Analisi

Finanza, climate change e dati: alla ricerca del trade off tra rischi fisici e rischi di transizione

Crescono gli investimenti del mondo della finanza verso le imprese che adottano misure per contrastare i cambiamenti climatici e cresce nello stesso tempo il livello di attenzione verso i nuovi rischi che insidiano questa transizione. I continui inviti ad “accelerare” si devono confrontare con la necessità di analizzare con più precisione gli effetti dei cambiamenti climatici unitamente alla capacità di trasformazione di ogni singola azienda e del mercato in cui opera

Pubblicato il 29 Lug 2022

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L’occasione è rappresentata dalla presentazione della ricerca dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del Politecnico di Milano (QUI il servizio dedicato ai dati della ricerca) che ha visto un intervento di Giovanni Sandri, country manager di BlackRock Italia, una delle più grandi società di investimenti al mondo che ha assunto da diverso tempo una posizione molto attiva e “interventista” sui temi della sostenibilità. Le lettere ai CEO di Larry Fink, Chairman e CEO della società sono un punto di riferimento e di confronto da alcuni anni per la comunità finanziaria e per le imprese (QUI la lettera ai CEO del 2022, e QUI un nostro servizio a commento della lettera).

Gli effetti del climate change sulla generazione di valore

Una presenza importante dunque quella di BlackRock, per le dimensioni degli asset gestiti e per l’impegno sui temi della sostenibilità costruito nel tempo. Ed è anche da queste basi che si snoda l’intervento di Giovanni Sandri a partire da una precisazione sulla natura di questo impegno che avvicina finanza e climate change e che è direttamente legato alla constatazione che il climate change ha un effetto indiscutibile sulla generazione di valore. “Come Blackrock, e come altri grandi investitori – spiega – investiamo per milioni di famiglie e una parte molto importante di questi investimenti attengono a tematiche previdenziali in una prospettiva di pianificazione che deve guardare al lungo periodo”. Ed è nel lungo periodo che il tema del cambiamento climatico assume una importanza strategica.

“Siamo convinti che il rischio climatico sia un rischio di investimento che occorre tenere in altissima considerazione – spiega nell’ambito del suo interventi nell’evento dell’Osservatorio Climate Finance -. Nello stesso tempo riteniamo che la transizione energetica sia anche una importante opportunità di investimento“. Ma per comprendere al meglio lo scenario nel quale si collocano queste considerazioni occorre guardare alla transizione energetica non solo come una necessità sotto gli occhi di tutti, ma un fenomeno che è partito da tempo. E la vera sfida oggi è capire come verrà portata avanti anche alla luce delle tantissime variabili a cui è soggetta. Il tema che sottolinea Sandri riguarda la ricerca di un trade off tra la necessità di agire e di muoversi velocemente e l’attenzione doverosa all’impatto delle azioni stesse per non correre il rischio che possano mettere in discussione la transizione stessa. Questo trade off rende l’attività degli investitori molto complessa e il ruolo della conoscenza e dei dati assume un valore sempre più rilevante.

Le difficoltà di gestire una transizione che non ha un andamento lineare

Sandri tiene ad evidenziare una serie di aspetti ai quali prestare una speciale attenzione. Il primo riguarda il fatto che la transizione energetica non è ancora adeguatamente apprezzata dai mercati, ed è ragionevole attendersi un riconoscimento di valore nei confronti di quelle aziende che puntano sulla sostenibilità. Ovviamente la capacità di individuare le imprese che meglio sapranno gestire questa trasformazione può creare le condizioni per extra rendimenti nel tempo. C’è poi una analisi legata al fatto che la transizione non è lineare: si registrano passi in avanti ma, purtroppo, anche passi indietro a cui si devono aggiungere anche gli effetti inflattivi e uno sbilanciamento tra domanda e offerta. Tra gli altri aspetti da tenere in forte considerazione ci sono poi la spinta della “regolamentazione” che accompagna e caratterizza il passaggio alle rinnovabili e ultimo, ma dal punto di osservazione di ESG360 certamente molto importante, il tema del ruolo dell’innovazione. “Tante innovazioni arriveranno ed è importante guardare a questo fenomeno nel segno di una gestione delle opportunità”.

Attenzione anche ai settori carbon intensive

Sandri sottolinea che non è solo un tema di investire nelle aziende green, ma occorre guardare alle innovazioni embrionali, alle startup che fanno innovazione per permettere alle imprese di realizzare a loro volta innovazione sostenibile e anche alla capacità di innovazione dei settori carbon intensive. Può apparire contro-intuitivo, ma c’è una fase importante di questa transizione che sarà caratterizzata da un ruolo, diverso e innovativo, dei combustibili tradizionali, ed è importante guardare con attenzione a chi porta innovazione in questi ambiti. Sandri invita al pragmatismo “Quando si guarda alla transizione, non si può pensare a un interruttore che permette il passaggio da brown a green, ma si deve affrontare una transizione di lungo periodo dove si deve gestire il ruolo del brown, auspicabilmente sempre minore“.

Climate Finance: la centralità dei dati e del digitale

In questo senso, tornando al concetto di trade off tra velocità e intensità dell’azione di cambiamento e attenzione a non mettere in repentaglio il cambiamento per chi fa investimenti è sempre più importante il ruolo dei dati, di una conoscenza che non sia solo guidata dalla situazione “as is” ma che possa guardare a come può evolvere in funzione di diversi scenari. Scenari che devono comprendere appunto anche i rischi collegati alla transizione. Sandri enfatizza il ruolo dei dati, delle conoscenza e richiama l’attenzione all’ecosistema di startup che lavorano sui dati, e al ruolo dei regolatori per arrivare a regole comuni e aziende sempre più incentivate a comunicare meglio sulle metriche non finanziarie.

Qualità dei dati e comunicazione

Tra le sfide che Sandri porta all’attenzione dell’Osservatorio c’è quella della qualità dei dati che spesso sono eterogenei e fanno riferimento a informazioni diverse anche a causa di metodologie diverse a cui si aggiunge un tema legato alla completezza dell’analisi stessa. In più ci sono blocchi di economia che non sono coperti come, ad esempio, accade per le imprese di medie e piccole dimensioni. Anche per questo motivo, il ruolo della tecnologia è sempre più centrale per gli investitori e per Sandri, si tratta di un ruolo che va interpretato su tre livelli.

Nella capacità d mettere a disposizione metriche di sintesi con dati strutturati e destrutturati che fanno riferimento a metodologie basate sulla scienza del clima e che permettano di valutare in modo sempre più preciso gli impatti economici dei cambiamenti climatici; nella capacità di supportare modalità di integrazione con le metriche tradizionali, per gestire queste dimensioni dell’analisi e per disporre di valutazioni finanziarie affinate legate ai rischi ambientali; e infine, per una comunicazione trasparente verso l’investitore finale e anche qui la tecnologia può essere di aiuto per gestire l‘informativa di investimento con dati chiari per permettere di valutare, ad esempio, l’impatto di portafoglio in termini di produzione di CO2.

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