Regolamentazione

Framework normativo ESG: a che punto siamo

Quali sono i punti di riferimento legale per le imprese che scelgono di indirizzare progetti Environmental, Social, Governance? L’analisi dello scenario a livello europeo nell’intervista con Sergio Fumagalli, P4I

Pubblicato il 19 Gen 2021

Sergio Fumagalli, Senior Partner P4I, Team leader sostenibilità

Quale che sia la tipologia di aziende che realtà guarda al mondo ESG: impresa interessata al rating, impresa finanziaria, operatore del mercato, uno dei focus primari di attenzione è rappresentato dallo scenario normativo. Se è vero che il fenomeno ESG ha radici ben lontane nel tempo, è altrettanto vero che in meno di un anno sta vivendo una accelerazione di interesse e di diffusione assolutamente significativi. Ed è proprio in ragione di questa attenzione, alla quale corrisponde una altrettanto importante opportunità di sviluppo economico, che aumenta anche il focus verso lo scenario normativo destinato a caratterizzare le scelte e le condizioni in cui si muovono istituzioni e operatori.

Per un primo orientamento rispetto alle prospettive di questo scenario abbiamo chiesto il contributo di Sergio Fumagalli, advisor P4I.

Quali sono oggi i punti di riferimento normativi principali per l’ESG?

Ad oggi dobbiamo fare riferimento a due atti normativi legislativi molto importanti e abbastanza recenti, che risalgono rispettivamente a fine 2019 e a giugno 2020. Si tratta di due atti che vanno a regolamentare il tema della sostenibilità in riferimento al lavoro degli operatori dei mercati finanziari dal punto di vista della gestione degli investimenti, della consulenza e dell’advisory.

Il Regolamento EU 2019/2088, del Parlamento e del Consiglio Europeo del 27 novembre 2019 su “Sustainability‐related disclosures in the financial services sector”

Siamo parlando per l’esattezza del Regolamento EU 2019/2088, del Parlamento e del Consiglio Europeo del 27 novembre 2019 su “Sustainability‐related disclosures in the financial services sector” e del Final report dell’EBA su “Guidelines on loan origination and monitoring” del Giugno 2020 che dedica una attenzione particolare ai temi del credito in relazione ai rischi legati a “Environmental, social and governance factors“.

Focalizziamo qui l’attenzione sul Regolamento 2088 e sulla sua incidenza in termini di sviluppo ESG  

Il Regolamento 2088 del 2019 è stato approvato il 27 novembre 2019 e ha come obiettivo la regolamentazione del reporting relativo ai temi della sostenibilità nei servizi finanziari.

Va detto che si tratta di un provvedimento che trova applicazione in tutta l’area economica europea (SEE) cioè va oltre i confini della EU. Nella sua modalità di intervento su questioni che hanno un respiro globale, l’UE adotta lo stesso approccio adottato per il regolamento europeo sulla privacy (GDPR). In termini molto concreti, l’UE sta dicendo a tutti gli attori del mondo finanziario  che, se intendono offrire i loro prodotti e servizi finanziari sul territorio europeo qualificandoli con la sigla ESG, devono conformarsi a questa normativa. Inutile sottolineare quanto sia importante il mercato europeo e, allo stesso tempo, quanto sia sensibile ai temi della sostenibilità e dunque quanto sia appetibile rivolgersi ad esso offrendo servizi e prodotti finanziari caratterizzati in questo senso, anche in previsione di una legislazione di favore, a livello continentale, per i temi della sostenibilità.

Entriamo nel merito di questo atto

Nel seguito ci concentriamo sul quadro complessivo in cui il Regolamento si inserisce, lasciando a un intervento successivo l’approfondimento di aspetti di maggiore dettaglio operativo.

I 17 Sustainable Developmente Goals SDGs delle Nazioni Unite

Innanzitutto, già dai primi “considerando”, questo intervento normativo viene esplicitamente collocato all’interno del processo globale di sviluppo dei temi della sostenibilità che ha portato all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile approvata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 2015, con al centro i 17 Sustainable Development Goals (SGD), e all’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, recepiti dalla EU nel 2016. Non si tratta dunque di una iniziativa unilaterale dell’EU, ma di un atto che, in continuità con una serie di atti approvati negli anni precedenti che regolano i mercati finanziari continentali, pone lo Spazio Economico Europeo (SEE) alla testa di un movimento globale.

In questa prospettiva, è un obiettivo importante del Regolamento 2019/2088 uniformare l’approccio dell’intero SEE, evitando lo svilupparsi di normative differenti a livello dei singoli Stati che avrebbero frammentato il mercato finanziario dell’area, introducendo elementi distorsivi del mercato stesso e riducendone anche la capacità di influenzare i comportamenti concreti degli operatori finanziari.

Un approccio omogeneo e vincolante dell’intero SEE è anche in grado di ridurre il rischio e la portata di standard proprietari o derivanti da specifici interessi in grado altrimenti di ridurre la trasparenza complessiva del mercato finanziario.

E’ evidente, infatti, che se ogni operatore o gruppo di interesse può definire autonomamente cosa intende con la sigla ESG diventa difficile per gli investitori, per il pubblico ma anche per il legislatore che volesse premiare gli investimenti sostenibili operare scelte consapevoli e trasparenti.

Anche in questo caso il principio ispiratore della regolamentazione è legato agli SDGs (Sustainable development goals) delle Nazioni Unite, corretto?

Sì, dobbiamo considerare che questa materia è esplicitamente legata alle deliberazioni dell’ONU negli SDGs che ha creato una vera e propria “catena” di interventi e iniziative che traggono origine da quei 17 obiettivi fondamentali che rappresentano la cosiddetta Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Tornano al Regolamento EU 2019/2088 quali altri  obiettivi si sono posti il Consiglio, il Parlamento e la Commissione Europea?

Il Final report dell’EBA su “Guidelines on loan origination and monitoring” del Giugno 2020 che dedica una attenzione particolare ai temi del credito in relazione ai rischi legati a “Environmental, social and governance factors”.

E’ evidente che per regolamentare il mercato finanziario, in riferimento ai temi ESG, è essenziale definire cosa si debba intendere per sviluppo sostenibile. Non si tratta solo di dare una definizione generale, cosa che viene puntualmente fatta, ma di tracciare un percorso istituzionale con tempi certi per definire in concreto e in dettaglio il concetto di sostenibilità, prevedendo anche degli strumenti tecnici opportuni.

A questo fine viene individuato nelle European Supervisory Authorities (ESAs), cioè

        • EBA, European Banking Authority,
        • EIOPA, European Insurance and Occupational Pensions Authority,
        • ESMA, European Securities and Markets Authority

il soggetto incaricato di redigere gli atti di indirizzo e le regolamentazioni tecniche necessarie attraverso il Joint Committee costituito in seno ad esse, secondo una sequenza temporale definita già dal Regolamento 2019/2088 stesso.

Risolto questo punto, il nodo cruciale diventano gli obblighi che vengono posti in capo agli operatori finanziari interessati collocare prodotti o a fornire servizi finanziari sostenibili nel mercato dello SEE.

E’ un tema critico anche se non nuovo: il mercato finanziario è un mercato globale che risponde pertanto a poteri legislativi territorialmente diversi e indipendenti. L’EU è solo uno di questi, seppure rilevante e può regolare solo il proprio ambito territoriale di competenza.

Un problema che si era già posto, ad esempio, con il GDPR, considerando che anche in quel caso si trattava di intervenire con una normativa europea in un mercato globale.

La soluzione in questo caso è stata analoga: chiunque voglia offrire al mercato SEE prodotti o servizi finanziari dovrà rapportarsi alle prescrizioni previste dal Regolamento chiarendo nel proprio sito web i criteri e le azioni concrete che dimostrano la conformità o le ragioni che hanno portato alla non conformità con esse. Questo obbligo, che sarà perfettamente definito con l’adozione degli strumenti tecnici di cui sopra, è però normato in termini generali già nel testo del Regolamento.

Un tema particolarmente rilevante è rappresentato oggi dalla tassonomia relativa ai temi della sostenibilità e dell’ESG, corretto?

Il Taxonomy Report Technical Annex realizzato dal Joint Committee delle ESAs e dall’EU Technical Expert Group on Sustainable Finance

Sì, come abbiamo detto,  già nei “considerando” il regolamento precisa che in assenza di una definizione inequivocabile e dettagliata si incorre facilmente nel rischio dello sviluppo di approcci differenti territorialmente, a cui seguirebbero metodologie e strumentazioni che a loro volta portano a frammentazione e confusione. Il primo punto a questo proposito è la tassonomia. In assenza di una definizione precisa è difficile capire cosa significhi investimento sostenibile. In questo momento si tratta ancora di un concetto contendibile, per certi aspetti chiunque può dichiarare la propria attività come sostenibile. Ecco che appare necessario definire dei “paletti” chiari e l’intervento legislativo serve anche a stabilire cosa si intende per investimento sostenibile.In questo senso è molto importante anche il lavoro svolto dal Joint Committee delle ESAs e dall’EU Technical Expert Group on Sustainable Finance con il Taxonomy Report Technical Annex, altro documento formale di riferimento per gli operatori del mercato finanziario.

Si tratta di un documento tecnico, con le sue tabelle excel, che fa parte integrante del Regolamento 2109/2088.

Concretamente, che messaggio porta questo regolamento?

Che il concetto di investimento non può più essere legato solo a considerazioni di carattere finanziario, connesse ai rendimenti attesi e ai rischi finanziari sottostanti, ma deve essere posto in relazione ai rischi ESG nel loro complesso e valutato per l’impatto sulla sostenibilità dello sviluppo in modo trasparente ed esplicito, per come rischi e impatto sono definiti dalla normativa. In sostanza, almeno nel contesto SEE, la sostenibilità diventa un parametro obbligatorio di valutazione degli investimenti, dei prodotti e dei servizi finanziari e dunque anche delle imprese che sono oggetto degli investimenti.

Insomma nessuno, operatore finanziario, consulente o impresa che sia, può sottrarsi alla necessità di considerare l’impatto della propria attività sui temi ESG cioè sulla sostenibilità.

E’ un messaggio forte che progressivamente investirà l’intera economia. Anche se il Regolamento si rivolge agli operatori finanziari, infatti, è evidente che riguarda anche il mondo delle imprese che dal mercato finanziario traggono le risorse per il proprio sviluppo, iniziando da quelle più grandi, ma arrivando via via anche alle PMI. Ma questo passaggio richiederà uno specifico approfondimento.

Proviamo a vedere, almeno in generale quali sono i contenuti della sostenibilità indirizzati  dal Regolamento EU 2019/2088 nello specifico

Nell’ambito delle tematiche legate agli investimenti sostenibili vengono ricondotti i concetti di impatto ambientale, di impatto sociale, i temi legati all’uguaglianza a livello di capitale umano, con anche sviluppi legati ad esempio ad iniziative a vantaggio di comunità svantaggiate o per il raggiungimento in determinati ambiti di condizioni che permettano di ottenere la parità di genere.

La sostenibilità viene dunque ricondotta, come macro titoli, all’acronimo ESG: Environmental, Social, Governance. I primi interventi attuativi, in particolare il Taxonomy Report Technical Annex, sono concentrati sulla “E” dell’acronimo, ma non deve sfuggire che, ad esempio, il Regolamento prevede l’obbligo di pubblicare le politiche di remunerazione e come esse sono collegate agli obiettivi di sostenibilità. Si tratta, con tutta evidenza, di una indicazione di governance importantissima per dare concretezza agli impegni dichiarati.

In riferimento alla sostenibilità ambientale, I rischi da considerare e gli impatti da considerare riguardano dunque i sei obiettivi:

  1. Mitigazione del cambiamento climatico
  2. Adattamento al cambiamento climatico
  3. Sostenibilità e protezione dell’acqua e delle risorse marine
  4. Transizione all’economia circolare
  5. Prevenzione e riduzione dell’inquinamento
  6. Protezione e recupero della biodiversità e degli ecosistemi

Rispetto ai quali l’attività deve rispondere contemporaneamente a tre requisiti: contribuire sostanzialmente ad almeno uno degli obiettivi secondo le modalità stabilità dal Regolamento, non comportare alcun danno per gli altri cinque per come sono definiti dal Regolamento e rispettare le tutele minime.

Il riferimento ai 17 SDG definiti dall’agenda 2030 dell‘ONU definisce i contorni per quanto riguarda gli altri aspetti della sostenibilità.

In sintesi quali prospettive apre questo Regolamento?

La direttiva EU 2014/95 che ha dato origine in Italia al d.lgs. 2016/254 ha introdotto l’obbligo per le aziende quotate di una certa dimensione di pubblicare annualmente la cosiddetta Dichiarazione non finanziaria, cioè il bilancio di sostenibilità, ha cioè affrontato il tema sostenibilità dal lato delle imprese. Questo Regolamento lo affronta dalla prospettiva del mercato dei capitali e del credito, completando così il quadro complessivo.

Il tema della sostenibilità diventa così un aspetto non più eludibile della gestione di impresa e dell’accesso alle risorse finanziarie. L’approvazione del Next Generation EU e del bilancio EU per i prossimi anni con le ingenti risorse che saranno in grado di attivare sui medesimi obiettivi di sostenibilità contribuisce a dare concretezza a questa prospettiva che riguarderà sia il mercato privato sia le politiche pubbliche. Chi non se ne è accorto è bene che inizi a riflettere sul tema.

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Mauro Bellini
Mauro Bellini

Ha seguito la ideazione e il lancio di ESG360 e Agrifood.Tech di cui è attualmente Direttore Responsabile. Si occupa di innovazione digitale, di sostenibilità, ESG e agrifood e dei temi legati alla trasformazione industriale, energetica e sociale.

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