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Capgemini: nel 2023 triplicate le aziende che considerano cruciale la Sostenibilità

Secondo il Report “A world in balance”, la migliore comprensione del ROI non si è ancora tradotta in un aumento degli investimenti, anche se negli ultimi 12 mesi si sono registrati progressi significativi nei percorsi di sostenibilità e nel cambiamento dei modelli di business

Pubblicato il 01 Dic 2023

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In un contesto di temperature record e di disastri climatici sempre più frequenti, è triplicata in tutti i settori la percentuale dei dirigenti che riconosce l’importanza della sostenibilità rispetto all’anno scorso. Un numero crescente riconosce inoltre i vantaggi derivanti dall’adozione di pratiche e processi aziendali sostenibili, secondo quanto emerge dal nuovo report realizzato dal Capgemini Research Institute, “A World in Balance” (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO).  Tuttavia, se i livelli di investimento rimarranno invariati, l’impatto concreto che si potrà ottenere sarà limitato.

Clima e pressioni normative il driver principale

Alla sua seconda edizione, il report ha rilevato che il 63% dei dirigenti concorda sul fatto che il business case per la sostenibilità sia chiaro, una percentuale triplicata rispetto all’estate del 2022, quando solo il 21% dei dirigenti era d’accordo. Inoltre, la percentuale di dirigenti che sostiene che i costi delle iniziative di sostenibilità superino i benefici è scesa dal 53% al 24% e quelli che ritengono che le iniziative di sostenibilità rappresentino un onere finanziario sono diminuiti di oltre la metà (dal 53% al 22%).

L’aumento degli eventi meteorologici estremi in ogni continente e dei costi a essi associati sta certamente giocando un ruolo significativo in questo cambiamento di percezione. Il report ha anche rilevato che la pressione normativa e il ROI atteso sono tra i fattori chiave alla base dell’adozione di strategie e iniziative di sostenibilità ambientale e/o sociale: tre quarti (74%) dei dirigenti sperano infatti di aumentare i ricavi futuri (rispetto al 52% nel 2022) mentre il 64% cita la conformità alle normative vigenti (rispetto al 51% nel 2022).

Rispetto allo scorso anno, le organizzazioni hanno fatto progressi significativi nella definizione delle loro roadmap di sostenibilità: il 61% dei dirigenti sostiene infatti che la propria azienda abbia stilato un elenco prioritario di iniziative di sostenibilità da attuare nei prossimi tre anni (in aumento rispetto al 49% del 2022), mentre il 57% che la propria organizzazione stia ridefinendo il modello operativo per renderlo più sostenibile (in aumento rispetto al 37% del 2022).

Invariati i livelli di investimento

Ma a quanto ammontano gli investimenti? Secondo il report 2023, l’investimento medio annuo in iniziative e pratiche di sostenibilità ambientale nei vari settori rappresenta lo 0,92% del fatturato totale, in aumento rispetto allo 0,91% del 2022. Questo aumento rappresenta un investimento medio di 1,4 milioni di dollari in più per azienda, anno dopo anno. Come nel 2022, la spesa totale per la sostenibilità tende ad aumentare con le dimensioni dell’organizzazione, ma le organizzazioni più grandi investono meno come percentuale del fatturato totale: in media, solo lo 0,42% del fatturato totale rispetto al 2,9% tra le organizzazioni più piccole.

Chi sono i leader di Sostenibilità? Solo l’8% è un frontrunner

Come visto nella ricerca degli ultimi tre anni, molte organizzazioni lavorano su iniziative di sostenibilità e progetti discreti in silos, senza una strategia globale o meccanismi di governance. Diventare un’azienda sostenibile è un processo lungo e complesso, che richiede una trasformazione dei modelli operativi, della tecnologia e degli atteggiamenti. Per capire a che punto sono le organizzazioni nel loro percorso di sostenibilità e identificare le organizzazioni leader, il report mappa la loro maturità in materia di sostenibilità attraverso tre dimensioni:

  • Processi della catena del valore: iniziative e attività di sostenibilità delle organizzazioni lungo tutta la catena del valore, compresi l’approvvigionamento, la R&S/progettazione/innovazione del prodotto, la produzione e la logistica, nonché l’uso della tecnologia per la sostenibilità.
  • Abilitatori della sostenibilità: capacità delle organizzazioni di far aderire il proprio personale alla cultura della sostenibilità, con il supporto di funzioni aziendali quali IT, finanza e contabilità, vendite e marketing.
  • Acceleratori tecnologici: adozione di tecnologie e percorsi digitali per accelerare la trasformazione della sostenibilità. Si tratta di investimenti in IA, automazione, gemelli digitali, Internet degli oggetti (IoT), nonché in infrastrutture per l’idrogeno, gigafabbriche, elettrificazione, bioeconomia, cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS) su scala industriale e trasformazione delle reti per consentire la decarbonizzazione e l’integrazione di nuove energie pulite.

Su questa base, il report identifica tre coorti in base alla loro maturità in materia di sostenibilità:

  1. Precursori: migliore progressione lungo le tre dimensioni.
  2. Sperimentatori: bassa maturità in una o due delle tre dimensioni sopra citate
  3. Principianti: bassa maturità nelle tre dimensioni.

Nel 2022, solo un’organizzazione su dieci (11%) è stata classificata come leader della sostenibilità. Nella nuova edizione, questa percentuale è scesa all’8%. Nel complesso le organizzazioni hanno migliorato i loro punteggi in tutte le metriche analizzate quest’anno rispetto all’anno scorso; tuttavia, all’interno del campione di organizzazioni del 2023, la distribuzione è cambiata.

La difficoltà di rendicontare le emissioni Scope 3

Nonostante questo cambiamento positivo, senza un aumento degli investimenti destinati alle azioni di mitigazione del cambiamento climatico si prevede un impatto limitato. Nel 2023, l’investimento medio annuo in iniziative e pratiche di sostenibilità ambientale nei vari settori è infatti cresciuto solo dello 0,01% rispetto allo scorso anno. Le organizzazioni continuano a registrare lacune anche in termini di rendicontazione, soprattutto per quanto riguarda la misurazione e la raccolta delle emissioni Scope 3: la percentuale di dirigenti che afferma che la sua organizzazione è in grado di misurare e raccogliere dati sulle emissioni Scope 1 e 2 è infatti rimasta invariata rispetto allo scorso anno, mentre è addirittura diminuita dal 60% al 51% per quanto riguarda le emissioni Scope 3. Allo stesso modo, gli interventi relativi alla progettazione sostenibile dei prodotti non hanno registrato cambiamenti significativi. Un numero maggiore di dirigenti si avvale inoltre di terze parti per verificare i dati di sostenibilità (54%, in aumento di 4 punti rispetto allo scorso anno) ma, paradossalmente, sono meno quelli che lo fanno per divulgare e valutare i propri progressi.

La sostenibilità sociale si fa spazio

Più della metà dei dirigenti (56%) afferma che la propria organizzazione si sta occupando sempre più della dimensione sociale all’interno della strategia ESG (ambientale, sociale e di governance), e che i dipendenti dell’organizzazione stessa ne sono i principali beneficiari. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che le aziende potrebbero fare di più per sostenere i lavoratori della catena di fornitura: quasi due terzi (64%) dei dirigenti affermano infatti che la loro organizzazione tiene conto delle valutazioni ESG e degli impegni ambientali assunti dai fornitori in fase di selezione degli stessi, ma solo il 38% dichiara di lavorare solo con fornitori che pagano un salario minimo.

Un divario di percezione sul greenwashing

Il report ha anche rilevato un divario di percezione tra dirigenti e consumatori quando si parla di greenwashing: solo il 17% dei dirigenti ha dichiarato di ritenere che i consumatori siano preoccupati dal rischio di greenwashing, mentre il 33% dei consumatori a livello globale ritiene che le organizzazioni e i brand stiano facendo greenwashing con le loro iniziative di sostenibilità. I consumatori indiani (45%) e canadesi (43%) sono i più diffidenti nei confronti delle dichiarazioni di sostenibilità, mentre quelli britannici si collocano all’opposto (16%). Allo stesso modo, la Generazione Z è molto più diffidente nei confronti di tali affermazioni (50%) rispetto ai boomer (18%). In generale, il 49% dei consumatori non si fida mai, raramente o solo a volte di un’affermazione ambientalista in relazione a un acquisto che sta valutando, con uno scetticismo che sale fino al 65% tra i consumatori della Generazione Z.

AI generativa  elemento centrale per le strategie

Le organizzazioni stanno riponendo le loro speranze nella tecnologia digitale, e in particolare nell’AI generativa, per raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità, con oltre la metà (59%) dei dirigenti che ritiene che tale tecnologia giocherà un ruolo chiave negli sforzi di trasformazione della propria azienda. Allo stesso tempo, una percentuale simile di dirigenti (57%) afferma che la propria organizzazione ha iniziato ad adottare misure per mitigare l’impatto ambientale legato all’utilizzo di modelli di AI generativa.

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