La inclusività finanziaria rappresenta un pilastro della finanza sostenibile e uno dei temi centrali nelle strategie ESG di banche, fintech e operatori di mercato. La trasformazione digitale ha ampliato l’accesso ai servizi finanziari e agli investimenti, aprendo la strada a nuove forme di partecipazione economica e a un riequilibrio delle disparità di genere, reddito e provenienza geografica.
Un contributo fondamentale a questa prospettiva arriva dallo studio “I mercati finanziari digitali sono inclusivi? Evidenza dagli investitori nell’equity crowdfunding”, condotto da un team di ricercatori della School of Management del Politecnico di Milano e dell’Università di Bergamo, finanziato dal PNRR nell’ambito del progetto GRINS.
Che cos’è l’inclusività finanziaria e il rapporto con la finanza sostenibile
Con l’espressione “inclusività finanziaria” ci si riferisce alla condizione in cui ogni individuo o impresa, indipendentemente da genere, età, reddito, provenienza geografica o background culturale, può accedere a servizi finanziari adeguati, sicuri, convenienti e commisurati sulle proprie reali esigenze.
Non si tratta soltanto della possibilità di aprire un conto corrente poiché riguarda l’intero ecosistema di strumenti che permettono di partecipare alla vita economica in termini di pagamenti digitali, risparmio, credito, assicurazioni, investimenti, identità digitale, educazione finanziaria.
L’inclusività finanziaria è un elemento chiave della finanza sostenibile perché contribuisce in modo diretto ai pilastri “S” e “G” dell’ESG. Garantire l’accesso equo ai servizi finanziari – dai conti digitali al credito, dagli investimenti ai sistemi di pagamento – significa ridurre disuguaglianze strutturali e favorire la partecipazione economica di gruppi tradizionalmente marginalizzati, come donne, giovani, migranti e microimprese.
Per gli operatori finanziari questo si traduce in un duplice vantaggio: da un lato, l’ampliamento della base clienti grazie a soluzioni inclusive; dall’altro, una migliore performance ESG, oggi monitorata da investitori e autorità di vigilanza. L’inclusività diventa così una leva strategica che allinea redditività, impatto sociale e gestione responsabile, rafforzando la credibilità delle istituzioni finanziarie nella transizione verso un’economia più equa e sostenibile.
Perché l’accesso equo ai servizi finanziari è un valore ESG
L’esclusione finanziaria è uno dei principali fattori che alimentano vulnerabilità economica e disuguaglianze. Se manca l’accesso al credito, alle forme di protezione assicurativa o alle opportunità di investimento, persone e imprese rimangono ai margini della crescita economica.
Un sistema finanziario inclusivo contribuisce alla sostenibilità sotto tre punti di vista:
Riduzione delle disuguaglianze e pari opportunità
L’inclusione finanziaria è riconosciuta come acceleratore degli SDGs o Sustainable Development Goals – in particolare SDG 1 (No Poverty), SDG 5 (Gender Equality), SDG 8 (Decent Work and Economic Growth) e SDG 10 (Reduced Inequalities).
Garantire l’accesso ai servizi finanziari significa distribuire opportunità e resilienza, soprattutto a categorie tradizionalmente sotto-rappresentate, come donne, giovani, minoranze e residenti in aree periferiche.
Trasparenza, accountability e innovazione regolamentare
Nel contesto ESG, l’inclusività finanziaria non riguarda solo chi accede ai servizi, ma anche come vengono progettati, erogati e monitorati.
Le imprese finanziarie sono sempre più chiamate a dimostrare che i loro prodotti siano equi, non discriminatori e costruiti con logiche data-driven trasparenti.
L’adozione di tecnologie come l’AI spiegabile (o Explainable AI, XAI) – ovvero quell’insieme di tecniche che rendono comprensibili i processi decisionali dei sistemi di Intelligenza Artificiale, permettendo a utenti esperti e non di capire perché l’AI ha prodotto un certo risultato – o la Blockchain riduce asimmetrie informative e aumenta la fiducia degli utenti.
Economia sostenibile: crescita diffusa e mercati più resilienti
L’inclusione finanziaria non è solo un imperativo etico: è un driver di sviluppo economico. Aumenta la platea di soggetti in grado di investire, risparmiare, proteggersi dai rischi e partecipare all’economia reale.
Sistemi finanziari inclusivi sono anche più stabili, perché distribuiscono meglio il rischio e attivano flussi di capitale verso PMI, startup e iniziative innovative.
L’inclusività finanziaria consiste nella possibilità per individui e imprese di accedere a servizi finanziari equi, sicuri e sostenibili. È un obiettivo strategico per la sostenibilità (SDG 8, 9 e 10), perché favorisce la crescita inclusiva, riduce le disuguaglianze e rafforza la resilienza economica.
Finanza digitale come leva di inclusività: lo studio sugli investitori
Lo studio GRINS fornisce una delle analisi più ampie mai condotte in Italia sull’inclusione nei mercati digitali, spostando l’attenzione dagli imprenditori che raccolgono capitali, agli investitori che partecipano alle campagne di equity crowdfunding (ECF).
Equity crowdfunding e inclusività finanziaria: donne più attive degli uomini
L’analisi – condotta dal 2016 al 2023 su rigorose basi scientifiche – ha preso in considerazione 20.209 individui registrati su una delle più grandi piattaforme di equity crowdfunding attive nel mercato italiano, di cui 14.777 (73,1%) investitori con una somma iniziale media di 3.250 euro.
Tra questi:
- le donne sono il 12,6%, contro un 6% medio nella finanza tradizionale;
- in alcune regioni la loro quota cresce: Friuli Venezia-Giulia 18%, Basilicata 16,7%, Sardegna 15,1%, Lazio 13,7%, Piemonte 13,4%, Lombardia e Valle d’Aosta 13,3%, Toscana 13,2%;
- le donne hanno una probabilità di investire superiore dell’1,04% rispetto agli uomini;
- quando investono, destinano somme più alte del 15,5%, pari a circa +505 euro rispetto all’investimento medio di 3.250 euro.
Questi dati ribaltano la narrativa tradizionale secondo cui la finanza sarebbe un territorio prevalentemente maschile.
Identikit dell’investitore digitale italiano
Lo studio permette anche di tracciare un identikit aggiornato dell’investitore digitale italiano: si tratta di individui che hanno un’età media di 45 anni, 7.870 di loro (38,9%) risiedono in aree metropolitane e 360 (1,8%) appartengono a minoranze etniche, 11.625 (57,5%) possiedono un titolo di studio universitario o equivalente, e 4.915 (24,3%) sono imprenditori o manager.
Confrontando gli investitori con i non investitori, i primi sono significativamente più anziani (46 anni contro 41 anni), vivono maggiormente in un’area metropolitana (39,7% contro 36,9%), hanno più probabilità di possedere un titolo di studio universitario o equivalente (59,3% contro 52,7%) e di essere imprenditori o manager (25,9% contro 20,1%).
Key takeaways dei ricercatori
Il valore dello studio non risiede solo nella vastità del campione analizzato, ma soprattutto nell’interpretazione scientifica dei risultati. I ricercatori del Politecnico di Milano e dell’Università di Bergamo sottolineano come la finanza digitale stia trasformando le dinamiche di partecipazione ai mercati, offrendo un terreno neutrale dove categorie storicamente marginalizzate possono finalmente accedere e incidere.
Vincenzo Butticè, Professore associato della School of Management del Politecnico di Milano e co-autore dello studio, evidenzia un punto chiave: “La finanza digitale ha la capacità di ridurre le asimmetrie informative e operative che tipicamente penalizzano donne e minoranze nei canali tradizionali. L’equity crowdfunding, con i suoi meccanismi standardizzati e trasparenti, rappresenta un laboratorio ideale per osservare come le barriere alla partecipazione possano essere superate”.
Secondo Butticè, l’innovazione digitale svolge un ruolo quasi “abilitante”, perché sposta l’attenzione dagli intermediari al comportamento degli utenti. Il risultato? L’emergere di pattern di partecipazione più equilibrati e meritocratici, che nel tempo potrebbero ridisegnare l’intero ecosistema finanziario.
Un taglio complementare arriva da Silvio Vismara, Professore ordinario presso l’Università di Bergamo, che interpreta i dati non solo come fotografia del presente, ma come indicazione per policymaker e regolatori: “L’Italia costituisce un osservatorio particolarmente significativo per l’equity crowdfunding. La nostra analisi suggerisce che politiche più orientate alla semplificazione, alla trasparenza e all’armonizzazione normativa potrebbero amplificare ulteriormente questi effetti inclusivi”.
Vismara mette inoltre in evidenza un aspetto spesso trascurato: focalizzare l’analisi sugli investitori — e non soltanto sui proponenti delle campagne — permette di osservare una trasformazione culturale in atto, in cui i mercati digitali diventano non solo canali di investimento, ma strumenti di partecipazione economica e sociale.
I ricercatori concordano su un punto: l’inclusività finanziaria, quando abilitata dal digitale, non è un obiettivo a margine, ma un driver strutturale della finanza sostenibile. E i dati osservati sono abbastanza solidi da suggerire che l’effetto non sia episodico, ma parte di una tendenza che merita attenzione strategica da parte di piattaforme, istituzioni finanziarie, operatori ESG e decision-maker pubblici.
Inclusività finanziaria: in che modo la digital innovation abbatte le barriere di accesso
La trasformazione digitale sta ridefinendo l’architettura del sistema finanziario globale, aprendo opportunità prima inaccessibili e riducendo molte delle barriere che storicamente limitavano la partecipazione di individui e imprese ai mercati. L’innovazione tecnologica non funge solo da abilitatrice di efficienza: rappresenta un vero motore di democratizzazione dell’accesso, grazie a strumenti più inclusivi, modulari e personalizzabili.
Pagamenti digitali e mobile banking
La diffusione di smartphone e piattaforme di pagamento ha trasformato la porta d’ingresso alla finanza.
Oggi milioni di utenti possono:
- effettuare transazioni senza recarsi in filiale;
- aprire conti digitali con processi di onboarding semplificati;
- accedere a soluzioni di micro-risparmio e microcredito in tempo reale.
Questi servizi hanno un impatto particolarmente significativo su donne, giovani, lavoratori con redditi irregolari e residenti in aree rurali, dove la presenza bancaria è limitata o assente.
Identità digitale e onboarding semplificato
Soluzioni come SPID, CIE, eIDAS e sistemi basati su blockchain permettono la verifica dell’identità in modo rapido e sicuro.
L’abbattimento delle barriere documentali – spesso uno dei principali ostacoli all’inclusione finanziaria – consente a persone con percorsi non lineari o prive di una piena tracciabilità di accedere ai servizi finanziari.
AI, machine learning e credit scoring alternativi
La valutazione del rischio non è più limitata alle informazioni tradizionali (busta paga, storico bancario), che penalizzano chi ha redditi intermittenti o scarsa storia creditizia.
Grazie all’Intelligenza Artificiale si possono utilizzare dati alternativi, come:
- utilizzo dello smartphone,
- comportamenti di pagamento digitali,
- informazioni professionali ricavate da piattaforme digitali,
- indicatori di affidabilità non finanziaria.
Questo approccio permette di costruire profili di rischio più accurati e meno discriminatori, ampliando l’accesso al credito a segmenti prima esclusi.
Crowdfunding ed equity crowdfunding
Le piattaforme ECF – come mostra lo studio del Politecnico di Milano e dell’Università di Bergamo – rendono gli investimenti accessibili a chi prima riteneva di non avere competenze, capitali o fiducia sufficienti per partecipare ai mercati.
Gli investitori possono sperimentare percorsi di investimento con ticket ridotti, maggiore trasparenza e accesso diretto a startup e PMI innovative.
Il risultato? Una partecipazione più ampia e diversificata, con un ruolo crescente di donne e minoranze.
Open finance e API
L’open finance consente la condivisione sicura dei dati finanziari, creando servizi più personalizzati e trasparenti. Le fintech possono costruire:
- soluzioni su misura per target specifici (es. donne imprenditrici, freelance, migranti);
- strumenti di budgeting e investimento accessibili anche ai principianti;
- prodotti modulari a costi più bassi grazie al modello “as-a-service”.
Educazione finanziaria digitale
Piattaforme di education fintech, app di gestione finanziaria e simulatori basati su AI stanno migliorando le competenze di utenti meno esperti, mitigando uno dei principali ostacoli alla partecipazione economica: la paura di sbagliare.
L’innovazione digitale non è un semplice fattore abilitante: è il catalizzatore che sta ricostruendo l’accesso finanziario in chiave inclusiva, rendendo i servizi più trasparenti, personalizzabili, democratici e orientati alla partecipazione di fasce di popolazione tradizionalmente escluse.
Inclusività finanziaria ed ESG: perché i dati contano
Nel quadro ESG, l’inclusività finanziaria sta assumendo un ruolo sempre più strategico, in particolare all’interno della dimensione Social (S) e, in parte, della Governance (G).
Le organizzazioni finanziarie – banche, fintech, asset manager, piattaforme digitali – non possono più limitarsi a dichiarare impegni di principio: sono chiamate a dimostrare con dati verificabili e comparabili il proprio contributo alla riduzione delle disuguaglianze e all’ampliamento dell’accesso ai servizi finanziari.
Dati come leva di accountability
La crescente attenzione degli investitori istituzionali verso le metriche ESG impone la misurazione della performance sociale. Nel caso dell’inclusività finanziaria, questo significa raccogliere e rendicontare indicatori che mostrino chi partecipa ai prodotti finanziari e in che modo.
Esempi: percentuale di donne tra i clienti finanziati o investitori, partecipazione delle minoranze etniche, coinvolgimento di soggetti residenti in aree interne, profilo socio-demografico dei nuovi utenti digitali.
Dati per identificare bias e migliorare i modelli di servizio
I dataset granulari permettono alle istituzioni finanziarie di individuare barriere nascoste, discriminazioni involontarie o bias nei processi di onboarding, valutazione del rischio, pricing o distribuzione dei prodotti. L’uso dell’AI – purché trasparente, auditabile e non discriminatoria – consente di analizzare pattern di comportamento e migliorare l’equità degli algoritmi di credit scoring e dei processi di investimento.
Dati per misurare l’impatto reale dei servizi digitali
Il valore della digitalizzazione non risiede solo nell’efficienza operativa, ma nella capacità di estendere la partecipazione economica. Il caso dell’equity crowdfunding analizzato dal Politecnico di Milano e dall’Università di Bergamo lo dimostra con chiarezza: la finanza digitale può includere soggetti tradizionalmente esclusi, e questo impatto è misurabile in modo rigoroso.
La raccolta sistematica di dati permette quindi alle imprese di trasformare l’inclusività finanziaria in un vero e proprio asset strategico, capace di generare valore reputazionale e competitivo.
Dati per allinearsi alle normative e ai framework internazionali
Organismi come ONU, OCSE, Banca Mondiale, EBA e UE stanno promuovendo standard sempre più precisi di rendicontazione sull’inclusione finanziaria. Avere dati solidi consente alle imprese di:
- prepararsi ai futuri requisiti di disclosure;
- allinearsi ai framework internazionali per il reporting ESG;
- dialogare in modo efficace con investitori impact-oriented;
- costruire strategie aziendali basate su evidenze, non su dichiarazioni qualitative.
Dati per dimostrare il contributo agli SDGs
L’inclusività finanziaria è correlata a obiettivi globali come SDG 1 (No Poverty), SDG 5 (Gender Equality), SDG 8 (Economic Growth), SDG 9 (Innovation) e SDG 10 (Reduced Inequalities). Senza dati granulari, le aziende non possono dimostrare il proprio impatto sociale né inserirlo in una logica di materialità.
Nell’ecosistema ESG i dati non sono solo strumenti di misurazione: sono il fondamento che permette di trasformare l’inclusività finanziaria in un risultato tangibile, di creare prodotti più equi e di orientare l’innovazione digitale verso obiettivi di sostenibilità autentici e verificabili.
Le sfide tra digital divide e sicurezza informatica
Nonostante il potenziale inclusivo della finanza digitale, permangono barriere strutturali che rischiano di amplificare invece di ridurre le disuguaglianze.
L’espansione dell’accesso non dipende soltanto dall’innovazione tecnologica, ma dalla capacità dei sistemi finanziari – pubblici e privati – di affrontare in modo sistematico i colli di bottiglia legati a digital divide, sicurezza, alfabetizzazione, fiducia e qualità dei dati.
Digital divide infrastrutturale e culturale: una doppia barriera
Il digital divide non è solo questione di connessione o dispositivi. Esistono almeno tre livelli critici:
- Infrastrutturale – Aree rurali o periferiche con connettività insufficiente, che ostacolano l’uso fluido di servizi digitali avanzati come l’identità digitale o le piattaforme di investimento.
- Economico – Persone o microimprese che non dispongono di smartphone adeguati, data plan, o competenze IT di base.
- Culturale e cognitivo – Diffidenza verso l’online, scarsa familiarità con il linguaggio della finanza, bassa educazione digitale.
Queste barriere, se non affrontate, possono limitare proprio quelle fasce di popolazione che la finanza digitale tenta di includere: donne, giovani, anziani, migranti, lavoratori informali e residenti in aree interne.
Sicurezza informatica: la fiducia come condizione d’uso
La cybersecurity è uno dei pilastri della finanza digitale inclusiva. Senza una percezione di sicurezza, gli utenti meno esperti sono i primi a disertare i canali digitali. Le minacce più rilevanti includono:
- phishing e truffe basate su social engineering;
- furto d’identità e manipolazione dei dati;
- attacchi ai wallet digitali o ai sistemi di pagamento;
- vulnerabilità delle piattaforme di investimento online.
Per ridurre questi rischi, le istituzioni devono adottare misure come autenticazione multifattoriale, protocolli di crittografia avanzata, sistemi di monitoraggio in tempo reale e soprattutto programmi di educazione alla sicurezza rivolti agli utenti.
Data governance e rischio di bias algoritmici
L’utilizzo crescente di AI e modelli di scoring alternativi apre nuove opportunità, ma introduce anche una sfida cruciale: evitare che algoritmi addestrati su dati storici riproducano – o amplifichino – bias e discriminazioni già presenti nella finanza tradizionale. Serve una governance dei dati che includa:
- audit periodici sugli algoritmi;
- spiegabilità dei modelli (XAI);
- dataset rappresentativi e privi di distorsioni;
- supervisione umana nei casi sensibili.
La qualità dei dati è determinante per evitare che la finanza digitale diventi “inclusiva solo sulla carta”.
Sovrabbondanza di offerte e complessità dei prodotti
L’ampliamento delle piattaforme digitali, pur positivo, genera un ecosistema estremamente frammentato. Per gli utenti alle prime armi – ma anche per PMI e microimprese – orientarsi tra wallet, gateway di pagamento, app, marketplace e strumenti di investimento può risultare complesso. Il rischio è di creare una nuova esclusione, fondata non sull’accesso, ma sulla comprensibilità.
Quadro normativo in evoluzione
La regolamentazione della finanza digitale procede rapidamente (MiCA, PSD3, DORA, linee guida EBA, normative sulla data protection). Le imprese devono adeguarsi garantendo al tempo stesso innovazione e competitività. Norme troppo rigide possono frenare la diffusione di servizi inclusivi; norme troppo permissive possono esporre gli utenti più fragili a rischi maggiori.
La finanza digitale offre un potenziale enorme per promuovere l’inclusività, ma questo potenziale si realizza solo se accompagnato da investimenti in infrastrutture, alfabetizzazione, sicurezza e governance dei dati. L’inclusione non è un effetto automatico della tecnologia: è il risultato di un ecosistema che funziona, è sicuro e mette l’utente – ogni utente – al centro.
FAQ sull’inclusività finanziaria
Che cos’è l’inclusività finanziaria?
È la capacità di un sistema finanziario di offrire servizi accessibili, equi e sostenibili a tutti, riducendo barriere economiche, culturali, digitali e geografiche. Non si limita all’apertura di un conto, ma comprende strumenti di pagamento, credito, risparmio, assicurazioni, investimenti e identità digitale.
Perché l’inclusività finanziaria è importante?
Perché consente a individui e imprese di partecipare pienamente alla vita economica, favorisce la crescita sostenibile, riduce le disuguaglianze e migliora la resilienza finanziaria. Per le istituzioni finanziarie, è un fattore competitivo e un indicatore di performance ESG.
Come può la tecnologia migliorare l’inclusione?
Attraverso soluzioni come mobile banking, pagamenti digitali, onboarding semplificato, AI per il credit scoring, piattaforme di equity crowdfunding, open finance e identità digitale. La digital innovation riduce costi, semplifica i processi e rende più trasparente l’accesso ai servizi finanziari.
Chi beneficia maggiormente dell’inclusività finanziaria?
Donne, giovani, microimprese, lavoratori con redditi discontinui, minoranze etniche, residenti in aree rurali o periferiche e individui con bassa storicità creditizia. Lo studio del Politecnico di Milano e dell’Università di Bergamo mostra, ad esempio, che donne e minoranze partecipano più degli uomini agli investimenti digitali nell’equity crowdfunding.
Quali sono gli strumenti più efficaci per promuoverla?
- pagamenti digitali e mobile wallet;
- identità digitale e KYC semplificato;
- piattaforme di crowdfunding e finanza alternativa;
- AI e machine learning applicati alla valutazione del rischio;
- educazione finanziaria e digitale;
- open finance e prodotti finanziari modulari e personalizzabili.
Quali ostacoli devono ancora essere superati?
Digital divide, scarsa alfabetizzazione finanziaria, diffidenza verso il digitale, rischi di cybersecurity, bias algoritmici, complessità dei prodotti e regolamentazioni in evoluzione. Superare queste barriere è essenziale per garantire un’inclusione autentica e non solo nominale.
Conclusione: la finanza digitale come acceleratore di equità
Lo studio del Politecnico di Milano e dell’Università di Bergamo dimostra che l’equity crowdfunding non è solo uno strumento di raccolta fondi per startup e PMI, ma una leva di trasformazione sociale.
L’innovazione digitale può rendere i mercati più inclusivi, attrarre una platea più ampia e diversificata di investitori e contribuire agli obiettivi ESG delle organizzazioni.
Un segnale chiaro: la democratizzazione della finanza non è un concetto teorico, ma un fenomeno in corso, misurabile e sostenuto dai dati.






