Trasformazione industriale

Strategia industriale europea: che cos’è e come l’Europa intende accelerare la transizione digitale e green

La Commissione europea ha aggiornato la strategia industriale del continente per mettere a disposizione nuovi strumenti e nuove azioni finalizzate alla ripresa dell’economia e dell’industria e per valorizzare e integrare le lezioni apprese durante la pandemia

Pubblicato il 13 Dic 2021

Industrial ecosystem commissione europea

Indicare e aiutare la roadmap per la ripresa dell’industria europea in un’ottica di maggiore digitalizzazione, sostenibilità e resilienza del mercato unico europeo: è questo lo scopo originale della strategia industriale europea e di un aggiornamento che arriva per tenere conto delle esperienze e delle conseguenze della pandemia. Il documento originale era stato presentato per la prima volta il 20 marzo 2020, il giorno che ha preceduto la dichiarazione ufficiale con l’Organizzazione Mondiale ha classificato il Covid-19 come una pandemia globale. All’epoca la strategia originale si fondava su tre pilastri:

  1. promuovere la competitività mondiale dell’industria europea,
  2. rispettare gli obiettivi fissati dal Green New Deal
  3. investire in tecnologie strategiche, come 5G, Intelligenza Artificiale, data e metadata analytics

Gli obiettivi della strategia industriale europea

La Commissione europea ha poi ritenuto necessario aggiornare la strategia per mettere a disposizione nuovi strumenti e nuove azioni necessarie alla ripresa dell’economia e dell’industria europea e per integrare le lezioni apprese durante la pandemia. Tra queste, ha assunto una particolare importanza la necessità di accelerare la trasformazione digitale e green delle aziende. Una necessità dovuta proprio ai cambiamenti innescati dalla pandemia, che ha sconvolto molti modelli tradizionali e permesso di rompere vecchie abitudini.

Dunque, la strategia aggiornata pone l’accento su tutte le azioni da intraprendere per far sì che i business non rimangano indietro: dalle azioni rivolte ad assicurare l’accesso (a prezzi giusti) a energia pulita, a nuovi partenariati pubblico-privati, alle competenze necessarie alla forza lavoro.

Altra necessità emersa con la pandemia è quella di rafforzare il mercato unico europeo. La pandemia ha anche sottolineato la fragilità delle catene di fornitura europee: nel secondo e terzo trimestre del 2020, infatti, si è registrato un calo degli scambi commerciali all’interno dell’Unione del 24%.

L’interruzione alla libera circolazione di lavoratori, merci e servizi tra i Paesi dell’Unione ha avuto – in un mercato integrato quale quello comunitario – un impatto significativo, tanto da ostacolare una risposta europea congiunta nelle prime fasi della pandemia.

Per questo, nel documento aggiornato la Commissione ha fatto del rafforzamento del mercato unico europeo una delle colonne portanti della strategia europea per l’industria. Tra le varie azioni che saranno messe in campo a questo scopo, la Commissione ha previsto uno strumento di emergenza per il mercato unico, in grado di consentire la libera circolazione di merci, servizi e persone, anche in caso di crisi future.

I 14 ecosistemi industriali e i percorsi di transizione per promuovere sostenibilità e digitalizzazione

L’aggiornamento della strategia farà forza su KPI chiari e condivisi per misurare i progressi delle varie azioni che si intraprenderanno e sulla valutazione annuale delle condizioni del mercato unico europeo. Proprio dal rapporto annuale sul mercato unico europeo la Commissione è partita per individuare i bisogni dell’industria e per valutare quali azioni intraprendere per favorire la ripresa e la duplice trasformazione dei vari settori.

A questo proposito, il rapporto individua 14 ecosistemi che compongono il sistema industriale europeo, ossia: edilizia; industrie digitali; sanità, agroalimentare; energie rinnovabili; industrie ad alta intensità energetica: trasporti e industria automobilistica; elettronica; tessile; aerospaziale e difesa; cultura e industrie culturali e creative; turismo; prossimità ed economia sociale e commercio al dettaglio.

La divisione in ecosistemi aiuterà la Commissione ad analizzare nel dettaglio i bisogni di ciascun comparto, un passo fondamentale perché la pandemia non ha colpito in egual misura tutti i settori dell’economia: mentre alcuni, come mobilità, turismo e cultura faticano ancora a riprendersi altri, come il comparto digitale, sono stati favoriti proprio dall’emergenza.

La divisione in ecosistemi industriali come aiuto per accelerare la transizione digitale e green

La divisione in ecosistemi servirà, inoltre, per accelerare la transizione digitale e green. Permetterà alla Commissione di analizzare nel dettaglio i bisogni di ogni specifico ecosistema per progettare, insieme all’industria, alle autorità pubbliche, ai partner societari e agli altri stakeholder dei percorsi di duplice trasformazione per ciascun settore. Tali percorsi offriranno una migliore comprensione, con un approccio “bottom-up”, della portata, dei costi, dei benefici a lungo termine e delle condizioni dell’azione necessaria per accompagnare la doppia transizione per gli ecosistemi più rilevanti.

In questa fase, la Commissione è determinata a prioritizzare gli ecosistemi e i settori che affrontano le sfide più importanti per raggiungere gli obiettivi climatici e di sostenibilità e la cui competitività dipende da questa capacità di trasformazione come le industrie ad alta intensità energetica (compresi i settori chimico e siderurgico) e l’edilizia.

A questi si aggiungeranno quei settori pesantemente colpiti dalla crisi, che beneficiano dell’accelerazione della loro doppia transizione per dare impulso alla loro ripresa (come il turismo e la mobilità).

Superare le dipendenze strategiche a livello di materiali e componenti

La pandemia ha anche acceso i riflettori sulle problematicità legate alle dipendenze europee in alcuni materiali e componenti che sono strategici all’economia e alla società dell’Unione. Raggiungere l’indipendenza in questi settori è un passo fondamentale per il rafforzamento del mercato unico europeo. Per questo, la Commissione ha voluto realizzare un’analisi dettagliata di quelle che sono le dipendenze strategiche dell’Unione e delle azioni necessarie al loro superamento.

L’analisi ha individuato 6 settori chiave: materie prime, principi attivi farmaceutici, batterie al litio, idrogeno, semiconduttori, cloud e Edge computing. Si tratta in tutti i casi di dipendenze che l’Ue conta di affrontare attraverso partenariati internazionali diversificati, per garantire che il commercio e gli investimenti continuino a svolgere un ruolo chiave nello sviluppo della resilienza economica dell’Europa. A questi si uniranno alleanze industriali, che forniranno una piattaforma ampia e aperta volta a coinvolgere le imprese europee più innovative, con una particolare attenzione all’inclusione di start-up e PMI.

Oltre a questo, si incrementerà lo sforzo sugli IPCEI (Important Projects of Common European Interest), sia per quanto riguarda i fondi da dedicare agli IPCEI già in essere che nella creazione di nuovi progetti strategici.

Una strategia per la standardizzazione e per il public procurement

Per aumentare la cooperazione con altri Paesi in progetti strategici, inoltre, la Commissione presenterà una strategia sulla standardizzazione, che si servirà del lavoro di una task force congiunta tra la Commissione e l’Organizzazione europea per la standardizzazione (ESO), che definirà soluzioni concordate per adottare in modo rapido le norme identificate come cruciali. Anche in questo processo, la Commissione presterà anche particolare attenzione ad anticipare le esigenze di standardizzazione che sostengono la doppia transizione degli ecosistemi industriali.

Allo stesso tempo, la Commissione svilupperà delle linee guida su come utilizzare efficacemente il public procurement per rafforzare la resilienza degli ecosistemi chiave, utilizzando una serie di strumenti volti ad aiutare gli acquirenti pubblici a identificare e affrontare i rischi e le dipendenze strategiche delle forniture e a diversificare la base dei fornitori. In tema di public procurement, la strategia della Commissione segue due filoni principali: da un lato intende proteggere il mercato interno dagli effetti potenzialmente distorsivi dei sussidi esteri, dall’altro intende utilizzare il public procurement – che ammonta al 14% del Pil europeo- per contribuire a rafforzare la competitività delle aziende. Per fare ciò, la Commissione intende aumentare la spesa pubblica in innovazione, soluzioni digitali e in attività di R&S (ricerca e sviluppo), introducendo criteri strategici – in particolare per gli appalti verdi, sociali e di innovazione – per garantire trasparenza e concorrenza.

La strategia per sostenere la trasformazione digitale e green delle imprese

“L’industria dell’Ue ha abbracciato le sfide e le opportunità che la doppia transizione porta con sé. È pronta a investire, ma chiede prevedibilità e un vero business case”, si legge nel documento pubblicato dalla Commissione. Ed è proprio al raggiungimento di questi scopi che è rivolto il capitolo della strategia industriale europea dedicato alle azioni volte ad accelerare la duplice trasformazione: far sì che le imprese abbiano un “quadro normativo coerente e stabile, accesso alle strutture e alle infrastrutture, finanziamenti per l’innovazione e lo sviluppo, materie prime ed energia decarbonizzata, misure di supporto della domanda di prodotti sostenibili e circolari e le giuste competenze”.

La prima grande opportunità individuata dalla Commissione in questo campo è rappresentata proprio dagli strumenti di ripresa e, nello specifico, dai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza PNRR approvati da ciascuno Stato membro. Per questo, la Commissione ha voluto che delle risorse stanziate ai singoli Stati, almeno il 37% delle risorse fossero dedicate a investimenti green e almeno il 20% a quelli nel digitale.

Questi piani saranno anche l’opportunità di costruire progetti transnazionali che coinvolgano più Stati nella costruzione delle strutture necessarie ad accelerare queste transizioni. Alcuni Stati membri hanno segnalato la loro intenzione di includere nei loro piani nazionali questi progetti. Pertanto, la Commissione sta valutando le opzioni per un meccanismo efficace per accelerare la loro attuazione, valutando anche una possibile combinazione di finanziamenti degli Stati membri e dell’Ue.

Altro tassello della strategia europea sarà la revisione di vari quadri normativi di riferimento, per assicurare che non costituiscano barriere agli investimenti delle imprese in tecnologie digitali e green. Tra queste, vi sono le normative europee sulla concorrenza e le norme sugli aiuti di Stato per l’ambiente e l’energia, che permetterà agli Stati membri di sostenere meglio le imprese nella decarbonizzazione dei loro processi produttivi e nell’adozione di tecnologie più verdi.

Un passaggio importante, riguarda le regole sugli aiuti di Stato diretti proprio agli IPCEI. Strumenti importanti in quanto “aiutano a catalizzare gli investimenti transfrontalieri in innovazioni rivoluzionarie, dove il mercato da solo non si assume il rischio, o lo fa unicamente quando gli effetti positivi di affrontare un chiaro fallimento del mercato superano il rischio di distorsione del mercato unico”. Anche nell’ambito degli IPCEI la Commissione ha intenzione di apportare alcune modifiche al sistema, per favorire la partecipazione anche delle piccole e medie imprese e delle aree geografiche dell’unione più indietro in questi ambiti strategici.

Sviluppo di reti a banda larga e finanza sostenibile

Tra le politiche che saranno riviste per assicurare la promozione di investimenti nella duplice transizione vi sono anche le normative sugli aiuti di stato per lo sviluppo rapido di reti a banda larga, le regole di antitrust applicabili ad accordi orizzontali tra aziende, la normativa relativa alla definizione di mercato e la politica commerciale dell’Unione.

Inoltre, la Commissione sta preparando le sue proposte per una nuova strategia per la finanza sostenibile e un’iniziativa legislativa sulla governance aziendale sostenibile che prevede la due diligence da parte delle aziende. In aggiunta, il sostegno agli investimenti verdi sarà abbinato allo sviluppo di nuovi standard per la finanza verde. A questo quadro normativo – che includerà anche una nuova strategia per un approccio europeo ai contratti di carbonio per differenza – si aggiungeranno gli strumenti del programma Horizon, che sosterrà l’ecosistema di innovazione paneuropeo di prossima generazione per la transizione verde e digitale, e il fondo innovativo, che continuerà a fornire un supporto critico per la dimostrazione commerciale di tecnologie innovative a basso contenuto di carbonio, in molteplici settori.

I Consulenti per la sostenibilità al servizio delle PMI

Non manca un focus sulle PMI. Per aiutarle con gli investimenti necessari a sostenere queste trasformazioni, infatti, la Commissione prevede la creazione di consulenti per la sostenibilità, figure che presteranno consulenza dedicata alle PMI e che saranno pienamente in atto a partire dal 2022. Inoltre, entro il 2023, il programma Europa Digitale inietterà 310 milioni di euro nei Digital Innovation Hub europei che offriranno alle PMI supporto locale nella trasformazione digitale e accesso ai test tecnologici.

Altro filone della strategia di accelerazione è lo sforzo per consolidare ulteriormente la connessione tra le tecnologie digitali e gli obiettivi di sostenibilità prefissati. Un ruolo chiave, in questo ambito, sarà quello della European Green Digital Coalition, guidata dall’industria, che misurerà l’impatto e accelererà la diffusione di soluzioni digitali per rendere sostenibili i settori chiave.

Per rispettare gli impegni presi nella Digital Compass, inoltre, la Commissione identificherà ulteriori misure per raggiungere l’obiettivo della neutralità carbonica delle tecnologie ICT e per aumentare l’adozione delle tecnologie digitali per ridurre l’impronta ambientale di altri ecosistemi.

La direttiva sull’energia rinnovabile e le azioni volte a promuovere accordi sull’acquisto di energia rinnovabile

E poi vi è la questione delle energie rinnovabili, i cui investimenti crescono a tassi ancora non soddisfacenti, spiega la Commissione. Infatti, gli ultimi piani nazionali per l’energia e il clima indicano un aumento di 72 TWh/anno della produzione di energia eolica e solare tra il 2020 e il 2030. Tuttavia, per raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2050 – contenuto nel pacchetto “fit for 55” – sarebbero necessari 93-100 TWh/anno.

L’accesso a energia green è un requisito indispensabile per la trasformazione verde delle imprese. Per questo, la Commissione sta considerando di sostenere l’adozione di accordi di acquisto di energia rinnovabile per rimuovere qualsiasi barriera ingiustificata. Una misura che rientra nell’ambito della direttiva sull’energia rinnovabile, presentata dalla Commissione lo scorso 14 luglio 2021 e che, ricordiamo, aumenta l’attuale obiettivo europeo di utilizzo di “almeno il 32%” di fonti energetiche rinnovabili nel mix energetico complessivo ad almeno il 40% entro il 2030, il che significa raddoppiare l’attuale quota di rinnovabili del 19,7% in un solo decennio.

Un altro filone di azione riguarderà invece quei materiali considerati strategici, su cui l’Unione europea dipende ancora in maniera eccessiva da Paesi terzi. In questo ambito, l’Alleanza europea sulle materie prime (ERMA, European Raw Materials Alliance), sta lavorando per stabilire una pipeline di progetti per le catene di valore delle terre rare e dei magneti e per i materiali di stoccaggio e conversione dell’energia.

Se tutti i progetti identificati dall’ERMA dovessero essere attuati, entro il 2030 il 60% della capacità di energia eolica installata annualmente nell’Ue potrebbe basarsi su magneti di terre rare prodotti al suo interno. In questo scenario, inoltre, l’Ue sarebbe in grado di coprire (sempre entro il 2030), il 20% della domanda prevista di nichel.

Puntare sulla formazione per una ripresa inclusiva

In questa fase di ripresa e di accelerazione delle trasformazioni, la Commissione sta prestando molta attenzione allo sviluppo delle competenze dei cittadini europei, sia come risposta ai bisogni delle imprese, sia come strumento per costruire una ripresa sostenibile e inclusiva. La crisi, infatti, ha colpito maggiormente alcune delle categorie sociali più fragili, come donne e lavoratori a basso reddito, perché impiegati prevalentemente nei settori più colpiti. L’attenzione ai bisogni di queste categorie sociali sarà uno dei punti cardini della ripresa europea. In questo ambito, la strategia europea si basa su un documento che la Commissione ha pubblicato nel luglio 2020, ovvero sull’Agenda per le competenze, che fissa gli obiettivi da raggiungere sul capitale umano entro il 2025.

Tra questi, vi è quello di allargare la quota della popolazione europea in possesso di competenze digitali di base del 25%. Questo vorrebbe dire che entro il 2025 circa 230 milioni di persone nell’Ue dovrebbero possedere queste competenze. Inoltre, la strategia prevede diversi interventi volti ad estendere la quota della popolazione lavorativa adulta coinvolta in percorsi di riqualificazione e di sviluppo delle competenze. Questi percorsi dovranno assicurare che i cittadini europei siano in possesso delle skill di cui le aziende hanno bisogno per affrontare la transizione digitale e green. Per questo, non si rivolgono solamente alla popolazione adulta. Obiettivo dell’Agenda per le competenze, infatti, è anche quello di preparare la nuova generazione di cittadini alle sfide del domani. La Commissione sta quindi valutando l’introduzione di un diritto alla formazione. Formazione finalizzata sia al possesso delle competenze digitali necessarie per accedere ai servizi online, sia per garantire l’occupabilità dei giovani europei e lo sviluppo degli ecosistemi industriali. Infatti, il patto per le competenze contenuto all’interno dell’agenda prevede lo sviluppo di partenariati su larga scala per analizzare le competenze necessarie a ciascuno dei 14 ecosistemi industriali individuati. A questi si aggiungeranno le tavole rotonde per le competenze, giornate organizzate dalla Commissione con gli stakeholder di ogni ecosistema, che contribuiranno alla progettazione e all’attuazione dei percorsi.

Cosa sono le giornate europee dell’industria

Una strategia molto complessa, quindi, che presenta diversi ambiti di intervento e che si relaziona con molti altri strumenti – normativi e non – già sviluppati o in fase di progettazione. Una strategia che, per essere correttamente implementata e per raggiungere i risultati prefissati, ha bisogno del coinvolgimento di tutti gli stakeholder degli ecosistemi industriali europei. A questo scopo, ogni anno (e già dal 2017) vengono organizzate le giornate europee dell’industria (EU Industry Days), giornate di confronto dedicate alle sfide dell’industria e a progetti per sviluppare insieme opportunità e risposte politiche, in un dialogo inclusivo con tutte le parti interessate.

Ogni anno queste giornate si focalizzano su tematiche diverse. L’edizione del 2022, che si terrà dall’8 all’11 febbraio a Bruxelles, stimolerà le discussioni tra gli ecosistemi industriali sui loro percorsi verdi e digitali, per rafforzare la resilienza delle aziende e delle PMI europee. Inoltre, l’evento tenterà di analizzare come la giovane generazione europea può plasmare il futuro dell’industria dell’Ue, in linea con la proposta della Commissione di fare del 2022 l’anno europeo della gioventù.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 5