L'intervista

Sostenibilità, Pochini (A&T Europe): “E’ il mercato che ci chiede di accelerare”

Il direttore tecnico e sustainability manager dell’azienda leader nella produzione di piscine per lo sport, l’hospitality e i parchi acquatici: “Con il nostro primo bilancio Esg siamo in anticipo di tre anni su quanto prescritto dalla direttiva della commissione UE. Una scelta di massima trasparenza nei confronti degli stakeholder”

Pubblicato il 11 Ott 2023

Innocenzo Pochini A&T Europe

A&T Europe anticipa di tre anni la presentazione del bilancio di sostenibilità rispetto agli obblighi di legge. La società di Castiglione delle Stiviere, uno dei grandi player delle piscine a livello globale, tra i protagonisti nel nuoto con la fornitura delle vasche ai più prestigiosi eventi sportivi mondiali, a partire dalle olimpiadi, ma anche nell’hospitality e nel comparto dei parchi acquatici, ha scelto la trasparenza nei confronti dei propri stakeholder, sposando una strategia che la porterà tra tre anni a essere in prima fila nel campo della documentazione non finanziaria, andando incontro a una richiesta che il mercato e il mondo della finanza dimostrano di apprezzare in maniera crescente. A illustrare a Esg360 il primo Bilancio di sostenibilità di A&T Europe è Innocenzo Pochini, direttore tecnico dell’azienda, che attualmente ricopre anche l’incarico di sustainability manager.

Pochini, iniziamo da una presentazione di A&T Europe per i nostri lettori?

A&T Europe è la “società madre” a cui fanno capo Myrtha Pools e Piscine Castiglione, Pool’s brand molto conosciuti nel campo delle piscine, che insieme coprono ambiti che hanno come comune denominatore l’acqua: le piscine per lo sport, quelle per l’hospitality e quindi principalmente per il mercato degli hotel e delle strutture di accoglienza, quelle private e quelle per il divertimento, quindi essenzialmente per i parchi acquatici.

La storia dell’azienda parte nel dopoguerra dall’intuizione del nostro attuale presidente, Giorgio Colletto, da poco 87enne. La specializzazione nel campo delle piscine arriva negli anni ’60, e da allora l’azienda ha registrato una crescita sostenuta sul mercato privato domestico. Dagli anni ’80, con l’arrivo sul mercato della tecnologia Myrtha, che ha consentito di estendere il business alle piscine più grandi e a uso pubblico, è arrivata anche la crescita sui mercati internazionali. ù

Oggi, come dimostra la collaborazione con World Aquatics, la federazione internazionale di nuoto, siamo riconosciuti come azienda leader per le piscine di alto livello, quelle utilizzate nelle gare di nuoto di tutte le principali manifestazioni, dai mondiali alle Olimpiadi. Contiamo sulla presenza in 80 Paesi e su un fatturato di circa 100 milioni di euro e oltre 330 dipendenti a Castiglione delle Stiviere, la gran parte dei quali non è impegnato nella produzione ma nell’ingegneria e nella gestione.

Su quali direttrici si è sviluppato questo percorso di crescita?

A un non addetto ai lavori la piscina può apparire come un oggetto “semplice” da sviluppare, ma in realtà non è così. Si devono tenere in considerazione una serie di aspetti particolarmente complessi, per rispondere a esigenze precise e garantire una serie di funzioni e prestazioni delicati. A partire, ad esempio dall’igiene e dalla sicurezza, passando alla salute. Basti pensare che la chiusura degli impianti dovuta al lockdown durante il periodo della pandemia ha causato una serie di conseguenze per la salute pubblica. A questo aggiungerei, perché non è da sottovalutare, l’aspetto sociale, particolarmente sentito in Paesi come la Francia, e quello più propriamente “tecnico”: per realizzare una piscina sono necessarie competenze nella chimica, nella meccanica e nella progettazione delle strutture. Questo ci ha portato nel tempo a diventare un’azienda metalmeccanica che però ha competenze anche nella chimica e nell’architettura.

Quest’anno avete presentato il vostro primo bilancio di sostenibilità. Come è nata questa scelta?

Non avremmo un obbligo legale per la presentazione della rendicontazione non finanziaria: questo aspetto ci riguarderà tra tre anni, ma siamo fieri di aver anticipato il percorso, iniziando a misurare da subito le nostre prestazioni per la sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Questo perché vogliamo dotarci di strumenti che garantiscano agli stakeholder e alla comunità finanziaria che i nostri dati sono affidabili, scegliendo standard e verifiche di terze parti  che ci “misurano” per quello che siamo. Grazie a questa scelta, quando scatterà l’obbligo noi potremo già contare su dati che hanno una storia già lunga tre anni. Non partiremo da zero e avremo già in atto tutti i processi per rendicontare al meglio le nostre prestazioni Esg, con un assessment che ci consente già oggi di lanciare un piano di miglioramento e implementazione.

Il bilancio di sostenibilità che abbiamo appena pubblicato è stato un lavoro di team: abbiamo creato un gruppo di lavoro multi-disciplinare, coinvolgendo gli addetti al controllo gestione, quelli dell’Hr e i manager dei principali processi. È stata una rara occasione di lavorare in un team interfunzionale. Mutuando una metafora dal mondo della pasticceria, abbiamo preparato una torta che non sarebbe riuscita se ognuno non avesse dato il suo contributo.

Che standard utilizzate per monitorare le vostre prestazioni di sostenibilità?

Abbiamo condiviso la scelta con il partner che ci affianca sulle tematiche Esg, Advisory360. Tra le due possibilità principali, quella di scegliere lo Standard Gri o quello di matrice statunitense Sasb, abbiamo optato per un approccio “ibrido”, come tra l’altro indica nelle sue ultime raccomandazioni anche l’Unione Europea.

La cosa più interessante dal nostro punto di vista è che gli standard sono estremamente utili per capire quali sono i punti di forza e di debolezza nella strategia Esg aziendale, e per mettere a punto una roadmap di miglioramento. A un’analisi meno approfondita potrebbe ad esempio sembrare che sia prioritario concentrarsi sul prodotto, mentre invece potrebbe essere più importante lavorare sulla governance o sulla gestione del personale.

Quali considerazioni vi hanno portato a investire sul report Esg in questa fase?

Questa scelta risponde direttamente all’unico obiettivo che hanno le aziende: produrre marginalità, generare utili: oggi spingere sulla sostenibilità risponde direttamente anche a questa logica. Il mercato infatti richiede aziende sostenibili, è una questione ormai confermata da esempi concreti, basti guardare agli impegni che stanno assumendo le big tech su scala globale. Se ad esempio Jeff Bezos investe sui veicoli elettrici o punta all’obiettivo di rendere Amazon Net-zero nel 2030 è soprattutto perché il valore finanziario dell’azienda aumenta con la sostenibilità, e le richieste di muoversi in questa direzione vengono prima di tutto dalle banche e dai finanziatori, che interpretano i segnali del mercato e quindi anche dei consumatori finali.

Oggi i mercati chiedono dati certificati su digitalizzazione e sostenibilità, e noi abbiamo bisogno di essere virtuosi e competenti. Questo si traduce in prodotti sostenibili, processi sostenibili e asset intangibili – quindi il modo in cui si gestisce un processo o si sviluppa un prodotto – sostenibili. Quando, come nel nostro caso, la sostenibilità parte dalla progettazione, questo impone di cambiare processi, sistemi e mentalità dell’azienda.

Quali sono i vostri punti di forza in questo contesto?

I punti di forza un po’ li conoscevamo, sono gli elementi che ci fanno selezionare dai general contractor più importanti, e che ci hanno portato a essere scelti come fornitori delle piscine delle prossime Olimpiadi di Parigi. Questo genere si selezioni, come era già successo per Londra, non si basa soltanto su parametri standard, ma anche sulla sostenibilità.

L’organizzazione francese, ad esempio, punta in modo deciso sul realizzare un’Olimpiade “green”. Nel caso delle piscine questo si concretizzerà in prodotti sostenibili, in particolare perché saranno prefabbricati: una volta terminato l’utilizzo per le competizioni verranno smontate e reinstallate in forme diverse in altri contesti, come se si trattasse di un Lego, realizzando uno dei principi dell’economia circolare, il riutilizzo. Proporremo per la manifestazione un prodotto molto ingegnerizzato che prevede il riutilizzo: ad esempio da una 50 metri olimpica di 25 metri di larghezza realizzeremo due 25 metri di larghezza diversa, e questo ci consentirà di non produrre due volte gli elementi modulari in acciaio inossidabile. Lavoriamo inoltre con materiali meno pesanti di quelli finora considerati “standard”, che possono essere facilmente installati sui tetti in quanto più leggeri, economici e sostenibili.

E su cosa siete impegnati a migliorare?

Per questo ci basiamo sulle valutazioni dei clienti, delle amministrazioni, degli esperti di settore e sul  contributo che possiamo dare noi collaboratori dell’azienda. La priorità sarà quella di un’accelerazione decisa sulle certificazioni, per fornire dati certi al mercato e prove tangibili della nostra sostenibilità. Vuol dire Epd, Environmental Product declaration. E un’attenzione particolare al Lifecycle assessment, per dare un quadro completo dell’impatto del ciclo di vita della piscina, in collaborazione con le università, concentrandoci in prospettiva anche sulla gestione del fine vita delle nostre strutture, utilizzando ad esempio materiali che si prestano al riuso, come gli acciai e i polimeri termoplastici.

Quanto conta questo vostro impegno nei rapporti con i fornitori?

Sull’ecosistema dei fornitori avevamo già intrapreso la strada dell’assessment con un ente terzo. E in generale devo confermare che il nostro percorso di maturazione è passato anche da una selezione dei fornitori, partendo da criteri come la prossimità e il costo per arrivare a introdurre anche valori come la qualità del servizio e dei prodotti dal punto di vista ambientale, economico e sociale. E mi pare interessante notare come da parte dei fornitori ci sia stato un approccio di proattività.

Cosa emerge dal report sull’inclusività e la parità di genere?

Abbiamo scelto la certificazione Uni/pdr 125 della nostra azienda sulla gestione della parità di genere. Nel mio piccolo, mi fa piacere aggiungere che quando sono entrato in azienda provenivo da un’esperienza in Francia, dove l’aspetto della diversity e inclusion è particolarmente sentito, e ho portato con me questa sensibilità nel mio nuovo incarico, anche al di là di qualsiasi criterio di certificazione. Sono convinto che il mix di genere, di età, linguistico e culturale sia una ricchezza che permette al nostro ufficio tecnico di essere all’avanguardia ed innovativo, non solo sui prodotti. .

Che ruolo ha la digitalizzazione nel percorso verso la sostenibilità?

Le cito la visione che è emersa durante una recente edizione del World Manufacturing Forum: la digitalizzazione è centrale per abilitare la circolarità nel manufacturing, quindi non si può garantire sostenibilità se non si digitalizzano i processi. A questo aggiungerei che gli strumenti digitali esistono ma non sempre vengono utilizzati al meglio e in maniera trasversale tra le varie business unit di un’azienda o tra i contractor di un progetto. Quel che è certo, però, è che ora gli strumenti digitali ci sono e sono a disposizione di tutti ad un costo sostenibile: questo si sta dimostrando già di per sé un incentivo per utilizzarli lasciando che esprimano il massimo delle loro potenzialità.

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