Analisi

Superbonus: impatto positivo sull’economia, meno per l’ambiente

Se per l’aspetto ambientale il Superbonus non sembra aver rispettato le attese, di avviso completamente diverso è l’impatto della misura sui conti pubblici. Lo segnala un’analisi di I-Com

Pubblicato il 22 Ago 2022

property technology

Il Superbonus può essere certamente considerato la principale misura tesa alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare del nostro Paese attuata negli ultimi anni. Secondo gli ultimi dati Ispra, pubblicati nel 2022 ma relativi al 2020, negli ultimi decenni i consumi abitativi hanno progressivamente aumentato il proprio peso sugli utilizzi energetici totali italiani passando dal 23% del 2000 al 29,7% del 2020, con una crescita del 2,2% registrata solo nell’ultimo anno. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei di decarbonizzazione occorre quindi concentrare maggiormente gli sforzi sull’efficientamento dei consumi del comparto residenziale.

Le misure atte a migliorare l’efficienza energetica degli edifici residenziali hanno una lunga storia nel nostro Paese. Dalla prima introduzione nella Legge Finanziaria 296/2006 si sono susseguiti con cadenza pressoché annuale bonus economici utili a migliorare le prestazioni di consumo degli edifici. Solo tra il 2014 e il 2019 gli interventi effettuati sotto il cappello delle misure definite come ecobonus, per una spesa pubblica di oltre 19 miliardi di euro, ha portato ad un risparmio energetico quantificabile in 1397,58 GWh l’anno.

L’ultimo intervento in ordine temporale, utile sia a favorire la riconversione ecologica degli edifici residenziali che per ridare slancio all’economia del nostro Paese pesantemente fiaccata dalla crisi pandemica, è proprio il Superbonus. Istituito con il decreto Rilancio (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34), la misura eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute per specifici interventi in ambito di efficienza energetica.

L’adozione del SuperBonus

A partire da settembre 2021 l’Enea pubblica con cadenza mensile un report che sintetizza i dati nazionali e regionali sull’accesso al superbonus. Al 30 giugno 2022 risultano richieste per oltre 199 mila interventi edilizi incentivati, di cui il 70,8% già conclusi. Il totale degli investimenti ammessi a detrazione ammonta a 35,2 miliardi di euro di cui 24,9 miliardi riguardanti opere già realizzate. La maggioranza delle richieste, oltre 107 mila, riguardano edifici unifamiliari, seguiti da unità immobiliari funzionalmente indipendenti (circa 62 mila) e condomini (oltre 30 mila). Questi ultimi, pur essendo inferiori numericamente, impiegano il 49% delle risorse finanziarie totali, ovvero 17,3 miliardi di euro. Osservando gli investimenti medi effettuati è infatti possibile notare come i condomini si attestino su un valore di circa 572 mila euro, contro i 112 mila degli edifici unifamiliari e i 96 mila delle unità immobiliari funzionalmente indipendenti.

Passando all’analisi territoriale, dall’analisi dei dati Enea emerge come la Lombardia primeggi sia in termini di numero di richieste (30.721) che per investimenti mobilitati (5,9 miliardi), seguita da Veneto (24.600 interventi e 3,39 miliardi di risorse investite) e Lazio (17.905 interventi per 3,37 miliardi). Si tratta chiaramente di una graduatoria condizionata dalla differente grandezza delle regioni italiane. Se rapportiamo il numero delle asseverazioni a quello degli abitanti, infatti, la classifica cambia notevolmente. Al primo posto per numero di richieste, troviamo il Veneto con oltre 5 mila interventi per milione di abitanti, seguita da Sardegna (4.423) e Molise (4.402). A livello economico a primeggiare, con 983 euro pro-capite, è la Basilicata, seguita da Abruzzo (964) e Molise (835).

Gli effetti economici e ambientali della misura

Volendo analizzare gli impatti che ha avuto l’introduzione del Superbonus 110% sul nostro Paese è necessario soffermarsi sia sull’aspetto ambientale che su quello economico. Relativamente al primo punto, stando a quanto affermato dalla sottosegretaria al Mite Ilaria Fontana nel corso del question time del 13 luglio scorso in commissione Ambiente alla Camera, la riduzione del fabbisogno energetico generata dagli interventi effettuati si attesterebbe appena sui 5.650 GWh annuali, ovvero 0,49 Mtep. Il contributo della misura al raggiungimento dei 3,3 Mtep annuali da risparmiare entro il 2030 previsto dal PNIEC italiano (che ancora non tiene conto delle nuove disposizioni del pacchetto Fit For 55) è quindi molto magro.

Se per l’aspetto ambientale il Superbonus non sembra aver rispettato le attese, di avviso completamente diverso è l’impatto della misura sui conti pubblici. Secondo uno studio dell’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (Ance), a fonte di detrazioni maturate per 38,7 miliardi di euro, il costo che ricadrà sulle casse dello stato sarà di appena 6,6 miliardi. Questo valore ammonterebbe alla differenza tra il totale delle detrazioni e l’effetto combinato del gettito fiscale derivante dai lavori (18,2 miliardi) e dei fondi del PNRR (13,9 miliardi). Quindi gli oltre 35 miliardi di lavori già preventivati non dovrebbero pesare sulla municipalità per il 10% in più del proprio valore ma solo per poco più di un quinto.

Un altro studio del Consiglio Nazionale Ingegneri (CNI) ha stimato come, a fronte di 20,9 miliardi di detrazioni fiscali maturate nei primi sei mesi del 2022, il Superbonus ha portato ad un aumento del valore della produzione del settore delle costruzioni e del relativo indotto di oltre 40 miliardi. Oltre a ciò, la ripartenza del settore ha portato a 312.000 posti di lavoro addizionali e un extra gettito fiscale per 7,9 miliardi.

Il tema dei crediti

Negli ultimi mesi il Superbonus ha vissuto momenti molto complicati a causa della rinuncia ad acquistare i crediti fiscali da parte degli intermediari finanziari. Una parziale soluzione al problema è venuta dal decreto Aiuti che ha aperto alla possibilità per le banche di cedere il credito fiscale a correntisti riconosciuti come clienti professionali. Prima di ciò, gli istituti non erano obbligati a cedere il credito solo a soggetti finanziari vigilati, il che (visto l’enorme ammontare che hanno raggiunto i crediti derivanti dalla misura) riduceva notevolmente la possibilità degli operatori di monetizzare le detrazioni.

Se quest’ultima azione potrebbe aiutare a risolvere parzialmente il problema crediti (la possibilità di cedere a clienti professionali è valida solo per le detrazioni maturate dopo il 1° maggio 2022), il futuro del Superbonus sembra comunque estremamente incerto. La legge di bilancio 2022 aveva prorogato la misura fino al 2025, ma i 33,3 miliardi di euro di risorse a disposizione sono stati ampiamente esauriti e appare, ad oggi, ampiamente improbabile che la prossima legge di bilancio liberi nuove risorse per rifinanziare la misura.

*articolo originariamente apparso sul sito di I-Com

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