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ESG e Cloud: come ottimizzare l’IT in chiave sostenibile e green

Ecco i passi da compiere per diminuire l’impronta ambientale e migliorare l’efficienza dei workload sfruttando la logica as-a-service e gli strumenti di reportistica messi a disposizione dai provider. Il confronto su ESG e Cloud con Emanuele Mazza, Head of Cloud Infrastructure Fabric di 4wardPRO

Pubblicato il 17 Nov 2023

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Oggi scegliere il Cloud significa non solo poter fare affidamento su un IT management più efficiente e flessibile, ma anche su una serie di risorse che possono aiutare l’organizzazione a indirizzare con più efficacia i propri obiettivi ESG (acronimo di Environmental, Social e Governance).

ESG e Cloud, verso una nuova consapevolezza?

È vero: l’attenzione alla green economy e più in generale alla sostenibilità del business è ancora un aspetto separato, a tratti marginale, quando si cala la teoria nella realtà del mondo produttivo, alle prese con le sfide quotidiane della resilienza e della competitività in uno scenario macroeconomico sempre più imprevedibile e volatile. E sono soprattutto queste esigenze, oggi, a spingere le imprese verso il Cloud e la logica as-a-service.

Ma non si possono sottovalutare i cambiamenti, normativi e culturali, che già si delineano all’orizzonte, quando si parla di ESG e Cloud. Basti pensare alla Commissione Europea, che intende regolamentare le diverse forme di responsabilità delle imprese sul piano dell’impatto ambientale, sociale e di governance. La cosiddetta Corporate Sustainability Due Diligence Directive, già votata a maggioranza dal Parlamento europeo a giugno 2023, punta a imporre alle aziende una gestione responsabile dell’impatto ambientale e sociale lungo l’intera supply chain, forniture ICT incluse, introducendo una forma di due diligence che permetta di controllare tutti gli ambiti dell’ESG, con verifiche e adempimenti ciclici.

La direttiva dovrebbe entrare in vigore nel 2024, e sarà vincolante per tutte le aziende europee con almeno 500 dipendenti e con un fatturato di 150 milioni di euro a partire dal 2026. Poi toccherà alle imprese con più di 250 dipendenti e con un fatturato superiore a 40 milioni di euro, che avranno tempo fino al 2028 per adeguarsi al framework.

Il giro di vite sul piano normativo si inserisce però nel contesto di una nuova sensibilità dei consumatori, che si ripercuote sulle scelte delle imprese in fatto di forniture. Secondo un’indagine internazionale S&P, cresce infatti l’importanza delle iniziative ESG nella valutazione dei fornitori di cloud pubblico di infrastrutture/piattaforme-as-a-service. Nello studio “Voice of the Enterprise: Cloud, Hosting & Managed Services”, oltre il 40% degli acquirenti di Cloud pubblico IaaS/PaaS ha indicato che i risultati ESG rappresentano una variabile “molto importante” nella scelta di un fornitore.

“Per mia esperienza, direi che in Italia ancora non siamo arrivati a una sensibilità tale da poter dire che queste tematiche stiano diventando prioritarie. Ben vengano dunque i nuovi regolamenti: rappresentano una spinta in più per andare in questa direzione”. A parlare è Emanuele Mazza, Head of Cloud Infrastructure Fabric di 4wardPRO, che sottolinea come nel nostro Paese, attualmente, siano più che altro “le PMI a essere penalizzate lungo la twin transition, perché a volte non hanno nemmeno un responsabile IT vero e proprio, e tanto meno professionalità dedicate allo sviluppo dei temi ESG”.

ESG e Cloud, l’impegno dei Cloud provider sul fronte degli obiettivi ESG

Paradossalmente, è proprio per questo che la scelta del Cloud costituisce un primo, importante passo verso la capacità di affrontare la trasformazione. “Gli sforzi compiuti dagli hyperscaler, del resto, sono sotto gli occhi di tutti. 4wardPRO lavora con Microsoft e AWS, due società che hanno sviluppato strategie ad hoc per ridurre drasticamente la propria impronta ambientale. Microsoft si è posta il problema in tempi non sospetti, avviando già nel 2009 un percorso che ha portato a intraprendere le prime azioni concrete nel 2013, quando sono partite iniziative per migliorare l’efficienza energica e accrescere la riciclabilità dell’hardware”.

Con degli obiettivi a dir poco sfidanti, Microsoft punta a diventare carbon neutral entro il 2030, e per il 2050 riuscirà a compensare tutta la CO2 immessa nell’atmosfera da quando è stata fondata la società. Attualmente ha raggiunto circa il 98% dei target per quanto riguarda l’acquisto di energia da fonti rinnovabili. E a partire dal 2025 l’intera fornitura sarà ecosostenibile.

“Non è un caso che Amazon abbia obiettivi molto simili”, continua Mazza. “Anche il gruppo fondato da Jeff Bezos punta a utilizzare il 100% energia rinnovabile entro il 2025, e l’anno scorso è arrivato al 90%”. Si tratta di uno dei target del Climate Pledge, il programma di Amazon che prevede il raggiungimento di zero emissioni nette di CO2 entro il 2040, e che ha istituito diversi fondi, tra cui il Climate Pledge Fund di 2 miliardi di dollari, a sostegno dello sviluppo di tecnologie e servizi che favoriscano la decarbonizzazione.

ESG e Cloud, come ottimizzare l’IT

“Attivare partnership con Cloud provider virtuosi come Microsoft Azure e Aws, quindi, consente automaticamente di migliorare il proprio profilo di sostenibilità ambientale sul piano dell’IT management. Ma quando si parla di obiettivi ESG”, precisa Mazza, “non bisogna considerare solo la componente Environment. E il Cloud garantisce benefici anche rispetto ai temi Social e Governance. Per ovvie ragioni, infatti, i Cloud provider prestano enorme attenzione alla cybersecurity e alla protezione dei dati, molto più di quanto potrebbe mai fare un’azienda media, anche investendo ingenti risorse.

Molti clienti purtroppo non ci fanno caso, però si tratta di funzioni ormai essenziali per la salvaguardia non solo della privacy di collaboratori e clienti, ma anche del lavoro, del business stesso. E anche questi sono parametri basilari per misurare i propri progressi sul fronte ESG. Non dimentichiamo poi che il Cloud è uno dei fattori abilitanti del lavoro agile, imprescindibile per migliorare il work-life balance della popolazione aziendale”.

Nonostante i pro siano evidenti e misurabili, per Mazza rimane comunque difficile far comprendere ai responsabili aziendali il valore intrinseco del Cloud sotto il profilo ESG. “Il tema dei costi resta prioritario, e su questo versante gli argomenti per convincere gli interlocutori non mancano mai: si può far leva sul discorso della maggiore efficienza dell’utilizzo delle risorse computazionali, che permette di ridurre la spesa, e su quello del modello di billing a consumo, che invita il cliente a dimensionare le risorse in modo corretto, penalizzando l’oversizing. Ma per le imprese che invece hanno maturato la consapevolezza che questa stessa transizione rappresenta l’opportunità di migliorare tutti gli aspetti del business, ESG e Cloud sono una scelta obbligata”.

Resta a questo punto da capire come procedere per massimizzare i risultati. “Si parte ovviamente dall’assessment, finalizzato all’individuazione dei vari workload e alla creazione di un piano di migrazione focalizzato sulle diverse componenti applicative: si punterà alle soluzioni IaaS per la parte più legacy, a quelle PaaS laddove prevalgono esigenze di modernizzazione, fino ad arrivare alle soluzioni SaaS per implementare gli onnipresenti applicativi di produttività”. Mazza raccomanda alle imprese che vogliono rendere la propria infrastruttura IT meno impattante di puntare soprattutto sulle offerte PaaS e SaaS, e di prevedere politiche di governance ben definite, sfruttando a pieno gli strumenti messi a disposizione dal provider per rilevare i progressi fatti e indirizzare le strategie di sostenibilità in chiave ICT.

Nello specifico, Mazza cita Microsoft Sustainability Manager e Customer Carbon Footprint Tool di AWS. “Sono soluzioni SaaS che aiutano i clienti a raccogliere i dati che descrivono l’impatto ambientale del consumo effettivo di risorse nel Cloud pubblico, fornendo strumenti di intelligenza artificiale e machine learning per produrre report utili a ipotizzare attività di remediation. Il limite di queste soluzioni è che ciascuna è in grado di operare solo sullo stack tecnologico proprietario. Ma si può ovviare attraverso, per esempio, servizi di formalization come quelli offerti da 4wardPRO, che consentono di controllare ciclicamente ciascuno dei parametri relativi a tutte le attività in Cloud”.

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Domenico Aliperto

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