Normativa

Contratti EPC: cosa sono e perchè serve una semplificazione

Gli Energy Performance Contract faticano ancora a imporsi come il contratto di riferimento nel mondo dell’efficienza energetica. Un sistema di garanzie pubbliche potrebbe cambiare questo stato di cose

Pubblicato il 15 Giu 2020

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La diffusione dell’efficienza energetica nelle organizzazioni dovrebbe essere un fenomeno “naturale”: la diminuzione dei consumi e, di conseguenza, delle spese per le bollette energetiche dovrebbe infatti rappresentare un’attrattiva di per sè piuttosto solida. Anche perchè capace di produrre effetti positivi per l’ambiente e la società nel suo complesso. Eppure, gli investimenti nell’efficienza energetica non sono così automatici: il costo iniziale degli investimenti e i payback troppo lunghi finiscono, spesso, per scoraggiare le organizzazioni a intraprendere un percorso di questo tipo. Ecco perchè, soprattutto quando ci sono in ballo cifre importanti, diventa importante avere a disposizione degli strumenti contrattuali particolari, che aiutino a superare la barriera dell’investimento iniziale. In ambito efficienza energetica, in particolare, da anni si parla degli Energy Performance Contract (EPC) ma, come ha messo in evidenza un recente webinar organizzato dal Centro Studi di Agici Finanza d’impresa, occorre ancora lavorare per la piena affermazione di questo strumento, che coinvolge da vicino le Esco, le energy saving company.

Cosa sono gli EPC contract

Ma partiamo dalle basi, cioè dalla definizione di cosa sia un contratto EPC: secondo quanto stabilito dal dlgs 102/2014, si tratta di un «accordo contrattuale tra il beneficiario … e il fornitore di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, verificata e monitorata durante l’intera durata del contratto, dove gli investimenti realizzati sono pagati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza energetica stabilito contrattualmente o di altri criteri di prestazione energetica concordati, quali i risparmi finanziari».  Data questa definizione, appare chiaro come l’EPC sia un contratto nominato e atipico, la cui esistenza è legata a tre precise condizioni: deve infatti essere: 1) misurabile, 2) confrontabile e 3) prevedibile. I vantaggi della formula EPC sono, in linea teorica, numerosi: in particolare i clienti finali ottengono una garanzia sull’effettivo conseguimento dei risultati di efficienza energetica conseguiti, accedendo alla possibilità di ottenere il finanziamento tramite terzi.  Gli EPC sono caratterizzati anche da possibili diverse declinazioni sulla base della ripartizione dei rischi finanziari e di performance. Ad esempio, il risparmio energetico conseguito può essere interamente utilizzato per ripagare il finanziamento dell’intervento e remunerare la Esco, oppure le parti possono accordarsi per la suddivisione dei proventi derivanti dal risparmio energetico.

Cosa frena i contratti EPC

Eppure, nonostante questi benefici, gli EPC non trovano ancora l’applicazione che ci si potrebbe aspettare. Tanto da rappresentare appena il 5% – 20% dei contratti di efficienza energetica firmati dalle Esco nel settore industriale, quello cioè dove sono in ballo i maggiori investimenti per l’efficientamento. In effetti i contratti EPC sono spesso bloccati dalle difficoltà
che le parti incontrano nel definire l’accordo: la definizione del contratto risulta complessa e richiede competenze che vanno oltre quelle spesso limitate delle parti coinvolte. Inoltre ci sono alti costi di contratto dovuti alle necessarie spese giuridiche per imbastire un accordo di questo tipo. Il risultato finale è che, data la complessità, all’EPC vengono spesso preferite forme contrattuali alternative, come il leasing.  In un altro fronte dove l’EPC potrebbe avere prospettive interessanti, ovvero lato PA, gli EPC sono bloccati da complessità contrattuali e dalla non equa ripartizione dei rischi tra pubblico e privato: facendo riferimento agli interventi finanziati nell’ambito del Conto Termico, soltanto 482 interventi su 8267 sono di tipo EPC.

La possibile evoluzione degli EPC

Esiste, inoltre, un problema di liquidità per le stesse Esco: è difficile per le realtà più piccole – come sono spesso queste società – sviluppare rapporti consolidati e fiduciari con gli istituti finanziari.  L’alto rischio percepito dagli istituti di credito può  generare tassi d’interesse maggiori. Inoltre, gli interventi medio/piccoli  spesso non riescono ad accedere a finanziamenti project.  Dunque, secondo Agici, è necessaria un’evoluzione della formula EPC, così da farlo diventare il contratto di riferimento per l’efficienza energetica: in particolare la complessità dell’EPC può essere superata attraverso l’adozione di modelli standard certificati. In quest’ottica potrebbe essere utile la creazione di un database sugli EPC, con dati ed esempi applicativi, così da mitigare il rischio percepito da parte degli istituti di credito. Ancora più importante, probabilmente, è l’introduzione di apposite garanzie pubbliche, che potrebbero abbattere il rischio di controparte (corporate). Inoltre una certificazione universalmente riconosciuta per le Esco aiuterebbe i rapporti con il mondo bancario e la stipula di contratti di tipo EPC.

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Gianluigi Torchiani

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