 2,67); in giallo tra 2/3 e 1/3 e, infine, in rosso, livelli di conoscenza medi inferiori a 1,33.

La filiera del largo consumo mostra valori di competenza tutti di buon livello ad eccezione di nozioni di risk management.

In maniera non troppo incisiva, ma più diffusa, emergono invece carenze nei rimanenti settori dove sembra palesarsi una preponderanza tematica su aspetti di natura operativa (pianificazione degli approvvigionamenti e valutazione dei fornitori) a scapito di approcci e attitudini maggiormente strategici (risk management, strategia di sourcing, supply chain management).

L’incrocio più critico è rappresentato dalla conoscenza delle tematiche di risk management nel settore del largo consumo. Presupponiamo quindi – elemento che andremo poi a verificare nel seguito della ricerca – che la valutazione del rischio, su cui essi non confidano di avere un approfondito livello di conoscenza, venga di conseguenza fatto in maniera artigianale senza basi solide di teorie manageriali.

Altre stratificazioni, in particolare quella per struttura di controllo e morfologia della rete di fornitura non forniscono evidenze interessanti da commentare.

Il prossimo appuntamento

Nel prossimo articolo, verranno descritti i risultati relativi alla rete di fornitura, soffermandoci sull’analizzare quali sono le tecniche di interfaccia utilizzate per rapportarsi con i propri partner e come, in base a questo approccio, può essere considerato o meno strategico il posizionamento dell’ufficio acquisti.

Le puntate sul rischio di fornitura le trovate qui

Rischio d’impresa e rischio di fornitura

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Immagine fornita da Shutterstock.

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Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Brescia, Direttore Scientifico del Laboratorio RISE e Senior Partner di IQ Consulting

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Anna Bergamini
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Natalia Roskladka
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