Una parola chiave per comprendere dove si sta muovendo il mondo dell’energia è senza dubbio “decarbonizzazione” che, non a caso, è attualmente presente in tutti i discorsi e documenti che hanno a che fare con questo settore. Ma, prima di definire che cosa si intenda esattamente con decarbonizzazione, occorre fare una premessa molto importante: ovvero mettere in chiaro come l’uso dell’energia rappresenti in assoluto la principale fonte di emissioni di gas a effetto serra dovuti all’attività umana che, come ormai assodato dalla comunità scientifica internazionale, sono direttamente responsabili del cambiamento climatico. Più precisamente, circa due terzi delle emissioni di gas a effetto serra a livello globale sono connessi all’uso di combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) a scopo energetico per il riscaldamento, la produzione di energia elettrica, il trasporto e l’industria. Una situazione simile si riscontra anche in Europa, dove i processi energetici causano la maggior parte delle di gas a effetto serra, tanto da aver provocato ben il 78 % delle emissioni totali dell’UE nel 2015.
Che cos’è la decarbonizzazione
Dunque cosa si intende esattamente per decarbonizzazione del settore energetico? Fondamentalmente si tratta della riduzione nel tempo del rapporto tra le emissioni di un singolo Paese e la quantità di energia consumata nello stesso arco temporale. Come è possibile dunque mettere in atto una decarbonizzazione del sistema energetico? Le strade sono sostanzialmente due: o utilizzare fonti fossili con un minore contenuto di carbonio, ad esempio privilegiando il gas naturale in luogo del carbone. Oppure, ed è questa ormai la strada scelta con forza dall’Unione europea, sostituire le fonti di produzione fossili con quelle rinnovabili (eolico, solare, biomasse, ecc), che hanno la capacità di decarbonizzare in maniera molto più intensa il sistema energetico globale (dal momento che sono considerate carbon neutral). Ovviamente decarbonizzare una realtà complessa come quella energetica non è per nulla semplice: la produzione di elettricità, in particolare, richiede grandi investimenti che possono essere ammortizzati nell’arco di anni se non di decenni. Discorsi similari possono essere fatti anche per le infrastrutture di rete e per il trasporto delle materie prime, come i gasdotti.
Come decarbonizzare il sistema energetico nazionale
Queste scelte effettuate nei decenni passati hanno senza dubbio rallentato la effettiva transizione verso fonti energetiche pulite che, peraltro, hanno scontato per anni un deficit di competitività di costo con le energie tradizionali. Il nostro Paese, per adeguarsi agli obiettivi europei in materia di energia e ambiente, già nel periodo compreso tra 2010 e 2020 ha comunque aumentato in maniera considerevole la quota delle rinnovabili nel proprio sistema energetico. Tanto che nel 2018, secondo l’Ipsra, le emissioni di gas serra nazionali per unità di consumo interno lordo di energia erano in linea con la media europea (2,76 tCO2eq/tep contro i 2,62 tCO2eq/tep dei Paesi UE), nonostante l’apporto di una non trascurabile quota di energia di origine nucleare ancora presente in Europa (fonte che per sua natura non emette Co2).
Ma soltanto con il recentissimo PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), in cui vengono stabilite le modalità con cui il nostro Paese dovrà raggiungere gli obiettivi europei al 2030, la parola decarbonizzazione è diventata la linea di azione principale della politica energetica nazionale. L’Italia nei prossimi anni continuerà innanzitutto a decarbonizzare il proprio settore elettrico, con l’obiettivo di passare da un assetto centralizzato a uno distribuito basato prevalentemente sulle fonti rinnovabili, adottando al contempo provvedimenti che contribuiscano all’integrazione di queste fonti nel sistema. Altro caposaldo della strategia è la promozione dell’efficienza energetica in tutti i settori, come strumento per la tutela dell’ambiente, il miglioramento della sicurezza energetica e la riduzione della spesa energetica per famiglie e imprese.
Il ruolo dell’elettrificazione
Un altro punto non meno importante riguarda l’elettrificazione dei consumi, in particolare nel settore civile e nei trasporti, che dovranno consumare più elettricità e meno energia termica, così da migliorare la qualità dell’aria e dell’ambiente. Al momento, infatti, l’elettricità rappresenta soltanto una quota minoritaria del consumo di energia: nell’Unione Europea l’elettricità rappresenta circa il 22% della domanda finale di energia. Oltre all’elettricità, infatti, la domanda di energia è legata anche all’energia termica (usata per il riscaldamento degli ambienti) nonché ai consumi legati ai carburanti del settore trasporti, che sono in massima parte soddisfatti attraverso l’impiego delle fonti di origini fossili (che producono emissioni in grande quantità).Quando invece la produzione elettrica viene assicurata da un mix bilanciato, che prevede l’integrazione di una quota rilevante di rinnovabili, un maggiore utilizzo del vettore elettrico può essere una buona strada per la decarbonizzazione. Nel concreto questo significa favorire l’impiego delle pompe di calore elettriche rispetto alle tradizionali caldaie a gas per il riscaldamento; oppure introdurre le vetture elettriche/ibride in luogo delle tradizionali automobili alimentate a benzina e gasolio oppure i motori elettrici in ambito industriale. Ad esempio, per quanto riguarda le auto elettriche, che oggi rappresentano ancora tutto sommato un fenomeno di nicchia, il PNIEC fissa un target abbastanza ambizioso, prevedendo ben 6.000.000 di veicoli elettrici al 2030. Altro caposaldo della decarbonizzazione è, ovviamente, l’efficienza energetica: la diminuzione dei consumi energetici comporta automaticamente il taglio delle emissioni correlate, dunque si tratta di una strada che l’Italia è chiamata a perseguire nel prossimo decennio.
Gli obiettivi di decarbonizzazione del Pniec
Complessivamente, secondo il PNIEC, l’Italia intende perseguire un obiettivo di copertura, nel 2030, del 30% del consumo finale lordo di energia coperto dalle fonti pulite. In particolare, l’obiettivo per il 2030 prevede un consumo finale lordo di energia di 111 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), di cui circa 33 Mtep da fonti rinnovabili. Più nel dettaglio, questa quota sarà pari al 55,0% di quota rinnovabili nel settore elettrico, al 33,9% nel settore termico (usi per riscaldamento e raffrescamento) e al 22% per quanto riguarda i trasporti. Questa politica dovrebbe permettere di decarbonizzare il nostro sistema energetico, tanto che le emissioni di gas serra al 2030 dovrebbero essere ridotte del 43% rispetto ai livelli del 1990. Oltre alle conseguenze ambientali positive, la decarbonizzazione presenta anche vantaggi economici, al contrario di quello che si potrebbe comunemente pensare: la stima di Elettricità Futura è che, grazie al maggiore apporto delle rinnovabili, il costo complessivo dell’energia elettrica si ridurrà, a parità di costo del gas, di circa 3,2 miliardi di euro al 2030 e di 8,6 miliardi di euro al 2032.